CAPITOLO II°



II.1   HUMOUR IN MEMORIAM. UN'INDAGINE PIU' APPROFONDITA.

 

  Nel 1970 George Mikes è ormai convinto di  essere un  umorista. Sono passati dodici anni da quando scriveva nella prefazione alla ventiquattresima edizione del suo fortunato libro How To Be an Alien:


"It is that this book has completely changed the picture I used to cherish of myself. This was to be a book of defiance. Before its publication I felt myself a man who was going to tell the English where to get off. I had spoken my mind regardless of consequences; I thought I was brave and outspoken and expected either to go unnoticed or to face a storm. But no storm came. I expected the English to be up in arms against me but they patted me on the back: I expected the British nation to rise in wrath but all they said was: "quite amusing". It was indeed a bitter disappointment." (1)


  Egli viene considerato uno scrittore brillante a pieno titolo da illustri studiosi quali Robert Escarpit (2),  Tony Mayer (3) e Pierre Daninos (4) , e ciò a maggior ragione, gli dà l'occasione di indagare sul fenomeno umoristico proprio là nel momento e nel luogo dove si crea e cioè in lui stesso. Nasce cosi il testo in questione  Humour in Memoriam.(5) dove Mikes affronta in modo più organico ed esteso  quanto già aveva intrapreso nel 1954.

  Il libro,  come  recita  la  nota  dell'editore  è: " Half philosophy and half anecdote, about the nature of humour and national variations in it, and the sad or merry character of a humorist."

  In esso Mikes vuole nuovamente offrire un contributo al mondo letterario parlando dell'umorismo, che a detta di alcuni critici dell'epoca era in fase di decadenza: egli infatti conferma il probabile momento di "défaillance" dello humour e osserva:


"Humour, as we shall see, has many ingredients, some of them not very attractive. But two of the essential (and attractive) are wisdom and self-mockery. This age is not wise; and it cannot afford self-mockery. (pp. XI)


  Proprio per questo l'atmosfera non può essere umoristica, ma la realtà lo è involontariamente e ciò appare evidente all'occhio dell'attento osservatore qual è Mikes che spietatamente sottolinea:


"Humour is as dead as Chaplin; Keaton and Lloyd-films are. It cannot be rescued; it cannot survive. But it can resurrect. This age cannot be the purveyor of humour; but it can - and will, be the proper subject of it. (pp.XII)


  Egli  nel suo lavoro evidenzia sin dall'inizio lo scarso interesse concesso agli umoristi dal mondo letterario:


"I wrote a book on a number of humorous writers and artists, I found that none of my eight humorists - with the exception of Evelyn Waugh - had been the subject on any serious appreciation; I discovered that in Mr. Edmund Wilson's two volumes - being the literary  chronicles of the twenties and thirties - James Thurber's name was not even mentioned, and there was only one passing reference to Sthephen Leacock; in the Columbia Enciclopaedia there was no entry under "Humour" or to be more precise - "Humor". (pp. 8)


tuttavia non tralascia di rilevare come, al contrario, sia diffuso l'interesse per l'"umorismo" in generale, sul quale sono stati scritti un numero incredibile di volumi, al punto che: "Their bibliography alone would amount to a considerably heavier volume than this book of mine." (pp.8)

 Egli rivisita quindi velocemente le principali teorie, citando esempi dalla Bibbia, da Platone, Aristotele, Hobbes, Harrington, Dr Johnson, Hegel, Bergson, Koestler e Freud, per concludere che, nonostante ci sia sempre da imparare, questi pensatori in fondo in fondo non hanno del tutto le idee chiare:


"Most philosophers distinguish between wit, joke and humour - as a perfectly legitimate distinction, but they write as if the three belonged to three different, hermetically sealed and strictly non-communicating departments. Having established this principle of segregation, they proceed to mix up the three elements and it is often not clear which one they have in mind.(ibid. pp. 8)


  Rivelandosi concorde con il pensiero del Croce che sosteneva: "Ma pretendere dall'Estetica le definizioni di questi sentimenti (tragico, comico, sublime, umoristico) sarebbe il medesimo che pretendere da lei le definizioni dell'amore, dell'odio, della gioia.... Sarebbe in altri termini assegnare all'estetica il campo che è proprio della Psicologia descrittiva..." (6)  Mikes ricorda che:


"Humour is an utterly different problem for the philosopher, for the psychologist and for the literary essayist." (pp.7)


e conclude che in ogni caso è difficile che si possa capire, fare o spiegare l'umorismo se non si possiede intrinsecamente il cosiddetto "Sense of humour":


"A philosopher with a sense of humour will laugh at a joke instead of performing a post mortem on it; and a philosopher will not be able - however competent he may be otherwise - to teach us a lot about the sense of humour if he himself lacks one." (pp.7)


  E' in effetti l'apologia della sua opera e della sua indagine; egli si sente autorizzato a parlare dell'umorismo, a spiegarlo, a realizzarlo, perchè in concreto egli è uno scrittore umorista:


"For practical purposes, we may agree on two points:

1) We may know a great deal about humour without knowing    exactly what humour really is.

2) As a working definition, sufficient for our purposes, we might accept the original latin meaning of the word: humour is a flavour, an essence, simply a way    of looking at things. Humour, like beauty, is in the beholder's eye. (pp. 11)


  L'Umorismo per Mikes è dunque una qualità innata, frutto di una struttura genetica e naturalmente anche di un'educazione ambientale; il tutto origina un paricolare carattere, una paritcolare sensibilità, una tipica concezione del mondo che si tramuta in una vera e propria filosofia.  Per Mikes inoltre, l'umorismo, benchè come quasi ogni cosa possa vantare i suoi lati negativi, merita in ogni caso la nostra considerazione:


"...I do believe with Freud, that  humour is one of the highest psychical achievement and that it has certain redeeming features which put it among the great gifts of humanity. It is not all snow-white; it is not one hundred per cent beauty and bliss but, warts and all, it deserves our respect and affection. (pp. 13)


  Non ritenendosi in ogni caso né un filosofo né uno psicologo egli passa, con le dovute riserve che competono al suo rangodi scrittore, da lui stesso peraltro sottolineate:


"I am a simple pratictioner - a G.P. of humour- I wish to record my thoughts, experiences, problems and the curios, sometimes frustrating relationship between the humorist and his raw material." (pp.9)


ad analizzare questi fatidici ingredienti dell'oggetto del suo libro.


II.2  LE COMPONENTI DELL'UMORISMO.

 

  A questo punto Mikes sottolinea i principali elementi in grado di meglio definire la tematica, anche se è implicito che l'analisi non vuole essere di carattere rigorosamente scientifico.

   Mikes per prima cosa individua quella che ne risulta essere una delle componenti fondamentali in senso lato, vale a dire, l'aggressività. Non vi è dunque niente di innovativo ed originale fino a questo punto; infatti già  Bergson  (7) nel suo libro, come del resto anche autori più recenti non hanno tralasciato di evidenziare questa caratteristica. (8)

  Mikes, comunque, ribadisce tale peculiarità, e seguendo le tracce di Grotjhan (9),inizia con l'analisi di una specifica forma di comportamento, in grado di suscitare il riso, che ha sicuramente una valenza aggressiva e cioè il "Kidding":


"Kidding means to treat someone like a kid, in other words, assume a superior, pseudo-authoritarian attitude towards him. "The inveterate Kidder", writes Dr grotjan, "expresses his own conflict with authority (usually with his parents) and projects it onto his victim. The Kidder imitates his father torturing his "kid" who is in a position of humiliation and passive endurance.... He can    dish it out but he cannot take it. (pp. 13)


  Questo è evidentemente solo un esempio e forse anche dei più banali, in ogni caso serve ugualmente allo scopo. Il "kidding" infatti rivela proprio la messa in discussione della componente superiorità-inferiorità alla base del fenomeno "riso"-"umorismo" o perlomeno il ribaltamento di tale componente, e conseguentemente la sua appropriazione al fine di ottenere il risultato desiderato.

