Non tutti nella vita sono dotati
della stessa generosità e questo per l'umanità non è una buona cosa. Gli
esempi virtuosi tuttavia non mancano, dobbiamo seguirli e crearne sempre di
nuovi!
Carl William Brown
Bob Geldof Italia ultima negli
aiuti. Il cantante accusa. Roma è indietro rispetto alle promesse per
l'Africa fatte al G8 nel 2005
LONDRA. Un anno dopo l'impegno solenne preso dai paesi del G8 per salvare
l'Africa da povertà, malattie, sottosviluppo, un Paese si distingue dagli
altri per l'inadempienza rispetto alle promesse: l'Italia. Questo,
perlomeno, afferma Bob Geldof, il cantante irlandese che l'anno scorso
organizzò il megaconcerto planetario "Live8" e la concomitante campagna di
pressioni sui leader degli otto Paesi più ricchi della Terra, riuniti in
Scozia per il loro summit annuale, affinché promuovessero un'iniziativa
globale in soccorso del continente nero. Dodici mesi più tardi, un rapporto
redatto da «Data», l'organizzazione che si batte per la cancellazione del
debito, la lotta all'Aids e la fine delle sovvenzioni agricole che
danneggiano l'Africa, fa il punto su quanto gli Otto Grandi si erano
impegnati a fare e quanto hanno fatto. «Le promesse non sono state mantenute
o sono state solo parzialmente mantenute», riassume Geldof citando le cifre
del rapporto e chiamando in causa in particolare il nostro Paese.
«L'Italia è così indietro nell'incremento degli aiuti che non ho idea di
come farà a rientrare in linea con gli impegni presi», accusa il cantante,
che lo scorso dicembre finì sulla copertina del settimanale Time nsieme a
Bill e Melinda Gates come «personaggi dell'anno» per il lavoro compiuto in
favore del Terzo Mondo. Secondo il rapporto, entro fine anno l'Italia
dovrebbe mettere a disposizione dell'assistenza allo sviluppo dell'Africa
qualcosa come 800 milioni di euro in più. Altre nazioni del G8 che non hanno
fatto abbastanza in questo campo sono la Germania e il Canada. «Le promesse
fatte dai
Paesi più ricchi ai Paesi più poveri sono le più sacre», commenta Geldof,
«se non manteniamo gli impegni presi, uccideremo quei Paesi»
Mentre sul fronte della cancellazione dei debito i Paesi industrializzati
stanno rispettando gli obiettivi che si erano fissati, un altro campo di
inadempienza è quello dell'introduzione di regole commerciali più eque nei
confronti dell'Africa: anche qui il primato negativo, secondo «Data», va
all'Italia, che insieme alla Francia rappresenta l'ostacolo maggiore
all'eliminazione delle sovvenzioni agricole alle esportazioni, sovvenzioni
che i leader del G8 si erano impegnati ad abolire entro il 2013. Gli Otto
dovranno fare di più, infine, anche per la lotta all'Aids in Africa, dove si
sono compiuti progressi, ma gli sforzi dovrebbero ora raddoppiare per
raggiungere il target stabilito: in questo campo Stati
Uniti, Gran Bretagna e Francia guidano i finanziamenti, mentre Italia,
Canada, Giappone e Germania - conclude il rapporto - forniscono meno della
quota equa di finanziamento. Enrico Franceschini La Repubblica
Non mancano però segnali
positivi, infatti chi vuole veramente fare qualcosa di grande per sé e per
gli altri non può fare a meno di diventare anche un grande filantropo, vedi
gli esempi di alcuni americani famosi, primo fra tutti il famosissimo Bill
Gates; evidentemente dovrebbe essere chiaro a tutti, che fare del bene, può
essere anche un'ottima azione per la propria gloria, le proprie aziende e
forse anche per l'umanità!
Etica e Capitalismo La
lezione di Warren e di Bill
Adesso sappiamo come - gestire con efficacia le risorse destinate alla lotta
alla povertà!
Molta burocrazia, poca efficienza, una discreta propensione alla truffa
nelle organizzazioni dei paesi donatori e agli illeciti arricchimenti ai
vertici dei paesi che ricevevano sfondi. Poi qualcuno ha cominciato a
ragionare in maniera diversa. Ad applicare alla gestione degli interventi di
aiuto la stessa logica di efficienza applicata nella }
gestione delle multinazionali. A misurare i risultati, a correggere la rotta
quando questi erano inadeguati rispetto alle risorse impiegate. Tutto ciò è
soprattutto il risultato dell'impegno diretto di persone come Bill Gates,
George Soros, Bill Clinton e altri di pari esperienza, nella gestione delle
fondazioni da ciascuno di essi create.
