MUSICA IN RETE: presentata al
Governo la nostra petizione 09-02-2007
Abbiamo ricevuto 10310 adesioni
La nostra petizione, con le prime 10.000 firme raccolte, è stata consegnata
al ministro dei Beni culturali Francesco Rutelli e al presidente della
commissione Cultura della Camera Pietro Folena. Chiediamo la revisione della
legge sul diritto d'autore, perché siano tutelati anche i diritti dei
consumatori.
Favorevole è stato anche il parere del Presidente della Commissione Cultura
della Camera Pietro Folena, che ci ha scritto chiedendo di incontrarci. La
nostra iniziativa è partita dopo la sentenza della Cassazione n. 149/2007,
che ha assolto due ragazzi che avevano scaricato e condiviso in rete file
musicali, film e software coperti da copyright. Ma di questa notizia è stata
data in rete e sulla stampa una lettura scorretta, poiché la sentenza si
riferisce a un caso del 1999 e quindi si basa sulla legge in vigore allora.Oggi
purtroppo, da quando è in vigore il famigerato Decreto Urbani, le cose
stanno in maniera molto diversa:
attualmente il semplice downloader (chi si limita a scaricare dalla rete
file protetti da diritto d'autore) rischia sanzioni esclusivamente
amministrative. Ma, com'è noto, è alquanto improbabile, per come sono
strutturati la maggior parte dei sistemi peer-to-peer che un downloader non
sia nella pratica anche uploader (chi immette in Rete file);
il soggetto che, invece, senza una contropartita economica, condivide o
comunque utilizza (anche solo come downloader) una piattaforma peer-to-peer
(che prevede la messa in condivisione automatica di quanto scaricato),
rischia già la sanzione penale, una multa da 51 a 2.065 euro;
chi, infine, condivide a fini di lucro rischia la reclusione da uno a
quattro anni, nonché una multa anche oltre i 15.000 euro.
Attenzione dunque. Nonostante quanto riportato spesso in maniera inesatta
dai media, la recente sentenza della Cassazione non cambia proprio nulla. Le
sanzioni penali rimangono eccome, anche quando non c'è scopo di lucro.
Quello che ci chiediamo è se ha senso considerare reato scaricare e
condividere file coperti da copyright se non c'è scopo di lucro; reato
previsto sì dalla legge, ma quasi mai perseguito dai Pubblici Ministeri, e
di fatto non percepito come tale dalla maggior parte dei cittadini. Sia
chiaro: Altroconsumo non è dalla parte di chi pretende che in Rete sia tutto
scaricabile gratuitamente; riteniamo che gli autori debbano essere
adeguatamente remunerati per il loro lavoro creativo, ma allo stesso tempo
avversiamo la strumentalizzazione della proprietà intellettuale da parte
delle major, arroccate su posizioni di rendita e su modelli tecnologici e di
distribuzione obsoleti.
Per questi motivi, se vuoi anche tu:
l'abolizione delle sanzioni penali per chi, senza scopo di lucro, scarica e
condivide in Rete contenuti protetti;
un mercato moderno, efficiente e concorrenziale dei contenuti digitali
basato su una gestione dei diritti d'autore digitali che rispetti anche i
diritti degli utenti;
il divieto della coesistenza di DRM (la gestione dei diritti d'autore
digitali) e dell'Equo Compenso (il sovrapprezzo applicato ai supporti come
compenso agli autori per il mancato guadagno sulle copie private); con
questi sistemi il consumatore rischia di pagare più volte, oltre a non poter
eseguire la copia privata e a essere limitato nella scelta della tecnologia
e dei supporti informatici che preferisce.
www.altroconsumo.it/map/src/140553.htm www.altroconsumo.it/map/src/140613.htm
PETIZIONE PERCHE' SIA MODIFICATA LA LEGGE SUL DIRITTO D'AUTORE
Al Ministro dei Beni e Attività Culturali, Francesco Rutelli e al Presidente
della Commissione Cultura alla Camera dei Deputati, Pietro Folena:
Nella tutela della proprietà intellettuale siamo oggi di fronte ad un sempre
più evidente strappo al tessuto giuridico condiviso, imposto da interventi
normativi eterodiretti approvati nella scorsa legislatura.
Ciò comporta un problema per la certezza del diritto. In casi come questo
l'affermazione delle esigenze di tutela del cittadino-consumatore implica
una difesa non solo dei suoi interessi economici, ma anche delle sue libertà
e del suo ruolo attivo all'interno della società. In tali evenienze il
consumerismo è chiamato a svolgere una funzione più alta, di concreta
rivendicazione dei principi costituzionali di libertà, di uguaglianza e di
democrazia, nonché di difesa dello Stato di diritto nell'interesse della
collettività contro le pretese protezionistiche e gli interessi privilegiati
di pochi soggetti.
Per questi motivi auspichiamo le seguenti modifiche alla legge vigente sul
diritto d'autore:
1) I consumatori non vanno criminalizzati - nell'ottica di un più sereno
bilanciamento tra gli interessi dei titolari dei diritti sulle opere e
quelli dei consumatori, chiediamo l'eliminazione delle sanzioni penali per
chi scarica e condivide in Rete contenuti protetti senza scopo di lucro e,
chiariti i confini tra gli illeciti colpiti da sanzione amministrativa e
quelli che prevedono la sanzione penale, ad esempio attraverso
l'introduzione del concetto di "scala commerciale", dovrà anche essere
eliminata la sanzione accessoria odiosa e smisurata per una semplice
infrazione amministrativa, consistente nella pubblicazione del provvedimento
su un giornale a diffusione nazionale e su un periodico specializzato.
2) DRM dal volto umano - chiediamo che sia inserita nella legge sul diritto
d'autore una adeguata regolamentazione dei DRM volta a tutelare più
efficacemente ed in concreto i diritti riconosciuti al consumatore alla
copia privata, alla privacy e all'accesso ad un mercato libero e
concorrenziale. Condizione di legittimità per l'utilizzo dei DRM dovrà
essere la loro piena interoperabilità. L'esistenza dei DRM nei supporti
dovrà essere inoltre più chiara e trasparente e non dovrà mai concretizzarsi
in una barriera tecnologica alla concorrenza;
3) O equo compenso o DRM - Appare del tutto evidente che la progressiva
implementazione dei sistemi di DRM che rendono impossibile de facto per il
consumatore medio effettuare una copia privata in presenza di protezioni
tecnologiche risulta incompatibile con la tendenza a moltiplicare le ipotesi
di compenso sui vari supporti e ad accrescerne spropositatamente l'importo.
La coesistenza di DRM e dell'Equo Compenso va vietata, i due sistemi non
possono coesistere perché in tal modo il consumatore rischia di pagare più
volte oltre a non poter eseguire la copia privata e ad essere limitato sulla
scelta della tecnologia e dei supporti informatici che più gli aggradano;
CON QUESTA PETIZIONE I FIRMATARI CHIEDONO L'APPROVAZIONE DELLE SUDDETTE
MODIFICHE SOSTANZIALI ALLA LEGGE SUL DIRITTO D'AUTORE NELL'INTERESSE DEI
DIRITTI DEI CONSUMATORI E PER FAVORIRE LO SVILUPPO DI UN MERCATO MODERNO,
EFFICIENTE E CONCORRENZIALE DEI CONTENUTI DIGITALI
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Forum
Against Intellectual Monopoly
Michele Boldrin and David K. Levine
PETIZIONE "NO COPYRIGHT SU
FORMAZIONE, INSEGNAMENTO E CULTURA SENZA FINI DI LUCRO" SIAE E DIRITTI
D'AUTORE
Alla luce delle recenti
denunce dalla Siae a siti didattici e culturali non profit per l'utilizzo di
immagini digitali di pittori protette dai diritti d'autore, con richiesta di
ingenti somme pecuniarie, esprimiamo all'opinione pubblica le nostre
preoccupazioni di educatori e formatori.
La Siae infatti, applicando "alla lettera" una legge le cui origini
risalgono all'anteguerra (legge del 22/4/1941, n. 633 e successivamente
adeguata con la legge 22 maggio 2004, n. 128) e non individuando alcuna
differenza tra uso didattico-formativo-istituzionale e uso commerciale,
pretende il pagamento di diritti d'autore su opere protette. In particolare
essa sostiene che l'utilizzazione, anche parziale, di un'opera costituisce
lesione del diritto morale dell'autore e che la riproduzione non autorizzata
delle opere in questione lede gli esclusivi diritti patrimoniali che la
legge riconosce agli stessi.
Ecco solo alcune delle innumerevoli conseguenze dirette che si verificano
rispettando la norma:
1- qualsiasi sito scolastico o blog didattico che utilizza per puro scopo
didattico file sonori, immagini protette, citazioni d'autore, rischia
ingenti sanzioni e quindi la chiusura immediata
2- le rappresentazioni teatrali, i saggi di fine anno caratterizzati da
sottofondi musicali alla presenza di pubblico o dei genitori sono
insostenibili dal punto di vista economico
3- la realizzazione di cd rom didattici e la creazione di ipertesti sono
estremamente costose
4- la libertà didattica e le specifiche competenze professionali degli
insegnanti ne risultano condizionate
Questo comportamento limita fortemente la funzione formativa della Scuola e
la libertà didattica degli insegnanti!
Chiediamo quindi al Ministero della Giustizia, al Ministero della Pubblica
Istruzione, al Ministero dei Beni Culturali che la Scuola, nell'ambito della
propria e specifica funzione educativa, formativa e didattica, sia esentata
dal COPYRIGHT in situazioni non profit e che gli insegnanti vengano
equiparati alle categorie che possono beneficiare gratuitamente di opere
artistiche nel contesto professionale, senza fini di lucro. Chiediamo
inoltre che le richieste vengano estese a produttori di cultura off /on line
a livello gratuito e che operano nello spirito del Cooperative Learning,
quali associazioni e community non profit.
La sottoscrizione è iniziata il 28 Gennaio 2007
Associazione Nazionale
Insegnanti Tutor e-Learning email:
anitel@anitel.it -
www.anitel.it
Attualmente il numero totale dei sottoscrittori è di
7500
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Forum
FIRMA LA
PETIZIONE >> http://www.anitel.it/petizione/
IN
ENGLISH
IN GERMAN
ALTRI SITI CHE SOSTENGONO LA PETIZIONE ONLINE
E IN CUI TROVARE MATERIALE INFORMATIVO
http://www.edscuola.it/
http://www.associazionedocenti.it/
http://vbscuola.it/
http://www.daimonclub.it/lib/internet.htm
http://www.homolaicus.it
http://www.antiarte.it/eugius/
http://www.beppegrillo.it/2005/05/ai_confini_dell.html
http://beppegrillo.meetup.com/143/boards/view/viewthread?thread=2609741
http://www.territorioscuola.com/
http://www.nonsoloscuola.org/
http://nicotri.blogautore.espresso.repubblica.it/?topic=04/11/16/5181603
http://www.scuolidea.it/didattika/index.asp
http://www.didaweb.net/firma3.php
http://www.pcself.com/primopiano/flash/news_item.asp?NewsID=1442
http://www.foruminsegnanti.it/modules.php?name=News&file=article&sid=712
http://punto-informatico.it/p.aspx?id=1872223
http://www.graffinrete.it/tracciati/articolo.php?id_vol=385
http://www.retescuole.net/contenuto?id=20070129010104
http://www.docenti.org/News/file/petizione.htm
http://www.scuolamatica.net/
http://www.maecla.it/
http://www.ziobudda.net/petizione_no_copyright_su_formazione_insegnamento_e_cultura
http://www.alessandroronchi.net/2007/01/31/rinnoviamo-la-cultura/
http://www.altrascuola.it/article.php?sid=1262
http://www.civiltalaica.it/web/
http://www.flcgil.it/
http://www.funzioniobiettivo.it/
http://www.listaetica.org/
http://www.tecnologieducative.it/
http://www.listaetica.org/
http://www.partito-pirata.it/
http://www.culttime.it/
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Forum
LA MANNAIA DELLA SIAE DECAPITA L'INSEGNAMENTO GRATUITO TELEMATICO.
Come? Rendendo molto dura la vita dei siti
scolastico-culturali degli insegnanti animati da passione e buona volontà.
Che la scuola italiana da tempo stia scadendo è
cosa nota. Insegnanti e professori sopperiscono spesso con la propria
passione, ci mettono un impegno che va ben oltre il dovuto e ben oltre lo
stipendiato. Alcune inchieste hanno dimostrato che molti insegnanti soffrono
di depressione o esaurimento da superlavoro. E’ invece meno noto che molti
di loro si danno da fare creando siti internet che mettono a disposizione
gratuitamente per studenti e non una bella fetta di sapere in più, utile per
la scuola ma non solo. L’offerta di questi siti di insegnanti pieni di buona
volontà è la più varia, dall’impegno civico a quello politico culturale, dal
campo della musica a quello delle arti visive, dagli argomenti di storia
alle questioni giuridiche del ginepraio scolastico che spesso neppure il
ministero della Pubblica istruzione riesce a chiarire bene.
