IL DIRITTO ALLA CULTURA FAIR USE NO
COPYRIGHT
I testi contenuti nel sito
http://www.homolaicus.com/diritto/siAe/ documentano la
battaglia del sito Homolaicus e di altre associazioni contro l'intenzione
della Siae di fargli pagare i diritti d'autore per l'utilizzo non
autorizzato di immagini protette in ipertesti didattico-culturali.
La vicenda è iniziata con una raccomandata inviata dall'Ufficio Arti
Figurative della Siae di Roma il 10 gennaio 2007.
NO COPYRIGHT SULLA CULTURA
Il 10 gennaio 2007 ho ricevuto dalla Siae una raccomandata con cui mi si
intima di pagare 4.740 euro per lesioni dei diritti morali e patrimoniali di
quegli artisti (BALLA, BRAQUE, CANGIULLO, CARRà, KANDINSKY, KLEE, MARINETTI,
MATISSE, PICASSO, SEVERINI) di cui ho utilizzato 74 opere pittoriche, per 54
mesi, nel sito www.homolaicus.com senza averne chiesta previa autorizzazione
alla suddetta Siae.
La raccomandata fa leva sul fatto che la legislazione attuale non prevede
che un sito non commerciale possa utilizzare liberamente opere di artisti
viventi o scomparsi da meno di 70 anni (e qui si cita la vecchia legge n.
633 del 22.4.1941, che, con i suoi aggiornamenti, non farebbe differenza -
secondo la Siae - tra sito commerciale e sito culturale, ma semmai tra sito
giornalistico, con diritto di cronaca e quindi con facoltà di riprodurre
gratuitamente anche immagini protette, e sito non giornalistico, che questo
diritto invece se lo deve pagare. Il che in sostanza escluderebbe che in web
vi possa essere uno scambio gratuito delle risorse culturali tra siti non
commerciali: usare un'immagine protetta fa di un sito culturale una sorta di
sito commerciale, per quanto i diritti su quelle immagini gli costino un po'
meno).
Ora, a parte il fatto che è davvero singolare che si parli di “danni morali”
quando l’utilizzo ipertestuale che ne era stato fatto aveva scopi o
didattici o culturali, quel che più stupisce è che non è più sufficiente
citare la fonte dell’opera in oggetto, ovvero la sua collocazione museale
(pubblica o privata): bisogna preventivamente assicurarsi presso la Siae se
su quell’opera non gravino dei diritti d’autore, anche se il sito in oggetto
è del tutto libero e di accesso gratuito in ogni sua parte, senza
distinzione alcuna.
Nella raccomandata peraltro non sono stati riportati neppure i nomi esatti
dei file ma solo i nomi generici degli artisti, sicché il sottoscritto, per
sicurezza, è stato costretto a rimuovere interi ipertesti, causando senza
dubbio un danno a chi utilizza i motori di ricerca (per non parlare del
danno che avrà arrecato a quanti dispongono dei medesimi ipertesti, avendoli
ottenuti o scambiati a vario titolo gratuito).
Alla Siae non è neppure bastato che il sottoscritto avesse messo nella home
page la seguente dicitura: “Questo sito è pubblicato sotto una Licenza
Creative Commons. Se trovate che qualcosa violi le leggi vigenti in materia
di diritti d'autore, comunicatecelo e provvederemo tempestivamente a
rimuoverlo.”
Ovviamente non è neppure bastato che nello stesso giorno in cui è giunta la
raccomandata siano stati rimossi gli ipertesti che contenevano le immagini
in questione.
Il danno quindi va pagato, ma questo atteggiamento della Siae può risultare
foriero di spiacevoli conseguenze per molta gente che in rete fa soltanto
“cultura” o “didattica” senza alcun fine di lucro.
Senza considerare che chi fa ipertesti culturali su determinate opere
pittoriche esalta la dignità morale dell'artista e indirettamente incrementa
i diritti patrimoniali degli eredi.
E il sottoscritto, che in rete lavora con questo entusiasmo da almeno dieci
anni, farà fatica ora a spiegare ai propri allievi che la legge lo mette
sullo stesso piano di un truffatore.
Guarda i
video della vicenda:
http://www.youtube.com/watch?v=zlDtsyUyk-A
Primo Video
http://www.homolaicus.com/diritto/siAe/1-1.htm
Secondo Video
http://www.arcoiris.tv/modules.php?name=Unique&id=6742 Terzo Video
Enrico Galavotti
Indice Forum
SEMINARI E CONVENTION SUL COPYRIGHT
Seminario sulle Creative Commons Un
seminario di studi sugli aspetti legali, tecnologici e sociali delle licenze
Creative Commons alternative al copyright.
Per la prima volta a Lecce viene organizzata un'iniziativa di studio sulle
Creative Commons. Il seminario è in programma per il 20 e 21 aprile 2007. In
particolare, venerdì 20 aprile a partire dalle ore 16 presso la sala Chirico
dell'ex Monastero degli Olivetani (Università del Salento), prenderanno
parte al seminario, in qualità di relatori:
Vincenzo Vinciguerra, ricercatore Scuola superiore ISUFI Lecce ("Il fenomeno
delle licenze Creative Commons"); Deborah De Angelis, membro di Creative
Commons Italia ("Nuove forme di espressione del diritto d'autore: le licenze
Creative Commons"); Franco Tommasi, docente di Sistemi operativi - Facoltà
di Ingegneria, Università del Salento ("Come le licenze GPL e CC incidono
sullo sviluppo del software"); Nicola Grasso, docente di Diritto
amministrativo - Facoltà di Beni Culturali, Università del Salento ("Diritto
d'autore e aspetti giuridici delle nuove tecnologie").
Il giorno dopo, sabato 21 aprile, a partire dalle ore 16 presso Fondo Verri
(via Santa Maria del Paradiso 8 - Lecce), Deborah De Angelis approfondirà le
tematiche emerse in un incontro dal titolo "L'avvocato risponde".
Cisac, a maggio il Copyright Summit
Il 30 e 31 maggio 2007 si svolgerà a Bruxelles il primo “Copyright Summit”
organizzato dalla CISAC, la confederazione internazionale delle società di
autori e compositori. I principali temi trattati riguarderanno il rapporto
tra tutela delle opere e nuove tecnologie sul quale saranno invitati a
confrontarsi non soltanto
gli autori e gli editori ma anche i produttori e distributori oltre agli
operatori radiotelevisivi e fornitori di contenuti per Internet oltre a
tutti gli attori coinvolti nella produzione di opere dell’ingegno. La CISAC
intende mettere in primo piano i creatori e il loro ruolo indispensabile:
“le decisioni prese oggi influiranno sui modelli economici di domani e sui
mezzi di sussistenza degli aventi diritto. Il Summit 2007 sarà l’occasione
unica di dibattiti aperti e trasparenti fra gli autori, le loro società di
gestione collettiva e le diverse componenti della filiera dell’industria
culturale, senza dimenticare i politici e legislatori.