Soros si è impegnato soprattutto nel "democracy building", la sua fondazione
si è dedicata alla costruzione delle istituzioni delle giovani democrazie.
Gates ha concentrato la sua attenzione sulla educazione e, ancora di più,
sulla lotta alle malattie che affliggono le popolazioni del terzo mondo e
sono un ostacolo enorme alla loro possibilità di
uscire dalla gabbia della povertà. Gli interventi sono stati collegati a una
maggiore trasparenza delle istituzioni locali e già nel 2002 e nel 2003 si é
potuto constatare che questo collegamento rendeva più efficaci gli
interventi. Gates ha costruito per le attività della sua fondazione dei
"misuratori di performance" che si sono dimostrati validi.
Oggi sappiamo cosa fare per affrontare molti fattori che rendono la povertà
una gabbia e aprirne i cancelli. Il problema, che è sul tavolo già da un
paio d'anni, è come aumentare la scala degli interventi, dove trovare le
risorse per una lotta determinata e finale. Le proposte di Gordon Brown (cartolarizzare
i contributi degli stati ricchi previsti per i prossimi anni, così da avere
subito una adeguata massa di manovra) e di Crac (imporre una tassa di un
dollaro su ogni biglietto aereo) almeno per il momento sono rimaste lettera
morta. L'unico fronte sul quale i paesi industrializzati si stanno muovendo
con una certa continuità, anche se c'è ancora da fare, è la cancellazione
del debito dei paesi più poveri.
Nelle scorse settimane due fatti hanno riportato la questione all'attenzione
del mondo. Il primo è la decisione di Bill Gates di ritirarsi dai ruoli
operativi nella Microsoft entro il 2008 per dedicarsi maggiormente alla sua
fondazione (che ha un patrimonio di 60 miliardi di dollari, con la donazione
di Buffet); il secondo fatto è la decisione di Warren Buffet di destinare
alla Fondazione Bill e Melinda Gates 31 miliardi di dollari del suo
patrimonio.
Le ragioni addotte da Buffet sono che non ha mai pensato di lasciare ai suoi
figli tutto quello che aveva accumulato, anche se lascerà loro abbastanza da
vivere molto bene, e che, dovendo scegliere come gestire i 31 miliardi che
intendeva in qualche modo restituire alla società, ha individuato chi quel
mestiere aveva dimostrato di farlo assai bene, e cioè la Fondazione Bill e
Melinda Gates.
Le lezioni di questa vicenda sono tante. Quella più importante per la lotta
alla povertà, è che ci sono ormai le competenze e le metodologie per
affrontarla in maniera concreta. Approfittiamone. Non affidando a Gates
tutte le risorse, anche se il suo impegno personale è una delle ragioni
della svolta, ma almeno copiandolo,imparando i metodi da lui applicati.
Temo che la nostra cooperazione allo sviluppo non abbia mandato a Seattle
(sede della Fondazione) neanche un borsista.
Marco Panara
Le "Charities" applicano la finanza alla
beneficenza. Negli Stati Uniti le Fondazioni private gestiscono con criteri
manageriali decine di miliardi di dollari destinati a progetti contro la
malaria, le malattie rare, l'emarginazione.
"Le ingiustizie nel mondo sono il nostro obiettivo", proclama Bill Gates che
lo scorso dicembre si è guadagnato la copertina della persona dell'anno di
Time per il suo ruolo di Buon Samaritano. Il primo assegno di Buffet, da un
miliardo e mezzo di dollari, arriverà in luglio nelle casse della
Fondazione: è pari al budget di un intero anno di spese dell'Unicef, la
fondazione delle Nazioni Unite per l'Infanzia.