Insomma, esiste un mondo scolastico parallelo, via web, di insegnanti
telematici che se non possiamo definire “scalzi”, riprendendo una vecchia
metafora, possiamo certo definire sottopagati e trascurati, anche perché è
l’intera scuola pubblica che il mondo politico e governativo trascura da
troppo tempo. Non ci si rende conto che fare della scuola la Cenerentola
significa creare un orizzonte futuro carico di nuvoloni neri… La scuola è il
cuore e il centro di gravità della formazione dei giovani, e i giovani sono
il futuro. Se la scuola la si lascia fare ed essere la Cenerentola, i
giovani raccoglieranno cenere, il futuro sarà gramo per tutti e il Paese
rischia la deriva. Ora su questo mondo di insegnanti coraggiosi piovono
multe salate appioppate dalla Siae, cioè dalla società che si occupa dei
diritti di autore. Molto spesso infatti anche i siti scolastici e culturali
mandati avanti da questi insegnanti vengono corredati con immagini e spesso
anche con musiche scaricate da internet. Fino a ieri era tutto lecito e
gratis. Ora una normativa europea semina disastri, pretende soldi anche
arretrati, migliaia e a volte decine di migliaia di euro per ogni singolo
sito “intercettato” dalla Siae. Il risultato è che molti di questi siti,
forse la quasi totalità, dovranno chiudere, gli insegnanti dovranno
rassegnarsi alle ripetizioni private…
La cosa incredibile è che nessuno sollevi almeno il
problema che si cominci a tartassare sui diritti d’autore dall’entrata in
vigore anche in Italia della normativa europea, mettendo una pietra sopra al
passato. In questo caso una sanatoria per il pregresso sarebbe preziosa
almeno quanto l’indulto e l’amnistia in altri campi. Ma è probabile che il
mondo scolastico del web venga trattato con meno riguardo di quello
riservato ai malavitosi più o meno piccoli.
Credo valga la pena far parlare uno dei più rappresentativi tra questi
insegnanti, uno dei quattro che hanno dato vita a quello che ormai è un vero
e proprio web scolastico nazionale. La parola dunque a Enrico Galavotti, 53
anni, professore di italiano, storia e geografia in una scuola media in
provincia di Forlì-Cesena. conosciuto in rete col nickname Galarico, autore
del sito homolaicus.com, molto quotato in Google per i suoi materiali
didattici e culturali. Dopo un decennio di presenza attiva nel vasto mondo
del web è caduto nelle maglie sempre più strette che la Siae sta stringendo
intorno al mondo degli insegnanti telematici.
Pino Nicotri, giornalista dell’Espresso
http://nicotri.blogautore.espresso.repubblica.it/?topic=04/11/16/5181603
Leggi l'intervista che segue a Enrico Galavotti e
partecipa al forum contro la mannaia della Siae.
Indice
Forum
L’ARTE E L’ARTE DI FAR
SOLDI DELLA SIAE Ha senso proteggere gli artisti
penalizzando chi li valorizza?
Enrico Galavotti, meglio conosciuto in rete col nick
di Galarico, uno dei fondatori del web scolastico nazionale, autore del sito
homolaicus.com, molto quotato in Google, soprattutto per i suoi materiali
didattici e culturali, è incappato, dopo un decennio di presenza attiva,
nelle maglie sempre più strette che la Siae sta stringendo intorno al mondo
degli insegnanti telematici.
Dunque, che è successo?
Niente, o quasi. Con mia grande sorpresa mi sono visto
recapitare una raccomandata dall’ufficio Arti figurative della Siae che mi
intima di pagare una cifra rilevante per l’uso di 74 dipinti di Kandinsky,
Picasso, Klee e alcuni Futuristi, di cui non avevo chiesto la preventiva
autorizzazione.
E perché non l’avevi chiesta?
Perché non sapevo di doverla chiedere, non avendo mai
fatto nulla di commerciale coi miei ipertesti, né lo sapevano i miei
colleghi, che hanno collaborato alla loro realizzazione. In dieci anni non
mi ha mai chiesto nulla nessuno. E come io ho preso immagini da vari siti,
così è probabile che altri le abbiano prese dal mio: il baratto ha
caratterizzato la rete sin dai suoi esordi. Il massimo che si faceva era
citare a vicenda i rispettivi siti.
Eppure esiste una precisa legge sul diritto d’autore.
Sì esiste, ho cominciato a leggerla adesso. In rete,
sin dalla sua nascita, tra insegnanti s’è sempre detto che bastava citare la
fonte (in questo caso i musei), e a volte non si faceva neppure quello,
trovando la stessa immagine su decine e decine di altri siti.
Con questo cosa vuoi dire, che da una fase anarchica
della rete si sta passando a una fase regolamentata?
Indubbiamente una sanzione del genere solo qualche
anno fa sarebbe stata impensabile, e non tanto perché le leggi erano meno
restrittive (sicuramente lo erano prima di quella Urbani), quanto perché la
Siae non faceva nulla in rete: è da circa tre-quattro anni che s’aggira come
leone ruggente in cerca di chi divorare, e purtroppo, grazie al mio
posizionamento nei motori, ha trovato il pollo da spennare.
Cioè vuoi dire che la mazzata sarebbe dovuta arrivarti
con una sorta di preavviso?
No, sarebbe troppo chiedere a una società come la Siae,
di cui è ben noto il carattere vessatorio che esercita nel nostro paese. Non
a caso è stata per anni commissariata. Certo è che passare improvvisamente
dalla libera fruizione di materiali didattici al terrore di dover rendere
conto a questo Moloch del copyright, non è piacevole. Per questo forse
sarebbe stata necessaria maggiore informazione o che comunque il nostro
Ministero [della P.I.] avesse svolto un’opera di maggiore tutela nei
confronti dei propri insegnanti, che nella mia condizione saranno a
centinaia.
Ti riferisci al fatto che la legge è troppo
restrittiva nei confronti di chi fa cultura senza scopo di lucro?
Esattamente. La Siae, o meglio la legge Urbani, non fa
differenza tra sito culturale e sito commerciale: per l’uso di immagini
protette tutti devono pagare. La differenza sta solo negli importi, che però
restano troppo alti per qualunque insegnante. È impensabile infatti che per
fruire di 50 immagini io debba pagare 120 euro l’anno, quando per le stesse
immagini, a te che sei giornalista, grazie al tuo diritto di cronaca, non
costano nulla.
Veramente la Siae non t’impedisce di usare le stesse
immagini senza pagarci i diritti sopra.
È vero, ma mi costringe o a metterle sotto chiave, in
un’area riservata (il che non è il massimo per un sito culturale), o a
usarle con dei link esterni, facendomi così rischiare di avere continuamente
dei buchi neri quando il sito di riferimento sparisce dal web, o cambia
nome, o quando il webmaster, semplicemente, colloca la propria immagine in
un cartella diversa da quella originaria del proprio sito. L’altra soluzione
è quella di usare porzioni di immagini, ma in un ipertesto artistico, di
commento critico di un’opera, questa soluzione viene generalmente scartata a
priori. E poi quelli della Siae, contraddicendo apertamente, in questo, la
legge n. 633, con le sue successive modifiche, ritengono l’uso parziale
dell’immagine un illecito ancora maggiore.
Strano però che la Siae sia così ossessiva con gli
insegnanti, quando la Cassazione è così tollerante nei confronti di chi fa
pirateria di film, musica e software in ambito privato, pur senza scopo di
lucro.
È che per la Siae c’è una certa differenza tra quanto
avviene in un’area privata e quanto invece avviene alla luce del sole. Un
ipertesto didattico o culturale che utilizza pubblicamente immagini non
autorizzate viola, ipso facto, la dignità morale dell’artista e i diritti
patrimoniali degli eredi: nella raccomandata è scritto esattamente così, ed
è stato questo che più mi ha sconcertato.
Questo automatismo mi pare un po’ strano, anche perché
semmai un ipertesto culturale su un dipinto dovrebbe incrementarne il valore
commerciale.
Infatti, io penso che se un erede vedesse i lavori che
i docenti fanno nel mio sito, non noterebbe di sicuro una violazione ma
semmai un’esaltazione dell’ingegno artistico e intellettuale di un autore.
Invece devi pensare che per la Siae costituisce addirittura un’aggravante il
fatto che su un dipinto si mettano cerchi, linee e quadrati per poterlo
meglio spiegare. Mi hanno addirittura scritto che l’aver usato il volto di
Picasso in un puzzle in java avrebbe potuto comportare una richiesta
separata di risarcimento danni.
Insomma o paghi i diritti o non fai ipertesti di
dominio pubblico su autori viventi o scomparsi da meno di 70 anni?
Purtroppo la Siae non pubblica l’elenco degli eredi ma
solo quello degli artisti, e di questi artisti considera protette tutte le
opere, tant’è che non hanno neppure voluto dirmi i nomi dei files
“incriminati”. Quindi è lei a decidere le regole del gioco, e in queste
regole la scuola è costretta a tenere lo sguardo rivolto verso il passato
più lontano.
Fonte: Pino Nicotri, giornalista dell’Espresso
http://nicotri.blogautore.espresso.repubblica.it/?topic=04/11/16/5181603
IN DIFESA DELL'IMPEGNO DIDATTICO E
CULTURALE DEI DOCENTI
Non solo un docente non danneggia la
dignità morale di un artista ma in realtà la esalta, mettendo in
luce il suo genio creativo, e di conseguenza non fa che incrementare
il valore patrimoniale delle sue opere e quindi i diritti degli
eredi.
Questo significa che la Siae obbligandomi a rimuovere interi
ipertesti ha violato la diffusione della cultura artistica, ha
sottratto all’umanità un patrimonio comune, ha offeso la dignità
morale e professionale del sottoscritto facendolo passare per un
truffatore, un falsario, un ladro peggiore di quegli studenti che
scaricano in area privata film musica software e che solo per questo
non vengono giudicati colpevoli dalla Cassazione.
Un docente ha meno diritti di un giornalista, il quale, beneficiando
del diritto di cronaca, può utilizzare immagini protette senza
pagare il diritto d’autore.
Enrico Galavotti
Indice
Forum
A seguito di queste
vicende è nata anche un'interrogazione parlamentare presentata dal
senatore Bulgarelli dei Verdi che pubblichiamo qui di seguito.
Interrogazione a risposta scritta
Ai ministri della Giustizia, della Pubblica Istruzione, dei Beni e
attività culturali
Premesso che:
l’ufficio Arti Figurative della Siae ha inoltrato varie denunce, con
richiesta di ingenti somme pecuniarie, al sig. Enrico Galavotti,
insegnante di Cesena, autore di ipertesti pubblicati su sito
internet di didattica e cultura non profit di Cesena
www.homolaicus.com, da lui realizzato e gestito attivamente da un
decennio; Galavotti (meglio conosciuto in rete col nick di Galarico)
è uno dei fondatori del web didattico nazionale, ed è stato
denunciato per l'utilizzo di immagini digitali riproducenti 74
dipinti protetti dai diritti d'autore;
la decisione della Siae induce a forti preoccupazioni per l'aver
introdotto un precedente che potrebbe avere forti ripercussioni
negative sull'operato di tutti quegli insegnanti autori di siti
internet e divulgatori di preziosi materiali didattici e culturali;
la Siae, infatti, applicando in maniera distorta una legge le cui
origini risalgono all'anteguerra (legge del 22/4/1941, n. 633 e
successivamente adeguata con la cosiddetta “Legge Urbani” - legge 22
maggio 2004, n. 128) e non individuando alcuna differenza tra uso
didattico-formativo-istituzionale e uso commerciale, pretende il
pagamento di cifre rilevanti relative a diritti d'autore su opere
protette realizzate da artisti viventi o scomparsi da meno di 70
anni; in particolare la Siae, applicando impropriamente solo ed
esclusivamente l’art.3 della legge 633 del ’41, sostiene
discrezionalmente che l'utilizzazione, anche parziale, di un'opera
costituisca lesione del diritto morale dell'autore e che la
riproduzione non autorizzata delle opere in questione leda gli
esclusivi diritti patrimoniali che la legge riconosce a quest'ultimo;
al tempo stesso la Siae trascura, però, l’applicazione dell’art. 70
della stessa legge del ’41, che prevede massima libertà per l’uso di
immagini a scopo didattico non commerciale e di insegnamento senza
finalità di lucro, a patto di citare la fonte (cosa che è avvenuta
regolarmente nel sito in questione); sono innumerevoli le
conseguenze dirette che si potranno verificare interpretando in
maniera distorta la norma:
• qualsiasi sito scolastico o blog didattico che utilizza per puro
scopo didattico file sonori, immagini protette, citazioni d'autore,
rischia ingenti sanzioni e quindi la chiusura immediata;
• le rappresentazioni teatrali, i saggi di fine anno caratterizzati
da sottofondi musicali alla presenza di pubblico o dei genitori
diverrebbero insostenibili dal punto di vista economico;
• la realizzazione di cd rom didattici e la creazione di ipertesti
risulterebbe estremamente costosa;
• la libertà didattica e le specifiche competenze professionali
degli insegnanti ne risulterebbero pesantemente condizionate;
il comportamento della Siae, in sostanza, appare limitare fortemente
la funzione formativa della Scuola e la libertà didattica degli
insegnanti; a tale proposito, si fa presente che la legislazione
statunitense sul "fair use", permette di pubblicare materiali sotto
copyright senza autorizzazione, purchè vi siano fini e intenti
educativi; il principio del fair use, infatti, rende i lavori
protetti dal diritto d'autore disponibili al pubblico come materiale
grezzo senza la necessità di autorizzazione, a condizione che tale
libero utilizzo soddisfi le finalità della legge sul diritto
d'autore, che la Costituzione degli Stati Uniti d'America definisce
come promozione "del progresso della scienza e delle arti utili"; la
dottrina tenta in questo modo di equilibrare gli interessi dei
titolari di diritti individuali con i benefici sociali o culturali
che derivano dalla creazione e dalla distribuzione dei lavori
derivanti;
si chiede di sapere:
se i ministri in indirizzo non ritengano opportuno attraverso
specifici provvedimenti legislativi esentare gli insegnanti,
nell'ambito della propria specifica funzione educativa, formativa e
didattica, dall'osservanza del copyright, operando essi in un
contesto palesemente senza fini di lucro e di alta utilità sociale;
se non ritengano opportuno introdurre anche in Italia, in materia di
diritto d'autore, il principio del "fair use".
