CAPITOLO II°
II.1
HUMOUR IN MEMORIAM. UN'INDAGINE PIU' APPROFONDITA.
Nel 1970 George Mikes è ormai convinto di essere
un umorista. Sono passati dodici anni da
quando scriveva nella prefazione alla ventiquattresima edizione del suo fortunato libro
How To Be an Alien:
Egli viene considerato uno scrittore brillante a pieno titolo da illustri studiosi
quali Robert Escarpit (2), Tony
Mayer (3) e Pierre Daninos (4) , e ciò a
maggior ragione, gli dà l'occasione di indagare sul fenomeno umoristico proprio là nel
momento e nel luogo dove si crea e cioè in lui stesso. Nasce cosi il testo in questione Humour
in Memoriam.(5) dove Mikes affronta in modo più organico ed esteso quanto già aveva intrapreso nel 1954.
Il libro, come recita la nota dell'editore è: " Half philosophy and half anecdote,
about the nature of humour and national variations in it, and the sad or merry character
of a humorist."
In esso Mikes vuole nuovamente offrire un contributo al mondo letterario parlando
dell'umorismo, che a detta di alcuni critici dell'epoca era in fase di decadenza: egli
infatti conferma il probabile momento di "défaillance" dello humour e osserva:
Proprio per questo l'atmosfera non può essere umoristica, ma la realtà lo è
involontariamente e ciò appare evidente all'occhio dell'attento osservatore qual è Mikes
che spietatamente sottolinea:
Egli nel suo lavoro evidenzia sin
dall'inizio lo scarso interesse concesso agli umoristi dal mondo letterario:
tuttavia non tralascia di rilevare
come, al contrario, sia diffuso l'interesse per l'"umorismo" in generale, sul
quale sono stati scritti un numero incredibile di volumi, al punto che: "Their
bibliography alone would amount to a considerably heavier volume than this book of
mine." (pp.8)
Egli
rivisita quindi velocemente le principali teorie, citando esempi dalla Bibbia, da Platone,
Aristotele, Hobbes, Harrington, Dr Johnson, Hegel, Bergson, Koestler e Freud, per
concludere che, nonostante ci sia sempre da imparare, questi pensatori in fondo in fondo
non hanno del tutto le idee chiare:
Rivelandosi concorde con il pensiero del Croce
che sosteneva: "Ma pretendere dall'Estetica le definizioni di questi sentimenti
(tragico, comico, sublime, umoristico) sarebbe il medesimo che pretendere da lei le
definizioni dell'amore, dell'odio, della gioia.... Sarebbe in altri termini assegnare
all'estetica il campo che è proprio della Psicologia descrittiva..." (6) Mikes ricorda che:
e conclude che in ogni caso è
difficile che si possa capire, fare o spiegare l'umorismo se non si possiede
intrinsecamente il cosiddetto "Sense of humour":
E' in effetti l'apologia della sua opera e della sua indagine; egli si sente
autorizzato a parlare dell'umorismo, a spiegarlo, a realizzarlo, perchè in concreto egli
è uno scrittore umorista:
L'Umorismo per Mikes è dunque una
qualità innata, frutto di una struttura genetica e naturalmente anche di un'educazione
ambientale; il tutto origina un paricolare carattere, una paritcolare sensibilità, una
tipica concezione del mondo che si tramuta in una vera e propria filosofia. Per Mikes inoltre, l'umorismo, benchè come quasi
ogni cosa possa vantare i suoi lati negativi, merita in ogni caso la nostra
considerazione:
Non ritenendosi in ogni caso né un filosofo né uno psicologo egli passa, con le
dovute riserve che competono al suo rangodi scrittore, da lui stesso peraltro
sottolineate:
ad analizzare questi fatidici
ingredienti dell'oggetto del suo libro.
II.2 LE
COMPONENTI DELL'UMORISMO.
A questo punto Mikes sottolinea i principali elementi in grado di meglio definire
la tematica, anche se è implicito che l'analisi non vuole essere di carattere
rigorosamente scientifico.
