FILANTROPIA E BENEFICENZA

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Non tutti nella vita sono dotati della stessa generosità e questo per l'umanità non è una buona cosa. Gli esempi virtuosi tuttavia non mancano, dobbiamo seguirli e crearne sempre di nuovi!
Carl William Brown

Bob Geldof Italia ultima negli aiuti. Il cantante accusa. Roma è indietro rispetto alle promesse per l'Africa fatte al G8 nel 2005

LONDRA. Un anno dopo l'impegno solenne preso dai paesi del G8 per salvare l'Africa da povertà, malattie, sottosviluppo, un Paese si distingue dagli altri per l'inadempienza rispetto alle promesse: l'Italia. Questo, perlomeno, afferma Bob Geldof, il cantante irlandese che l'anno scorso organizzò il megaconcerto planetario "Live8" e la concomitante campagna di pressioni sui leader degli otto Paesi più ricchi della Terra, riuniti in Scozia per il loro summit annuale, affinché promuovessero un'iniziativa globale in soccorso del continente nero. Dodici mesi più tardi, un rapporto redatto da «Data», l'organizzazione che si batte per la cancellazione del debito, la lotta all'Aids e la fine delle sovvenzioni agricole che danneggiano l'Africa, fa il punto su quanto gli Otto Grandi si erano impegnati a fare e quanto hanno fatto. «Le promesse non sono state mantenute o sono state solo parzialmente mantenute», riassume Geldof citando le cifre del rapporto e chiamando in causa in particolare il nostro Paese.
«L'Italia è così indietro nell'incremento degli aiuti che non ho idea di come farà a rientrare in linea con gli impegni presi», accusa il cantante, che lo scorso dicembre finì sulla copertina del settimanale Time nsieme a Bill e Melinda Gates come «personaggi dell'anno» per il lavoro compiuto in favore del Terzo Mondo. Secondo il rapporto, entro fine anno l'Italia
dovrebbe mettere a disposizione dell'assistenza allo sviluppo dell'Africa qualcosa come 800 milioni di euro in più. Altre nazioni del G8 che non hanno fatto abbastanza in questo campo sono la Germania e il Canada. «Le promesse fatte dai
Paesi più ricchi ai Paesi più poveri sono le più sacre», commenta Geldof, «se non manteniamo gli impegni presi, uccideremo quei Paesi»
Mentre sul fronte della cancellazione dei debito i Paesi industrializzati stanno rispettando gli obiettivi che si erano fissati, un altro campo di inadempienza è quello dell'introduzione di regole commerciali più eque nei confronti dell'Africa: anche qui il primato negativo, secondo «Data», va all'Italia, che insieme alla Francia rappresenta l'ostacolo maggiore all'eliminazione delle sovvenzioni agricole alle esportazioni, sovvenzioni che i leader del G8 si erano impegnati ad abolire entro il 2013. Gli Otto dovranno fare di più, infine, anche per la lotta all'Aids in Africa, dove si sono compiuti progressi, ma gli sforzi dovrebbero ora raddoppiare per raggiungere il target stabilito: in questo campo Stati
Uniti, Gran Bretagna e Francia guidano i finanziamenti, mentre Italia, Canada, Giappone e Germania - conclude il rapporto - forniscono meno della quota equa di finanziamento. Enrico Franceschini  La Repubblica

Non mancano però segnali positivi, infatti chi vuole veramente fare qualcosa di grande per sé e per gli altri non può fare a meno di diventare anche un grande filantropo, vedi gli esempi di alcuni americani famosi, primo fra tutti il famosissimo Bill Gates; evidentemente dovrebbe essere chiaro a tutti, che fare del bene, può essere anche un'ottima azione per la propria gloria, le proprie aziende e forse anche per l'umanità!

Etica e Capitalismo  La lezione di Warren e di Bill
Adesso sappiamo come - gestire con efficacia le risorse destinate alla lotta alla povertà!