Gli uomini ricchi hanno fra i loro privilegi, quello di dar vita a grandi
beneficenze dalle quali le masse hanno vantaggi duraturi, e così i ricchi
stessi rendono la loro vita dignitosa. Andrew
Carnegie
Dio mi ha dato una gran massa di denaro, e io credo che sia mia dovere farla
fruttare sempre di più per avere ancora altro denaro e fare con questo il
bene dei miei consimili. John Rockfeller
Voglio che tutti abbiano nella stessa misura in cui ho avuto io anche in
termini di educazione: mi hanno insegnato a leggere, avere fiducia, capire
com'è bello il mondo. Bill Gates
La vita è terribile per miliardi di persone intorno al mondo, e io ho deciso
di unire le forze con Bill per roidurre quanto più eè possibile queste
diseguaglianze. Warren Buffet
New York nello stesso giorno in cui il "Wall Street Journal" sbatteva in
prima pagina la faccia disegnata a matita di "VictorEmmanuel", ironizzando
sui traffici loschi dei Savoia tra video poker e prostitute, Warren Buffett,
il grande vecchio del capitalismo americano, ha spiegato le ragioni del suo
regalo di 31 miliardi di dollari alla Fondazione Bill & Melinda Gates. "Non
credo che ci sia posto, nel mondo di oggi, peri diritti diastici", ha detto
Buffett in una intervista televisiva con Charlie Rose. "Ai miei figli
lascerò quel che basta per vivere comodamente. Ma se vorranno esssere
ricchi, dovranno guadagnarselo"
Buffett è un personaggio unico nel mondo della finanza mondiale. Grazie a
una strategia oculata di investimenti, è diventato l'uomo più ricco del
mondo dopo Bill Gates. Ma è avaro, non ha mai speso un centesimo per oggetti
di lusso, mangia hamburger e beve Coca-Cola (di cui è azionista). E invece
di essere geloso del cinquantenne fondatore della Microsoft, ha costruito
con lui un rapporto di amicizia e di stima reciproca, sfociato nel dono alla
Fondazione, che ne raddoppia la potenza economica. E' un dono che rimarrà
anonimo, quello di Buffett. Quindi più altruista. Più generoso. E' anche un
gesto che rinnova una tradizione che in America ha radici antiche. Nel 1889
Andrew Carnegie, il businessman di origini scozzesi che, fondò il primo
grane impero americano dell'acciaio (un po' come cerca di fare ora l'indiano
Lakshmi Mittal su scala globale), scrisse un articolo intitolato "Wealth",
Ricchezza, con una frase ché rimase celebre: "Chi muore ricco, muore in
disgrazia". La spiegazione? "Gli uomini ricchi hanno il potere di
organizzare una opera di beneficenza da cui le masse trarranno beneficio e
loro stessi motivo di dignità".
Carnegie morì nel 1919. In tutto diede via 350 milioni di dollari di allora,
cioè lo 0,42 per cento del pil (prodotto interno lordo) di quell'anno. Fu il
capostipite dei filantropi americani e ancora oggi rappresenta un punto di
riferimento. Poco dopo fu il turno di John Rockefeller, finanziere,
costruttore, petroliere,. che alla sua Fondazione lasciò 450 milioni di
dollari, l'equivalente dello 0,49 per cento del pil. "Dio mi ha dato i miei
soldi", diceva Rockefeller. "Ritengo che sia mio dovere arricchirmi, fare
ancora più soldi e poi usarli per il bene dei miei simili".
Dopo Carnegie e Rockefeller, arrivò Henry Ford, il pioniere dell'industria
automobilistica moderna, la cui Fondazione è ancora la seconda della hit
parade del settore dopo quella dei coniugi Gates. E su queste basi cioè
l'importo che avrebbe incassato è sorta e si è sviluppata la cultura
filantropica americana, intesa soprattutto come fattore riequilibrante delle
ineguaglianze sociali del capitalismo e come elemento etico, spirituale, in
contrapposizione con il materialismo della società industriale.
E' sempre difficile misurare la filantropia in termini quantitativi. Ma due
cose appaiono chiare. Innanzitutto la beneficenza dei privati è molto
inferiore, nei paesi ricchi, alle spese statali. E poi i ricchi americani
appaiono, molto più generosi di tutti gli altri "colleghi" del mondo.
Secondo il libro di Lester Salomon, della John Hopkins University, "Global
civil society:-Dimensions of the non-profit sector", pubblicato nel 2004;
gli Stati-Uniti guidano la classifica dei 36 paesi esaminati, con l'l per
cento del pil (senza contare i doni di natura religiosa) tra il 1995 e il
2000. L'Italia, invece, è all'ultimo posto assieme all'India, con appena lo
0,1 per cento.