Mikes per prima cosa individua quella che ne risulta essere una delle componenti
fondamentali in senso lato, vale a dire, l'aggressività. Non vi è dunque niente
di innovativo ed originale fino a questo punto; infatti già Bergson (7) nel suo libro, come del resto anche autori più
recenti non hanno tralasciato di evidenziare questa caratteristica. (8)
Mikes, comunque, ribadisce tale peculiarità, e seguendo le tracce di Grotjhan (9),inizia con l'analisi di una
specifica forma di comportamento, in grado di suscitare il riso, che ha sicuramente una
valenza aggressiva e cioè il "Kidding":
Questo è evidentemente solo un esempio e forse anche dei più banali, in ogni caso
serve ugualmente allo scopo. Il "kidding" infatti rivela proprio la messa in
discussione della componente superiorità-inferiorità alla base del fenomeno
"riso"-"umorismo" o perlomeno il ribaltamento di tale componente, e
conseguentemente la sua appropriazione al fine di ottenere il risultato desiderato.
Viene in ogni caso nuovamente messo in evidenza il fatto che in quasi tutte le
circostanze si ride o ci si diverte sempre a spese di qualcuno, anche se abbiamo già
visto che quel qualcuno può essere il soggetto stesso che fa dell'umorismo.
Ceccarelli nelsuo saggio ben sottolinea
questo punto: "Quindi si ride con qualcuno, di qualcun altro. Il messaggio
"aggressivo" è rivolto a quel qualcun altro al di fuori del gruppo, mai ad uno
di coloro con cui si ride. Rispetto al Sorriso, che chiaramente appare come una relazione
"duale", il riso si presenta come relazione "triadica", fra almeno tre
individui." (10)
Altri esempi di
"aggressività" vengono forniti dal "practical joker" che è
considerato un burlone, un eterno adolescente che si diverte a spese altrui. Mikes riporta
l'esempio di uno scherzo che soleva fare il fratello:
Dopo il "practical joker" è la volta dell' "osservazione
spiritosa", Mikes, prima di considerarla nelle sue caratteristiche, al fine di
illustrarla riporta alcuni esempi:
Negli frasi sopra citate ricorre una caratteristica comune, al di là infatti del
tipo di azione o pensiero che inneschi una più o meno chiara forma di
umorismo, troviamo evidente che uno degli interlocutori in questione non fa altro che
dimostrare la sua superiorità prendendosi gioco del suo avversario; Mikes non manca di
sottolinearlo:
Cominciano a questo punto a meglio delinearsi le caratteristiche e quindi il
carattere dell'umorista; egli è un individuo con una personalità comunque forte e
piuttosto aggressiva, dotato di intelligenza e di arguzia, che non perde mai l'occasione
di intervenire con una tecnica o con un'altra al fine di puntualizzare o evidenziare
qualcosa, a scapito ovviamente di qualcuno, che viene a trovarsi in una posizione
subalterna e diventa il bersaglio del riso altrui.
Al di là delle strette e rigide separazioni, il "wit" viene dunque
intimamente legato all'umorismo, anche se a volte si cerca di descriverli in modo
differente; a questo proposito Umbero Eco
sottolinea: "nella conversazione comune si suole identificare spesso Umorismo con
"spirito", dicendo "ha molto senso dell'umorismo" di una persona
capace di improvvisare in ogni situazione dei motti di spirito. In tal senso l'U. si
assimila allo spirito come capacità delle "acutezze" e
"concettosità" linguistiche, al Wit inglese, al Witz tedesco e all'Esprit
francese." (11) Mikes continuando
nella sua indagine insiste sulla valenza aggressiva del Wit e quindi dell'umorismo. I
riferimenti alle ricerche psicanalitiche di Freud
e Grotjahn
sono oltremodo evidenti e molte delle sue convinzioni sono dovute a questi eminenti
studiosi. Egli li cita entrambi ed è concorde con i loro giudizi:
Un'altra componente essenziale dell'umorismo è il "
cinismo ". Tale caratteristica, oltre a spiegarne meglio la natura, indubbiamente
serve a delineare la personalità e l'ideologia del cultore umoristico. Naturalmente
l'artista moderno e Mikes soprattutto non
coincidono perfettamente con la figura del cinico dell'antichità, hanno comunque varie
doti in comune:
Dunque siamo in presenza di un individuo che interagisce oggettivamente con
l'ambiente sociale che lo circonda; l'umorista, che è dunque cinico, osserva, critica,
lancia anatemi, corregge, esorta, aggredisce, è perciò un elemento attivo ed il suo
ruolo è importante.