Molta burocrazia, poca efficienza, una discreta propensione alla truffa nelle organizzazioni dei paesi donatori e agli illeciti arricchimenti ai vertici dei paesi che ricevevano sfondi. Poi qualcuno ha cominciato a ragionare in maniera diversa. Ad applicare alla gestione degli interventi di aiuto la stessa logica di efficienza applicata nella }
gestione delle multinazionali. A misurare i risultati, a correggere la rotta quando questi erano inadeguati rispetto alle risorse impiegate. Tutto ciò è soprattutto il risultato dell'impegno diretto di persone come Bill Gates, George Soros, Bill Clinton e altri di pari esperienza, nella gestione delle fondazioni da ciascuno di essi create.
Soros si è impegnato soprattutto nel "democracy building", la sua fondazione si è dedicata alla costruzione delle istituzioni delle giovani democrazie. Gates ha concentrato la sua attenzione sulla educazione e, ancora di più, sulla lotta alle malattie che affliggono le popolazioni del terzo mondo e sono un ostacolo enorme alla loro possibilità di
uscire dalla gabbia della povertà. Gli interventi sono stati collegati a una maggiore trasparenza delle istituzioni locali e già nel 2002 e nel 2003 si é potuto constatare che questo collegamento rendeva più efficaci gli interventi. Gates ha costruito per le attività della sua fondazione dei "misuratori di performance" che si sono dimostrati validi.

Oggi sappiamo cosa fare per affrontare molti fattori che rendono la povertà una gabbia e aprirne i cancelli. Il problema, che è sul tavolo già da un paio d'anni, è come aumentare la scala degli interventi, dove trovare le risorse per una lotta determinata e finale. Le proposte di Gordon Brown (cartolarizzare i contributi degli stati ricchi previsti per i prossimi anni, così da avere subito una adeguata massa di manovra) e di Crac (imporre una tassa di un dollaro su ogni biglietto aereo) almeno per il momento sono rimaste lettera morta. L'unico fronte sul quale i paesi industrializzati si stanno muovendo con una certa continuità, anche se c'è ancora da fare, è la cancellazione del debito dei paesi più poveri.
Nelle scorse settimane due fatti hanno riportato la questione all'attenzione del mondo. Il primo è la decisione di Bill Gates di ritirarsi dai ruoli operativi nella Microsoft entro il 2008 per dedicarsi maggiormente alla sua fondazione (che ha un patrimonio di 60 miliardi di dollari, con la donazione di Buffet); il secondo fatto è la decisione di Warren Buffet di destinare alla Fondazione Bill e Melinda Gates 31 miliardi di dollari del suo patrimonio.
Le ragioni addotte da Buffet sono che non ha mai pensato di lasciare ai suoi figli tutto quello che aveva accumulato, anche se lascerà loro abbastanza da vivere molto bene, e che, dovendo scegliere come gestire i 31 miliardi che intendeva in qualche modo restituire alla società, ha individuato chi quel mestiere aveva dimostrato di farlo assai bene, e cioè la Fondazione Bill e Melinda Gates.
Le lezioni di questa vicenda sono tante. Quella più importante per la lotta alla povertà, è che ci sono ormai le competenze e le metodologie per affrontarla in maniera concreta. Approfittiamone. Non affidando a Gates tutte le risorse, anche se il suo impegno personale è una delle ragioni della svolta, ma almeno copiandolo,imparando i metodi da lui applicati.
Temo che la nostra cooperazione allo sviluppo non abbia mandato a Seattle (sede della Fondazione) neanche un borsista.
Marco Panara

Le "Charities" applicano la finanza alla beneficenza. Negli Stati Uniti le Fondazioni private gestiscono con criteri manageriali decine di miliardi di dollari destinati a progetti contro la malaria, le malattie rare, l'emarginazione.

"Le ingiustizie nel mondo sono il nostro obiettivo", proclama Bill Gates che lo scorso dicembre si è guadagnato la copertina della persona dell'anno di Time per il suo ruolo di Buon Samaritano. Il primo assegno di Buffet, da un miliardo e mezzo di dollari, arriverà in luglio nelle casse della Fondazione: è pari al budget di un intero anno di spese dell'Unicef, la fondazione delle Nazioni Unite per l'Infanzia.