Roma, 05/02/07
Sen. Mauro Bulgarelli
Indice Forum
Seconda interrogazione parlamentare
sul diritto d'autore, alla Camera questa volta, da parte della
deputata Cardano Annamaria.
INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA
AL MINISTRO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
AL MINISTRO PER I BENI E LE ATTIVITA’ CULTURALI
AL MINISTRO DELLE COMUNICAZIONI
Per sapere premesso che
- la creazione e l’uso in internet di siti didattici e culturali a
libero accesso si sta diffondendo sempre più nelle scuole tra le
comunità di docenti e di studenti;
- tali siti non sono di natura commerciale;
- da diverse segnalazioni ricevute (ad es. per il sito
www.homolaicus.com) risulta che la SIAE richiede il pagamento dei
diritti
d’autore per l’uso di alcune immagini utilizzate in ipertesti
didattici sulla base della legge 22 aprile 1941, n. 633 modificata
con legge 22 maggio 2004, n.128, non individuando essa alcuna
differenza tra uso didattico-formativo-culturale-istituzionale e uso
commerciale;
- l’art.70 della citata legge 633 prevede la possibilità di
citazione o riproduzione di brani o parti di opera e la loro
comunicazione al pubblico se effettuati per uso di critica, di
discussione e di insegnamento, nei limiti giustificati da tali fini
e purché non costituiscano concorrenza all’utilizzazione economica
dell’opera e che, se effettuati a fini di insegnamento o ricerca
scientifica, l’utilizzo deve avvenire per finalità illustrative e
per fini non commerciali;
- citare vuol dire anche riprodurre immagini in modo incompleto o
degradato (come ad esempio nel caso delle risoluzioni adottate negli
ipertesti didattici sugli attuali p.c. con il formato JPEG), quindi
la SIAE dovrebbe distinguere tra copie identiche dell’opera, non
ammesse, e citazioni delle stessa, ammissibili per legge;
- secondo l’art 90 della suddetta legge la riproduzione è
considerata abusiva quando la foto originale riporta nome del
fotografo (o ditta), data, nome dell’autore dell’opera d’arte
fotografata, ma non lo è se mancano tali indicazioni;
- la soluzione spesso proposta dalla SIAE ai docenti (mettere “sotto
chiave”, in area riservata gli ipertesti didattici) non è utile,
perché rende inefficace e spesso anche inefficiente l’utilizzo degli
stessi siti; - esiste una petizione organizzata da Altroconsumo,
associazione per la difesa dei consumatori (www.altroconsumo.it) per
una modifica della legge sul diritto d’autore, basata sull’idea che
la condivisione di opere multimediali, resa possibile da internet,
sia un’occasione di crescita sia del singolo che della collettività;
- nella nostra legislazione è assente il concetto di “Fair Use” o
“equo utilizzo” presente invece nella legislazione degli USA, che
permette di pubblicare materiali sotto copyright senza
autorizzazione, purché a certe condizioni ben definite (eccezioni ai
diritti d’autore o diritti connessi), ogni Paese dovrebbe promuovere
il diritto di accesso all’informazione come bene comune mondiale,
anche alle fasce di utenza svantaggiate.
- se i Ministri interrogati non ritengano che il principio della
libera fruizione dei materiali didattici sia un presupposto che
garantisce
l’accesso democratico al sapere e che quindi vada salvaguardato in
modo particolare;
- se non ritengano necessario, considerata la nuova situazione
dovuta all’utilizzo di internet anche nel mondo della scuola,
adoperarsi affinché venga modificata la normativa esistente in modo
che siano ben differenziati i comportamenti da seguire nel caso di
siti culturali e in quello dei siti commerciali, adottando per la
scuola, nell’ambito della propria e specifica funzione educativa,
formativa e didattica, i presupposti del “Fair Use”;
- se non ritengano necessario adoperarsi affinché venga fornita agli
insegnanti un’adeguata informazione sugli aspetti giuridici della
gestione dei siti internet;
- se non ritengano necessario, in attesa di modifiche legislative,
invitare la SIAE ad una moratoria di almeno un anno per consentire
ai docenti, e a quanti gestiscono siti culturali senza scopo di
lucro, di controllare i loro patrimoni digitali rispetto all’elenco
di artisti le cui opere sono oggetto di tutela.
On. Anna Maria Cardano
Roma, 8 febbraio 2007
La petizione di Altroconsumo
cui fa riferimento si trova qui:
www.altroconsumo.it/map/src/140553.htm
www.altroconsumo.it/map/src/140613.htm Indice
Forum
MA IL COPYRIGHT PUO' TUTELARE
ANCORA IL MERCATO?
Per la Corte di cassazione scaricare da internet files protetti da copyright
non è reato se non c'è scopo di lucro. Benché si riferisca in realtà a fatti
coperti dalla normativa precedente alla legge Urbani, questa sentenza è
un'utile occasione per discutere di proprietà intellettuale (copyright e
brevetti) in un'economia moderna. Sulla carta, la legge Urbani (che peraltro
non verrà mai applicata) è tra le più severe d'Europa. Ma ha ancora senso la
proprietà intellettuale? Lo dico come provocazione personale. So per esempio
che il direttore del Sole-24 Ore, anche perché ha fatto l'editore, la pensa
in maniera opposta. Ma parliamone... Partiamo dal caso più semplice, il
copyright artistico, cioè la proibizione di copiare, rivendere o utilizzare
in pubblico un cd o un dvd, che di fatto attribuisce al produttore un
diritto di monopolio. L'argomento usuale della Siae e della sua controparte
americana, la Riaa, è che questo monopolio permette agli autori di
recuperare i costi fissi per produrre una canzone.
Continua u pagina 12In sua assenza, molte opere d'arte non verrebbero
prodotte, e il mondo sarebbe più povero culturalmente. Ma questo è falso.
Lo sostengono Michele Boldrin e David Levine (due economisti della
Washington University di St. Louis) in un bellissimo libro disponibile su
internet, su cui gran parte di questo articolo è basato. Bach, Mozart e
Beethoven scrissero la loro musica quando il copyright non esisteva e gli
spartiti (i cd del XVIII secolo) venivano copiati liberamente. E certamente
Picasso avrebbe dipinto Guernica anche senza royalties su ogni poster che
riproduce il quadro.
Abolire il copyright non significa che un artista non possa vivere del
proprio lavoro. Se un cd di Madonna potesse essere copiato e rivenduto
liberamente, la prima copia costerebbe molto più del prezzo attuale, perché
porta con sé il diritto di rivendere il contenuto a qualsiasi prezzo il
mercato accetti. Le copie successive scenderebbero progressivamente di
prezzo, esattamente come oggi molti spendono 10 euro per guardare un film il
weekend dell'uscita mentre potrebbero vederlo a 3 euro dopo due mesi al
cineforum.
I profitti degli autori sarebbero in ogni caso sufficienti per coprire i
costi iniziali e offrire una remunerazione aggiuntiva; verrebbero però
grandemente ridotte le enormi remunerazioni dei cantanti e attori di punta.
Si dice spesso che questi guadagni sono determinati dal gradimento del
pubblico, e quindi dal mercato. Vero, ma sta a noi decidere se vogliamo che
il mercato sia monopolistico o concorrenziale. Per chi crede nel mercato, ma
non riesce a riconciliarsi con l'idea che un'artista possa guadagnare
milioni per cantare mentre si fa crocifiggere su una struttura di vetro
pensando di fare chi sa quale operazione culturale, oppure per fare
monologhi più o meno incoerenti alla televisione, la soluzione non è la
censura (che non funziona mai), ma l'abolizione del copyright.
Né il mondo sarebbe culturalmente più povero senza copyright, anzi.
Scomparirebbero le case discografiche, che oggi si accaparrano enormi
rendite e di fatto consentono l'accesso a pochi artisti. Molti più di questi
ultimi avrebbero quindi accesso al mercato, non essendovi più bisogno della
Siae che, di fatto, tiene alti i prezzi e i costi proteggendo il monopolio
di quei pochi che vengono distribuiti. Dobbiamo però temere che gli artisti
esteri diserteranno il mercato italiano perché non protetto dal copyright?
No, perché il prezzo che potranno ottenere è sempre maggiore di zero.
Lo stesso discorso vale per gli altri casi di copyright artistico, cioè per
libri e film, e in genere per la proprietà intellettuale, inclusi quindi i
brevetti scientifici. Quasi tutte le industrie nuove non avevano copyright
nella fase iniziale e più innovativa. In decine di settori tra i più
innovativi (moda, banche d'investimento, open source software) i costi fissi
sono alti eppure non ci sono brevetti.
Si dice spesso che il brevetto consente la ricerca in farmaci con alti costi
di sviluppo e domanda limitata, e quindi beneficia tutto il mondo. Ma i
costi fissi sopportati dall'industria farmaceutica sono più limitati di
quanto si creda, e la domanda è elastica. Fino al 1978 in Italia i brevetti
farmaceutici erano proibiti, eppure la nostra industria farmaceutica era
composta di decine di aziende con una reputazione mondiale di innovazione;
sappiamo tutti cosa è successo negli ultimi 30 anni.
Questi sono argomenti delicati, che richiedono un dibattito serio e
rigoroso. Per ora potremmo accontentarci di un passo più modesto ma
significativo. Se il ministro Bersani cerca già idee per la prossima
lenzuolata, eccone una: ministro, abolisca la Siae.
Roberto Perotti Il Sole 24 Ore 7 febbraio
'07
http://www.micheleboldrin.com/research/innovation.html
Il libro di M.
Boldrin e D. Levine
Indice Forum
IN INTERNET LA STUPIDITA'
PRETENDE I PROPRI DIRITTI D'AUTORE !!!!!!
Pretendere soldi sotto forma di pagamento per i diritti d'autore per
l'utilizzo di fotografie di opere artistiche in siti didattici,
culturali, scolastici, di privati e di associazioni no profit senza
fini di lucro che operano nello spirito del "cooperative learning"
non è morale, non è economico, non è intelligente, non è legale, ma
è da stupidi e da ignoranti. Queste pagine internet infatti esaltano
la creatività degli stessi autori, e di coloro che ne divulgano
l'arte, e aiutano tutti i cittadini di buona volontà ad approfondire
la propria conoscenza estetica e quindi etica del mondo in cui
vivono, ed è inutile dire che questo processo oltre che ad essere
didattico e pedagogico aiuta inevitabilmente ad incrementare la
sensibilità degli esseri umani e quindi ne stimola il loro progresso
e la loro evoluzione. In questa ottica la legislazione americana
prevede il "fair use", istituto prettamente statunitense che
sancisce la possibilità di utilizzare le immagini protette da
copyright senza autorizzazione del proprietario, questo però, a
determinate condizioni, ossia, per finalità di promozione "del
progresso della scienza e delle arti utili".