In un’epoca di intensi cambiamenti dei modi di accedere alla cultura ma
anche di richiesta senza precedente per le opere dell’ingegno, l’interesse
comune è quello di trovare al più presto soluzioni valide per tutti” ha
commentato Eric Baptiste, Direttore generale della CISAC.
Autori Vari
Indice Forum
SFIDA
PER IL LIBERO ACCESSO ALLE INFORMAZIONI SCIENTIFICHE
La libertà......è la possibilità di dubitare, la
possibilità di sbagliare, la possibilità di cercare, di esperimentare, di
dire di no a una qualsiasi autorità, letteraria, artistica, filosofica,
religiosa, sociale, e anche politica.
Ignazio Silone
Andrea Monti, avvocato che da oltre 15 anni si occupa di diritto High-tech (bioinformatica,
life science, telecomunicazioni, tecnologie dell'informazione) in un
articolo apparso su Nòva del Sole 24 Ore di Giovedi 12 Aprile 2007 denuncia
come le attuali normative sul diritto d'autore rischi di condizionare campi
importantissimi come genetica e medicina in quanto i frutti della ricerca
sarebbero concentrati in pochissime mani.
Il futuro che si prospetta se il buon senso comune e la legislazione attuale
non si adeguerà core il rischio di diventare a tinte orwelliane e
catastrofiche. Il caos e l'anarchia che regna nelle norme attuali
soprattutto in Italia consente a delle industrie di intervenire persino
nello scambio di informazioni tra utenti e di perseguirli anche legalmente,
senza avere peraltro delle prove fondate, ma solo dei semplici sospetti.
Questo stato di cose sta cercando anche di mettere i provider con le spalle
al muro, vale a dire bloccare il peer-to-peer o essere denunciati dai
detentori dei diritti d'autore. Questo secondo Monti dimostra almeno tre
cose: primo, la scarsa attenzione che ancora la società civile e la politica
dedicano a questi temi; secondo la confusione che regna in questi setori;
terzo, dimostra come alcune lobbies stiano riuscendo a costruire dei
principi giuridici a loro favorevoli e ovviamente sconvenienti e dannosi per
tutta la comunità. Per esempio con la scusa di proteggere la moda, si dà
facoltà alle lobbies di affiancare i pubblici ministeri nelle indagini. Non
solo sempre secondo Monti la nuova direttiva porta al massimo livello la
confusione che regna nel diritto d'autore: "Utilizza il termine "proprietà
intellettuale" (da proteggere), mettendovi dentro cose molto diverse come le
opere e le invenzioni. Le lobbies infatti vorrebbero esetndere il diritto
d'autore anche a cose che non sono opere, come le proprietà industriali. Già
adesso, la Wipo (World Intellectual Property Organization, agenzia delle
Nazioni Unite) è riuscita a far proteggere cose che non sono opere e per le
quali non è individuabile nemmeno un autore nel senso classico del termine.
E' questo il caso dei database. Ci sono infatti dei database che contengono
informazioni pubbliche e che non sono privati, come nel caso delle sentenze
guiridiche. Tuttavia anche se il contenuto è pubblico non si può estrarre
dal database e divulgarlo, perché in questo caso si violerebbe il diritto
d'autore dell'editore del database. Inserendo quindi delle informazioni
pubbliche in un database, queste diventano di fatto proprietà di un privato.
Secondo Monti la normativa non dovrebbe consentire di proteggere dei
contenuti già dichiarati pubblici tramite il diritto d'autore. Questo stato
di cose crea un grande e grave problema, ovvero la libera circolazione di
idee di pubblica utilità, soprattutto di natura medica e scientifica, come
dati relativi alla genetica, ai farmaci e alle biotecnologie. Per esempio
un'azienda che scopre delle informazioni importanti inerenti la cura di
alcune malattie, anche con finanziamenti pubblici, le mette poi al riparo in
un file, e chiede ai medici e ai ricercatori che le vogliono leggere di
pagare la licenza del software necessario per accedervi. Estende così a dati
di natura magari genetica il diritto d'autore detenuto sul software. In
questo modo tramite l'informatica si diviene detentori di un grande potere
sulla vita delle persone. Secondo Monti i beni come le informazioni e la
cultura devono essere considerate "cose", oggetto di proprietà e non opere
creative.
Sempre in questa ottica dobbiamo aggiungere che Giovanni Ziccardi, docente
di diritto all'università degli studi di Milano, segnala come le cose siano
appunto ingarbugliate, infatti il software viene protetto a volte come
brevetto e a volte in quanto diritto d'autore e le cose si complicano
riguardo i database. La mancanza di una disciplina univoca diviene
drammatica quando si pone il problema dell'accesso ai dati sensibili.
Infatti proteggere eccessivamente le informazioni può infatti bloccare o
inibire la conoscenza e quindi la libera concorrrenza e di fatto creare una
società sempre più ingiusta e squilibrata.
Più moderata la posizione di L. Lessig, che tra eccesso di protezione e No
copyright, suggerisce l'approccio open source anche al biotech, con
l'utilizzo di software aperti e disponibili a tutti.
A sostegno di una lbera circolazione del sapere c'è ulteriormente il fatto
che la ricerca finanziata dalle tasse dei cittadini europei deve essere
liberamente accessibile a tutti in rete. Questa infatti è la conclusione
dell'ultimo rapporto della Commissione Europea sui modelli di business
dell'editoria scientifica che propone di rendere liberamente accessibili
online i risultati delle ricerche finanziate con fondi europei. I prezzi
degli abbonamenti ai "journal" indispensabili per ogni laboratorio che si
rispetti sono cresciuti con un ritmo del 300% superiore a quello
dell'inflazione. Una tendenza che sta penalizzando l'Europa, sia consumando
i fondi destinati alla ricerca pubblica, sia limitando la circolazione dei
dati scientifici. Il mercato mondiale dell'editoria scientifica, tecnologica
e medica è molto ricco ed oscilla tra i 7 e gli 11 miliardi di dollari.