Anche per queste posizioni l'influsso di Freud è chiaro; nel suo testo sul Motto
di spirito leggiamo infatti: "Ma oggetto dell'attacco del motto di spirito possono
essere anche le istituzioni, le persone in quanto rappresentanti delle istituzioni, i
dogmi della moralità o della religione...(12) e più oltre: "Adesso sappiamo il nome
che deve essere dato ai motti di spirito simili agli ultimi che abbiamo interpretato. Sono
motti di spirito cinici, e quello che nascondono è il cinismo".
(13)
Mikes
continua:
troviamo nei passi riportati delle
concezioni che ci rimandano chiaramente a Freud
il quale scriveva: "Ora lo humour è un mezzo per ottenere il piacere nonostante le
emozioni penose che intervengono; agisce da sostituto per la nascita di queste emozioni;
si mette al loro posto... al prezzo della mancata liberazione di un'emozione: nasce da un
risparmio nel dispendio dell'emozione. (14) Ecco
dunque perchè il grande Freud considerava così positivamente
l'umorismo; infatti egli successivamente puntualizzerà: "La grandiosità risiede
evidentemente nel trionfo del narcisismo, nell'affermazione vittoriosa
dell'invulnerabilità dell'IO. L'IO rifiuta di lasciarsi
affliggere dalle ragioni della realtà, di lasciarsi costringere dalla sofferenza, insiste
nel pretendere che, i traumi del mondo esterno non possono intaccarlo, dimostra anzi che
questi traumi non sono altro per lui che occasioni per ottenere piacere." (15)
A questo punto Mikes accomuna la " satira " agli altri ingredienti del
fenomeno umoristico:
l'idea di superiorità e di un giudice
che aggredisce qualcosa o qualcuno è nuovamente presente e Mikes prosegue chiedendosi:
La metafora della guerra è palese,
ed i termini "weapon" e "fights" sono significativi; siamo dunque in
presenza di un conflitto, anche se di tipo retorico: Mikes continua:
Siamo ad una svolta, appare qui l'altro lato della medaglia. Non siamo più di
fronte ad un eroe imperturbabile e spietato, aggressivo e combattente che miete vittime in
ogni direzione; dobbiamo ridimensionare la sua figura; egli risulta essere anche benevolo
e mite, incline all'indulgenza e soprattutto umile, qualità che sono favorite dal timore
che anch'egli nutre nei confronti dell'ordine prestabilito e che sono sostenute dalla sua
vigliaccheria:
Lo stesso concetto si può riscontrare anche nel detto di un altro scrittore che
asserì :" L'umorismo è il solo mezzo per non farsi prendere sul serio anche quando
si dicono cose serie: che è l'ideale dello scrittore. (16) Appare dunque il lato meno
eroico e nobile dell'umorista; quella codardaggine che assurge anch'essa a protagonista
fondamentale.
Questa forma di vigliaccheria rimanda all'aspetto masochistico dell'umorismo, già
peraltro messo in luce da Grotjahn (17). Mikes condivide questa
interpretazione e la associa intrinsecamente alla componente aggressiva del fenomeno:
Mikes giunge a queste considerazioni attraverso l'analisi dell'atteggiamento del
popolo ebraico e del suo particolare spirito, da una parte volto all'autocritica e
dall'altra diretto ad attaccare i propri oppressori.
Il carattere masochista di un certo tipo di umorismo sarebbe in ogni caso, un
artificio del linguaggio e quindi del comportamento, rivolto ad attirare la simpatia verso
il soggetto più debole; attraverso una forma di sottomissione di una delle parti in
conflitto, simbolicamente rivelata, si cerca di stimolare la comprensione e l'amore della
parte dominante.
Per Grotjahn
, ripreso testualmente da Mikes, si tratta comunque solo di una maschera masochista
attraverso la quale si ottiene una vittoria e la grandezza stessa, è insomma la vittoria
tramite la sconfitta, è l'apoteosi del più debole e dell'oppresso; aggressione e
auto-punizione, per ottenere una specie di redenzione e di felicità attraverso la
sofferenza, come sosteneva Theodor Reik (18) che d'altronde è stato il
primo a rendere note queste teorie.