  Viene in ogni caso nuovamente messo in evidenza il fatto che in quasi tutte le circostanze si ride o ci si diverte sempre a spese di qualcuno, anche se abbiamo già visto che quel qualcuno può essere il soggetto stesso che fa dell'umorismo.

  Ceccarelli nelsuo saggio ben sottolinea questo punto: "Quindi si ride con qualcuno, di qualcun altro. Il messaggio "aggressivo" è rivolto a quel qualcun altro al di fuori del gruppo, mai ad uno di coloro con cui si ride. Rispetto al Sorriso, che chiaramente appare come una relazione "duale", il riso si presenta come relazione "triadica", fra almeno tre individui." (10)

 

Altri esempi di "aggressività" vengono forniti dal "practical joker" che è considerato un burlone, un eterno adolescente che si diverte a spese altrui. Mikes riporta l'esempio di uno scherzo che soleva fare il fratello:


"My brother would also stop someone in the street and ask him if he knew where, say, Bradford Avenue was? the victim would say: no, he didn't know. Then my brother would explain to him, with all due decorum, that it was second on the right." (pp.14)


  Dopo il "practical joker" è la volta dell' "osservazione spiritosa", Mikes, prima di considerarla nelle sue caratteristiche, al fine di illustrarla riporta alcuni esempi:


"Or remember one of F.E. Smith's famous rejoinders to the judge who told him off pompously: "I am afraid, Mr Smith, that even after your opening remarks, I am not much wiser." "Not wiser, my Lord" came the retort, "but better informed." (pp. 14) "Or, Wilde again, having been informed that Osgood, the go-ahead publisher who advertised the fact that all his books were published simultaneously in London and New York, had died: "He is a great loss to us". I suppose they will bury him simultaneously in London and New York: (pp. 15)


  Negli frasi sopra citate ricorre una caratteristica comune, al di là infatti del tipo di azione o pensiero che inneschi una più o meno chiara  forma  di umorismo, troviamo evidente che uno degli interlocutori in questione non fa altro che dimostrare la sua superiorità prendendosi gioco del suo avversario; Mikes non manca di sottolinearlo:


"But, whatever their charm, all these remarks are offensive, aimed against a victim and designed to establish the wit's superiority over him." e ancora:   "The witticism is a thinly disguised insult: you are either able to retaliate on the same level or you have to grin as if you enjoyed it." (pp. 15)


  Cominciano a questo punto a meglio delinearsi le caratteristiche e quindi il carattere dell'umorista; egli è un individuo con una personalità comunque forte e piuttosto aggressiva, dotato di intelligenza e di arguzia, che non perde mai l'occasione di intervenire con una tecnica o con un'altra al fine di puntualizzare o evidenziare qualcosa, a scapito ovviamente di qualcuno, che viene a trovarsi in una posizione subalterna e diventa il bersaglio del riso altrui.

  Al di là delle strette e rigide separazioni, il "wit" viene dunque intimamente legato all'umorismo, anche se a volte si cerca di descriverli in modo differente; a questo proposito Umbero Eco sottolinea: "nella conversazione comune si suole identificare spesso Umorismo con "spirito", dicendo "ha molto senso dell'umorismo" di una persona capace di improvvisare in ogni situazione dei motti di spirito. In tal senso l'U. si assimila allo spirito come capacità delle "acutezze" e "concettosità" linguistiche, al Wit inglese, al Witz tedesco e all'Esprit francese." (11)   Mikes continuando nella sua indagine insiste sulla valenza aggressiva del Wit e quindi dell'umorismo. I riferimenti alle ricerche psicanalitiche di Freud e  Grotjahn sono oltremodo evidenti e molte delle sue convinzioni sono dovute a questi eminenti studiosi. Egli li cita entrambi ed è concorde con i loro giudizi:


"the wit.... is hostile, often with a skilful, artful, highly developed, sophisticated meannes and viciousness; says Dr. Grotjahn, and he compares him to a man who plays with sparks but never lights a warning fire. He thinks that the wit's irresistible tendency to make witty remarks is his way of releasing his hostility. (pp.15) e ancora: "He (Freud) thought humour was one of the highest psychical achievements. "Humour", he added, is a means of obtaining pressure in spite of the distressing effects that interfere with it. He also speaks of the -Grandeur of humour- and, in a later definition, he regards it as an economy of pity. He acknowledges that the frontiers of humour can be expanded to include even horror and disgust. (pp. 10)


  Un'altra  componente  essenziale  dell'umorismo  è il   " cinismo ". Tale caratteristica, oltre a spiegarne meglio la natura, indubbiamente serve a delineare la personalità e l'ideologia del cultore umoristico. Naturalmente l'artista moderno  e Mikes soprattutto non coincidono perfettamente con la figura del cinico dell'antichità, hanno comunque varie doti in comune:


"The cynic is a special type of wit: he is not just a "distressing fault-finder", as one dictionary defines him. the Shorter Oxford Dictionary is much better: The cynic is one disposed to  decry and sneer at the sincerity or goodness of human motives or actions! This refusal to believe in human goodness is an essential factor in the cynic.... The cynic either pulls down something lofty and noble to an everyday level, or sees the mean motive behind the noble act.... Cynism often belittles the great and attacks God himself. (What a great country God could make of the United States - if he only had the money.) (pp. 15-16)


  Dunque siamo in presenza di un individuo che interagisce oggettivamente con l'ambiente sociale che lo circonda; l'umorista, che è dunque cinico, osserva, critica, lancia anatemi, corregge, esorta, aggredisce, è perciò un elemento attivo ed il suo ruolo è importante.

  Anche per queste posizioni l'influsso di Freud è chiaro; nel suo testo sul Motto di spirito leggiamo infatti: "Ma oggetto dell'attacco del motto di spirito possono essere anche le istituzioni, le persone in quanto rappresentanti delle istituzioni, i dogmi della moralità o della religione...(12) e più oltre: "Adesso sappiamo il nome che deve essere dato ai motti di spirito simili agli ultimi che abbiamo interpretato. Sono motti di spirito cinici, e quello che nascondono è il cinismo". (13)

Mikes continua:


"The cynic makes fun of death; or he jokes about the downright horrible. Cynism keeps tears away, which is why soldiers joke about impending battles, or ambulance men - otherwise not given to cynism - about road casualties". (pp. 16) e più oltre: "The cynical joke is an attempt to tame a powerful opponent. The cynic tries to get on familiar terms with Death, or God, or Cancer, tries to make Death his chum... This is one way of taming death, of making it look less frightful. (ibid. pp. 17)


troviamo nei passi riportati delle concezioni che ci rimandano chiaramente a Freud il quale scriveva: "Ora lo humour è un mezzo per ottenere il piacere nonostante le emozioni penose che intervengono; agisce da sostituto per la nascita di queste emozioni; si mette al loro posto... al prezzo della mancata liberazione di un'emozione: nasce da un risparmio nel dispendio dell'emozione. (14)   Ecco dunque perchè il grande  Freud considerava così positivamente l'umorismo; infatti egli successivamente puntualizzerà: "La grandiosità risiede evidentemente nel trionfo del narcisismo, nell'affermazione vittoriosa dell'invulnerabilità  dell'IO.  L'IO  rifiuta  di  lasciarsi affliggere dalle ragioni della realtà, di lasciarsi costringere dalla sofferenza, insiste nel pretendere che, i traumi del mondo esterno non possono intaccarlo, dimostra anzi che questi traumi non sono altro per lui che occasioni per ottenere piacere." (15)