Certo, negli States c'è un legame più forte tra fede e spinta alla
generosità. Ci sono anche leggi che favoriscono la beneficenza sotto il
profilo fiscale. E i livelli della spesa sociale sono così bassi, così
insufficienti, da spingere i privati ad aprire il portafoglio. Ma troppo
spesso, dall'altra parte dell'Atlantico o del Pacifico, i super-ricchi si
accontentano di pagare le tasse (molto spesso neanche quello e anzi cercano
di fregare lo stato ed il prossimo in tutti i modi)) senza pensare ad altri
doveri nei confronti della società. Spesso, anche le leggi sulla sucessione,
che attribuiscono una quota prefissata dell'asse ereditario ai discendenti,
impongono una rigidità che va a discapito della filantropia e a favore delle
dinastie.
Qualcosa, lentamente, sta cambiando anche in Europa. Ma intanto la
filantropia attraversa negli Stati Uniti un'altra "età dell'oro"
paragonabile alla fine del diciannovesimo secolo. Anche prima della
decisione di Bill Gates di "cambiare mestiere" tra due anni, per dedicarsi a
tempo pieno della Fondazione, e del regalo di Warren Buffett, le statistiche
di "Giving Usa", il rapporto annuale curato dal centro per la filantropia
dell'università dell'Indiana mostravano un trend in rapido sviluppo. Nel
1998 le donazioni dei privati hanno superato per la prima volta la soglia
del 2 per cento del Pil, nel 2000 sono arrivate al 2,3 per cento, nel 2004
hanno raggiunto i 248 miliardi di dollari (e l'erario ha "perso" 40
miliardi:
cioè l'importo che avrebbe incassato se la cifra non fosse stata esentasse).
Come si spiega il boom? E' l'effetto congiunto di tre fattori:-
l'invecchiamento della popolazione americana, che spinge i più anziani, come
Buffett, a provvedere alle donazione; il clima più solidaristico -imposto
dall' 11 settembre; e la creazione, grazie al boom della new economy, di una
nuova leva di imprenditori iperricchi. Nel 2004, ad esempio, Pierre Omidyar;
fondatore di eBay, ha regalato 170 milioni di dollari a una associazione per
aiutare i bambini malati. Tra il 2000 e il 2004 Gordon Moore, fondatore
della Intel, ha dato 7 miliardi per sostenere cause ambientaliste.
Al di là di queste donazioni mirate e individuali, la nuova febbre della
beneficenza sta anche rafforzando
il ruolo delle Fondazioni. Diventano dei centri di potere e di irradiazione
politica. George Soros, ad esempio, che ha finanziato con 2,3 miliardi di
dollari la sua Open society, la considera uno strumento per rafforzare le
istituzioni nei paesi di giovane democrazia e per sostenere le cause sociali
che gli stanno a cuore.
La Ford Foundation, che ha la sede a due passi dal palazzo di vetro dell'Onu,
si muove su scala planetaria. La Clinton global iniziative ha raccolto
impegni per 2,5 miliardi di dollari e dal 20 al 22 settembre riunirà a New
York alcuni dei personaggi più in vista del mondo della finanza, della
politica e della filantropia, da Gates a Rupert Murdoch, da Kofi Annan a
Tony Blair, per presentare i suoi progetti.
Naturalmente la Fondazione Gates ha un peso diverso da tutte le altre.
Innanzitutto per l'ammontare dei suoi fondi che ne fanno di gran lunga la
numero uno al mondo: con l'arrivo dei 31 miliardi di Buffetti il suo
capitale complessivo, che era fino a ieri di 30 miliardi, senza contare gli
8 già spesi dal 1994 ad oggi, si raddoppia.
Quest'anno supererà, per esborsi nei tre settori chiave (scuole superiori
negli Usa, informatica nelle biblioteche e soprattutto lotta alle "tre
grandi malattie", aids, malaria e tubercolosi), il bilancio annuale dell'Unesco
(1,36
miliardi di dollari rispetto a 610 milioni). E nel futuro assumerà sempre
più il carattere di una "Onu privata": senza i laccioli del multilateralismo
e guidata con piglio manageriale. Arturo Zampaglione
- 1975 Bill Gates crea la Microsoft
insieme a Paul Allen. Nel 1986 la società quotata in borsa, è il più grande
colosso dell'informatica.