Mikes ricava da queste ulteriori riflessioni un'idea chiara di cosa significhi
avere un senso dell'umorismo e di cosa comporti per la società in cui si vive:
Aggressività e saggezza, o vigliaccheria, contibuiscono a rendere scettico e
dubbioso lo stesso umorista che evita quindi lo scontro violento con le Istituzioni e
preferisce dialogare costruttivamente al fine di contribuire ad una sana e pacifica
evoluzione dell'umanità.
II.3
L'OGGETTO DELL'UMORISMO ED IL RISO.
Approfondire i vari aspetti e i molteplici significati dell'umorismo comporta, tra
le altre cose, il valutare di cosa in effetti si possa occupare quest'arte che riesce a
suscitare il riso e la riflessione. Certamente gli argomenti affrontati non sono solo
banali e senza senso; la scrittura umoristica non è sempre e solo divertente e Mikes lo sottolinea dicendo appunto: "My writing is
often a mixture of the serious and the funny." ; si tratta senz'altro di uno stile
piuttosto elastico, tanto che permette in caso di pericolo di ritrattare il significato di
quanto prima espresso, infatti: "The rule is: if anyone gets angry, I claim to have
been joking." (pp.25)
Una delle caratteristiche, in ogni caso, fondamentali per l'umorista deve essere la
consapevolezza della propria e dell'altrui debolezza e fallacità; quindi ciò che lo deve
sempre distinguere è una spietata lucidità intellettuale che lo porta ad essere un
personaggio dall'invidiabile equilibrio mentale:
Attraverso queste ulteriori considerazioni giungiamo al nucleo fondamentale della
questione; l'oggetto dell'umorismo è praticamente l'universo stesso, con tutte le sue
componenti, i suoi fenomeni, le sue grandezze e le sue piccolezze, noi compresi:
Esistono
indubbiamente delle precauzioni, sarebbe infatti sgradevole scherzare con una madre in
lutto per la prematura scomparsa del giovane figliuolo; si tratta soprattutto di osservare
parametri di tempo e di luogo; anche tematiche tristi, come la morte appunto, possono
costituire un ottimo oggetto risibile, (Ci riferiamo al famoso Gallows humour, o
Galgenhumour, umorismo nero per l'appunto.) anzi come abbiamo visto in più di una
occasione è proprio il compito dell'umorista quello di sdrammatizzare
anche gli eventi più tragici della nostra esistenza:
Queste
considerazioni richiamano alla mente le interpretazoni freudiane sull'argomento, proprio Freud infatti,
parlando di questo genere di umorismo, che affronta tematiche scabrose, mette in luce come
si possa essere influenzati psichicamente e ricavare piacere dai motti di spirito che
tendono ad affermare "l'invulnerabilità dell'IO", nei confronti degli
avvenimenti reali che possono affliggerci. Per
Freud il piacere che si ottiene, o per
dirla in un altro modo, l'attenuazione
del dolore, deriva da "un risparmio nella pietà", egli infatti scrive: "
La situazione che dovrebbe portare il criminale alla disperazione potrebbe far nascere in
noi una grande pietà; ma questa pietà viene bloccata, perche capiamo che egli, che è
più direttamente interessato, prende la situazione alla leggera."(19)
Sembra proprio che anche Mikes la pensi così; sono proprio i soggetti più
autorevoli e seri che meglio si prestano ad essere affrontati e ridimensionati
dall'umorismo:
A questo punto l'autore prosegue approfondendo le proprie riflessioni sul "riso", quale evidente prodotto dell'umorismo. Il riso in prima analisi non è altro che un "phisical reflex like sneezing and crying" e fin quì l'opinione in merito è generalmente condivisa da tutti gli studiosi che hanno affrontato la tematica; è interessante comunque rilevare come Mikes dia in primo luogo rilievo all'aspetto psicologico del riso:
A parte dunque le convenzioni, che dimostrano tuttavia la loro preponderanza nel
vivere sociale, è riscontrabile proprio in questo uso del "riso" un'alta
componente di autodifesa psicologica che ci rimanda alle spiegazioni di Freud,
e Bergson (20); come per l'umorismo, il riso
in questo caso vuole dimostrare " l'invulnerabilità dell'IO" e agisce quindi da
"shock absorber". (21)
E' ovvio che Mikes fa sempre riferimento ad un "riso" spontaneo e
genuino, e quindi non simulato a seconda delle diverse situazioni sociali; egli è infatti
conscio che l'uomo può facilmente simulare questo "riflesso" grazie alle sue
abili doti di mentitore.