 

  A questo punto Mikes accomuna la " satira " agli altri ingredienti del fenomeno umoristico:


"What is true about kidding and wit and cynism, applies with even more accuracy to the more complicated literary forms: satire, for example. Satire is also a way of aggression, a way of humiliating others and establishing the satirist's superiority - Even if the satirist does not state - or imply - that he could do better than his subject, sitting in judgement on others always implies superiority." (op. cit. pp. 18);


l'idea di superiorità e di un giudice che aggredisce qualcosa o qualcuno è nuovamente presente e Mikes prosegue chiedendosi:


"Who and What are the targets of Satire?" e subito giunge la risposta: "The satirist is often a powerless individual whose only weapon is his pen with which he fights kings, tyrants and obnoxious political systems." (ibid. pp. 18)


  La metafora della guerra è palese, ed i termini "weapon" e "fights" sono significativi; siamo dunque in presenza di un conflitto, anche se di tipo retorico: Mikes continua:


"Humour, because it is aggressive, is a weapon, indeed a very effective weapon. If it serves a good cause, if it is aimed at the right target, it can be an admirable corrective or a great benefactor. But in addition to its aggressive content; a sense of humour also involves a sense of proportion." (ibid. pp. 21)


  Siamo ad una svolta, appare qui l'altro lato della medaglia. Non siamo più di fronte ad un eroe imperturbabile e spietato, aggressivo e combattente che miete vittime in ogni direzione; dobbiamo ridimensionare la sua figura; egli risulta essere anche benevolo e mite, incline all'indulgenza e soprattutto umile, qualità che sono favorite dal timore che anch'egli nutre nei confronti dell'ordine prestabilito e che sono sostenute dalla sua vigliaccheria:


"Why did I become a humorous writer instead of, say, an aggressive revolutionary for which my dislike of authority might well have predestined me? I do, of course, have the humorous outlook...., but I also choose to speak the truth - as I see it - in a comic manner because I do not dare to take it seriously, like the court jester of another age, I want to protect myself against the wrath of my victims by the cry: "I was only joking." (ibid. pp. 25)


  Lo stesso concetto si può riscontrare anche nel detto di un altro scrittore che asserì :" L'umorismo è il solo mezzo per non farsi prendere sul serio anche quando si dicono cose serie: che è l'ideale dello scrittore. (16) Appare dunque il lato meno eroico e nobile dell'umorista; quella codardaggine che assurge anch'essa a protagonista fondamentale.


"On the other hand we have seen three types of cowardice in the humorist:

1) The "don't shoot back, I am only joking" type of cowardice of the court jester.....

2) The cowardice of the cynic who is so terrified of death or something else, that he tries to fraternize with...

3) The cowardice of the satirist who, protected by the powers that be, makes fun of the poor, the weak - in all cases the enemies of his powerful master. (ibid. pp. 20)


  Questa forma di vigliaccheria rimanda all'aspetto masochistico dell'umorismo, già peraltro messo in luce da  Grotjahn (17). Mikes condivide questa interpretazione e la associa intrinsecamente alla componente aggressiva del fenomeno:


"Humour always  comforts  you; to some extent it helps to extricate you from a sad, even unbearable situation. Self-irony is also self-consolation; it cheers you up. But self-irony is also a preventive mechanism: it wards off an anticipated attack. This self-irony, even occasional self-degradation, is not capitulation to your enemies: it does not have to mean accepting yourself at their valuation. On the contrary, it may contain a great deal of defiance. It may signify: you don't need to decry and attack us, we see ourselves more clearly and we do it ourselves. (pp. 87) 


  Mikes giunge a queste considerazioni attraverso l'analisi dell'atteggiamento del popolo ebraico e del suo particolare spirito, da una parte volto all'autocritica e dall'altra diretto ad attaccare i propri oppressori.

  Il carattere masochista di un certo tipo di umorismo sarebbe in ogni caso, un artificio del linguaggio e quindi del comportamento, rivolto ad attirare la simpatia verso il soggetto più debole; attraverso una forma di sottomissione di una delle parti in conflitto, simbolicamente rivelata, si cerca di stimolare la comprensione e l'amore della parte dominante.

  Per  Grotjahn , ripreso testualmente da Mikes, si tratta comunque solo di una maschera masochista attraverso la quale si ottiene una vittoria e la grandezza stessa, è insomma la vittoria tramite la sconfitta, è l'apoteosi del più debole e dell'oppresso; aggressione e auto-punizione, per ottenere una specie di redenzione e di felicità attraverso la sofferenza, come sosteneva  Theodor Reik (18) che d'altronde è stato il primo a rendere note queste teorie.

  Mikes ricava da queste ulteriori riflessioni un'idea chiara di cosa significhi avere un senso dell'umorismo e di cosa comporti per la società in cui si vive:


"Only a sense of humour can make a man see (more or less) his proper place in this world. Certainty and cocksureness are incompatible with a sense of humour. Humour means scepticism and doubt in everything: in all established values, virtues, habits, sacred dogmas and even facts: and first of all in oneself. It is scepticism and doubt which have been mostly responsible for progress. A sense of humour is maturity and wisdom: and there is no maturity and no wisdom without a sense of humour." (ibid. pp. 22)


  Aggressività e saggezza, o vigliaccheria, contibuiscono a rendere scettico e dubbioso lo stesso umorista che evita quindi lo scontro violento con le Istituzioni e preferisce dialogare costruttivamente al fine di contribuire ad una sana e pacifica evoluzione dell'umanità.


II.3  L'OGGETTO DELL'UMORISMO ED IL RISO.

  Approfondire i vari aspetti e i molteplici significati dell'umorismo comporta, tra le altre cose, il valutare di cosa in effetti si possa occupare quest'arte che riesce a suscitare il riso e la riflessione. Certamente gli argomenti affrontati non sono solo banali e senza senso; la scrittura umoristica non è sempre e solo divertente e Mikes  lo sottolinea dicendo appunto: "My writing is often a mixture of the serious and the funny." ; si tratta senz'altro di uno stile piuttosto elastico, tanto che permette in caso di pericolo di ritrattare il significato di quanto prima espresso, infatti: "The rule is: if anyone gets angry, I claim to have been joking." (pp.25)

  Una delle caratteristiche, in ogni caso, fondamentali per l'umorista deve essere la consapevolezza della propria e dell'altrui debolezza e fallacità; quindi ciò che lo deve sempre distinguere è una spietata lucidità intellettuale che lo porta ad essere un personaggio dall'invidiabile equilibrio mentale:


"A sense of humour always contains an element of self-denigration, acceptance of one's own weakness. To see your own foibles, silliness, weakness, vanity, erratic nature and be genuinely amused by them is the true test of a sense of humour. The man who can only laugh at things, events, situations and other people has no sense of humour. (pp. 24)


  Attraverso queste ulteriori considerazioni giungiamo al nucleo fondamentale della questione; l'oggetto dell'umorismo è praticamente l'universo stesso, con tutte le sue componenti, i suoi fenomeni, le sue grandezze e le sue piccolezze, noi compresi: 


"I do not say that it is legitimate to joke about any subject under the sun at any place and at any time but I do say that only the time and place are the decisive factors here, not the subject." (pp. 26)


 Esistono indubbiamente delle precauzioni, sarebbe infatti sgradevole scherzare con una madre in lutto per la prematura scomparsa del giovane figliuolo; si tratta soprattutto di osservare parametri di tempo e di luogo; anche tematiche tristi, come la morte appunto, possono costituire un ottimo oggetto risibile, (Ci riferiamo al famoso Gallows humour, o Galgenhumour, umorismo nero per l'appunto.) anzi come abbiamo visto in più di una occasione è  proprio il  compito dell'umorista quello di sdrammatizzare anche gli eventi più tragici della nostra esistenza:


"Literature is full of funny deaths and amusing funerals: laughing at death gives us triple pleasure: (1) the pleasure of the joke itself; (2) the malicious joy of laughing at death's expense, and (3) the pleasure of taming Death and fraternizing with him (see the last chaper). This is caused by our desire to overcome fear and death, and has nothing to do with the question whether death is a legitimate subject of humour." (pp. 27).