Gli uomini ricchi hanno fra i loro privilegi, quello di dar vita a grandi beneficenze dalle quali le masse hanno vantaggi duraturi, e così i ricchi stessi rendono la loro vita dignitosa.
Andrew Carnegie

Dio mi ha dato una gran massa di denaro, e io credo che sia mia dovere farla fruttare sempre di più per avere ancora altro denaro e fare con questo il bene dei miei consimili.
John Rockfeller

Voglio che tutti abbiano nella stessa misura in cui ho avuto io anche in termini di educazione: mi hanno insegnato a leggere, avere fiducia, capire com'è bello il mondo.
Bill Gates

La vita è terribile per miliardi di persone intorno al mondo, e io ho deciso di unire le forze con Bill per roidurre quanto più eè possibile queste diseguaglianze.
Warren Buffet



New York nello stesso giorno in cui il "Wall Street Journal" sbatteva in prima pagina la faccia disegnata a matita di "VictorEmmanuel", ironizzando sui traffici loschi dei Savoia tra video poker e prostitute, Warren Buffett, il grande vecchio del capitalismo americano, ha spiegato le ragioni del suo regalo di 31 miliardi di dollari alla Fondazione Bill & Melinda Gates. "Non credo che ci sia posto, nel mondo di oggi, peri diritti diastici", ha detto Buffett in una intervista televisiva con Charlie Rose. "Ai miei figli lascerò quel che basta per vivere comodamente. Ma se vorranno esssere ricchi, dovranno guadagnarselo"
Buffett è un personaggio unico nel mondo della finanza mondiale. Grazie a una strategia oculata di investimenti, è diventato l'uomo più ricco del mondo dopo Bill Gates. Ma è avaro, non ha mai speso un centesimo per oggetti di lusso, mangia hamburger e beve Coca-Cola (di cui è azionista). E invece di essere geloso del cinquantenne fondatore della Microsoft, ha costruito con lui un rapporto di amicizia e di stima reciproca, sfociato nel dono alla Fondazione, che ne raddoppia la potenza economica. E' un dono che rimarrà anonimo, quello di Buffett. Quindi più altruista. Più generoso. E' anche un gesto che rinnova una tradizione che in America ha radici antiche. Nel 1889 Andrew Carnegie, il businessman di origini scozzesi che, fondò il primo grane impero americano dell'acciaio (un po' come cerca di fare ora l'indiano Lakshmi Mittal su scala globale), scrisse un articolo intitolato "Wealth", Ricchezza, con una frase ché rimase celebre: "Chi muore ricco, muore in disgrazia". La spiegazione? "Gli uomini ricchi hanno il potere di organizzare una opera di beneficenza da cui le masse trarranno beneficio e loro stessi motivo di dignità".
Carnegie morì nel 1919. In tutto diede via 350 milioni di dollari di allora, cioè lo 0,42 per cento del pil (prodotto interno lordo) di quell'anno. Fu il capostipite dei filantropi americani e ancora oggi rappresenta un punto di riferimento. Poco dopo fu il turno di John Rockefeller, finanziere, costruttore, petroliere,. che alla sua Fondazione lasciò 450 milioni di dollari, l'equivalente dello 0,49 per cento del pil. "Dio mi ha dato i miei soldi", diceva Rockefeller. "Ritengo che sia mio dovere arricchirmi, fare ancora più soldi e poi usarli per il bene dei miei simili".
Dopo Carnegie e Rockefeller, arrivò Henry Ford, il pioniere dell'industria automobilistica moderna, la cui Fondazione è ancora la seconda della hit parade del settore dopo quella dei coniugi Gates. E su queste basi cioè l'importo che avrebbe incassato è sorta e si è sviluppata la cultura filantropica americana, intesa soprattutto come fattore riequilibrante delle ineguaglianze sociali del capitalismo e come elemento etico, spirituale, in contrapposizione con il materialismo della società industriale.
E' sempre difficile misurare la filantropia in termini quantitativi. Ma due cose appaiono chiare. Innanzitutto la beneficenza dei privati è molto inferiore, nei paesi ricchi, alle spese statali. E poi i ricchi americani appaiono, molto più generosi di tutti gli altri "colleghi" del mondo. Secondo il libro di Lester Salomon, della John Hopkins University, "Global civil society:-Dimensions of the non-profit sector", pubblicato nel 2004; gli Stati-Uniti guidano la classifica dei 36 paesi esaminati, con l'l per cento del pil (senza contare i doni di natura religiosa) tra il 1995 e il 2000. L'Italia, invece, è all'ultimo posto assieme all'India, con appena lo 0,1 per cento.