Il "riso" naturale e non comandato è dunque in qualche modo legato al suo fenomeno contrario, cioè il "pianto": "You donot, however, have to travel as
far as Bangkok or Tokio to see that laughter and tears are closely related, indeed, often
interchangeable" (pp. 32); entrambi agiscono come elementi di sfogo e di
consolazione, non sono altro che la nostra reazione alla forza e alla violenza della
natura, e forse per questo Panzini definiva
l'umorismo come l'unione del tragico e del comico (22), definizione che si congiunge
perfettamente a quanto diceva Bergson, il quale sosteneva che assistendo alla vita da spettatore indifferente molti drammi si
trasformerebbero in commedia. (23), ed in findei conti l'Umorismo non è che una forma di
difesa psichica che ci rende più refrattari ai dolori dell'esistenza e trasforma appunto
la tragedia in un evento comico.
Ecco perchè il "riso" è stato definito aggressivo e satanico,
espressione della forza e del carattere temerario dell'uomo; esso deve infatti cercare di
supplire, la tragicità del destino e quindi non può essere un'espressione mite e
pacifica, ma deve in qualche modo manifestare la nostra rabbia ed i nostri dubbi su un
certo ordine dell'universo, da secoli professato come assoluto ed infallibile, e
rinvigorirci nell'animo e nello spirito, come nota Mikes:
A proposito di queste osservazioni sul "riso" è utile considerare le
interpretazoni di alcuni studiosi che si sono impegnati in questo tipo di ricerca; per Chapiro (24) che, pur criticandolo, si rifà a Bergson la comicità e quindi il riso creano appunto un'illusione
di irrealtà che serve a proteggere la
nostra "menzogna subconscia" e ci impedisce di
cadere nella disperazione che ucciderebbe il nostro " élan vital",
infatti questa "illusion répéteé d'irréalité" fa si che più nulla ci possa
toccare, dato che tutto è irreale.
Queste ulteriori analisi non possono non condurci ad un rapido confronto con Léon Dumont che scriveva: "le risible peut
etre defini: tout objet a l'égard duquel l'esprit se trouve forcé d'affirmer et de nier
en meme temps la meme chose." (25)
Ciò ci rimanda ad un certo tipo di umorismo che basandosi appunto sull'irrealtà e
su nuove costruzioni fantastiche, rompe il famoso "principio di contraddizione"
e quindi la logica della nostra realtà. Ecco perchè Mikes e altri umoristi, osservando
le contraddizioni e le incongruenze della vita, non fanno altro che esprimere quel famoso
"sentimento del contrario" che per Pirandello era alla base dell'umorismo e non
solo; infatti per il grande drammaturgo "tutti i fenomeni, o sono illusori, o la
ragione di essi ci sfugge, inesplicabile. Manca affatto alla nostra conoscenza del mondo e
di noi stessi quel valore obiettivo che comunemente presumiamo di attribuirle. E'una
costruzione illusoria continua. (26) Dunque l'unico modo per contrastare questa
illusorietà ed affrontare, giocandoci, la realtà resta
l'approccio umoristico.
Mikes prosegue restringendo il suo campo d'azione, il riso infatti può essere
provocato da molti stimoli, ma poichè la sua ricerca è finalizzata all'umorismo, egli
sottolinea che: "That we are here concerned only with the laughter generated by
humour."(pp. 33), anche se in alcuni casi i riferimenti alla comicità o ad altre
forme artistiche che generano il riso sono inevitabili. Egli analizza rapidamente le teorie di Bergson, Koestler, Freud,
Monro, Greig e di altri cultori dell'umorismo come Voltaire, o W.C. Fields ecc. e non
perde l'occasione per esprimere le sue pungenti critiche, leggiamo per esempio quanto
scrive a proposito di Monro:
Il piglio polemico di Mikes che a volte, sulle orme di altri pensatori, ironizza
sul lavoro di eminenti filosofi è comprensibile, essendo un umorista non deve infatti
perdere l'occasione per fare dello spirito alle spese di visioni teoriche che
necessariamente hanno dei punti deboli:
In effetti le teorie sul riso sono numerose e spesso contrastanti e nel loro
insieme non arrivano comunque a dare delle spiegazioni sufficientemente esaustive. Con la
sua solita schiettezza e lucidità Mikes avverte questa confusione; vi sono infatti varie
differenzazioni tra comico e umoristico, tra il riso e il sorriso, tra gli aspetti
psicologici e letterari e tra le varie cause che generano questi fenomeni, ma in fin dei
conti si tratta solo di distinzioni schematiche e convenzionali che hanno comunque molto
in comune e non arrivano da un punto di vista euristico a risolvere definitivamente la
questione.