 Queste considerazioni richiamano alla mente le interpretazoni freudiane sull'argomento, proprio Freud  infatti, parlando di questo genere di umorismo, che affronta tematiche scabrose, mette in luce come si possa essere influenzati psichicamente e ricavare piacere dai motti di spirito che tendono ad affermare "l'invulnerabilità dell'IO", nei confronti degli avvenimenti reali che possono affliggerci. Per Freud il piacere  che  si  ottiene,  o  per

dirla in un altro modo, l'attenuazione del dolore, deriva da "un risparmio nella pietà", egli infatti scrive: " La situazione che dovrebbe portare il criminale alla disperazione potrebbe far nascere in noi una grande pietà; ma questa pietà viene bloccata, perche capiamo che egli, che è più direttamente interessato, prende la situazione alla leggera."(19)

  Sembra proprio che anche Mikes la pensi così; sono proprio i soggetti più autorevoli e seri che meglio si prestano ad essere affrontati e ridimensionati dall'umorismo:


"It is,indeed, the grand, the majestic,the impressive, the awe-inspiring, the redoutable, which are, primarily, the legitimate subject of humour: they must be tamed, humanized, cut down to size." (pp. 30)


  A questo punto l'autore prosegue approfondendo le proprie riflessioni sul "riso", quale evidente prodotto dell'umorismo. Il riso in prima analisi non è altro che un "phisical reflex like sneezing and crying" e fin quì l'opinione in merito è generalmente condivisa da tutti gli studiosi che hanno affrontato la tematica; è interessante comunque rilevare come Mikes dia in primo luogo rilievo all'aspetto psicologico del riso:


" A lot of oriental people laugh when occidentals would cry or show anger... Laughing at a sad story - a tragic story - is an oriental convention. The teller of the story  does  not  want  to  embarass  you - the laughter means: " I'm going to get this shock over, I do not mean to ask for your sympathy..." (pp. 31)


  A parte dunque le convenzioni, che dimostrano tuttavia la loro preponderanza nel vivere sociale, è riscontrabile proprio in questo uso del "riso" un'alta componente di autodifesa psicologica che ci rimanda alle spiegazioni di  Freud, e Bergson (20); come per l'umorismo, il riso in questo caso vuole dimostrare " l'invulnerabilità dell'IO" e agisce quindi da "shock absorber". (21) 

  E' ovvio che Mikes fa sempre riferimento ad un "riso" spontaneo e genuino, e quindi non simulato a seconda delle diverse situazioni sociali; egli è infatti conscio che l'uomo può facilmente simulare questo "riflesso" grazie alle sue abili doti di mentitore.

   Il "riso" naturale e non comandato è dunque in qualche modo legato  al  suo  fenomeno contrario, cioè il "pianto":   "You donot, however, have to travel as far as Bangkok or Tokio to see that laughter and tears are closely related, indeed, often interchangeable" (pp. 32); entrambi agiscono come elementi di sfogo e di consolazione, non sono altro che la nostra reazione alla forza e alla violenza della natura, e forse per questo Panzini definiva l'umorismo come l'unione del tragico e del comico (22), definizione che si congiunge perfettamente a quanto diceva Bergson, il quale sosteneva che assistendo alla vita  da spettatore indifferente molti drammi si trasformerebbero in commedia. (23), ed in findei conti l'Umorismo non è che una forma di difesa psichica che ci rende più refrattari ai dolori dell'esistenza e trasforma appunto la tragedia in un evento comico.

 

  Ecco perchè il "riso" è stato definito aggressivo e satanico, espressione della forza e del carattere temerario dell'uomo; esso deve infatti cercare di supplire, la tragicità del destino e quindi non può essere un'espressione mite e pacifica, ma deve in qualche modo manifestare la nostra rabbia ed i nostri dubbi su un certo ordine dell'universo, da secoli professato come assoluto ed infallibile, e rinvigorirci nell'animo e nello spirito, come nota Mikes:


"Laughter, someone said, is taken as a sign of strength, freedom, health, beauty, youth and happiness. (pp. 37)


  A proposito di queste osservazioni sul "riso" è utile considerare le interpretazoni di alcuni studiosi che si sono impegnati in questo tipo di ricerca; per Chapiro (24) che, pur criticandolo, si rifà a Bergson la comicità e quindi il riso  creano  appunto  un'illusione  di irrealtà che serve a  proteggere la nostra "menzogna subconscia" e ci impedisce di  cadere nella disperazione che ucciderebbe il nostro " élan vital", infatti questa "illusion répéteé d'irréalité" fa si che più nulla ci possa toccare, dato che tutto è irreale.

  Queste ulteriori analisi non possono non condurci ad un rapido confronto con Léon Dumont che scriveva: "le risible peut etre defini: tout objet a l'égard duquel l'esprit se trouve forcé d'affirmer et de nier en meme temps la meme chose." (25)

  Ciò ci rimanda ad un certo tipo di umorismo che basandosi appunto sull'irrealtà e su nuove costruzioni fantastiche, rompe il famoso "principio di contraddizione" e quindi la logica della nostra realtà. Ecco perchè Mikes e altri umoristi, osservando le contraddizioni e le incongruenze della vita, non fanno altro che esprimere quel famoso "sentimento del contrario" che per Pirandello era alla base dell'umorismo e non solo; infatti per il grande drammaturgo "tutti i fenomeni, o sono illusori, o la ragione di essi ci sfugge, inesplicabile. Manca affatto alla nostra conoscenza del mondo e di noi stessi quel valore obiettivo che comunemente presumiamo di attribuirle. E'una costruzione illusoria continua. (26) Dunque l'unico modo per contrastare questa illusorietà ed affrontare, giocandoci, la realtà  resta l'approccio umoristico.

  Mikes prosegue  restringendo  il  suo  campo d'azione, il riso infatti può essere provocato da molti stimoli, ma poichè la sua ricerca è finalizzata all'umorismo, egli sottolinea che: "That we are here concerned only with the laughter generated by humour."(pp. 33), anche se in alcuni casi i riferimenti alla comicità o ad altre forme artistiche che generano il riso sono inevitabili. Egli analizza  rapidamente le teorie di Bergson, Koestler, Freud, Monro, Greig e di altri cultori dell'umorismo come Voltaire, o W.C. Fields ecc. e non perde l'occasione per esprimere le sue pungenti critiche, leggiamo per esempio quanto scrive a proposito di Monro:


"He also mentions Greig's theory of ambivalence which, through proper and lengthy Freudian reasoning, comes to the conclusion that laughter is due to the ambivalent element in every joke. We nod: this sounds promising. But the inference would be that we laugh at mothers-in-law because our attitude to them is ambivalent. We are driven to the conclusion that our attitude to everything is ambivalent and, if this is true, than life is one endless joke. (pp. 35)


  Il piglio polemico di Mikes che a volte, sulle orme di altri pensatori, ironizza sul lavoro di eminenti filosofi è comprensibile, essendo un umorista non deve infatti perdere l'occasione per fare dello spirito alle spese di visioni teoriche che necessariamente hanno dei punti deboli:


"As I said before, if we want to read witty and thought-inspiring things about humour and laughter, we might turn to the philosophical literature dealing with them. If we want to find out what laughter really is, we will not get far. (pp. 36)


  In effetti le teorie sul riso sono numerose e spesso contrastanti e nel loro insieme non arrivano comunque a dare delle spiegazioni sufficientemente esaustive. Con la sua solita schiettezza e lucidità Mikes avverte questa confusione; vi sono infatti varie differenzazioni tra comico e umoristico, tra il riso e il sorriso, tra gli aspetti psicologici e letterari e tra le varie cause che generano questi fenomeni, ma in fin dei conti si tratta solo di distinzioni schematiche e convenzionali che hanno comunque molto in comune e non arrivano da un punto di vista euristico a risolvere definitivamente la questione.