Impedire o richiedere il
pagamento di esose somme di denaro per l'utilizzo senza scopi di
lucro di immagini di vari quadri da parte della Siae impone quindi
la nascita di un ampio dibattito sulla moralità e la validità
giuridica di un tale comportamento e sulla necessità di interpretare
al meglio la legge sui diritti d'autore, che mina gravemente il
diritto alla diffusione libera del sapere, della cultura, della
conoscenza e che al tempo stesso mira a lasciare i cittadini
nell'ignoranza più totale e si accanisce contro quei poveri
intellettuali che con grande fatica ed impegno cercano di divulgare
e di diffondere una certa sensibilità artistica, letteraria e
sociale, ovvero che cercano in pratica di migliorare la sensibilità
etica ed estetica di tutta l'umanità del nostro pianeta. Ma questo
accade solo in Italia dove la stupidità e la rigidità del nostro
sistema bloccano la creatività e la crescita dei siti culturali e
quindi al tempo stesso inibiscono la promozione del nostro
territorio, del nostro genio, delle nostre imprese e allontanano i
navigatori stranieri e locali dalla nostra realtà, la qual cosa
costituisce un gravissimo danno per tutto il paese. Questa
situazione richiede dunque non solo l'intervento immediato di tutti
gli intellettuali di buona volontà che abbiano un minimo a cuore le
sorti culturali, sociali, economiche e scientifiche del nostro
paese, ma anche di tutti quei naviganti che di questo passo
diventeranno sempre più succubi di una cultura straniera, non sempre
amicale nei nostri confronti, e che vedranno di pari passo
impoverirsi a grandi falcate le loro già misere finanze.
Su internet ormai si può
trovare di tutto e soprattutto immagini di opere d'arte, fotografie,
filmati, musica, ipertesti didattici, articoli, corsi, e via
dicendo, il web sta in pratica trasformando molti principi culturali
e la filosofia di fondo che ne sta alla base è quella rivoluzionaria
della condivisione e della libera comunicazione di idee, di
sentimenti, di pensieri, di testi, di immagini, di critiche e di
proposte. I links e gli ipertesti, la multimedialità e la diffusione
gratuita di tutto il sapere online, sono i concetti basilari di
questa enorme innovazione tecnologica e culturale. Siamo entrati
nell'epoca della rete e delle reti di reti. Tutto il mondo del
business, delle istituzioni e dell'educazione deve ormai puntare su
internet. L'innovazione più importante di questa rivoluzione è che
la premessa per lo sviluppo ed il successo della grande rete non è
più l'individualismo e l'egoismo, come nel mondo reale in cui
viviamo, ma la condivisione di interessi e bisogni. La messa in
comune di conoscenze, competenze e capacità. Solo così infatti la
nostra umanità può crescere e risolvere i problemi spinosi che la
assillano.
Ma in Italia come al solito
il "digital divide" aumenta implacabilmente rispetto all’Europa.
Aumenta insieme agli stipendi, al potere, e alle risorse finanziarie
dei manager di tantissime aziende pubbliche e private che ostacolano
e limitano lo sviluppo del paese e la crescita armonica della nostra
società. Negli Stati Uniti più del 50% delle famiglie ha la banda
larga. La banda larga, non l’ADSL, in Italia invece ci sono zone
dove non è coperto neppure il cellulare. Per non parlare poi dello
stato della nostra ricerca, delle nostre scuole, di tanti nostri
ospedali, delle nostre aziende, delle nostre città, sempre più
caotiche e disorganizzate, della nostra burocrazia e della nostra
giustizia, e in mezzo a tutta questa caotica imbecillità c'è anche
chi si perde ancora a chiedere i diritti per qualche misera foto a
bassa risoluzione di autori ormai morti da tempo. Inoltre il web
significa libertà di espressione e se passa il concetto che gli
unici a poter fare critica o cultura sono solo le "testate
registrate" allora qualcuno mi spieghi cosa cavolo è stato inventato
a fare il www, Berners Lee non poteva dedicarsi a qualcosa di più
utile? Poteva trovare un vaccino contro l'AIDS, studiare un po' i
tumori, pensare a qualcosa contro le PM10, contro il
surriscaldamento del pianeta o le catastrofi ambientali che ci
travolgeranno.
Certo le cose non sono semplici, infatti in questo settore la
concorrenza è spietata e tutti cercano di garantirsi il più alto
numero di utenti, causando così in parecchi casi la soppressione di
molte realtà. E così operando la Siae sta causando la morte dei
nostri siti scolastici, culturali, didattici, artistici e
divulgativi.
Ma una cosa deve essere
chiara, ormai è finita l'epoca in cui le grosse aziende riuscivano a
controllare l'accesso alle informazioni, e oggigiorno sono proprio i
consumatori, le loro associazioni e le grandi organizzazioni
no-profit, non governative e anti-globalizzazione la migliore
risorsa di informazione per il nostro mondo in fase di grande
mutamento. Pensate che più di 23.000 scienziati nel mondo si sono
impegnati a boicottare le riviste che non renderanno i propri
articoli accessibili gratuitamente su internet entro sei mesi dalla
pubblicazione. In pratica una vera e propria rivoluzione. Tutto il
sapere deve essere messo in rete e deve essere fruibile da parte di
tutti; solo così potremo migliorare la nostra umanità e diffondere
il pluralismo e la vera ricerca globale. Questo ovviamente contrasta
con gli interessi dei grossi editori che da soli riescono a
controllare la pubblicazione di migliaia di riviste, si pensi per
esempio al colosso anglo-olandese Reed Elsevier che gestisce con
pochi altri un giro di affari di 10 miliardi di dollari all'anno. E'
evidente che queste situazioni di monopolio devono alla lunga essere
ridimensionate. Perciò se anche voi credete che in questo mondo
tutti debbano aver voce in capitolo, unitevi a noi, e combattete con
noi questa battaglia per la libertà di espressione creativa e per la
crescita del nostro web didattico, artistico e culturale, infatti
l'unione fa la forza e solo in questo modo le vostre idee, le vostre
iniziative e le vostre aspirazioni potranno crescere e contribuire
al miglioramento e alla piena realizzazione di tutta l'umanità.
Negli Stati Uniti già dalla
fine dell'anno 2003 si stava costruendo una rete di connessioni tra
tutte le università e i laboratori del paese, questa Internet
Speciale chiamata e-science sarà in grado di collegare tutti i
ricercatori mediante fibre ottiche alla velocità di 10 mega bits al
secondo. Grazie a questo progetto, che si spera verrà poi allargato
anche ad altre realtà, sarà possibile trasferire e condividere
enormi quantità di dati e di ricerche, compreso la mappatura del
genoma umano e sarà inoltre possibile lavorare con grande velocità e
nello stesso tempo su modelli tridimensionali delle varie proteine.
Purtroppo invece dobbiamo allo stesso tempo constatare che nel
nostro paese oltre a non favorire lo sviluppo della ricerca, delle
tecnologie e a non incentivare economicamente gli scienziati, si fa
di tutto per bloccare e limitare anche la buona volontà degli
insegnanti che fanno cultura in rete e che cercano di unire le due
culture, umanistica e scientifica, al fine di aumentare la
creatività di tutti. E così mentre gli altri paesi avanzano, da noi
c'è un marciume stagnante che impedisce qualsiasi progresso e questo
è dovuto anche alle nostre stupide e ataviche leggi e a chi le
prende a pretesto per fare due soldi alle spalle del buon senso,
della logica, della creatività e del progresso scientifico e
culturale. Quindi senza far riferimento ai pietosi dati delle
statistiche sull'utilizzo di Internet e della banda larga in Italia,
dobbiamo rilevare che procedendo in questa direzione il nostro paese
risulterà sempre più abitato da un popolo tecnologicamente,
scientificamente, culturalmente e artisticamente analfabeta,
stupido, violento, incolto, ignorante, insensibile, cafone,
infelice, chiuso, introverso, e che alla fine non riuscirà più a
rimanere al passo dei paesi più liberi e più civilizzati e sarà
quindi sempre più costretto a vivere in un paese squallido, triste,
cupo, misero, ingiusto, ridicolo ed ignobile.
Carl William Brown
Indice Forum
CONSIDERAZIONI
SUL DIRITTO D'AUTORE PER LE IMMAGINI IN INTERNET
Senza una cultura libera non
si ha sviluppo del sapere. Lessig
Legge 22 aprile 1941 n. 633
Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio
(G.U. n.166 del 16 luglio 1941)
(Testo coordinato con le modifiche introdotte dalla legge 22 maggio 2004, n.
128)
Fonte
http://www.interlex.it/Testi/l41_633.htm#87
CAPO V - Diritti relativi alle fotografie
Art. 87
Sono considerate fotografie ai fini dell'applicazione delle disposizioni di
questo capo le immagini di persone o di aspetti, elementi o fatti della vita
naturale e sociale, ottenute col processo fotografico o con processo
analogo, comprese le riproduzioni di opere
Dell'arte figurativa e i fotogrammi delle pellicole cinematografiche.
Non sono comprese le fotografie di scritti, documenti, carte di affari,
oggetti materiali, disegni tecnici e prodotti simili.
Da ciò io capisco che le fotografie di dipinti di autori vari prelevate da
Internet sono a tutti gli effetti delle semplici fotografie e quindi non
sono copie dell'opera stessa, come si evince dal testo sotto riportato.
Da aggiungere inoltre che una
fotografia di un dipinto NON E’ una COPIA dell’ opera. Anche se l’ articolo
13 della LDA riporta la fotografia fra i modi di produrre “copie”, questo
non significa che qualunque modo sia adeguato a produrre una copia di
qualunque opera, ma semplicemente che per alcune opere dell’ ingegno (film,
composizione fotografiche, testi, spartiti) la fotografia è un mezzo
adeguato per produrre una copia abbastanza fedele all’originale da
permetterne la stessa fruibilità. Per un dipinto, “copia” può essere
soltanto un’ imitazione, più o meno fedele, eseguita da un altro pittore con
tecniche simili: “disegno, pittura o scultura che riproduce più o meno
fedelmente un originale, talvolta a scopo di contraffazione, o a scopo di
esercitazione o di diffusione” (DeMauro).
La foto di un dipinto è
semplicemente una fotografia, e viene quindi regolamentata dagli art. 87 –
92 LDA. A conferma di questo, l’ art. 87: sono considerate fotografie ai
fini dell'applicazione delle disposizioni di questo capo le immagini di
persone o di aspetti, elementi o fatti della vita naturale e sociale,
ottenute col processo fotografico o con processo analogo, comprese le
riproduzioni di opere dell'arte figurativa e i fotogrammi delle pellicole
cinematografiche. Non sono comprese le fotografie di scritti, documenti,
carte di affari, oggetti materiali, disegni tecnici e prodotti simili.
E l’ art. 90: gli esemplari
della fotografia devono portare le seguenti indicazioni: 1) il nome del
fotografo, o, nel caso previsto nel primo capoverso dell'art. 88, della
ditta da cui il fotografo dipende o del committente; 2) la data dell'anno di
produzione della fotografia; 3) il nome dell'autore dell'opera d'arte
fotografata. L’ art. 90 prosegue: qualora gli esemplari non portino le
suddette indicazioni, la loro riproduzione non è considerata abusiva e non
sono dovuti i compensi indicati agli articoli 91 e 98, a meno che il
fotografo non provi la malafede del riproduttore.
Quanto sopra riportato a mio
avviso vale a tutti gli effetti benché l'Art. 13 della Legge sul Diritto
d'Autore del 22 Aprile 1941, nr. 633 affermi che: "Il diritto esclusivo di
produrre ha per oggetto la moltiplicazione in copie diretta o indiretta,
temporanea o permanente, in tutto o in parte dell'opera, in qualunque modo o
forma, come la copiatura a mano, la stampa, la litografia, l'incisione, la
fotografia, la fonografia, la cinematografia ed ogni altro procedimento di
riproduzione".
La produzione in Internet di
ipertesti o pagine web conteneti fotografie a bassa risoluzione di dipinti
di autori vari in siti di natura didattica, culturale, divulgativa, a scopo
formativo e pedagogico, senza alcun fine di lucro né tanto meno commerciale
da parte di docenti, siti amatoriali, scuole o associazioni no-profit non
viola la dignità morale degli artisti e i diritti patrimoniali degli eredi,
e quindi non va contro l'articolo 20 della stessa legge, in quanto in
realtà, esalta la creatività degli uni e, indirettamente quindi, le risorse
degli altri. Questa attività contribuisce invece a diffondere una certa
sensibilità etica ed estetica e a migliorare le potenzialità creative della
nostra umanità.