Per quanto riguarda poi l'umorismo, che a detta di molti dovrebbe generare solo un
lieve sorriso, Mikes scrive:
Come al solito dunque non vi è una
sola, certa e inconfutabile verità, ma vi è la combinazione di più elementi che di
volta in volta si mescolano e generano particolari tipi di di fenomeni.
Per Mikes è tuttavia evidente che la gente ama ridere e divertirsi ed ama i
personaggi che favoriscono queste manifestazioni; il riso infatti soddisferebbe il
primitivo istinto di aggressività che il genere umano ancora conserva e proprio per
questo sarebbe così gradito: naturalmente questa è solo un'osservazione che vuole
riaffermare l'aggressività della specie umana ed in questo non penso che non si possa essere d'accordo con Mikes.
II.4 HUMOUR AND JOKES.
Dopo aver analizzato il fenomeno umoristico nei suoi tratti più essenziali ed
evidenti Mikes comincia ad inoltrarsi nel campo a lui più congeniale, dove si ha appunto,
mediante l'artificio letterario, la realizzazione umoristica. I testi in questione non
sono infatti saggi di natura filosofica, nel senso più profondo del termine, bensì
collage narrativi dove, intorno ad un nucleo centrale, si intrecciano un insieme di
svariate considerazioni e riflessioni, supportate da esempi, da aneddoti, e da citazioni
che l'autore attinge dai più svariati settori della letteratura.
Una delle forme più comuni per ottenere un effetto risibile e quindi generare
dello Humour è senz'altro la "barzelletta",
o diversamente chiamata in un gergo più specifico "motto
di spirito" che assume nella lingua
inglese il termine polisemico di "joke".
Mikes riporta la seguente definizione:
Non si tratta quindi dell'importanza di definire un termine in un modo o
nell'altro, bensì ciò che sta a cuore a Mikes è il fatto che l'invenzione di un "joke" deve ritenersi un'
attività creatrice e quindi artistica;
a questo proposito egli si rifà al pensiero di Arthur
Koestler (27) e afferma:
Naturalmente vi sono varie categorie di Jokes, esse possono avere forme e contenuti
diversi, e ciò che caratterizza definitivamente l'umorismo potenziale di queste strutture
è sicuramente il "contesto". Da
questo momento in poi vedremo infatti in più occasioni come in effetti l'umorismo sia
intimamente connesso alla realtà e al contesto sociale in cui nasce e si sviluppa.
Walter
Nash
per esempio scrive: "The context is the
playing surface of the joke; a background, a condition, a set of limiting facts. In
Humour, as in usage generally, context may be verbally linguistically, in the understood
situation or the general cultural assumption.
(28) E' altresì vero che il contesto
è importante quasi in ogni questione, ma in questa diviene l'elemento indispensabile.
Per Mikes è fuori discussione che l'arte di inventare o raccontare "jokes"
non è
solo finalizzata a suscitare il divertimento
e quindi il riso, ma assume un ruolo di più vasto respiro sociale e culturale:
Vediamo dunque che l'intento di Mikes non è di spiegare il funzionamento dei
"jokes", che significherebbe d'altro canto trovare la tanto anelata , esatta
interpretazione dello Humour, ma è quello di illustrare ed argomentare, con l'apporto di
azzeccati esempi, lo scopo sociale e le potenzialità ideologiche che possono assumere
tali "storielline" all'interno di un determinato contesto.
In questo egli si trova in perfetta sintonia con Freud che nella sua opera asseriva: " Nessun
dubbio che proprio come l'orologio pone un meccanismo particolarmente buono in una cassa
di eguale valore, lo stesso accada con i motti di spirito, tanto che i migliori risultati
nel campo dei motti di spirito sono usati come involucri per pensieri di maggiore
sostanza." (29)
Siamo di fronte ad una letteratura che veicola dunque ideologie all'interno di
forme scherzose e divertenti, ma il cui fine ultimo è alquanto serio. In oltre non c'è
dubbio che quanto messo in rilievo da Mikes nell'analizzare l'intento dei vari Jokes ci
può aiutare considerevolmente a verificare la fondatezza di alcune interpretazioni
psicologiche dello "Humour".