  Per quanto riguarda poi l'umorismo, che a detta di molti dovrebbe generare solo un lieve sorriso, Mikes scrive:


"The truth is that good-quality highbrow humour may make you laugh, even roar with laughter, the reverse of this, however, is not true. Loud laughter is certainly no proof that you are laughing at something intellectually satisfying and truly witty (by the standards of the normal, educated person - if he exists) (pp. 36-37)


  Come al solito dunque non vi è una sola, certa e inconfutabile verità, ma vi è la combinazione di più elementi che di volta in volta si mescolano e generano particolari tipi di di fenomeni.

  Per Mikes è tuttavia evidente che la gente ama ridere e divertirsi ed ama i personaggi che favoriscono queste manifestazioni; il riso infatti soddisferebbe il primitivo istinto di aggressività che il genere umano ancora conserva e proprio per questo sarebbe così gradito: naturalmente questa è solo un'osservazione che vuole riaffermare l'aggressività della specie umana ed in questo non penso che non si possa  essere d'accordo con Mikes.


II.4  HUMOUR AND JOKES.

 

  Dopo aver analizzato il fenomeno umoristico nei suoi tratti più essenziali ed evidenti Mikes comincia ad inoltrarsi nel campo a lui più congeniale, dove si ha appunto, mediante l'artificio letterario, la realizzazione umoristica. I testi in questione non sono infatti saggi di natura filosofica, nel senso più profondo del termine, bensì collage narrativi dove, intorno ad un nucleo centrale, si intrecciano un insieme di svariate considerazioni e riflessioni, supportate da esempi, da aneddoti, e da citazioni che l'autore attinge dai più svariati settori della letteratura.

  Una delle forme più comuni per ottenere un effetto risibile e quindi generare dello Humour è senz'altro la "barzelletta", o diversamente chiamata in un gergo più specifico "motto di spirito" che assume nella  lingua inglese il termine polisemico di "joke". Mikes riporta la seguente definizione:


"The Oxford English Dictionary defines a joke as a thing said or done to excite laughter; witticism, jest; ridiculous circumstance: Nuttall's says: a jest to raise laughs: something witty or sportive; something not serious or in earnest. One could argue that these definitions are not perfect. But as (a) everybody can argue that no definition is perfect, and (b) we all know what a joke is - I shall not waste too many words on this point. (pp. 75)


  Non si tratta quindi dell'importanza di definire un termine in un modo o nell'altro, bensì ciò che sta a cuore a Mikes è il fatto che l'invenzione  di un "joke" deve ritenersi un' attività   creatrice e quindi artistica; a questo proposito egli si rifà al pensiero di Arthur Koestler (27) e afferma:


"It is obvious that inventing a joke is a creative activity which should come under the definition of art. Telling a joke is a performance, it is performing art. (pp. 75)


  Naturalmente vi sono varie categorie di Jokes, esse possono avere forme e contenuti diversi, e ciò che caratterizza definitivamente l'umorismo potenziale di queste strutture è sicuramente il "contesto". Da questo momento in poi vedremo infatti in più occasioni come in effetti l'umorismo sia intimamente connesso alla realtà e al contesto sociale in cui nasce e si sviluppa. Walter Nash  per esempio scrive: "The context is the playing surface of the joke; a background, a condition, a set of limiting facts. In Humour, as in usage generally, context may be verbally linguistically, in the understood situation or the general cultural assumption. (28) E' altresì vero che il contesto è importante quasi in ogni questione, ma in questa diviene l'elemento indispensabile. 

  Per Mikes è fuori discussione che l'arte di inventare o raccontare  "jokes"  non  è  solo finalizzata a suscitare il  divertimento e quindi il riso, ma assume  un  ruolo  di  più vasto respiro sociale e culturale:


"First of all, a joke can put things, definitions, ideas in a nutshell.... Secondly, jokes can elucidate things, often more revealingly than long and complicated scientific definitions..... A joke or anecdote can prick pomposity and show up cant and hypocrisy better than any other method. (pp. 77)


  Vediamo dunque che l'intento di Mikes non è di spiegare il funzionamento dei "jokes", che significherebbe d'altro canto trovare la tanto anelata , esatta interpretazione dello Humour, ma è quello di illustrare ed argomentare, con l'apporto di azzeccati esempi, lo scopo sociale e le potenzialità ideologiche che possono assumere tali "storielline" all'interno di un determinato contesto.

  In questo egli si trova in perfetta sintonia con Freud che nella sua opera asseriva: " Nessun dubbio che proprio come l'orologio pone un meccanismo particolarmente buono in una cassa di eguale valore, lo stesso accada con i motti di spirito, tanto che i migliori risultati nel campo dei motti di spirito sono usati come involucri per pensieri di maggiore sostanza." (29)

  Siamo di fronte ad una letteratura che veicola dunque ideologie all'interno di forme scherzose e divertenti, ma il cui fine ultimo è alquanto serio. In oltre non c'è dubbio che quanto messo in rilievo da Mikes nell'analizzare l'intento dei vari Jokes ci può aiutare considerevolmente a verificare la fondatezza di alcune interpretazioni psicologiche dello "Humour".

  La barzelletta di qualità, con un supportointellettuale, può venire considerata puro umorismo; raccontata come parabola, come esempio, al modo degli antichi "exempla" latini e medievali, può realmente avere un contenuto ed un effetto emotivo considerevole:


"Or take the political joke - another case where the joke, while it must be funny in its own right, has a deeper, more significant meaning. (pp.80) Under oppressive regimes jokes replace the press, public debates, parliament and even private discussion - but they are better that any of these.....The joke is a flash of lightning, athrust with a rapier. It does not put forward the "argument" that the tyrant is possibly mistaken: it makes a fool of him, pricks the pomposity, brings him down to a human level and proves that he is weak and will one day come crashing down. Every joke told weakens the tyrant, every laugh at his expense is a nail in his coffin. That is why tyrants and their henchmen cannot possibly have a sense of humour, any more than an archbishop can be an atheist or a monarch a republican. No one living in the free atmosphere of a western democracy can imagine the liberating and invigorating effect these jokes have as they spread from mouth to mouth. (pp.98)


  In queste frasi possiamo, oltre che ad apprezzare l'amore di Mikes per i "jokes" ed il suo disdegno per le dittature, estrinsecare un aspetto fondamentale della problematica.

  Per chiarire meglio la situazione dobbiamo rifarci al già citato saggio di Ceccarelli: in questo testo l'autore parlando dello "stimolo chiave" che è il diretto responsabile della nascita del "riso" scrive: "Ma è chiaro come il nostro stimolo chiave possa essere messo in relazione con la definizione di ciò che provoca il riso fornita dalla teoria della "superiorità/degradazione." L'affinità è evidente: la rivelazione di una inadeguatezza al rango comporta senza dubbio una "degradazione" di chi o che cosa subisce il tracollo, e per conseguenza si può mettere in gioco una "superiorità" di colui che ride rispetto all'oggetto di riso. L'unica vera differenza sta nel fatto che la nostra specificazione sottolinea che deve esistere una pretesa non fondata, si potrobbe dire "illeggittima", alla posizione di alto rango. (30)

  Dunque posto queste premesse, poichè la società umana si basa su una struttura gerarchica, dettata da regole, leggi e convenzioni che non sono naturalmente perfette ed ideali, risulta chiaro come l'umorismo sia un mezzo per rivelare le lacune ed i difetti di questo sistema e si scagli proprio contro chi detiene il potere e lo manipola in modo scorretto, rivelandosi quindi non degno di tale status e rivelando al contempo la propria "pretesa illeggitima alla posizione di alto rango."