In subordine, ammesso e non
concesso che una fotografia possa essere considerata una copia di un
dipinto: un’ immagine digitale Jpeg < 640 x 480 pixel x 24 bit tratta dalla
foto non può essere considerata riproduzione dell’ intera opera, ma solo di
una piccola percentuale di parti di essa e può essere quindi utilizzata
liberamente per uso di critica o di discussione (art. 70 LDA) che autorizza
espressamente il diritto di citazione. “Il riassunto, la citazione o la
riproduzione di brani o di parti di opera, per scopi di critica, di
discussione ed anche di insegnamento, sono liberi nei limiti giustificati da
tali finalità e purché non costituiscano concorrenza alla utilizzazione
economica dell'opera”. A sostegno della seconda tesi vi sono
online diverse perizie tecniche
di esperti informatici che convalidano quanto sto dicendo.
L'articolo 70 della stessa legge
aggiunge inoltre che: il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani
o di parti di opera per scopi di critica, di discussione ed anche di
insegnamento, sono liberi nei limiti giustificati da tali finalità e purché
non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera. Si
tratta infatti di riproduzione senza alcun profitto e, quindi, sarà l'autore
a dover dimostrare che questo utilizzo dell'opera rappresenta per lui è un
danno economico e che sono stati superati i limiti di tolleranza previsti
dal citato articolo 70. Anche nel caso di alcune fotografie di dipinti di un
autore riportate in una pagina web, se non vi sono finalità di lucro, e se
questo non danneggia la reputazione dell'artista, a mio avviso si tratta di
una mera citazione che non può che dare lustro e fare pubblicità all'artista
stesso. Pertanto non si dovrebbero in teoria pagare dei diritti, in teoria,
poi dipende dal paese in cui si vive. In Italia, per esempio dove le varie
autorità cercano di mungere i cittadini in tutti i sensi, non si può mai
stare tranquilli, e tutti ci marciano, legali compresi.
Carl William Brown
Indice Forum
COMMENTO
L'immagine digitale di un opera di Matisse per
esempio ha pochissimo in comune con Matisse stesso. L'immagine digitale per
sua natura è un "fac simile" (nella migliore delle ipotesi) ed è
presumibilmente molto poco "simile" per via di ovvi limiti (numero di colori
precisione e fedeltà del fac-simile stesso). Inoltre l'opera di matisse ha
una caratteristica peculiare che consiste nella sua UNICITÀ essendo un
dipinto a mano e quindi essenzialmente irriproducibile. Dedurre oggi che
Matisse volesse o potesse volere limitare la diffusione di fac-simile
digitali della sua opera tramite tecnologie che neppure poteva immaginare è
quantomeno ridicolo, paradossale e forzato! La riproduzione digitale di un
opera di Matisse non conserva praticamente nulla, se non eventualmente la
più o meno approssimata riconoscibile similitudine con l'originale.
È cioè, nella più estensiva delle ipotesi, non un opera o la sua copia o un
suo multiplo, ma un richiamo o un riferimento ad un immagine in qualche
misura simile, ma con forma e sostanza completamente diversi! Si tratta (ne
più e ne meno) di un LINK da un punto di vista logico ed effettivo! Per
vedere l'opera di matisse occorre infatti andare fisicamente davanti ad
essa! Vedere il suo fac simile significa semplicemente vedere una
rappresentazione (dichiaratamente non originale) che la "ricorda" in qualche
modo (in genere piuttosto approssimativo). Mentre questo è utile a spiegare
un concetto o una sensazione che l'autore può avere voluto esprimere è
palesemente molto ma molto diverso dal "fruire" dell'opera in se! Per questo
motivo credo che assimilare un quadro o un opera unica ad un "marchio" (cosa
diversa) o una rappresentazione cui sono associati diritti commerciali o
simili sia improprio, immorale e poco o nulla rispettoso nei confrontti
dell'artista che sicuramente aveva ben altri intenti, dato che ha prodotto
un opera UNICA e IRRIPRODUCIBILE!
Commento presente sul forum di Punto Informatico
Indice Forum
COMMENTO
Per Carl William Brown: se questo ragionamento
fosse esatto, e cioè se la foto di un quadro fosse una semplice foto e non
una riproduzione del quadro stesso, dovremmo ritenere che la legge tutela il
supporto materiale dell’opera e non il suo contenuto. Non è così. Una foto
di un quadro, se riproduce il quadro stesso, e non ad esempio, la gente in
un museo che guarda il quadro, è di fatto una riproduzione del quadro
effettuata con il mezzo della fotografia. L’art. 87 infatti non elimina il
diritto dell’autore dell’opera figurativa a controllare le riproduzioni ma
crea il diritto connesso del fotografo che riproduce fotograficamente
l’opera.
Elvira Berlingieri
Indice Forum
COMMENTO
Se l’art. 87 non elimina il diritto dell’autore
dell’opera figurativa a controllare le riproduzioni ma crea il diritto
connesso del fotografo che riproduce fotograficamente l’opera, questo non
toglie che una fotografia di un dipinto e' sempre e comunque una fotografia
e quindi se e' effettuata con tutti i carismi del caso ed e' idonea alla
stampa o ad altre riproduzioni di qualita' puo' essere considerata una copia
dell'opera, e puo' essere tutelata dai diritti d'autore, se riporta il nome
dell'autore o della ditta che l'ha eseguita, viceversa e' solo una
riproduzione senza valore del quadro, che non puo' in alcun modo essere
considerata lesiva dei diritti dell'autore stesso, tanto piu' e a maggior
ragione se e' usata senza fini di lucro e per la divulgazione culturale. In
ogni caso, e ribadisco il ragionamento, essendo una fotografia dell'opera
deve comunque essere soggetta a tutti gli articoli sulle fotografie, infatti
l'art. 87 cita testualmente: "sono considerate fotografie ai
fini dell'applicazione delle disposizioni di questo capo le immagini di
persone o di aspetti, elementi o fatti della vita naturale e sociale,
ottenute col processo fotografico o con processo analogo,
comprese le riproduzioni di opere
dell'arte figurativa e i fotogrammi delle pellicole
cinematografiche." e quindi in quanto fotografia
deve assolutamente essere soggetta all'art. 90 che afferma:
gli esemplari della fotografia
devono portare le seguenti indicazioni: 1) il nome del fotografo, o, nel
caso previsto nel primo capoverso dell'art. 88, della ditta da cui il
fotografo dipende o del committente; 2) la data dell'anno di produzione
della fotografia; 3) il nome dell'autore dell'opera d'arte fotografata.
L’ art. 90 prosegue: qualora gli esemplari non portino le
suddette indicazioni, la loro riproduzione non è considerata abusiva e non
sono dovuti i compensi indicati agli articoli 91 e 98, a meno che il
fotografo non provi la malafede del riproduttore. Pertanto se
non riporta il nome dell'autore o della ditta che l'ha eseguita, a mio
avviso non puo' essere coperta da copyright. Questa e' la mia
interpretazione e non sono il solo a pensarla così. Tanto più che le leggi,
oltre ad essere fatte dai politici che notoriamente non sono il massimo del
livello intellettuale di un paese, cambiano nel tempo, e sono dunque
mutevoli, mentre la logica e il buon senso sono da sempre molto piu' stabili
e sono alla base del nostro progresso culturale e scientifico, ovviamente
anch'esso minato dalla stupidità di chi gestisce il potere, ovvero
politici, amministratori, e burocrati del diritto in tutte le sue forme. Se
poi gli avvocati o i tutori della legge vogliono aver ragione a tutti i
costi, risponderò loro con le parole di William Shakespeare che affermava:
"Uccidiamo tutti gli avvocati", tanto è vero che oggigiorno in molti si
ricordano del grande drammaturgo e nessuno invece sa quali fossero i poveri
azzeccagarbugli dell'epoca.
Carl William Brown
Indice Forum
Against Intellectual Monopoly
Michele Boldrin and David K. Levine
LA SIAE E
L'ARTE
Ecco cosa succede nel Belpaese, la terra dell’arte e degli artisti
Da quando è nel web (1997) è la prima volta che la Siae s’accorge dei suoi
ipertesti culturali (in
http://www.homolaicus.com/
) e gli commina una sanzione di 4.700 euro per royalties non pagate ad
artisti come Picasso, Kandinsky, Klee e alcuni futuristi o ai loro eredi.
Sono bastate 74 images (per lo più pescate dalla stessa rete), usate
“abusivamente” per quattro anni e mezzo, per essere tacciato di due
vergognose violazioni: alla dignità morale dell’artista e ai diritti
patrimoniali degli eredi. La legge europea parla chiaro: chi fruisce di
immagini protette dal marchio Siae deve pagare, anche se non ne fa un uso
commerciale (è sufficiente che dalla morte dell’artista non siano passati
più di 70 anni).
Quindi, in pratica, pensando di favorire, coi propri ipertesti, la dignità
morale dell’artista e, indirettamente, i diritti patrimoniali degli eredi,
l'Autore di uno dei siti più colti e più ricchi di materiali didattici del
Belpaese si trova oggi a essere considerato quasi alla stregua di un
truffatore.
"La Siae vuol forse chiudere il web artistico nazionale? " si chiede ora
attonito e senza parole, pensando che proprio l'Italia, terra d'arte e
d'artisti, dovrebbe favorire al massimo la diffusione di questa forma
espressiva.
Gentilmente, l'Autore ha voluto fornire links utili, approfondimenti e
riferimenti legislativi in materia di diritti da mettere a disposizione del
popolo del Web. La sua esperienza potrà essere così utile a tutti e far
riflettere su quali sono oggi in realtà le 'libertà' nel Web italiano.
Ma ecco quello che è accaduto dalle sue stesse parole.
****************************
Dalla lunga chiacchierata col responsabile immagini del settore Internet
della Siae, ho capito le seguenti cose.
Se un artista è protetto da loro, tutte le sue opere lo sono (gli avevo
chiesto di sapere esattamente i nomi dei files protetti, ma non me li ha
detti). Nel loro sito c’è un pdf scaricabile da qui
www.siae.it/documents/zip/olafav_utilizzatori_ElencoArtistiTutelati.zip
che indica i nomi di tutti gli artisti protetti.
Chi lo scarica noterà che sono talmente tanti che se la Siae si mette a
lavorare seriamente (come da quattro anni sta facendo, m’ha detto), saranno
tanti i siti a chiudere. Cioè per loro non ha alcun valore che il sito sia
no-profit o che si citi la fonte.
Se si prova a prendere di un’immagine protetta un piccolo pezzo, il danno
morale recato all’artista è maggiore ed è ancora di più se l’immagine viene
messa nella home.
La Siae si muove autonomamente, di concerto con la polizia postale e le
altre Siae estere: non è indispensabile che le giungano segnalazioni da
parte degli autori o degli eredi.
Gli ho chiesto se l’unico riferimento legislativo per le immagini fosse la
legge 22 aprile 1941 n. 633
www.siae.it/utilizzaopere.asp#doc
: me l’ha confermato, aggiungendo che esistono ulteriori modifiche che però
non mutano la sostanza della legge. Stando alla Siae la legge 633 e
successive modifiche non fa differenza tra siti amatoriali e commerciali
quando sono in causa cose protette dalla Siae. L’unica differenza è
l’importo dovuto. (La legge non l’ho ancora letta, ma la trovate qui
www.interlex.it/Testi/l41_633.htm
. Aiutiamoci a decifrarla).
Comunque tutte le leggi sono qui:
www.siae.it/bg.asp?click_level=1400.0300&link_page=bg_DA_Nazionale.htm&level=1400.0300
. Gli ho detto che nella home del mio sito ho messo la dicitura: “Questo
sito è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons <
http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/2.0/it/>. Se trovate che qualcosa violi le leggi vigenti in materia di diritti
d'autore, comunicatecelo e provvederemo tempestivamente a rimuoverlo”. S’è
messo a ridere. In effetti l’avevo presa dal blog di Grillo, e siccome lui è
un comico, ho fatto 2+2.
Non è che la Siae metta sullo stesso piano un sito commerciale con uno
didattico di un semplice webmaster (persone fisica): semplicemente se vuoi
usare immagini di artisti dalla cui data di morte non siano passati 70 anni,
devi pagare, secondo un preciso tariffario. Questo:
www.siae.it/documents/zip/olaf_av_utilizzatori_tariffe.zip
. Si può usare il tag iframe per testi e immagini di altri siti, con
sorgente chiaramente e facilmente leggibile, senza incorrere in sanzioni.
È del tutto irrilevante mettere gli ipertesti zippati con immagini protette
e non pagate.
Se l’ipertesto è messo in area riservata risulta non pubblico, quindi non si
pagano diritti Siae.