Sotto accusa sono soprattutto i grandi editori come i britannici Reed
Elsevier e Blackwell e il tedesco Springer i quali, pubblicando centinaia di
testate, tra cui quelle più prestigiose come "Lancet" e "Nature" sono in
posizione di forza nelle negoziazioni degli abonamenti con i centri di
ricerca. Questo grande aumento dei prezzi degli abbonamenti è stato
possibile perché i Journal sono uno strumento indispensabile per la ricerca,
sia per validare le nuove conoscenze attraverso la revisione
pre-pubblicazione da parte di altri scienziati, sia per diffonderle. Ogni
pubblicazione consente inoltre di citare gli autori in altri studi e questo
contribuisce a fare aumentare l'importanza di molti studi. Il tutto però ha
un costo per i laboratori che può variare a seconda della testata in
questione dai 1.500 ai 4.000 dollari. Da qui l'invito a moltiplicare le
sperimentazioni di nuovi modelli di business aperti e basati sull'online.
Tra queste ricordiamo la "Springler Open Choice", la Public Library of
Science (Plos), la casa editrice non-profit nata nel 2000 a San Francisco
con il sostegno di 34.000 ricercatori di 180 diverse nazionalità che oggi
pubblica solo online sei riviste "open-access" nel settore biomedico senza
costi per gli autori e PubMedCentral che nello stesso campo raccoglie 110
testate. A Cambridge, in Gran Bretagna, l'Istituto europeo di bioinformatica
sta sviluppando un archivio elettronico aperto da 21 milioni di euro. In
America una proposta di legge di un senatore repubblicano del Texas prevede
che ogni organo pubblico con un budget superiore ai 100 milioni di dollari
garantisca l'accesso libero imponendo ai ricercatori che abbiano beneficiato
di fondi pubblici di rendere disponibile una copia elettronica del proprio
articolo entro sei mesi dalla pubblicazione e che il lavoro sia conservato
in maniera permanente in un archivio aperto ai cittadini. Questo è un
approccio realmente pragmatico e secondo il senatore questa legislazione
migliorerà il ritorno dell'investimento che ogni cittadino fa pagando le
tasse, perché la libera circolazione di idee e scoperte produrrà più
innovazioni e migliori terapie.
Carl William Brown e Autori Vari
Indice Forum
Per Ulteriori Informazioni
http://www.ictlex.net
http://europa.eu.int/sinapse
http://www.cepr.org
http://www.plos.org
http://www.biomedcentral.com
http://www.ebi.ac.uk
http://www.springer.com
http://www.reed-elsevier.com
http://www.blackwellpublishing.com
http://guidoromeo.typepad.com/glog/media/index.html
Against Intellectual Monopoly
Michele Boldrin and David K. Levine
IL NUOVO WEB 2.0 E L'OTTUSITA' DELLE
VECCHIE LOGICHE CORPORATIVE
Il libero accesso alle informazioni significa
partecipazione, democrazia, uguaglianza e quindi crescita culturale, sociale
e scientifica di tutta la nostra umanità
Carl William Brown
Il web 2.0 non è ancora per tutti, infatti i concetti che sono alla base di
questa nuova grande rivoluzione sono ancora troppo complessi o comunque
limitati a sistemi o a capacità di banda larga che ancora non hanno tutti.
Tuttavia la "consumerizzazione" è l'unica e principale tendenza che andrà a
modificare l'It nei prossimi dieci anni. L'effetto di questa tendenza è che
oggi si parla di consumer to business e di citizen to government e non più
viceversa. Il 35 % di utenti occidentasli fa uso di home banking, le vendite
al dettaglio online sono arivate all'8% del totale e presto raddoppieranno.
La "consumerisation" porterà quindi a nuove forme di relazione digitale
attraverso nuovi linguaggi ed esperienza avanzate; nuovi modi di operare che
per i cosidetti "Knowledge worker" si trasformano in maggiore produttività
quotidiana grazie a servizi e strumenti innovativi di search, di
messaggistica istantanea, di Voice over Ip (Skype), di podcasting, di
networking peer-to-peer, di video (youtube) e di nuovi contenuuti (wiki). Il
ruolo dell'It secondo Peter Sondergaard, capo della ricerca di Gartner,
appartiene al passato e le aziende devono imparare a rivedere il modello,
lasciando più libertà d'azione e maggiori responsabilità agli utenti. Sempre
secondo Sondergaard occorre infatti concentrarsi sul valore di cui l'It
necessita per supportare meglio il business e la creatività e le capacità
d'uso degli utenti digitali sono, in tal senso, risorse non più
trascurabili. Contro questa filosofia, si schierano invece i detentori dei
vecchi diritti d'autore. Per esempio in America le radio che trasmettono
musica online in streaming sul web non scaricabile d'ora in poi dovranno
pagare un ammontare fisso per ogni canzone ascoltata da ogni utente, una
cifra di 0,00011 di dollaro, una somma non grande ma che può comunqnue
inibire la crescita delle radio online, e soprattutto di quelle di nicchia.
Questa è la vecchia politica del Copyright Royalty Board che ha tra le altre
cose previsto un raddoppio delle royalties entro cinque anni. Queste radio
che consentivano l'ascolto in streaming senza permettere il download, si
ponevano in un certo senso come alternativa alla pirateria, ed ora molte di
queste saranno costrette a chiudere, anche se secondo molti osservatori
questa decisione si risolverà in un boomerang per le case discografiche
perché in questo modo i potenziali compratori di musica legale avranno meno
occasioni per conoscere nuovi brani. Quindi in questo nuovo mondo di
internet e del web 2.0 il labirinto dei diritti d'autore è intricato non
solo per gli utenti, ma anche per i detentori. Ogni decisione infatti può
avere delle ripercussioni imprevedibili, come finire di danneggiare e
penalizzare un diritto quando si agisce invece con l'intenzione di
proteggerlo.
Secondo Luca de Biase Internet, con l'interdipendenza delle sue componenti e
l'innovatività delle sue tecnologie è infatti un sistema che si comprende
meglio sfruttando la teoria del caos che non pensando in termini lineari.
Quello che stupisce secondo il nostro autore a questo punto non è però la
quantità di novità che internet non cessa di generare, ma il fatto che
grandi aziende dotate di manager capaci e di uffici legali competenti non
abbiano ancora compreso appieno le conseguenze di questa nuova complessa
realtà.