  Ecco perchè nelle descrizioni che Mikes offre delle barzellette politiche risulta evidente lo sfogo e insieme l'attacco critico e pacifico di una parte della popolazione contro i propri oppressori.

  L'umorismo è, come del resto gran parte della letteratura comico-burlesca, quindi un frutto della creatività  progressista ed illuminata delle fasce sociali più critiche e moralmente attive che lottano da sempre per un assetto sociale più giusto e sereno. Gli scopi dei motti di spirito possono essere comunque molteplici e a seconda della tipologia, degli argomenti e del contesto essi  assumono significati, valenze e funzioni diverse, possono essere  utilizzati per creare divertimento, distensione e relax, e possono al tempo stesso svolgere un'azione di critica e di attacco nei confronti di tutti gli agenti nocivi che inquinano la nostra convivenza sul pianeta.

  Comunque per interpretare al meglio queste espressioni della comunicazione umana è chiaro che dobbiamo abbandonarci ad uno stato di serena accettazione dell'umorismo, in senso lato, anche quando può pungere il nostro amor proprio o la nostra condizione, dobbiamo insomma abbandonare preconcetti e pregiudizi:


"We are hit by the joke but, as psychoanalysts put it, our ego regresses, gives up some control and  for a moment relaxes its jealous, guarding position. This is really the ability to laugh at ourselves. We are able to let down our defences and laugh at our own expenses. (pp. 49)


  Quanto riporta Mikes è senz'altro dovuto alle sue letture psicologiche sull'argomento; Freud per esempio nel suo articolo sull'umorismo nota: "Fuori di questo ambito, sappiamo che il Super-Io è un padrone rigoroso. Si dirà che il suo lasciarsi andare fino a rendere possibile all'Io il conseguimento di un piccolo piacere mal si concilia con questo suo carattere severo. La cosa principale è l'intenzione a cui l'umorismo serve, sia che esso si eserciti sulla propria persona sia che si eserciti sugli altri. L'umorismo vuol dire: "Guarda, così è il mondo che sembra tanto pericoloso. Un gioco infantile, buono appunto per scherzarci su !"  (31)

  Di fondamentale importanza è la mentalità che deve caratterizzare l'umorista; egli deve avere una "forma mentis" ed una metodologia di approccio alla cultura tale da consentirgli di assumere una posizione critica ed obiettiva nei confronti delle questioni del mondo, deve quindi essere consapevole della fallacità del genere umano e umilmente deve essere pronto a riconoscere i propri limiti, che sono d'altronde i limiti di tutta la specie.

  Per concludere speriamo che, come credeva J.P.Richter che scriveva :" La libertà genera motti di spirito ed i motti di spirito generano la libertà." (32), l'umorismo ed i Jokes aiutino l'uomo a diventare  sempre più libero mentalmente e fisicamente.


II.5  L'UMORISMO INGLESE.

  Di origine ebraica, nato e vissuto fino al 1940 in Ungheria, trasferitosi a Londra dove è rimasto per il resto della sua vita, Mikes ha nel frattempo visitato buona parte del mondo ed essendo un grande osservatore è senz'altro la persona idonea ad esprimere dei giudizi sensati sui vari umorismi nazionali. Questo non significa che  abbia scritto a lungo su di essi; piuttosto ha ricavato dai suoi viaggi il materiale per sviluppare la sua produzione.

  Nei libri dedicati all'umorismo di cui stiamo parlando ha però tracciato delle brevi rappresentazioni dei diversi tipi di  humour, che  ci  possono aiutare a sviscerare sempre meglio la questione:


"Humour is  a  manifestation of national character. If there is national character, there is national humour. But is there national character? Is any trace left of it? (op. cit. pp. 62)


  Mikes vuole sottolineare alcune peculiarità ovviamente legate alle caratteristiche tipiche dei vari popoli. E' ovvio che più il mondo comunica al suo interno, più le caratteristiche si uniformano e quindi anche l'umorismo tende a diventare più omogeneo, ma questo è un processo che richiederà ancora parecchio tempo e per il momento, ciò che ci da più affidabilità  rimane ancora il passato.

  Un posto di rilievo è ovviamente occupato dall'umorismo inglese, e non poteva essere altrimenti per un autore che ha trovato in questa nazione ed attraverso la sua lingua la propria completa realizzazione.

  E' comunque un luogo comune, largamente accettato, che il terreno, il carattere e la letteratura nazionale inglese siano dei catalizzatori estremamente efficienti per la crescita e lo sviluppo dello "humour".

  Il Cazamian  nel suo studio sullo sviluppo dell'umorismo inglese scrive: "Humour is not the previlege of any country or any time. In its broadest connotation, it is an aspect of thought, or an aesthetic category. The present inquiry is not concerned with the general object. Humour is essentially concrete; it has its roots no less, and more, in the originality of national groups, than in the faculties of the abstract human being. Its growth may thus be regarded as part and parcel of the moral life and mental progress of a people; and it is studied here as such."  (33)

  Anch'egli dunque conferma la stretta connessione  tra umorismo e peculiarità nazionali e soprattutto ribadisce la preminenza della nazione Britannica in questo settore: "Let it be far from us to suggest that England or rather Great Britain has a monopoly of humour: other nations possess their full share, and humour indeed is as old as civilization. But it is no mere accident that a name should have found for it, and that it should have first grown to a realization of itself, on British soil."  (34)

  Possiamo dedurre che all'interno di una nazione vi sono elementi  ben  specifici  che   favoriscono  lo  sviluppo di  questo fenomeno e sempre il Cazamian ci spiega il perchè: ".... they evince in their constitution a somewhat special affinity with the temper of Humour. A sense of the actualities of things they have ever displayed pre-eminently; the concreteness of their thought, their "mental materialism", and that intuitive perception which goes at least some way to extend their grasp of the practical over the field of the spiritual, are justly noted characteristics." (35)

  Valutare i motivi della predisposizione allo humour significa anche capirne meglio i meccanismi di creazione e di interpretazione. Per Robert Escarpit alla base di questo umorismo c'è una dualità di fondo: "....toute l'histoire de la littérature anglaise et de l'âme anglaise à travers sa littérature nous livre le double et énigmatique visage d'un optimisme triste et d'un pessimisme gai." (36)

  Questa riflessione ben coincide con quella già espressa dal Taine nelle sue note sull'inghilterra: "Ils l'appellent humour; en general, c'est la plaisanterie d'un homme qui, en plaisantant, garde une mine grave." (37)

  L'origine di questa dualità è forse dovuta, secondo l'interpretazione di alcuni studiosi alla fusione di varie civiltà entro il suolo britannico.