- 1994 Con Melinda e il padre, Gates comincia le attività benefiche in
America: oggi il 75% del bilancio è destinato alla "Salute Globale"
- 2006 A Giugno Gates ha annunciato che entro il 2008 lascerà la Microsoft
per dedicarsi unicamente ai progetti umanitari della fondazione. La
fondazione di Seattle è ora il maggior ente di beneficenza del mondo.
I Precedenti
Carnegie. Magnate della siderurgia alla fine dell'ottocento donerà gran
parte della sua fortuna per costruire biblioteche, musei e università.
Rockfeller. Dall'inizio del Novecento la famiglia dei banchieri ha avuto
attività benefiche nella medicina e nell'educazione.
Clinton. L'ex-presidente ha creato una fondazione che raccoglie fondi per
combattere l'Aids e altre malattie del Terzo Mondo
Le più importanti fondazioni benefiche
americane
1) 60.000.000.000 di dollari Bill & Melinda Gates (compresa la donazione di
Warren Buffett)
2) 11.615.906.693 Ford Foundation
3) 9.105.401.000 Robert Wood Johnson Foundation
4) 8.355.276.000 Lilly Endowment
5) 7.298.383.532. W.K. Kellogg Foundation
6) 7.120.799.000 William and Flora Hewlett Foundation
7) 5.500.000.000 Andrew W. Mellon Foundation
8) 5.360.000.000 John D. and Catherine T. MacArthur Foundation
9) 5.200.000.000 Gordon and Betty Moore Foundation
La superpotenza della filantropia. Gates e Buffett superano l'Onu Fondazione
Gates
Quartier generale Seattle, 500 Fifth Avenue North
Bilancio 60 miliardi di dollari (di cui 30 donati da Warren Buffett)
Presidenza Bill Gates, Melinda Gates (moglie) William H. Gates (Padre)
Dipendenti 241
Missioni nel mondo 100 paesi
Donatori Famiglia Gates e Berkshire Hathaway di Warren Buffett
Obiettivi 104 milioni di dollari per la lotta alla tubercolosi
260 milioni di dollari per la Malaria
360 milioni per l'Aids
750 milioni per il piano delle vaccinazioni
Nazioni Unite
Quartier Generale New York, First Avenue, 46 Street
Bilancio 20 miliardi di dollari
Segretario Generale Kofi Annan (mandato di 4 anni, scadenza a dicembre)
Dipendenti 53.589 (i costi di gestione sono pari a 1.5 miliardi di dollari)
(e gli stipendi sono belli alti, alla faccia della povertà)
Donatori Stati Uniti, Giappone, Germania, Francia, Gran Bretagna, Italia e
Canada
Obiettivi 25 agenzie umanitarie specializzate in tutti i settori
dell'intervento del soccorso e sviluppo umanitario
L'organizzazione Mondiale per la Sanità (che svolge molte missioni simili
alla fondazione Gates) ha un bilancio pari a 429 milioni.
NEW YORK - Metti insieme i due uomini più ricchi del mondo, tutti e due
animati da una grande voglia di fare del bene al prossimo, e lo
straordinario risultato sarà una super charity da 60 miliardi di dollari:
una fondazione che farà impallidire le Nazioni Unite, con i suoi 12 miliardi
di dollari spesi ogni anno dalle sue agenzie, creando una vera superpotenza
della filantropia.
Da ieri tutto questo è una realtà. Warren Edward Buffett, il secondo uomo
più ricco al mondo (stando all'ultima classifica pubblicata da Forbes) ha
deciso i regalare una grandissima parte della sua immensa fortuna - 44
miliardi di dollari (circa 55 miliardi di euro) - all'unico al mondo che è
più ricco di lui:Bill Gates. Tutti quei soldi non andranno nelle tasche del
mago del software e fondatore di Microsoft,le cui fortune ammontano a 50
miliardi di dollari (63,5 miliardi di euro), ma
serviranno per rendere ricchissima la "Bill & Melissa Gates Foundation", la
fondazione caritatevole creata dal
suo amico-rivale, impegnata da anni negli aiuti all'Africa e non solo) e che
i due guideranno insieme nel prossimo futuro.