Carl William Brown
Indice Forum
Per maggiori informazioni
http://blog.debiase.com
http://www.loc.gov/crb
http://www.soundexchange.com
http://www.webcasters.org
LIBRI E DIRITTI
D'AUTORE, L'URAGANO GOOGLE.
L'uragano Google si abbatte sui media. La Viacom osserva preoccupata la
capacità di penetrazione presso il pubblico giovanile di YouTube (che a
Google appartiene) e la denuncia per violazione di copyright. Ma sono
invidiosi anche Rupert Murdoch, Yahoo e Microsoft. Oggi Google ha una
capitalizzazione di mercato di 145 miliardi di dollari, più di TimeWarner,
Amazon e Yahoo combinate. Le novità più significative vanno nella direzione
delle televisioni. Si sta sperimentando per esempio un sistema automatizzato
per cpmprare e collocare gli spot televisivi. Con la consueta abilità nel
maneggiare gli algoritmi, Google incrocia i dati sull'identità, le
preferenze, le attenzioni di chi ha cliccato certi argomenti, e di
conseguenza manda gli spot adatti al potenziale cliente. Google quindi sta
contribuendo a cambiare il paradigma di base della comunicazione
pubblicitaria, e cioè la diffusione a pioggia indefinita di messaggi verso
la generalità. Per quanto riguarda invece i libri e Google Book Search in
particolare c'è da precisare che non tutti gli editori italiani lo temono.
Il motore di ricerca americano propone oggi agli editori di digitalizzare le
loro pubblicazioni e sottoscrivere un accordo che le renda accessibili sulla
rete. All'editore spetta poi decidere in che misura: si va dal 20% al 50%
dell'opera. L'utente così può sfogliare il libro e decidere poi se procedere
o meno all'acquisto. Per i testi di narrativa è l'ideale e Alberto
Castelvecchi, dell'omonima casa editrice romana, ha scelto di affidare a
Google tutto il suo catalogo affermando: "Per noi è tutta pubblicità". In
più con questa tecnica e la stampa on-demand sarà possibile anche rendere
disponibili i libri più vecchi e oggi praticamente introvabili. Inutile dire
che alla fine questo modello di vendita sarà quello più accattivante e più
gradito, sia per i lettori, e naturalemente sia per gli editori.
Carl William Brown
Indice Forum
ARTE E GIOVANI. LA SCUOLA
FA TROPPO POCO
Incuriositi, in parte appassionati. Ma in generale un po' ignoranti. Figli
della nazione con il più alto numero di beni culturali al mondo, i giovani
italiani hanno con l'arte un rapporto controverso. E il problema - emerge da
una ricerca presentata a Roma dal Fai (Fondo per l'ambiente italiano) - è
prima di tutto a scuola, con programmi limitati e poche ore di storia
dell'arte. L'indagine esamina la fascia tra i 15 e i 24 anni: il 38% (un
terzo dei ragazzi) si dichiara disinteressato all'arte. Emerge un 41% di
"appassionati" e un 21% di "abbastanza interessati". Da aggiungere inoltre
che la storia dell'arte è materia di insegnamento soltanto in alcuni
istituti, tipo i licei e le scuole professionali d'arte o di grafica, per
gli allievi di tutti gli altri istituti e per i loro insegnanti trattare
tematiche di questo genere è a dir poco proibitivo, infatti i libri di
italiano per esempio sono privi di testi e di immagini che riguardano
appunto la storia dell'arte italiana ed internazionale e su internet la
legislazione vigente in Italia sul diritto d'autore e la prassi della Siae
che pretende soldi anche da quei docenti che vogliono fare cultura a livello
gratuito non consente a nessuno di creare ipertesti sui più grandi artisti
che hanno fatto grande la storia dell'arte negli ultimi decenni. Alcuni
musei hanno persino diffidato la libera enciclopedia Wikipedia dal
pubblicare immagini inerenti delle opere d'arte contenute nelle loro sale.
Risultato, la storia dell'arte viene ignorata dalla stragrande maggioranza
dei nostri studenti e persino dei loro professori e questo contribuisce
inevitabilmente ad impoverire la nostra sensibilità e le nostre potenzialità
umane, sociali, sentimentali ed artistiche. Da aggiungere inoltre che
proteggere eccessivamente le informazioni e le immagini riguardanti la
storia dell'arte, ma non solo, può infatti bloccare o inibire la conoscenza
e quindi la libera concorrenza e di fatto creare una società sempre più
ingiusta e squilibrata. Last, but not least, l'indifferenza di molti docenti
sottopagati, demotivati, e scarsamente interessati sia alle potenzialità
delle nuove tecnologie e della ricerca scientifica, sia alle vicende
dell'arte, della letteratura e della politica, ma soprattutto
scarsamente abituati a lavorare in gruppo e a fare tesoro della volontà,
dell'abilità, e dell'impegno intellettuale e sociale dei loro colleghi più
all'avanguardia e meno succubi di un debilitante, mortificante, e deleterio
banale conformismo.
Carl William Brown
Indice Forum
LA CONTROVERSA QUESTIONE
DEI BOLLINI SIAE
La controversa questione dei "bollini" presto dovrà
affrontare il giudizio di legittimità in Lussemburgo.
L'antefatto: nel dicembre del 2004, su istanza
dell'avv. Andrea Sirotti Gaudenzi, difensore di un cittadino tedesco
imputato in un processo penale per aver commercializzato in Italia CD ROM
privi di contrassegni SIAE, il Tribunale di Cesena aveva emesso una
ordinanza con cui veniva formulata (ai sensi dell'art. 234 del Trattato CE)
una questione pregiudiziale in merito all'interpretazione della direttiva
del Consiglio 92/100/CEE del 19 novembre 1992, (concernente il diritto di
noleggio, il diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto di
autore in materia di proprietà intellettuale), nonché dell'art. 3 del
Trattato CE con riferimento al divieto imposto agli Stati membri di imporre
"dazi doganali" e "restrizioni qualificative all'entrata e all'uscita delle
merci" e "tutte le altre misure di effetto equivalente" (infatti, l'Italia è
l'unico paese membro dell'Unione che prevede l'apposizione di contrassegni
sui supporti).
Il 25 aprile si deciderà se la Siae, nell'imporre un contrassegno su tutti i
supporti ottici, abbia violato le norme comunitarie in tema di libera
circolazione delle merci. La questione è tanto nota quanto controversa,
anche perché l'Italia è l'unico paese in Europa a pretendere l'applicazione
di contrassegni sui supporti di registrazione.