   Carlo Izzo è per l'appunto uno dei sostenitori di questa teoria: "Si tenga presente, ora il carattere composito della civiltà britannica, al remoto fondo celtico della quale si sovrappose, nel quinto secolo dopo Cristo, la civiltà germanica anglosassone, e poi, per il tramite della conquista franco-normanna del 1066, la civiltà franco-latina. La consistenza entro il medesimo ambito culturale, di civiltà così diverse, ha portato a una facoltà di sdoppiamento degli individui, e quindi di autocritica, e di conseguenza a una capacità di sorridere di se stessi, che sta alla radice di alcuni aspetti tra i più tipici dell'umorismo britannico. (38)

  Anche Robert Escarpit è dello stesso parere e riporta l'opinione dell'anglista francese Floris Delattre: "Il y voit le fruit du mariage de la joie de vivre française avec la morosité anglosaxonne lors de l'invasion normande." (39)

  Rimane in ogni caso difficile giudicare la reale validità teoretica delle diverse interpretazioni, Mikes dal canto suo, in qualità di acuto umorista, esprime come al solito osservazioni degne di nota; egli riscontra una estrema tendenza e volontà degli inglesi a comportarsi in modo critico e corretto, pratico e pungente; da qui egli ricava gli elementi caratteristici del loro "humour", non senza aggiungere alle sue speculazoni un pizzico di ironia:


"The British are, of course, basically fair - at least an average Englishman may steal, rob, cheat, but even the average British thief tries to be fair. To steal, or to break into a house is one thing: what do you expect from a professional criminal ? A man has to live. But to be unfair, that is a stigma he refuses to bear." (op. cit. pp. 64)


  Dunque l'umorismo inglese rifletterebbe  la "Fairness" del suo popolo; certo potrebbe trattarsi di falsità, di un atteggiamento ipocrita, e naturalmente vi sarà un mucchio di "sham-fairness" nella nazione inglese, ma comunque questo non toglie nulla ai suoi abitanti anzi forse potenzia la loro natura umoristica ed inoltre li rende senza dubbio un prelibato oggetto per le divertenti speculazioni di qualche arguto scrittore.

  La capacità di autocritica , un forte senso dell'auto-ironia e la capacità di ridere di se stessi sono ulteriori capisaldi dell'umorismo inglese:


"Leaving literary  conventions  and devices apart, the English have the gift - a very precious one - of being able to laugh at themselves and their own weakness." (op. cit. pp. 47)


  Ciò è provato dal fatto che i libri di Mikes, benchè in effetti tratteggiassero più i difetti che le qualità degli inglesi, furono ugualmente accolti con grande simpatia.

  Mikes prosegue analizzando l"understatement":


  "Understatement  is  not a trick, not a literary device: it is a way of life. It is a weltanschaung, i.e. a way of looking at the world. You have to breathe the air of England, live with these understanding, tolerant - some say sheepish - people for a while before you get it into your blood. Unless you learn what understatement is you have not made even the first step towards understanding English Humour." (pp.23)


  L'"Understatement" è sicuramente una figura di spicco dell'umorismo; è un sottile e chiaro esempio di come la tecnica e la manipolazione linguistica riescano a suscitare riso e non solo quello, senza però esporsi in modo troppo evidente; particolarità che ben si confà alla riservatezza, alla "privacy", alla "respectability" inglese. L"'understatement" si avvicina infatti all'ironia, all'antifrasi o alla litote, figure semantiche che in un determinato contesto possono essere cariche di ambiguità, visto che comunicano attraverso l'implicito e l'allusione.

  L'"Understatement" è dunque  una comoda maschera per proteggersi da eventuali reazioni negative che potrebbero scaturire da un colloquio meno velato, e quindi più sincero e passionale.

   Robert Escarpit paragona appunto l'"understatement" alla litote e all'ironia : "La figure rhétorique la mieux adaptée a l'ironie est évidemment la litote, qui dit le moins pour le plus. Litote quotidienne, l'"understatement" britannique suspend l'évidence des proportions réelles....." (40) e suggerisce in questa definizione una delle interpretazioni più originali dell'umorismo, e cioè quella elaborata dal Cazamian.

  Nello stesso saggio Escarpit analizza dettagliatamente la visione di Cazamian sull'umorismo, e mette in luce la famosa "Sospensione del giudizio", cioè l'arresto del nostro giudizio nei confronti delle nostre reazioni alle percezioni della vita stessa, che sarebbe, per gli studiosi francesi, alla base del fenomeno umoristico. (41)

  Avremo modo di ritornare più dettagliatamente su  queste interpretazoni, ma già fin d'ora possiamo affermare che la tecnica dell'"understatement" consiste  nel porre un freno al proprio pensiero, nel controllare le proprie emozioni; e questo non sfugge a Mikes:


"Understatement springs from the English character: and having become second nature it also contributes now to the formation or development of the English character. As I said, it is not only a joke, not always a joke and, occasionally, it is very much the  opposite of a joke... The whole  rhythm of life in England is understatement; their suppression of emotion is understatement; their underreaction to everything, the polite word instead of the expletive (when the latter would help so much more to clean the air), the stiff upper lip, the very climate with its absence of extremes, all these  are understatement." (42)


Nell'ambito di queste ulteriori riflessioni, riusciamo a comprendere, da una parte come tali ritrovati possano mascherare il lato più codardo dell'umorismo, e dall'altra come il non esporsi troppo al fanatismo degli estremi possa far conservare un certo equilibrio di spirito, elemento fondamentale per l'esercizio critico delle proprie facoltà mentali.

  Parlando dell'umorismo inglese non poteva mancare, nei testi di Mikes, un brillante elogio della letteratura "Nonsensical":


"Nonsense poetry is an English invention, made famous by Edward Lear.. It may be seen as the ultimate literary rebellion against  an  orderly universe; shaking off the unbearable chains of everyday orderliness and logic; the anarchist's triumph over Nature and Sense.(Mikes,1980 pp.97)


  Un genere di letteratura tipica del suolo britannico dunque, che gioca con le parole, con i significati ed i significanti, nella tradizione dei paradossi e degli ossimori del periodo Elisabettiano.

  Fenomeno tipico del XIX° secolo e di quel periodo vittoriano, compromesso tra un sentimento individualistico anelante di libertà ed uno stretto rigore delle norme sociali, il "nonsense" ben si addice alla natura dell'umorismo, infatti nega la realtà più stereotipata, le regole e le convenzioni della nostra esistenza e senza inibizioni gioca con la fantasia per creare nuovi sensi: attraverso l'invenzione di un mondo pazzo nega la serietà del nostro universo e per questo è un mezzo estremamente efficace nelle mani sia del poeta, sia del saggio umorista.

  Riusciamo ad intravedere nel gioco del "nonsense" uno sfogo per la nostra fantasia frustrata dai tanti obblighi sociali e questo fa si che l'umorismo "nonsensical" assuma una funzione ludica e liberatrice.

  La relazione tra "nonsense", estremo gioco verbale, e gioco in senso lato è indubbiamente avvertibile ed è interessante valutare la sua stretta connessione con l'umorismo e la comicità.

  Giulio Ferroni ricorda Baudelaire per il quale il gioco infantile è una delle forme in cui più intensamente si da la rottura  della  falsa   razionalità  sociale,  della  morale

borghese del lavoro e della serietà. (43)

  Per  Dugas: "Le principe du rire est le jeu. Jouer, c'est affranchir de toute contrainte, se détendre, donner libre cours à son immagination, à sa nature, prendre légèrment toutes choses et soi-même. Le jeu explique le rire tout entier: ses caractères, ses espèces, son évolution." (44)

  Anche per Bergson la comicità ha una funzione ludica (45) e sia per lui che per Freud  l'umorismo ed il comico avevano strette relazioni con il gioco ed il sogno, oltre che con la follia; Freud considerava appunto il comico come un recupero del riso infantile, "ciò che mal si adatta all'adulto." (46); tutti accostamenti che testimoniano come queste entità abbiano la funzione di sfogo e di scarico di una certa tensione psichica e si identifichino come forme di difesa alle insidie del mondo esterno.