Le donazioni —pubblicizzate con una pagina sul New York Times di domenica e
confermate ieri a NewYork in una conferenza stampa da Buffett e Gates -
rappresentano un record storico e difficilmente battibile anche nell'America
dei ricchi filantropi che ha visto tra le sue fila gente del calibro di John
D. Rockefeller, Paul Getty, Andrew Carnegie, W. K. Kellogg,e, da ultimo,
dello stesso Bill Cates; tutti ricchissimi industriali e imprenditori che si
sono privati di somme ingenti per sovvenzionare quelle che sono oggi tra le
più ricche fondazioni al mondo. Un fenomeno che contribuirà a intensificare
il trend della beneficienza in stile imprenditoriale. «Approccio molto
efficace per far sì che gli obiettivi vengano effettivamente raggiunti»,
spiega Uwe Reinhardt,professore di economia a Princeton citato dal Wall
Street Journal. Con la fama del suo- business, Gates imprime credibilità
alla sua azione. E inoltre ha accesso diretto ai leader mondiali, a
differenza di altre associazioni.
Oltre che alla Bill&Melissa Gaffes Foundation - cui andranno 30,7 miliardi
di dollari - una «piccola» quota di quell'85 per cento della ricchezza di
Buffet servirà a finanziare le charity familiari del guru degli
investimenti: 3,07 miliardi alla "Susan Thompson Buffet Foundation",
l'associazione caritatevole dedicata alla moglie (da cui si era separato 28
anni fa e morta nel 2004) che si occupa di pianificazioni familiari, borse
di studio per gli studenti poveri e prevenzione delle armi nucleari; 1,07
miliardi alla "Susan A. Buffet Foundation" (la figlia), per i bambini delle
famiglie più povere nei primi anni di scuola; 1,07 miliardi alla "Howard G.
Buffet Foundation" (il figlio) il cui scopo primario è l'ambiente, l'acqua
pulita e gli aiuti umanitari e 1,07 miliardi di dollari infine alla "NOVoFoundation"
che si occupa di diritti umani.
Cifre consistenti, ma poca cosa rispetto ai quasi 30,7 miliardi chwe
finiranno ai coniugi Gates. Il perché è presto spiegato.
Nonostante la differenza di età Buffet ha 75 anni, Gates 50 - i due uomini
più ricchi del mondo vantano un sodalizio che data al 1991, l'anno del loro
primo incontro. Oltre a viaggiare spesso insieme nei paesi del Terzo Mondo
per iniziative caritatevoli, oltre ad avere la stessa passione per il bridge
(giocato prevalentemente online) Gates e Buffet negli ultimi 15 anni sono
rimasti costantemente in contatto, scambiandosi l'un l'altro consigli e
vedute sia sul piano professionale che personale. Un'amicizia vera, rara nel
mondo delb business, rarissima tra due uomini così ricchi e potenti. Chi li
conosce bene si aspettava una mossa delgenere, anche se una cifra così alta
nessuno l'aveva prevista. A convincerlo è stata la decisione di Bill Gates,
resa pubblica recentemente, di lasciare il suo business miliardario per
dedicarsi all'impegno umanitario. I due lavoreranno insieme, perché anche
Buffet farà parte del trustee della charity di Bill&Melinda, che grazie a
lui raddoppierà l'attuale patrimonio per raggiungere l'incredibile cifra di
quasi 60 miliardi di dollari. «Bill e Melinda sono i migliori del mondo, i
Tiger Woods della beneficenza. Per questo li ho scelti per distribuire il
mio denaro», ha detto Buffett.'«Susie e io non abbiamo mai pensato di
lasciare così tanti soldi ai nostri figli. Ho sempre pensato
che, quando i figli hanno tutti ivantaggi, non sarebbe né giusto né
razionale inondarli di sóldi»: «Siamo impressionati dalla decisione del
nostro amico Warren», gli ha fatto eco Bili Gates: «Abbiamo la grandissima
opportunità di cambiare in positivo la vita della gente. Le ingiustizie del
mondo sono il nostro obiettivo». Al contrario di Bill Gates, Warren Buffet
fuori dagli States è praticamente uno sconosciuto. Negli Stati Uniti
l'amministratore delegato della Berkshire Hathaway è invece una leggenda
vivente: il guru degli investimenti, «l'oracolo Omaha» dal nome della città
del Nebraska
dove è nato e dove continua ancora a vivere nella stessa casa dove abita da
decenni. E, dove ogni anno ventimila persone arrivano da ogni parte
d'America per ascoltare - in quella che viene definita la «Woodstock del
capitalismo» dall'oracolo di Omaha" il rapporto annuale, condito di consigli
seri e di molte facezie, della Berkshire Hathaway. Alberto Flores D'Arcais
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della beneficenza e del volontariato! |