A seguito delle modifiche introdotte dalla legge 248/2000 all'art. 171/ter
comma I/c Legge 22/04/1941 n. 633 che detta norme a protezione della
proprietà intellettuale, la vendita o il noleggio di videocassette,
musicassette o altro supporto non contrassegnati dalla Siae costituisce
fatto penalmente rilevante.
Restringendo la questione ai minimi termini, le convenzioni in merito sono
stato oggetto della Direttiva del Consiglio 92/100/CEE, regolarmente
recepita dal nostro ordinamento giuridico unitamente all'altra Direttiva
83/189/CEE, e prevedono -visto anche l'art. 3 del Trattato CE- che gli stati
membri non possano imporre "dazi doganali" né "restrizioni qualitative
all'entrata o uscita delle merci" né ogni altra misura di effetto
equivalente, se non sia stata osservata la particolare procedura prevista
proprio dalla Direttiva 83 citata.
Il caso concreto riguarda, come abbiamo sopra detto, un cittadino tedesco imputato in Italia in un
processo penale per aver commercializzato Cd Rom privi di contrassegni Siae;
ma è ovvio che il giudicato costituirà un precedente che tutti si augurano
positivo nel senso che stabilisca una volta per tutte l'inesistenza
giuridica dell'obbligo del contrassegno.
Per la verità, forse altri dubbi ancora avrebbero potuto essere esposti dal
Tribunale di Cesena che ha sollevato la questione interpretativa emettendo
un'ordinanza di sospensione del procedimento con rinvio al giudice sovra
nazionale per la questione interpretativa; e cioè se il famoso contrassegno
debba essere apposto su tutti i supporti, indipendentemente dal fatto che
gli autori delle opere contenute siano o meno associati alla Siae e quindi
destinatari o meno di parte dei diritti riscossi mediante la vendita del
"bollino".
Inoltre la norma andrebbe in conflitto anche con la famosa tassa sui supporti
vergini, in quanto così come interpretata dalla Società degli Autori ed
Editori costituisce a tutti gli effetti una duplicazione d'imposta, cioè una
doppia tassazione del medesimo evento imponibile, anche se formalmente
separato nel tempo: una tassa riscossa al momento dell'acquisto del supporto
vergine ed una seconda al momento della sua distribuzione.
Se verranno accolte le tesi formulate dalla difesa dell'imputato, potrebbe
giungersi alla conclusione che non è opponibile ad alcuno l'inosservanza
dell'obbligo di apporre il "bollino" SIAE.
Nell'esito della prima udienza presso la Corte di
Giustizia delle Comunità europee del Lussemburgo sembrano avere prevalso le
tesi favorevoli all'abolizione del contrassegno, se dunque ciò si traducesse
in un pronunciamento in questo senso alla fine del procedimento, le norme
italiane sul bollino SIAE potrebbero saltare.
Durante l'udienza del 25 aprile, la Commissione ha aderito alle tesi
dell'avvocato Sirotti Gaudenzi, affermando che le norme nazionali in tema di
tassazione attraverso bollini di CD, musicassette, videocassette ed altri
supporti siano state adottate in violazione del diritto comunitario, senza
che si procedesse ad alcuna comunicazione alla Commissione stessa.
Durante l'udienza celebratasi nel Lussemburgo, davanti al collegio
presieduto dal Giudice finlandese Allan Rosas, l'avvocato Sirotti Gaudenzi
ha svolto la sua arringa, formulando una serie di argomentazioni alle quali
si sono associati i rappresentanti della Commissione.
Strenua è stata l'opposizione dello Stato italiano e, in particolare, della
SIAE, che rischia di perdere gli introiti derivanti dall'apposizione del
contrassegno. Data la complessità del caso, il giudizio è stato rinviato per
permettere all'Avvocato Generale della Corte di formulare le proprie
conclusioni.
Se la Corte di Giustizia accogliesse le tesi formulate dalla difesa
dell'imputato e dalla Commissione delle Comunità europee, si potrebbe
giungere alla scomparsa del bollino SIAE ed all'annullamento delle norme
italiane in materia.
P.S. Si ringrazia il
sig. Enrico Galavotti del sito
www.homolaicus.it per le informazioni fornite sul caso e per maggiori
dettagli giuridici nonché per il forum di discussione sull'argomento si
invitano gli utenti a visitare il sito di
Punto
Informatico.
Carl William Brown
Indice Forum
LA
NUOVA DIRETTIVA EUROPEA SUL COPYRIGHT RECEPISCE IL FAIR USE
Il Parlamento di Strasburgo nell’aprile 2007 ha
approvato il testo di una nuova direttiva la Ipred2, nome con cui è
convenzionalmente conosciuta la direttiva sulle misure penali in merito
all’applicazione dei diritti di proprietà intellettuale, che mira a
modificare la direttiva 2004/48/EC sui diritti di proprietà intellettuale.
Il diritto d'autore è nato nell'Inghilterra del XVI secolo come strumento
censorio per il quale solo la Corporazione dei Librai di Londra aveva il
diritto di stampare le opere distribuite nel territorio del Regno (da qui il
termine diritto di copia). Da allora si è poi trasformato in un diritto che
dovrebbe tutelare gli autori, ma che di fatto tutela soprattutto il diritto
di intermediazione degli editori stessi nei loro confronti. E' ovvio quindi
che rispetto all'epoca in cui è nato e alla vastità globale del territorio
in cui si opera oggi, ovvero Internet, e alla grande innovazione dei mezzi
tecnologici ed informatici a disposizione, il diritto d'autore non può più
essere considerato in modo atavico ed anacronistico, solo per tutelare i
privilegi di alcune persone a discapito di tutti gli altri abitanti del
pianeta. Accade così che ormai da anni lo scontro continua, una battaglia
che vede impegnate da una parte le majors, che a tutti i costi cercano di
ostacolare l'innovazione al fine di tutelare la propria esistenza, e
dall'altra gli utenti di beni digitali, come musica, films, ipertesti,
videogiochi, software, ecc. che cercano di contribuire a liberalizzare il
mondo in cui si vive.