Se si pagano i diritti Siae, gli eredi o gli artisti viventi non possono
denunciarci ulteriormente per conto loro.
Gli adsense di google non trasformano automaticamente un sito da culturale a
commerciale.
Che il server ospitante il nostro sito sia su suolo italiano o straniero
(fosse anche un “paradiso fiscale”) è indifferente per la Siae.
Non si possono mettere su un’immagine dei segni a scopo didattico
(triangoli, cerchi, linee) per spiegarne il significato, se prima non si è
ottenuto il permesso dell’autore o dell’erede.
Non esiste un elenco pubblico degli eredi, ma solo degli autori protetti da
Siae.
Se l’autore o l’erede ci autorizza a usare le proprie immagini
gratuitamente, la Siae non ci chiede nulla, ma è sempre meglio informarla,
perché non è detto che l’autore o l’erede lo faccia. E poi va comunque messa
una dicitura che la stessa Siae possa leggere.
I diritti si pagano a prescindere dalla grandezza o risoluzione
dell’immagine.
Non serve a nulla prendere un’immagine da Wikipedia e scriverci sotto la
dicitura della loro licenza d’uso.
Se eliminate gli ipertesti prima che arrivi la raccomandata Siae, anche se i
vostri contenuti sono stati indicizzati dai motori, non si pagano diritti.
Professor Enrico Galavotti
Indice Forum
SENTENZA ANTI COPYRIGHT MOTIVI DELLA
DECISIONE
Mohammed Tizio, colto in possesso di cd sprovvisti di contrassegno SIAE e
abusivamente duplicati, è stato tratto a giudizio, chiamato a rispondere dei
reati di cui alla rubrica.
In via preliminare il Giudice, dopo aver accertato che non risultano nelle
carte del P. M. atti tendenti a dimostrare che il prevenuto straniero abbia
altre forme di sostentamento oltre quella illecita rilevata, invitava le
parti a svolgere i loro rilievi, considerando che ricorresse un caso di
obbligo di immediata declaratoria di causa di non punibilità ex art. 129
c.p.p. per aver l'imputato agito in stato di necessità essendo mosso nella
sua azione di venditore di cd contraffatti dalla necessità di salvare se
stesso dal pericolo attuale di un danno grave alla salute e alla vita
rappresentato dal bisogno alimentare non altrimenti soddisfatto.
Essendosi opposto il P. M. per la declaratoria de quo e avendo la difesa
concordato, il Giudice si ritirava in Camera di Consiglio per la decisione,
rilevando la sussistenza dell'esimente ex art. 54 c. p. sulla base delle
seguenti considerazioni.
In via preliminare va notato che la vecchia giurisprudenza secondo cui
l'onere della prova incombeva all'imputato risulta superata dal nuovo 111
della Cost. e dal giusto processo instaurando per il quale, nella paritaria
posizione delle parti, è compito del giudice, in un rinnovato spirito del
favor rei, valutare anche d'ufficio già a monte qualunque elemento possa
escludere la responsabilità del prevenuto.
Nel merito valga quanto segue.
La consuetudine è una manifestazione della vita sociale che si concreta in
un'attività costante ed uniforme dello Stato-comunità(Tesauro). Ad essa può
essere attribuita funzione di mezzo d'interpretazione di principi e
norme(consuetudine interpretativa) ma anche di fatto idonea a disapplicare
la norma scritta(consuetudine abrogativa).
Il nostro ordinamento considera contra legem la consuetudine abrogativa
perché contraria al dettato dell'art. 8 delle preleggi che comporta
l'applicabilità della consuetudine(usi) solo se richiamata da leggi e
regolamenti.
Nessuna norma, invece, vieta la consuetudine interpretativa che anzi il
magistrato penale applica continuamente come nei processi indiziari ad
esempio, quando tenda a trarre conclusioni da comportamenti umani logici e
regolari individuati in un ambiente con un determinato background
socioculturale.
Anche la legge penale va interpreta alla luce del mondo concreto in cui si
sviluppa, con tensione dinamica e non statica ad evitare una discrasia tra
il dover essere normativo e quello reale. "La dottrina - come leggiamo in
Antolisei - è concorde nell'attribuire alla consuetudine la più grande
importanza nell'interpretazione della legge, specie nei riguardi dei fatti
che sono valutati in diverso modo nei vari ambienti sociali"(F. Antolisei,
Manuale di diritto penale, Parte generale - Giuffrè Milano, 1969, p. 51-52,
in cui si cita il Codex iuris canonici <ca. 29>: Consuetudo est optima legum
interpres). Secondo Antolisei è addirittura da ammettersi la consuetudine
integratrice o praeter legem che sorga per integrare i precetti della legge
qualora essa non si risolva in danno dell'imputato(F. Antolisei, ibid.).
La legge e la giustizia vanno applicate in nome del popolo ad esso spettando
la sovranità(art. 1 della Cost.) e il metro di questa sintonia è proprio la
rispondenza piena del popolo alle leggi penali emanate dal Parlamento, il
quale può andare "controcorrente" quando contraddica lo spirito del comune
sentire della popolazione che ad esso ha dato mandato, incorrendo in tal
maniera di fatto nella disapplicazione della norma scritta.
Nel caso di specie la norma repressiva di base, la protezione penalistica -
e non meramente civilistica del diritto d'autore - è desueta di fatto per
l'abitudine di molte persone di tutti i ceti sociali, che, in diuturnitas,
ricorrono all'acquisto di cd per strada o li scaricano da Internet. Anche
grossi network come Napster si sono mossi da tempo in senso anticopyright e
hanno permesso copie di massa dell'arte musicale. Fenomeno appena sfiorato
dalle recenti sentenze degli USA che si sono espresse nel senso di
regolamentare la materia della riproduzione di massa, ma con un pagamento
ridottissimo in un nuovo mercato dove il guadagno dei produttori è
quantificato su "minimi diffusissimi". In linea con questa strategia si è
espresso recentemente il Parlamento europeo con la direttiva per "la
protezione del diritto d'autore nella società dell'informatica" avanzando al
più l'ipotesi di un equo compenso per gli autori per la diffusione globale
della loro opera.
Il fatto è che la strategia del regalo è uno dei punti centrali nel mondo
digitale, tanto che si parla di free economy, economia del gratis appunto, o
di gift economy, economia del regalo. "Nell'età dell'accesso si passa da
relazioni di proprietà a relazioni di accesso. Quello di proprietà privata è
un concetto troppo ingombrante per questa nuova fase storica dominata dall'ipercapitalismo
e dal commercio elettronico, nella quale le attività economiche sono
talmente rapide che il possesso diventa una realtà ormai superata"(Vedi New
economy in http://mediamente.rai.it/biblioteca).
Anche la New Economy depone, dunque, nel senso dell'arte a diffusione
gratuita o a bassissimo prezzo, per rendere effettivo il principio
costituzionale dell'arte e la scienza libere(art. 33 della Cost.) e quindi
usufruibili da tutti, cosa non assicurata dalle attuali oligarchie
produttive d'arte che impongono prezzi alti, contrari a un'economia
umanistica, con economia anzi diseducativa per i giovani spesso privi del
denaro necessario per acquistare i loro prodotti preferiti e spinti, quindi,
a ricorrere in rete e fuori a forme diffuse di "pirateria" riequilibratrice.
L'azione degli oligopoli produttivi appare quindi in contrasto con l'art. 41
della Cost. secondo cui l'iniziativa economica privata libera "non può
svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla
sicurezza, alla libertà, alla dignità umana". Solo un'arte a portata di
tasca di tutti i cittadini e soprattutto dei giovani può essere a livello
produttivo umanitaria e sociale come richiesto dalla Costituzione, per far
sì che davvero tutti possano godere dei prodotti artistici.
In definitiva, se compito dello Stato ex art. 2 della Costituzione è
rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che si frappongono al
libero ed egualitario sviluppo della comunità, risulta la normativa
penalistica a favore del copyright tendenzialmente abrogata di fatto ad
opera dello stesso popolo per desuetudine, con azione naturale tendente a
calmierare le sproporzioni economiche del mercato capitalistico in materia.
Tale consuetudine non è quella abrogativa canonica ex lege ma di fatto
incide sull'interpretazione della norma penalistica, quanto meno nel senso
di far percepire al giudice quanto possa essere ridotta la forza cogente di
una norma espressa, imposta ma non accettata dalla maggioranza del consesso
sociale. Nel contempo permette di rilevare come ai fini dell'enunciando
stato di necessità il fatto del vendere cassette per sopravvivere è più che
proporzionato al pericolo connesso alla lesione del copyright(art. 54 ult.
parte co. 1).
L'azione di depenalizzazione strisciante e non legalizzata del fenomeno
trova appiglio de iure condendo nei lavori della Commissione ministeriale
per la riforma del codice penale (istituita con d.m. 10 ottobre 1998) che
nel progetto preliminare di riforma del codice penale avanza il principio
della necessaria offensività del fatto, e soprattutto, quello della sua
irrilevanza penale.
La Commissione ha preso innanzitutto atto del fatto "che il principio di
necessaria offensività costituisce ormai connotato pressoché costante dei
più recenti progetti riformatori. Esso ha trovato ingresso nello schema di
legge-delega Pagliaro, che in uno dei primi articoli, collocato non a caso
subito dopo la enunciazione del principio di legalità, invita a "prevedere
il principio che la norma sia interpretata in modo da limitare la punibilità
ai fatti offensivi del bene giuridico" (art. 4 comma 1). Ed è stato
enunciato a tutto campo nel Progetto di revisione della seconda parte della
Costituzione, licenziato il 4 novembre 1997 dalla Commissione Bicamerale:
"non è punibile chi ha commesso un fatto previsto come reato nel caso in cui
esso non abbia determinato una concreta offensività".
La Commissione ritiene che, al di là delle opinioni specifiche di ciascuno
sulle modalità di inserimento di tale principio nel codice, le posizioni
sopra enunciate esprimano la esigenza insopprimibile di ancorare, anche
visivamente, la responsabilità penale alla offesa reale dell'interesse
protetto, nel quadro di un diritto penale specificamente finalizzato a
proteggere i (più rilevanti) beni giuridici".
Anche sul campo della concreta offensività la New economy ha dimostrato come
addirittura la diffusione gratuita delle opere artistiche acceleri
paradossalmente la vendita anche degli altri prodotti smistati nei canali
ufficiali, e se ciò vale nello spazio virtuale di Internet deve valere anche
nello spazio materiale con vendita massiccia di prodotti-copia che
alimentano l'immagine e la vendita dello stesso prodotto smistato in via
"legale".
Naturalmente in questa sede la depenalizzazione in re, per mancanza di una
reale offesa al copyright(tutelabile al più civilmente ma non penalmente),
non può essere ancora invocata e lo si potrà probabilmente con la riforma
del codice penale, ma il dato acquista rilievo di fatto ai fini di stabilire
la proporzione dell'azione svolta dai venditori di cd con l'offesa arrecata
ai diritti d'autore.
In tema di stato di necessità, a fronte dei dubbi interpretativi suscitati
dall'espressione "danno grave alla persona", ancora la Commissione succitata
ci illumina avendo proposto di "chiarire quali beni siano effettivamente
"salvabili" (lo schema di legge-delega Pagliaro sembra considerare rilevanti
agli effetti della esimente tutti gli interessi personali propri o altrui,
siano essi oggetto di pericolo di un danno grave o non grave, attengano alla
integrità fisica o a quella morale della persona, compensando tuttavia
questo ampliamento con una drastica delimitazione della scriminante sul
terreno della proporzione)".
Quanto ai venditori di cd per strada è fatto notorio che trattasi di
soggetti privi di lavoro, in condizioni spesso di schiacciante
subordinazione. Notoria non egent probatione, i fatti notori non richiedono
prova dal momento che la nozione di fatto de quo rientra nella comune
esperienza. Si aggiunga che dalle carte processuali non emergono elementi
per dedurre che il prevenuto avesse altre forme di sussistenza e si può,
quindi, presumere che la vendita del prevenuto oggi incriminato sia fatta
esclusivamente per il proprio sostentamento vitale.
Nel caso di specie è innegabile che il venditore di cd è un extracomunitario
che agisce spinto dal bisogno di alimentarsi. Una vecchia giurisprudenza
escludeva lo stato di necessità per chi agisca spinto da necessità attinenti
all'alimentazione "poiché la moderna organizzazione sociale, venendo
incontro con diversi mezzi ed istituti agli indigenti, agli inabili al
lavoro e ai bisognosi in genere, elimina per costoro il pericolo di restare
privi di quanto occorre per <omissis> il loro sostentamento
quotidiano"(Cass. Sez. III 24 maggio 1961, P. M. c. De Leo, Giust. pen.