  Nonsense, giuoco e riso si integrano perciò perfettamente e quindi il vero umorista non può che avere in sè l'anima del fanciullo e amare il "nonsense". Mikes ci offre una conferma di tutto ciò:


"The humorist, on the other hand, is not a father-figure but a child himself- and a rather spoilt child himself at that. He knows of the miseries of the world but refuses to accept the facts that stare him in the face. He, as I have already said, is Peter Pan who resolutely refuses to grow up. Mother used to protect him and those were the happy times; so Mummy is still around - and always will be - and will go on protecting her baby. He is determined to see the world as a comfortable, rosy place, although at the bottom of his heart, he knows only too well that this conception is not quite accurate. Misery, danger, humiliation, failure do not exist for him; the world is a pleasant place and however    dark something may look at the moment, all will turn out well. The humorist is a kind and jovial man, his world is a happy one: but he is far removed from reality and he knows that his picture is a distorted one. The world is the kind, tolerant, loving Mother, who watches her silly and unruly child with feigned strictness, but is always ready to forgive him and to embrace him with love." (op. cit. pp. 45)


  Questo passo si collega a quanto detto precedentemente e ci illustra come la mentalità dell'umorista sia fantasiosamente lontana da quella realtà triste che egli rigorosamente osserva intorno a lui; per questo gli ama evocare il "nonsense", infatti grazie ad esso può rifarsi ad un mondo referenziale più vasto ed articolato che lo aiuta psicologicamente ed artisticamente, a sopravvivere e a farci sopravvivere.


NOTE


(1) Mikes, G. How To Be an Alien. Andrè Deutsch, London 1958. (I Ed. 1946)


(2) (Escarpit, R.  op. cit. pp. 71)


(3) Mayer, T. L'Humour Anglais. René Julliard, Paris 1961.


(4) Daninos, P. Tout l'Humour du Monde. Hachette, Paris 1958   (pp. 17-19-103)


(5) Mikes, G. Humour in Memoriam. London Routledge & Kegan Paul in association with André Deutsch, London 1970.


(6) (Croce, B.  op. cit. pp. 287)


(7) Bergson, H. Il Riso. Rizzoli, Milano 1961 (tit. orig. Le rire 1900). L'autore in questo testo sottolinea appunto che il riso è un "castigo", "ispira timore", "reprime" (pp 48), e ancora: "esso ha la funzione di intimidire umiliando."(pp.151) ecc.ecc.


(8) "Gli autori che si  rifanno esplicitamente all'etologia sono propensi a classificare il riso tra i fenomeni attinenti alla sfera dell'aggressione." in Ceccarelli (op.cit. pp.85)


(9) Grotjahn, M. Saper ridere. Longanesi,  Milano 1961. (ed.  orig. 1957.)


(10) Quanto sopra  affermato è individuabile nel seguente schema:

               

dove: (x) e (z) sono i co-ridenti; (y) è l'oggetto del riso; (r) è lo stimolo r capace di suscitare il riso e generato da (y); (a) è un messaggio del riso di natura antiaggressiva e antigerarchica; e (b) è un messaggio ambiguo che appartiene senz'altro alla categoria dei "messaggi aggressivi". (cfr, Ceccarelli. pp. 87- 90)  


(11) (cfr. nota 28 Cap. I° pp. 31)


(12) (Freud, S. op. cit.  pp. 142)


(13) (Freud, S. op. cit.  pp. 144)


(14) (Freud, S. op. cit.  pp. 261)


(15) Freud, S. " Der Humour." 1927 (trad. ital. L'Umorismo vol. X  Boringhieri, Torino 1978 pp. 505.)


(16) Citazione di M. Bontempelli riportata nell’ Enciclopedia dell'Umorismo. (a cura di Guasta.G.) Omnia Editrice, Milano 1964 (pp. 16)


(17) ( Grotjahn, M.  op, cit. pp. 17-18)


(18) Theodor Reik IL Masochismo nell'Uomo moderno.(1940)      Sugar, Milano 1963 e The Jewish Wit  New York, 1962.


(19) "Il caso  più rozzo di Humour - quello notocome Galgenhumour (letteralmente: humour da forca humour macabro) può illuminarci su questo legame. Unfurfante che era stato condotto all'esecuzione unlunedì osservò:" Bene, la settimana comincia in mododavvero           simpatico." (Freud, op. cit. pp. 261)


(20) Per Bergson l'insensibilità che accompagna ordinaria  mente il riso è un sintomo degno di  attenzione, ed il  comico esige per produrre tutto il suo effetto,  qualcosa come un'anestesia momentanea. (op. cit. pp. 39)


(21) Max Eastman scrive appunto: "Il riso sarebbe perciò una specie di "parafulmine" contro lo shock - "shock absorber", rappresenta la capacità di trovare uncerto  tipo di piacere anche nelle delusioni." nell'opera The sense of humour. Scribner, New York-London 1921. (riportato in Ceccarelli op. cit. pp. 296)


(22) Panzini, A. DizionarioModerno (1905) cit. nell'articolo sull'Umorismo dell'Enciclopedia Italiana Treccani.1949


(23) (Bergson, H.  op. cit. pp. 39)


(24) Chapiro, M. L'illusion comique, Presses Universitaires de France, Paris 1940 (in Ceccarelli op. cit. pp.299)


(25) Dumont, L. Des causes du rire. Durand, Paris 1862. (in Ceccarelli op. cit. pp. 277)


(26) ( Pirandello, L. op. cit. pp. 154)


(27) Koestler A. L'Atto della Creazione. Ubaldini, Roma 1975 (The act of creation. 1969) Il testo di Koestler fornisce una teoria dei processi mentali che sono alla base della creatività artistica, scientifica e comica.


(28) Nash W. The Language of humour. Longman, New York 1985.  ( pp. 35 ).


(29) ( Freud, S. op. cit.  pp. 125)


(30) ( Ceccarelli, F.  op. cit.  pp. 143-144 ; cfr. inoltre la nota 29 del I° Capitolo pp. 31. )


(31) ( Freud, S.  op. cit. pp. 33)


(32) (Citazione riportata nel testo di Freud, Il Motto di      Spirito. op. cit.  pp. 45 )


(33) Cazamian, L. The Development of English Humour.  Duke U.P. Durham (North Carolina) 1952. (pp. 1)


(34) ( Cazamian, L.  op. cit. pp. 7 )


(35) ( Cazamian, L.  op. cit.  pp. 7 )


(36) ( Escarpit, R.  op. cit.  pp.23 )


(37) Taine, H.A. Notes sur l'Angleterre. 1872 (citato  in Tony Mayer op. cit. pp.20)


(38)  Izzo, C. Umoristi Inglesi  Edizioni Eri, Torino 1962.  (pp. 16-17)


(39) Floris Delattre. "La naissance de l'humour dans la vieille Angleterre." Revue anglo-americaine. 1927 pp. 289-307 (riportato in Escarpit R. op. cit. pp.23)


(40) ( Escarpit, R.  op. cit. pp. 98)


(41) ( Escarpit, R. op. cit. pp. 77)


(42) Mikes, G.  English Humour for Beginners. André  Deutsch, London 1980. (pp.52-53)


(43) Ferroni, G. Il comico nelle teorie contemporanee. Bulzoni, Roma 1974. Ferroni fa espressamente riferimento ai seguenti saggi di Baudelaire: "De l'essence du rire." 1855 e "Morale du joujou" del 1853 inclusi entrambi tra le Curiosités Esthétiques. Garnier. Paris, 1962.


(44) Dugas, L. Psychologie du rire. Alcan. Paris, 1902 (pp.102-103) citato in Ceccarelli op. cit. pp.315


(45) ( Bergson, H.  op. cit.  76)


(46) ( Freud, S. op. cit. pp. 203)


Indice  Capitolo I°  Capitolo II°  Capitolo III°

 

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