Per tale ragione l'UE ha da poco varato l'Intellectual Property Rights
Enforcement Directive (Ipred2), direttiva che cerca di rendere più omogenea
la legislazione dei singoli stati dell'unione in materia di Copyright. In
Italia non cambia molto, visto la severità della Legge Urbani, ma vi sono
tuttavia alcune novità significative come l'introduzione del concetto di
Fair Use statunitense, ovvero un Uso Equo, che consente di non considerare
reato la copia o la diffusione di opere protette "a fini di critica,
recensione, informazione, insegnamento". Per cui ora anche i professori
potranno stare più tranquilli quando prepareranno gli appunti per le loro
lezioni magari facendo anche delle fotocopie di materiale didattico
protetto. Verrà inoltre risparmiato il penale a chi per finalità private,
non profit e senza fini di lucro commetta delle possibili violazioni. Quindi
la quasi totalità dei giovani che si scambiano files su internet non corrono
pericoli gravi, ma al limite solo il rischio di pene pecuniarie. Nella nuova
direttiva c'è anche la possibilità per le major di cooperare nelle indagini,
e l'attribuzione di responsabilità agli Internet Service Provider.
In pratica il Parlamento europeo ha votato, in seduta plenaria la relazione
che accoglie la proposta della Commissione ma, nello stesso tempo ha
proposto una serie di emendamenti. Con uno, in particolare, sulla base del
fair use prima esistente solo nel diritto americano, si stabilisce dunque
che la riproduzione in copie o su supporto audio o con qualsiasi altro
mezzo, a fini di critica, recensione, informazione, insegnamento (compresa
la produzione di copie multiple per l'uso in classe), studio o ricerca, «non
sia qualificato come reato».
Fair Use. La disciplina del diritto d'autore, in Europa come negli Stati
Uniti, è il risultato di un delicato bilanciamento di interessi
contrapposti, per cui gli incentivi concessi agli autori hanno come
contropartita la previsione di un limitato diritto di libera riproduzione
delle opere a favore degli utenti privati. Ma come verrà garantito il
godimento di questa prerogativa nel caso in cui le opere immesse in rete
siano protette da misure tecnologiche? L'art. 6 della direttiva introduce,
infatti, un'ipotesi di illecito separata e distinta rispetto alla violazione
dei diritti esclusivi di autori e titolari di diritti connessi. Questo
significa che un soggetto potrà essere perseguito per il solo fatto di aver
usato un dispositivo atto a bypassare la protezione, indipendentemente dal
tipo di utilizzazione che poi farà dell'opera "craccata" e, quindi, anche
nel caso in cui, per ipotesi, la sua utilizzazione sia giustificata dal fair
use.
Per evitare questo inconveniente, e per impedire la penalizzazione delle
condotte riconducibili alla limitazione del fair use, il DMCA ha introdotto
un accorgimento. A differenza del traffico di dispositivi per l'elusione,
che è sempre vietato, l'aggiramento delle misure tecnologiche di protezione
è illecito, soltanto se ha ad oggetto sistemi disegnati per controllare
l'accesso alle opere protette, mentre è lecito quando ha ad oggetto misure
atte ad impedirne la riproduzione. Lasciando libero questo spiraglio, si è
quindi cercato di ristabilire un equilibrio tra gli interessi in gioco,
facendo in modo che la tutela giuridica delle misure tecnologiche di
protezione non finisse per ridurre all'eccesso gli spazi d'azione degli
utenti di Internet.
Carl William Brown
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ANALISI FONDAZIONE EINAUDI SULL'UTILIZZO DI CONTENUTI DIGITALI
Ricerca sul File Sharing e P2P in Internet. Il
"gratis" ora fa meno paura.
Da una ricerca sui "Comportamenti di consumo di
contenuti digitali in Italia, il caso del file-sharing" realizzata dalla
Fondazione Einaudi per conto di una variegata serie di soggetti economici
interessati a capire come va questo mercato, tra cui Confindustria, le
associazioni delle case discografiche, quelle degli esercenti dei cinema, i
produttori di Dvd, Telecom Italia e Fastweb, emerge che chi cerca contenuti
culturali in rete non solo non li pretende gratis, ma è anche disposto a
pagare, se percepisce che il pagamento è uno scambio equo se viene richiesto
in cambio della qualità, di una facilità di accesso al bene stesso e ad un
risparmio del proprio tempo. Sono stati esaminati 1.600 utenti italiani
della Rete, un campione ripartito proporzionalmente per aree geografiche ed
età. Da questa indagine è emerso che vi è una sostanziale identità tra gli
utenti "free", ossia quelli che scaricano gratis e quelli "pay"; il "free"
non è infatti una filosofia di consumo, ma un incrocio tra una necessità e
un'opportunità. Quanto poi più cresce il reddito, tanto più la gente è
disposta a pagare. Un'opportunità poi nel senso che molti scaricano gratis i
contenuti per testarli, per conoscerli e vedere di che cosa si tratta, prima
di passare poi all'acquisto. Ma la sorpresa più gradita di questa inchiesta
riguarda l'impatto del download di file digitali, sia gratis, sia a
pagamento, sul resto dei consumi culturali degli utenti. I dati mostrano
infatti che un buon 10% di questi utenti ha persino aumentato le proprie
spese, un 60% ha riequilibrato il proprio budget, e solo un 30% confessa di
spendere meno grazie al download gratuito. Questi files scaricati vanno poi
a sostituire il consumo domestico di materiale digitale, mentre non incidono
quasi per nulla, e se lo fanno, spesso l'aumentano, il consumo "outdoor", in
pratica non fanno diminuire la frequenza degli appassionati agli eventi
musicali sul territorio. Pertanto l'esito finale della ricerca è che la
stragrande maggioranza degli utenti sia "Free", sia "Pay" vuole acquistare e
questo dovrebbe fare in modo che ormai le grandi majors si stiano
convincendo che hanno tutto l'interesse ad una larga diffusione di contenuti
digitali, anche gratuiti, perché questo alla fine non potrà che arricchire
di più tutti, grandi aziende incluse.
Carl William Brown
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ICOMMUNE UN
NUOVO SOFTWARE PER LA CONDIVISIONE
Il programmatore Jim Speth sta per lanciare un
nuovo software di condivisione di file musicali che molto verosimilmente gli
procurerà una serie non indifferente di problemi legali. Egli è convinto che
il suo programma sarà l'equivalente digitale di una biblioteca privata, e
questo forse potrebbe proteggerlo, secondo gli esperti, dalle ire funeste e
legali dell'industria dell'intrattenimento.
Speth, ex programmatore della Apple, sta lavorando a un'applicazione per la
condivisione di file che girerà su piattaforma Mac Os X a cui ha dato il
nome di iCommune, e che permetterà ai navigatori di scambiarsi musica
attraverso Internet. Al contrario della maggior parte degli altri software
dello stesso tipo, questo non è concepito come una scatola aperta che
consenta l'accesso indiscriminato ai file Web da copiare. Gli utenti
iCommune potranno decidere con chi vogliono condividere i propri mp3,
utilizzando una specie di rubrica.