1962, II 81, m. 68).
Trattasi di giurisprudenza riferentesi a un contesto sociale diverso da
quello attuale dove l'entrata in massa di extracomunitari rende praticamente
impossibile predicare l'esistenza di organizzazioni atte ad accoglierli e a
nutrirli in massa. E quindi più che mai si pone il problema di affrontare
modi e forme del loro sostentamento, rendendosi necessario ampliare il
concetto di stato di bisogno quando vengano da essi commesse infrazioni
minime al consesso sociale, soprattutto in materie ai limiti del danno
puramente civile, ove questo stesso mai esista. Ciò è tanto più vero ove si
pensi che il fondamento della scriminante è stato colto nell'istinto della
conservazione, incoercibile nell'uomo(Maggiore, Diritto Penale, Parte
generale, 5a ed., Bologna 1951, p. 319).
Tale inquadramento risponde anche a principi fondamentali garantiti dalla
Costituzione come i diritti inviolabili dell'uomo(art. 2 della Cost.), in
cui è da ricomprendersi il diritto a nutrirsi, e il diritto alla salute(art.
32 della Cost.) compromesso naturalmente in chi, non riuscendo a procurarsi
un lavoro normale suo malgrado, non abbia i mezzi minimi per il suo
sostentamento alimentare. Le norme costituzionali testé citate rendono anche
edotti della gravità del danno(attuale e continuato) derivante alla persona
dalla mancanza assoluta di mezzi per sostentarsi, altro requisito richiesto
dalla giurisprudenza costante(Cass. sez. III, 4 dicembre 1981, n. 10772) per
potersi configurare lo stato di necessità da mettere in rapporto col danno
in concreto arrecato.
In conclusione, tenendo anche conto che ex art. 4 della Cost. è compito
dello Stato garantire il diritto al lavoro e promuovere le condizioni che
rendano effettivo questo diritto, non c'è fine di lucro illecito
"penalmente" in chi venda per strada cd a prezzo ridotto (in linea con la
New Economy) al fine di procurarsi da mangiare, con azione accettata e
condivisa dalla maggioranza del consesso sociale. Quell'azione, formalmente
contra legem, è scriminata da uno stato di necessità(art. 54 c.p.) connesso
alla sopravvivenza degli extracomunitari entrati nel nostro paese senza
alcuna regolamentazione lavorativa, essendo la loro attività di venditori
operanti per sopravvivere assolutamente necessaria per sopravvivere e
proporzionata al pericolo di danno(minimo se non inesistente visto il numero
modesto di cassette contra legem trovate) arrecato ai produttori.
Necessitas non habet legem, quindi. Difetta l'antigiuridicità del
comportamento incriminato per mancanza del danno sociale rilevante ai fini
penalistici, anche se non si può escludere un risarcimento civilistico alla
SIAE ex art. 2045 c.c. da coltivare e realizzare eventualmente in sede
civile.
Si ordinerà confisca e distruzione del materiale in sequestro.
P.Q.M.
visto l'art. 129 c.p.p.
assolve Mohammed Tizio dai reati ascrittigli perché i fatti non
costituiscono reato per aver agito in stato di necessità ex art. 54 c.p..
Ordina confisca e distruzione del materiale in sequestro.
Così deciso in Roma il 15.2.2001
IL GIUDICE
GENNARO FRANCIONE Indice
Forum
AI CONFINI
DELLA REALTA': la legge Urbani 106/2004.
Urbani, ora ex-ministro, ha presentato e fatto
approvare lo scorso anno la legge 106/2004 che impone a chiunque
distribuisca contenuti per via telematica, quindi Internet, di inviarne
copia alle biblioteche centrali di Firenze e di Roma.
Chi ha un sito, una newsletter o una mailing list dove vengono diffuse
informazioni, deve farne copia ed inviarla periodicamente alle biblioteche,
in caso contrario è soggetto ad un’ammenda di 1.500 euro.
La legge vuole "conservare la memoria della cultura e della vita sociale
italiana".
Ma Urbani sa cos’è Internet, sa che i suoi contenuti cambiano ogni secondo,
sa che i siti registrati in Italia sono circa un milione, o forse ha chiesto
una consulenza a Stanca?
Potremmo fare un’urbanata, ed inviare siti, blog, newsletter alla Biblioteca
di Firenze, alla cortese attenzione di Urbani, per conoscenza Stanca:
peccato che neppure la Biblioteca di Firenze sappia cosa farsene.
Dal Blog di Beppe Grillo Leggi Tutti
i Commenti in Proposito !!!
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Forum
PARERE GIURIDICO
Oggetto: C.W. Brown / SIAE
L'utilizzo delle opere dell'ingegno è, in linea di principio, assoggettato
al consenso dell'autore, in conformità a quanto dettato in materia, dalla
Convenzione di Berna (artt. 1 e 6 bis), dal codice civile (art. 2577) e
della legge speciale sulla protezione del diritto di autore del 22 aprile
1941, nr.633.
L'articolo 1 di quest'ultima prevede che: "Sono protette ai sensi di questa
legge le opere dell' ingegno di carattere creativo che appartengono alla
letteratura, alla musica alle arti figurative , all'architettura, al teatro
ed alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di
espressione... "
L'articolo 2 specifica ulteriormente: "In particolare sono compresi nella
protezione: ...4) le opere della scultura, della pittura, dell'arte del
disegno, della incisione e delle arti figurative... "
L'articolo 13 prevede che: "Il diritto esclusivo di produrre ha per oggetto
la moltiplicazione in copie diretta o indiretta, temporanea o permanente, in
tutto o in parte dell'opera, in qualunque modo o forma, come la copiatura a
mano, la stampa, la litografia, l'incisione, la fotografia, la fonografia,
la cinematografia ed ogni altro procedimento di riproduzione".
La normativa stabilisce, inoltre, all'articolo 12, il principio per il quale
solo l'autore ha il diritto di pubblicare l'opera, nonché il diritto di
utilizzarla economicamente, "...in ogni forma e modo, originario o derivato
... in particolare con l'esercizio dei diritti esclusivi indicati negli
articoli seguenti..." Pertanto gli articoli 13 e 14, chiariscono l'oggetto
del diritto esclusivo di riproduzione dell'opera d'arte e quello di
trascrizione. Chiariscono cioè che il diritto di pubblicare non si esaurisce
nella prima pubblicazione dell'opera, ma in quanto funzionale anche
all'utilizzazione economica esclusiva, si ripropone in ogni ipotesi nelle
quali, con qualunque mezzo, dice la legge, "si consenta al pubblico di
usufruirne". La dottrina dominante sul punto ha sempre ritenuto la
derivazione di tali regole dal principio contenuto in modo sintetico
nell'articolo 2577 codice civile secondo il quale: "L'autore ha il diritto
esclusivo di pubblicare l'opera e di utilizzarla economicamente in ogni
forma e modo, nei limiti e per gli effetti fissati dalla legge... ". Tale
norma riunendo nella stessa formula il diritto di pubblicare e quello di
utilizzare economicamente l'opera d'arte in ogni modo e forma, delinea il
divieto di invasione di tale potere come difesa della concorrenza nello
sfruttamento dell'opera stessa.
La legge, tuttavia, prevede delle deroghe al generale principio del consenso
preventivo a qualsiasi opera coperta dal diritto di autore.
Infatti, in virtù della particolare natura del diritto di autore, l'opera
che esplichi un'azione sociale, conoscitiva, educativa, ricreativa può
essere liberamente utilizzata per soddisfare in tal modo, non soltanto
l'interesse personale del creatore dell'opera ma anche quello generale del
pubblico. L'articolo 70 della legge dichiara: "Il riassunto, la citazione o
la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al
pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei
limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza
all'utilizzazione economica dell'opera; se effettuati a fini di insegnamento
o di ricerca scientifica l'utilizzo deve inoltre avvenire per finalità
illustrative e per fini non commerciali".
La liceità delle libere utilizzazioni delle opere è, dunque, delimitata,
dalla stessa formulazione legislativa.
L'autore dell'opera perciò può, in virtù dell'art. 70 L. 22 aprile 1941 nr
633 e secondo la dottrina prevalente, impedire ogni utilizzo da parte dei
terzi che sia economicamente rilevante, e/o anche solo potenzialmente
dannoso, ovvero qualsiasi riproduzione di brani, o di opere suscettibile di
arrecare pregiudizio ingiustificato ai propri legittimi interessi, e che
esuli dalle finalità indicate dalla legge.
Il lavoro critico e didattico, giustifica, dunque, l'utilizzo libero di
opere altrui, tuttavia queste finalità, proprio perché chiaramente definite
a livello normativo, non possono essere suscettibili di applicazioni
estensive, o analogiche, trattandosi in definitiva di utilizzazioni previste
e consentite da norme (art. 70 L. 633/1941 e art. 10 Convenzione di Berna)
che hanno comunque una portata eccezionale, così come ritiene la dottrina
più autorevole.
La giurisprudenza sia di merito che di legittimità appare in tema
sufficientemente consolidata nonché priva di contraddizioni al propri
interno. E' a citarsi in primo luogo una sentenza del Tribunale di Verona la
quale potrebbe, prima facie, apparire favorevole ad un libero sfruttamento
dell'opera purché lo stesso non sia accompagnato da alcun fine lucrativo.
Secondo il Tribunale di Verona, infatti, pronunciatosi con sentenza del
11/07/2001: "Costituisce violazione del diritto di autore non ogni attività
di fotocopiatura di opere tutelate o di parti di esse, ma soltanto quella
che viene svolta in forma imprenditoriale per conto terzi o dei clienti nei
locali dell'impresa, poiché in tale ipotesi l'utilizzazione dell'opera
avviene all'interno di un processo produttivo diretto al profitto. "
Più nette nell'orientamento nonché autorevoli per la fonte le successive
massime.
La Suprema Corte (Sezione 1) con sentenza del 29/05/2003 nr. 8597 prevede
che: "I diritti di utilizzazione economica spettanti all'autore si estendono
a qualsiasi forma e modo di utilizzazione, anche parziale, dell'opera,
purché sia tale da consentire di coglierla nella sua individualità quale
oggetto di elaborazione personale di carattere creativo da parte di un
determinato
autore ".
Ed ancora: "La libertà ex art. 70 comma I, legge sul diritto di autore, di
riassumere citare o anche riprodurre brani di opere, per scopi di critica,
discussione o insegnamento è ammessa e si giustifica se l'opera di critica o
didattica abbia finalità autonome e distinte da quelle dell'opera citata e
perciò i frammenti riprodotti non creino neppure una potenziale concorrenza
con i diritti di utilizzazione economica spettanti all'autore dell'opera
parzialmente riprodotta" (Cassazione Civile 07/03/1997 nr. 2089).
La massima della sentenza di cui sopra evidenzia come l'art. 70 della citata
legge sul diritto di autore e l'art. 10 della Convenzione di Berna prevedono
limitazioni dell'esclusiva economica riservata all'autore, allorquando da
un'opera protetta vengono tratte parti o brani per specifiche finalità o
entro precisi limiti che dalle rispettive norme si desumono.
La legge sul diritto di autore come la Convenzione di Berna contengono, come
poc'anzi citato, strumenti volti alla protezione del diritto di autore,
prevedendo fattispecie di libertà di utilizzazione che si pongano come
eccezionali, perché situate oltre le frontiere dell'esclusiva riservata
all'autore.
Ecco, dunque, che l'articolo 70 della norma nazionale, prevede che la
libertà di utilizzazione di un'opera si possa giustificare essenzialmente
con la circostanza che l'opera di critica, di discussione, di insegnamento
abbia fini del tutto autonomi e distinti da quelli dell'opera citata, i cui,
"frammenti" riprodotti, per ciò stesso, non creano una neppure potenziale
concorrenza con i diritti di utilizzazione economica spettanti all'autore.