Certo, negli States c'è un legame più forte tra fede e spinta alla generosità. Ci sono anche leggi che favoriscono la beneficenza sotto il profilo fiscale. E i livelli della spesa sociale sono così bassi, così insufficienti, da spingere i privati ad aprire il portafoglio. Ma troppo spesso, dall'altra parte dell'Atlantico o del Pacifico, i super-ricchi si accontentano di pagare le tasse (molto spesso neanche quello e anzi cercano di fregare lo stato ed il prossimo in tutti i modi)) senza pensare ad altri doveri nei confronti della società. Spesso, anche le leggi sulla sucessione, che attribuiscono una quota prefissata dell'asse ereditario ai discendenti, impongono una rigidità che va a discapito della filantropia e a favore delle dinastie.
Qualcosa, lentamente, sta cambiando anche in Europa. Ma intanto la filantropia attraversa negli Stati Uniti un'altra "età dell'oro" paragonabile alla fine del diciannovesimo secolo. Anche prima della decisione di Bill Gates di "cambiare mestiere" tra due anni, per dedicarsi a tempo pieno della Fondazione, e del regalo di Warren Buffett, le statistiche di "Giving Usa", il rapporto annuale curato dal centro per la filantropia dell'università dell'Indiana mostravano un trend in rapido sviluppo. Nel 1998 le donazioni dei privati hanno superato per la prima volta la soglia del 2 per cento del Pil, nel 2000 sono arrivate al 2,3 per cento, nel 2004 hanno raggiunto i 248 miliardi di dollari (e l'erario ha "perso" 40 miliardi:
cioè l'importo che avrebbe incassato se la cifra non fosse stata esentasse). Come si spiega il boom? E' l'effetto congiunto di tre fattori:- l'invecchiamento della popolazione americana, che spinge i più anziani, come Buffett, a provvedere alle donazione; il clima più solidaristico -imposto dall' 11 settembre; e la creazione, grazie al boom della new economy, di una nuova leva di imprenditori iperricchi. Nel 2004, ad esempio, Pierre Omidyar; fondatore di eBay, ha regalato 170 milioni di dollari a una associazione per aiutare i bambini malati. Tra il 2000 e il 2004 Gordon Moore, fondatore della Intel, ha dato 7 miliardi per sostenere cause ambientaliste.
Al di là di queste donazioni mirate e individuali, la nuova febbre della beneficenza sta anche rafforzando
il ruolo delle Fondazioni. Diventano dei centri di potere e di irradiazione politica. George Soros, ad esempio, che ha finanziato con 2,3 miliardi di dollari la sua Open society, la considera uno strumento per rafforzare le istituzioni nei paesi di giovane democrazia e per sostenere le cause sociali che gli stanno a cuore.
La Ford Foundation, che ha la sede a due passi dal palazzo di vetro dell'Onu, si muove su scala planetaria. La Clinton global iniziative ha raccolto impegni per 2,5 miliardi di dollari e dal 20 al 22 settembre riunirà a New York alcuni dei personaggi più in vista del mondo della finanza, della politica e della filantropia, da Gates a Rupert Murdoch, da Kofi Annan a Tony Blair, per presentare i suoi progetti.
Naturalmente la Fondazione Gates ha un peso diverso da tutte le altre. Innanzitutto per l'ammontare dei suoi fondi che ne fanno di gran lunga la numero uno al mondo: con l'arrivo dei 31 miliardi di Buffetti il suo capitale complessivo, che era fino a ieri di 30 miliardi, senza contare gli 8 già spesi dal 1994 ad oggi, si raddoppia.
Quest'anno supererà, per esborsi nei tre settori chiave (scuole superiori negli Usa, informatica nelle biblioteche e soprattutto lotta alle "tre grandi malattie", aids, malaria e tubercolosi), il bilancio annuale dell'Unesco (1,36
miliardi di dollari rispetto a 610 milioni). E nel futuro assumerà sempre più il carattere di una "Onu privata": senza i laccioli del multilateralismo e guidata con piglio manageriale. Arturo Zampaglione

- 1975 Bill Gates crea la Microsoft insieme a Paul Allen. Nel 1986 la società quotata in borsa, è il più grande colosso dell'informatica.
- 1994 Con Melinda e il padre, Gates comincia le attività benefiche in America: oggi il 75% del bilancio è destinato alla "Salute Globale"
- 2006 A Giugno Gates ha annunciato che entro il 2008 lascerà la Microsoft per dedicarsi unicamente ai progetti umanitari della fondazione. La fondazione di Seattle è ora il maggior ente di beneficenza del mondo.