Speth, trentenne di San Francisco, descrive il suo programma come il
corrispettivo digitale del prestare un Cd a un amico o dell'affittarlo:
secondo lui, questo "utilizzo del tutto lecito" è un argomento di difesa che
potrà essere sfruttato in eventuali procedimenti legali in materia di
copyright. «Non è un altro Napster», spiega. «È più simile a una piccola
comunità di individui che hanno voglia di condividere qualcosa. Copiare un
mio Cd e regalartelo non è un reato. Dare una cosa a un amico è legale, per
quanto ne so». Potrebbe avere ragione, oppure no. La questione non è ancora
arrivata in tribunale, ed è lì che ci sarà la prova del nove, secondo Fred
von Lohmann, avvocato della Electronic Frontier Foundation. Da una parte, a
quanto ricorda lui, tutte le applicazioni di condivisione di file musicali a
cui è stata fatta causa hanno adottato la stessa giustificazione a propria
difesa. E finora questa strategia non ha avuto alcun successo.
I giudici hanno distinto fra intenti dichiarati dei programmatori e
comportamento effettivo degli utenti finali: nel caso di Napster, per
esempio, hanno concluso che il software avrebbe potuto essere utilizzato in
maniera legittima, ma in realtà veniva ampiamente sfruttato come canale di
distribuzione illegale di file audio protetti da copyright. D'altra parte
però - osserva Lohmann - questo tipo di argomentazione è quella a cui si
continua a fare più frequentemente ricorso. Gli avvocati del servizio on
line Kazaa, attualmente sotto processo in un tribunale di Los Angeles per
violazione della legge sul copyright, sostengono che ritenere il sito
responsabile di un simile reato sarebbe come accusare i produttori di
computer per le malefatte degli hacker.
Allo stesso modo, secondo von Lohmann, nel caso venisse convocato in
tribunale, Speth dovrebbe dimostrare di non sapere nulla di quello che fanno
gli utenti finali, o comunque di non poterci fare niente: d'altro canto non
esistono accordi di licenza, server centralizzati, sistemi di registrazione
delle transazioni, né funzioni di aggiornamento automatico. Von Lohmann è
convinto che Speth dichiarerà di essere come un produttore di fotocopiatrici
o videoregistratori, che non ha alcuna possibilità di impedire alla gente di
riprodurre illegalmente libri e film. «Più riuscirà ad apparire come la
Xerox nelle transazioni, più diventerà forte», spiega l'avvocato.
Carl William Brown
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SENATO
DELLA REPUBBLICA XV LEGISLATURA DISEGNO DI LEGGE
D’iniziativa del senatore Mauro Bulgarelli
Norme in materia di diritto d’autore nell’utilizzo di tecnologie internet
Onorevoli colleghi,
la presente proposta vuole sanare un vero e proprio vulnus dell’equilibrio
relativo al principio tra reato, o presunto tale, e pena.
Nello specifico, in relazione al complesso tema del diritto d’autore, nel
nostro Paese chiunque utilizzi la rete internet per condividere, senza scopo
di lucro ma per semplice uso personale, opere coperte dal diritto d’autore e
dai diritti connessi senza averne titolo incorre in un reato penale avente
come pena fino a quattro anni di carcere e fino 15.000 euro di sanzione
economica.
E’ evidente la sproporzione tra l’atto materiale, condividere e scaricare
una canzonetta o un film o un libro, e la sanzione. La norma deve valutare
con attenzione il principio di realtà.
Si calcola che nel corso del 2005 siano stati più di otto milioni gli utenti
che hanno condiviso opere senza averne titolo.
La presente norma invece tende a porre in essere un intervento immediato e
urgente che restituisca alla norma il suo senso originario volto a
sanzionare tali comportamenti per via amministrativa, nella speranza di una
più organica iniziativa a livello nazionale e internazionale che ha portato
a tale insostenibile situazione: la durata eccessiva del diritto d’autore,
che ora supera i 70 anni, la facilità di accesso al sapere, la volontà di
molti utenti di condividere esperienze e conoscenze, lo iato profondo tra
logiche commerciali e diritto al sapere richiedono infatti interventi più
radicali e approfonditi, che hanno come precondizione il superamento di
questa inaccettabile situazione.
La presente proposta, inoltre, visto il carattere immateriale delle opere
dell’ingegno, garantisce, in linea con l’ordinamento comunitario, il diritto
alla copia privata e introduce la possibilità di utilizzare immagini a bassa
risoluzione a titolo gratuito per scopi didattici, qualora non si configuri
la fattispecie dello scopo di lucro.
L'introduzione di tale principio appare necessaria in considerazione della
decisione della Siae di punire, con la richiesta di ingenti somme
pecuniarie, quegli insegnati che, nell'ambito della loro professione,
utilizzano sul web immagini digitali riproducenti opere coperte da diritto
d'autore; un comportamento che induce forte preoccupazione in quanto
penalizza l'operato di tutti quegli insegnanti autori di siti internet e
divulgatori di preziosi materiali didattici e culturali.
Il comportamento della Siae, in sostanza, appare limitare fortemente la
funzione formativa della Scuola e la libertà didattica degli insegnanti;
questo problema è stato affrontato nella legislazione statunitense
ricorrendo al principio del "fair use", che permette di pubblicare materiali
sotto copyright senza autorizzazione, purché vi siano fini e intenti
educativi.
Il principio del fair use, infatti, rende i lavori protetti dal diritto
d'autore disponibili al pubblico come materiale grezzo senza la necessità di
autorizzazione, a condizione che tale libero utilizzo soddisfi le finalità
della legge sul diritto d'autore, che la Costituzione degli Stati Uniti
d'America definisce come promozione "del progresso della scienza e delle
arti utili"; la dottrina tenta in questo modo di equilibrare gli interessi
dei titolari di diritti individuali con i benefici sociali o culturali che
derivano dalla creazione e dalla distribuzione dei lavori derivanti.
DISEGNO DI LEGGE
Art. 1
(sanzioni per lesione del diritto d’autore)
1. il comma a-bis) all’articolo 171 della legge n. 633 del 22 aprile 1941 è
abrogato.