Nello stesso senso la giurisprudenza di merito: "La riproduzione di opere
dell'arte figurativa in cataloghi d'arte o di mostre rientra nel diritto
esclusivo dell'autore di utilizzazione economica dell'opera; la disposizione
dell'art. 70 (libere utilizzazioni) della legge sul diritto di autore 22
aprile 1941 nr. 633, può trovare applicazione nel campo della riproduzione
di opere dell'arte figurativa, solo nell'ipotesi di riproduzione parziale
(c.d. particolare) dell'opera, nei limiti giustificati da finalità critica,
discussione e anche di insegnamento e purché la riproduzione non costituisca
concorrenza alla riproduzione economica dell'opera" (Tribunale Roma,
10/08/1990)
Infine la Suprema Corte stabilisce che: "La pubblicazione di un catalogo
contenente la riproduzione fotografica di opere d'arte inserite in una
mostra è idonea a fondare le pretese della SIAE di riscuotere i diritti di
riproduzione spettanti agli autori, in quanto l'art. 13 della L n. 633 del
1941 non vieta solo la moltiplicazione di copie fisicamente identiche
all'originale, ma protegge l'utilizzazione economica che può effettuare
l'autore anche mediante qualunque altro tipo di moltiplicazione dell'opera
in grado d'inserirsi nel mercato della riproduzione, né l'indicata
riproduzione, allorché sia integrale e non limitata a particolari delle
opere medesime, quale che sia la scala adottata nella proporzione rispetto
agli originali, integra alcuna delle ipotesi di utilizzazione libera,
previste in via di eccezione al regime ordinario dell'esclusiva dall'art. 70
della citata legge" (Cassazione civile, Sezione 1, 19/12/1997, nr. 11343)
Non vi è dubbio, dunque, anche alla stregua del chiaro principio enunciato
dalla Corte di Cassazione, come la legge non abbia voluto vietare solo la
riproduzione di copie fisicamente identiche all'originale, così da
moltiplicare lo stesso messaggio estetico, bensì abbia voluto proteggere
l'utilizzazione economica che possa effettuare l'autore mediante qualunque
tipo di moltiplicazione in grado di inserirsi nel mercato della
riproduzione. La riproduzione di cui all'articolo 13 della legge sul diritto
di autore, infatti, si riferisce senza alcun dubbio, ad una riproduzione
integra dell'opera quale che sia la scala adottata e dunque la proporzione
rispetto all'originale.
Si sottolinei inoltre il contenuto dell'articolo 87 secondo cui: "Sono
considerate fotografie, ai fini dell'applicazione delle disposizioni di
questo capo, le immagini di persone o di aspetti, elementi o fatti della
vita naturale e sociale, ottenute con il processo fotografico o con processo
analogo..."
L'articolo 90 prevede che: " Gli esemplari della fotografia devono portare
le seguenti indicazioni
1) il nome del fotografo, o, ...della ditta da cui il fotografo dipende; 2)
la data dell'anno di produzione della fotografia;
3) il nome dell'autore dell'opera d'arte fotografata.
Qualora gli esemplari non portino le suddette indicazioni, la loro
riproduzione non è considerata abusiva e non sono dovuti i compensi indicati
agli articoli 91 e 98 a meno che il fotografo non provi la malafede del
riproduttore". Appare evidente, da una attenta lettura della norma di cui
sopra, come la stessa analizzi esclusivamente l'opera c.d. "fotografica"
costituendo, dunque, specifica disciplina di tale fattispecie artistica,
nulla avendo a che vedere con l'opera pittorica.
Si precisi, infine, per mero scrupolo, come la fattispecie in oggetto non
integri alcuna violazione di cui all'articolo 20 della legge sul diritto di
autore così come impropriamente dichiarato dagli uffici della SIAE nella
lettera raccomandata a Lei inviata. Tale articolo dichiara, infatti:
"Indipendentemente dai diritti esclusivi di utilizzazione economica
dell'opera, previsti nelle disposizioni della sezione precedente... l'autore
conserva il diritto di rivendicare la paternità dell'opera ...e di opporsi a
qualsiasi deformazione, mutilazione od altra modificazione, ed ad ogni atto
a danno dell'opera stessa, che possano essere di pregiudizio al suo onore o
alla sua reputazione... "
Nessuna violazione di tale tipo veniva da lei integrata.
Avvocatessa di C.W. Brown
Indice Forum
CHI FA CULTURA A TITOLO
GRATUITO?
docenti, studenti, studiosi, autodidatti,
casalinghe, disoccupati, collezionisti, fotografi e disegnatori amatoriali,
ecc. (può darsi che me ne sia dimenticato qualcuno).
Insomma tutti i liberi cittadini che in tutte le parti del mondo stanno
arricchendo la rete di contenuti liberi e intenzionalmente condivisibili.
Forse dovrebbe essere la SIAE a far mettere sottochiave le opere degli
artisti che intende tutelare e permetterne l'accesso tramite password e a
pagamento. A quel punto nessuno degli artisti beneficerebbe più di tutta la
pubblicità gratuita che la rete potrebbe dispensare loro attraverso la
pubblicazione del/la loro nome, immagine, video, audio... Evidentemente il
libero web fa comodo alla SIAE!
Fatto curioso: spesso mi giungono delle richieste di pubblicazione sul mio
sito web, da parte di gruppi editoriali di rilevanza nazionale, di
recensioni di libri scolastici e di romanzi realizzati da autori
SIAE-dipendenti. Quando li informo che la pubblicità si deve pagare per
finanziare parte del nostro lavoro volontario, spariscono come un fulmine...
Circa dieci anni fa mi ritrovai a discutere con il responsabile di una
notissima casa editrice di libri scolastici sull'idea di un prodotto
editoriale accessibile a tutti (libri di testo, romanzi di autori affermati
ed emergenti, ecc.) e che, soprattutto, costasse poco. Mi guardò stralunato
dicendomi che quando quelle cose sarebbero entrate nella sua casa editrice,
lui sarebbe andato via dalla porta...
Risultato: lui siede ancora su quella poltrona (anche grazie all'esistenza
dell'assurda adozione obbligatoria dei libri di testo), i libri, i cd, i dvd
costano più di prima e in più dobbiamo pagare degli invisibili balzelli che
vanno a finire nelle tasche della SIAE. Anche per quello che non leggiamo.
Le case editrici, i gruppi editoriali e moltissimi enti inutili vengono
finanziati con i soldi delle nostre imposte e delle nostre tasse; la RAI
prende i nostri soldi per fare dei programmi spazzatura e poi, se li
vogliamo rivedere, li dobbiamo acquistare. Così li paghiamo due volte (se
non di più).
Spazzatura sono anche i progetti di lettura dei quotidiani a scuola: molta
carta straccia e trash-informazione che sottraggono soldi alla scuola
istituzionale indebolendola sempre di più senza............... contribuire
ad "aprire" la mente alle giovani generazioni.
Proposta: boicottiamo la SIAE non solo per le immonde richieste fatte al web
scolastico nazionale ma soprattutto perché vuole continuare a speculare
sulla cultura ad uso e/o di produzione dei privati cittadini che, grazie
alla condivisione delle reti e dei computers, sta (fortunatamente) crescendo
a vista d'occhio.
Boicottiamo le case editrici e le major discografiche per il prezzo
esagerato dei libri e dei prodotti multimediali.
Partecipiamo attivamente a rendere più libero il web incoraggiando i nostri
studenti e i nostri colleghi più o meno giovani a pubblicare e a condividere
le proprie idee e conoscenze attraverso la rete (esistono migliaia di
progetti liberi che lo permettono).
Pubblichiamo i nostri appunti e mettiamoli a disposizione dei nostri e di
altri studenti e ricordiamoci che la prepotenza di pochi loschi individui si
consolida laddove le maglie del tessuto sociale sono sfilacciate.
Davide Suraci
www.territorioscuola.it
Indice Forum
VIVERE IN UN PAESE DA
BARZELLETTA
Quando sono sotto la doccia canto a squarciagola
le canzoni di Elio e le Storie Tese. Mi sente tutto il palazzo. Ne traggo
profitto, perche' mi sento meglio e quindi ci guadagno in salute. Devo
pagare la SIAE?
Quando sono per strada o quando prendo la metro, fischietto motivetti di
brani musicali. Mi sentono tutti quelli che incontro. Ne traggo profitto,
perche' mi sento meglio e quindi ci guadagno in salute. In piu' metto
allegria a quelli che mi incontrano. Devo pagare la SIAE?
Nel mentre digitavo questo messaggio mi sono
accorto di battere sui tasti riproducendo il ritmo di "Macarena". La cosa mi
ha divertito, quindi ne ho tratto, ancora una volta, profitto. Devo pagare
la SIAE?
E vabbe'. Ma se mando affanculo la SIAE a ritmo di Samba, traendone il
dovuto profitto morale (quando ce vo', ce vo'), devo pagare la SIAE?
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La cosa è molto più tragica. it.wikipedia è
stata diffidata dalla Galleria degli Uffizi! Nientepopodimenoche per la
pubblicazione di "copie" di opere di secoli fa. Come se poi fosse la stessa
cosa godersi la Primavera del Botticelli a due metri di distanza dal vero o
in una foto - magari anche ad una risoluzione accettabile - su un video. Ma
per favore...
Insomma, se ho capito bene esisterebbe una norma che da facoltà al Ministero
dei Beni Culturali di avere il copyright su opere che dovrebbero essere
patrimonio dell'umanità.
Quante persone nel mondo potranno permettersi di
fare un viaggio a Firenze per visitare la galleria degli uffizi? Ebbene, si
vuole negare a gran parte dell'umanità il diritto, non dico di apprezzare,
ma semplicemente di *conoscere* l'esistenza di un'opera realizzata 4-6
secoli fa per il semplice fatto che non può permettersi di arrivare
fisicamente a Firenze? Paradossalmente il rampolletto di una famigliola
europea può permettersi un viaggetto-premio di due giorni a Firenze ed
accedere gratuitamente alla Galleria degli Uffizi, mentre il figlio di un
operatore ecologico aborigeno australiano non potrà mai farlo, pur magari
avendo la possibilità di accedere gratuitamente o a un costo sostenibile ad
una connessione Internet e ottenere - sia pur nel suo piccolo - uno scampolo
di conoscenza.
Certo, esiste http://www.polomuseale.firenze.it ma la funzione
didattico-educativa di questo sito a mio parere lascia molto a desiderare se
confrontata con un articolo scritto su un'enciclopedia libera e corredato di
qualche illustrazione. Che senso ha descrivere la Primavera di Botticelli se
non offri almeno un'illustrazione di supporto? Come cercare di inculcare il
concetto di tempesta di ghiaccio ad uno Yanomani. Mah...
Naturalmente estendendo il concetto, a questo punto non ci sarebbe da
stupirsi se l'Egitto vietasse di pubblicare foto delle piramidi, se la
Francia pretendesse una royalty per ogni foto della Torre Eiffel, ecc. ecc.
Aspetto con ansia una legge che obblighi chiunque a fare formale richiesta
di autorizzazione a respirare da parte del Ministero dell'Ambiente.
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Società Italiana Anonima Estorsori
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Tutti coloro che hanno un sito dove sono
raffigurati quadri, immagini e altro per i quali la SIAE pretende qualcosa,
adesso, dovrebbero sostituire quelle immagini con un riquadro dove appare un
testo descrittivo dell'opera.
Il tutto linkato a google immagini, con apposita stringa di ricerca.
Il testo descrittivo dovrebbe riportare anche la dicitura "Immagine non
inserita, in ottemperanza alla legge sul diritto d'autore", possibilmente in
più lingue.
Inoltre ognuno di noi dovrebbe girare per i siti delle PP. AA.
(possibilmente quelle estere) in cerca di immagini protette e segnalarle
all'apposito ufficio SIAE.
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Fanno ridere i polli. Che è, si mettono a
denunciare tutti i siti del mondo ? Tutti i forum ed i siti di appassionati
di questa o quella serie tv, gruppo musicale e così via ?
Siamo alla follia totale. Questa gente come i loro cuginetti RIAA,MPAA,BSA
*VANNO BANDITI* !
E' ora che i politici muovano le chiappe e stronchino queste associazioni
inutili, burocratiche e rubasoldi che danneggiano l'economia, causano
problemi ai cittadini e creano solo caos in ogni sede.
Quando ci saranno politici che tireranno fuori gli attributi per rendere
illegali queste associazioni di profittatori che blaterano di proteggere le
aziende ma che rappresentano esclusivamente se stessi e danneggiano in
realtà le aziende ed i clienti della aziende medesime, allora finalmente ci
sarà un mercato più libero, maggiore concorrenza e meno cartelli dei prezzi.
Queste ignobili associazioni hanno trasformato il capitalismo in quello che
è oggi, intaccandone le basi.
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In altre nazioni civili dove si rispetta il
diritto d'autore si paga a forfait in base alla dimensione della diffusione.
Puoi copiare tutto a stock 100 libri 100 euro mille 500 euro no limit alla
copia 2000 euro cifre simboliche ma che siaccostano.
Noi no si discute di non pagare non di modificare cosa si paga a quanto.
Sito amatoriale 100.000 visitatori l'anno 1000 euro disiae l'anno sono
troppi facciamo 200
paghiamo poco ma paghiamo tutti.
fai 100.000.0000 di visite sei il top incassi miliardi di pubblicità paga
1000 euro al mese sono troppi pagane 500.
Il concetto siae si siae no è stupido.
Non sono della siae e ne pago il meno possibile grazie ciao
Fonte Forum Punto Informatico
Indice Forum
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