I Precedenti

Carnegie. Magnate della siderurgia alla fine dell'ottocento donerà gran parte della sua fortuna per costruire biblioteche, musei e università.

Rockfeller. Dall'inizio del Novecento la famiglia dei banchieri ha avuto attività benefiche nella medicina e nell'educazione.

Clinton. L'ex-presidente ha creato una fondazione che raccoglie fondi per combattere l'Aids e altre malattie del Terzo Mondo

Le più importanti fondazioni benefiche americane


1) 60.000.000.000 di dollari Bill & Melinda Gates (compresa la donazione di Warren Buffett)

2) 11.615.906.693 Ford Foundation

3) 9.105.401.000 Robert Wood Johnson Foundation

4) 8.355.276.000 Lilly Endowment

5) 7.298.383.532. W.K. Kellogg Foundation

6) 7.120.799.000 William and Flora Hewlett Foundation

7) 5.500.000.000 Andrew W. Mellon Foundation

8) 5.360.000.000 John D. and Catherine T. MacArthur Foundation

9) 5.200.000.000 Gordon and Betty Moore Foundation

La superpotenza della filantropia. Gates e Buffett superano l'Onu Fondazione Gates

Quartier generale Seattle, 500 Fifth Avenue North
Bilancio 60 miliardi di dollari (di cui 30 donati da Warren Buffett)
Presidenza Bill Gates, Melinda Gates (moglie) William H. Gates (Padre)
Dipendenti 241
Missioni nel mondo 100 paesi
Donatori Famiglia Gates e Berkshire Hathaway di Warren Buffett
Obiettivi 104 milioni di dollari per la lotta alla tubercolosi
260 milioni di dollari per la Malaria
360 milioni per l'Aids
750 milioni per il piano delle vaccinazioni

Nazioni Unite

Quartier Generale New York, First Avenue, 46 Street
Bilancio 20 miliardi di dollari
Segretario Generale Kofi Annan (mandato di 4 anni, scadenza a dicembre)
Dipendenti 53.589 (i costi di gestione sono pari a 1.5 miliardi di dollari) (e gli stipendi sono belli alti, alla faccia della povertà)
Donatori Stati Uniti, Giappone, Germania, Francia, Gran Bretagna, Italia e Canada
Obiettivi 25 agenzie umanitarie specializzate in tutti i settori dell'intervento del soccorso e sviluppo umanitario

L'organizzazione Mondiale per la Sanità (che svolge molte missioni simili alla fondazione Gates) ha un bilancio pari a 429 milioni.