2. il comma 1 dell’articolo 171-bis della legge n. 633 del 22 aprile 1941 è
sostituito dal seguente:
“1. Chiunque abusivamente duplica, a scopo di lucro, programmi per
elaboratore o ai medesimi fini importa, distribuisce, vende, detiene a scopo
commerciale o imprenditoriale o concede in locazione programmi contenuti in
supporti non contrassegnati dalla Società italiana degli autori ed editori
(SIAE), è soggetto alla pena della reclusione da sei mesi a tre anni e della
multa da euro 2500 a euro 15.000. La pena non è inferiore nel minimo a due
anni di reclusione e la multa a euro 15.000 se il fatto è di rilevante
gravità.”.
Art. 2
(diritto alla copia privata)
3. Chiunque possieda legittimamente un’opera ai sensi della legge n. 633 del
22 aprile 1941, su qualunque supporto essa sia, ha il diritto di farne copia
per proprio uso strettamente personale.
4. il comma 4 dell'art. 71-sexies della Legge 22 aprile 1941 n. 633 è
sostituito dal seguente
“4. Fatto salvo quanto disposto dal comma 3, i titolari dei diritti sono
tenuti a consentire che, nonostante l'applicazione delle misure tecnologiche
di cui all'articolo 102-quater, la persona fisica che abbia acquisito il
possesso legittimo di esemplari dell'opera o del materiale protetto, ovvero
vi abbia avuto accesso legittimo, possa effettuare una copia privata, anche
digitale, per uso personale, a condizione che tale possibilità non sia in
contrasto con lo sfruttamento normale dell'opera o degli altri materiali e
non arrechi ingiustificato pregiudizio ai titolari dei diritti.”
5. E’ aggiunto all’articolo 71-sexies della Legge 22 aprile 1941 n. 633 il
seguente comma 4-bis
“4.bis Non può essere impedito per contratto, alla persona fisica di cui al
comma 4 di effettuare la copia di cui allo stesso comma. “
Art. 4
(uso didattico di immagini)
1. E’ aggiunto all’articolo 91 della Legge 22 aprile 1941 n. 633, al
termine, il seguente periodo
“E’ consentita la pubblicazione attraverso rete internet a titolo gratuito
di immagini a bassa risoluzione unicamente per uso strettamente didattico e
solo nel caso tale utilizzo non sia a scopo di lucro, fatto salvo il
riconoscimento della paternità dell’opera.”
Art. 5
(copertura)
1. Dall’attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori
oneri a carico della finanza pubblica.
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REATI
INFORMATICI CONFLITTI SUL COPYRIGHT E NUOVE ALTERNATIVE
La guerra tra il popolo di Internet che ama le
risorse digitali free e lo scambio peer-to-peer e le majors della musica
scoppia nel 1999, quando compare Napster, primo network di successo per lo
scambio di file audio sul web. Le corporations insorgono, e Napster viene
processato da un tribunale Usa ed è costretto a chiudere nel 2001.
Da allora le battaglie sono continuate e vari altri software come Kazaa,
Gnutella, E-Mule, Bit-torrent hanno permesso ai giovani di tutto il mondo di
continuare a trovare materiale online senza dover sborsare denaro.
Ultimo episodio che rientra in questo conflitto è il codice alfanumerico che
sta circolando in rete e grazie al quale è possibile infrangere il sistema
anti-copia usato nei Dvd di ultima generazione, i Bluray e gli Hd Dvd, due
standard che teoricamente grazie al Drm (Digital Rights Management)
avrebbero dovuto essere a prova di hacker.
Tuttavia un abile internauta noto con il nome di Muslix64 nel dicembre dello
scorso anno ha pubblicato sul sito www.doom9.org un programma che permette
di copiare questi Dvd. Nel Febbraio del 2007 un'altro utente, Arnezami, ha
persino reso noto direttamente il famoso codice alfanumerico, chiamato in
gergo con le prime quattro cifre "09F9", attorno al quale in questi giorni
si sta scatenando il caos. A farne le spese il sito www.digg.com, fondato
dal trentenne Kevin Rose. Questo sito è uno di quegli spazi dove sono gli
utenti stessi a creare i contenuti. Il problema è sorto quando le pagine
contenenti il codice sono state cancellate provocando la protesta dei
frequentatori del sito. Così Rose che da sempre ha fatto della libertà di
espressione il suo cavallo di battaglia ha fatto marcia indietro ed ha fatto
ripristinare le pagine eliminate.
In questo Far West digitale non mancano però alcuni personaggi che sono
persino finiti in galera per aver violato le norme sul copyright. Pensiamo
ad esempio a Sam Kuonen, 24 anni, il creatore della rete di filesharing
Elite Torrents che è caduto nelle mani dell'Fbi nel 2005, o al signor Hew
Raymond Griffiths, noto con il nick di "bandito" che gestiva 20 servers "warez"
dedicati allo scambio di ogni genere di materiale digitale protetto e che è
stato condannato ad una pena di ben 5 anni.
Questi episodi sono di fatto il simbolo di due diverse concezioni dell'uso
della rete e di una diversa visione del mondo in materia di copyright,
tuttavia non mancano gli esempi che cercano di avvicinare le due posizioni.
E' il caso del progetto We7 lanciato in rete dal celebre Peter Gabriel, ex
leader dei Genesis, che costituisce il primo download gratuito per scaricare
musica da internet, dietro l'obbligo di ascoltare una decina di secondi di
pubblicità all'inizio dell'operazione. Inutile dire che forse questa potrà
costituire un'ottima via per mediare tra le tribù più estreme e diverse
della grande rete.
Carl William Brown
Indice Forum
VIDEO,
INTERVISTE E MATERIALI VARI SUL COPYRIGHT
Video Vari
Intervista al Giudice Gennaro Francione su
Radio Rai 2 (Mp3)
Materiali Vari Scaricabili
-
Tutela
giuridica e diritto d’autore nell’editoria elettronica a cura di
Antonella De Robbio (pdf-zip)
-
PROPOSTA
DI LEGGE D’INIZIATIVA DEI DEPUTATI TREPICCIONE, LION, PELLEGRINO,
POLETTI, RUGGERI, ZANELLA - Modifiche alla legge 22 aprile 1941, n. 633,
a tutela del diritto alla riproduzione, per uso personale e senza fine
di lucro, di software, libri di testo e brani musicali (pdf-zip)
- Luciano Vasques,
LE
COMPETENZE DELLA SIAE ALLA LUCE DEI PRINCIPI DI LIBERA CONCORRENZA
(pdf-zip)
-
Glossario
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