NEW YORK - Metti insieme i due uomini più ricchi del mondo, tutti e due animati da una grande voglia di fare del bene al prossimo, e lo straordinario risultato sarà una super charity da 60 miliardi di dollari: una fondazione che farà impallidire le Nazioni Unite, con i suoi 12 miliardi di dollari spesi ogni anno dalle sue agenzie, creando una vera superpotenza della filantropia.
Da ieri tutto questo è una realtà. Warren Edward Buffett, il secondo uomo più ricco al mondo (stando all'ultima classifica pubblicata da Forbes) ha deciso i regalare una grandissima parte della sua immensa fortuna - 44 miliardi di dollari (circa 55 miliardi di euro) - all'unico al mondo che è più ricco di lui:Bill Gates. Tutti quei soldi non andranno nelle tasche del mago del software e fondatore di Microsoft,le cui fortune ammontano a 50 miliardi di dollari (63,5 miliardi di euro), ma
serviranno per rendere ricchissima la "Bill & Melissa Gates Foundation", la fondazione caritatevole creata dal
suo amico-rivale, impegnata da anni negli aiuti all'Africa e non solo) e che i due guideranno insieme nel prossimo futuro.
Le donazioni —pubblicizzate con una pagina sul New York Times di domenica e confermate ieri a NewYork in una conferenza stampa da Buffett e Gates - rappresentano un record storico e difficilmente battibile anche nell'America dei ricchi filantropi che ha visto tra le sue fila gente del calibro di John D. Rockefeller, Paul Getty, Andrew Carnegie, W. K. Kellogg,e, da ultimo, dello stesso Bill Cates; tutti ricchissimi industriali e imprenditori che si sono privati di somme ingenti per sovvenzionare quelle che sono oggi tra le più ricche fondazioni al mondo. Un fenomeno che contribuirà a intensificare il trend della beneficienza in stile imprenditoriale. «Approccio molto efficace per far sì che gli obiettivi vengano effettivamente raggiunti», spiega Uwe Reinhardt,professore di economia a Princeton citato dal Wall Street Journal. Con la fama del suo- business, Gates imprime credibilità alla sua azione. E inoltre ha accesso diretto ai leader mondiali, a differenza di altre associazioni.
Oltre che alla Bill&Melissa Gaffes Foundation - cui andranno 30,7 miliardi di dollari - una «piccola» quota di quell'85 per cento della ricchezza di Buffet servirà a finanziare le charity familiari del guru degli investimenti: 3,07 miliardi alla "Susan Thompson Buffet Foundation", l'associazione caritatevole dedicata alla moglie (da cui si era separato 28 anni fa e morta nel 2004) che si occupa di pianificazioni familiari, borse di studio per gli studenti poveri e prevenzione delle armi nucleari; 1,07 miliardi alla "Susan A. Buffet Foundation" (la figlia), per i bambini delle famiglie più povere nei primi anni di scuola; 1,07 miliardi alla "Howard G. Buffet Foundation" (il figlio) il cui scopo primario è l'ambiente, l'acqua pulita e gli aiuti umanitari e 1,07 miliardi di dollari infine alla "NOVoFoundation" che si occupa di diritti umani.
Cifre consistenti, ma poca cosa rispetto ai quasi 30,7 miliardi chwe finiranno ai coniugi Gates. Il perché è presto spiegato.
Nonostante la differenza di età Buffet ha 75 anni, Gates 50 - i due uomini più ricchi del mondo vantano un sodalizio che data al 1991, l'anno del loro primo incontro. Oltre a viaggiare spesso insieme nei paesi del Terzo Mondo per iniziative caritatevoli, oltre ad avere la stessa passione per il bridge (giocato prevalentemente online) Gates e Buffet negli ultimi 15 anni sono rimasti costantemente in contatto, scambiandosi l'un l'altro consigli e vedute sia sul piano professionale che personale. Un'amicizia vera, rara nel mondo delb business, rarissima tra due uomini così ricchi e potenti. Chi li conosce bene si aspettava una mossa delgenere, anche se una cifra così alta nessuno l'aveva prevista. A convincerlo è stata la decisione di Bill Gates, resa pubblica recentemente, di lasciare il suo business miliardario per dedicarsi all'impegno umanitario. I due lavoreranno insieme, perché anche Buffet farà parte del trustee della charity di Bill&Melinda, che grazie a lui raddoppierà l'attuale patrimonio per raggiungere l'incredibile cifra di quasi 60 miliardi di dollari. «Bill e Melinda sono i migliori del mondo, i Tiger Woods della beneficenza. Per questo li ho scelti per distribuire il mio denaro», ha detto Buffett.'«Susie e io non abbiamo mai pensato di lasciare così tanti soldi ai nostri figli. Ho sempre pensato
che, quando i figli hanno tutti ivantaggi, non sarebbe né giusto né razionale inondarli di sóldi»: «Siamo impressionati dalla decisione del nostro amico Warren», gli ha fatto eco Bili Gates: «Abbiamo la grandissima opportunità di cambiare in positivo la vita della gente. Le ingiustizie del mondo sono il nostro obiettivo». Al contrario di Bill Gates, Warren Buffet fuori dagli States è praticamente uno sconosciuto. Negli Stati Uniti l'amministratore delegato della Berkshire Hathaway è invece una leggenda vivente: il guru degli investimenti, «l'oracolo Omaha» dal nome della città del Nebraska
dove è nato e dove continua ancora a vivere nella stessa casa dove abita da decenni. E, dove ogni anno ventimila persone arrivano da ogni parte d'America per ascoltare - in quella che viene definita la «Woodstock del capitalismo» dall'oracolo di Omaha" il rapporto annuale, condito di consigli seri e di molte facezie, della Berkshire Hathaway. Alberto Flores D'Arcais

Leggi altri articoli sulla realtà della beneficenza e del volontariato!

 

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