La barzelletta di qualità, con un supportointellettuale, può venire considerata
puro umorismo; raccontata come parabola, come esempio, al modo degli antichi
"exempla" latini e medievali, può realmente avere un contenuto ed un effetto
emotivo considerevole:
In queste frasi possiamo, oltre che ad apprezzare l'amore di Mikes per i
"jokes" ed il suo disdegno per le dittature, estrinsecare un aspetto
fondamentale della problematica.
Per chiarire meglio la situazione dobbiamo rifarci al già citato saggio di Ceccarelli: in questo testo l'autore parlando
dello "stimolo chiave" che è il diretto responsabile della nascita del
"riso" scrive: "Ma è chiaro come il nostro stimolo chiave possa essere
messo in relazione con la definizione di ciò che provoca il riso fornita dalla teoria
della "superiorità/degradazione." L'affinità è evidente: la rivelazione di
una inadeguatezza al rango comporta senza dubbio una "degradazione" di chi o che
cosa subisce il tracollo, e per conseguenza si può mettere in gioco una
"superiorità" di colui che ride rispetto all'oggetto di riso. L'unica vera
differenza sta nel fatto che la nostra specificazione sottolinea che deve esistere una
pretesa non fondata, si potrobbe dire "illeggittima", alla posizione di alto
rango. (30)
Dunque posto queste premesse, poichè la società umana si basa su una struttura
gerarchica, dettata da regole, leggi e convenzioni che non sono naturalmente perfette ed
ideali, risulta chiaro come l'umorismo sia un mezzo per rivelare le lacune ed i difetti di
questo sistema e si scagli proprio contro chi detiene il potere e lo manipola in modo
scorretto, rivelandosi quindi non degno di tale status e rivelando al contempo la propria
"pretesa illeggitima alla posizione di alto rango."
Ecco perchè nelle descrizioni che Mikes offre delle barzellette politiche risulta
evidente lo sfogo e insieme l'attacco critico e pacifico di una parte della popolazione
contro i propri oppressori.
L'umorismo è, come del resto gran parte della letteratura comico-burlesca, quindi
un frutto della creatività progressista ed
illuminata delle fasce sociali più critiche e moralmente attive che lottano da sempre per
un assetto sociale più giusto e sereno. Gli scopi dei motti di spirito possono essere
comunque molteplici e a seconda della tipologia, degli argomenti e del contesto essi assumono significati, valenze e funzioni diverse,
possono essere utilizzati per creare
divertimento, distensione e relax, e possono al tempo stesso svolgere un'azione di critica
e di attacco nei confronti di tutti gli agenti nocivi che inquinano la nostra convivenza
sul pianeta.
Comunque per interpretare al meglio queste espressioni della comunicazione umana è
chiaro che dobbiamo abbandonarci ad uno stato di serena accettazione dell'umorismo, in
senso lato, anche quando può pungere il nostro amor proprio o la nostra condizione,
dobbiamo insomma abbandonare preconcetti e pregiudizi:
Quanto riporta Mikes è senz'altro dovuto alle sue letture psicologiche
sull'argomento; Freud per esempio nel suo
articolo sull'umorismo nota: "Fuori di questo ambito, sappiamo che il Super-Io è un
padrone rigoroso. Si dirà che il suo lasciarsi andare fino a rendere possibile all'Io il
conseguimento di un piccolo piacere mal si concilia con questo suo carattere severo. La
cosa principale è l'intenzione a cui l'umorismo serve, sia che esso si eserciti sulla
propria persona sia che si eserciti sugli altri. L'umorismo vuol dire: "Guarda, così
è il mondo che sembra tanto pericoloso. Un gioco infantile, buono appunto per scherzarci
su !" (31)
Di fondamentale importanza è la mentalità che deve caratterizzare l'umorista;
egli deve avere una "forma mentis" ed una metodologia di approccio alla cultura
tale da consentirgli di assumere una posizione critica ed obiettiva nei confronti delle
questioni del mondo, deve quindi essere consapevole della fallacità del genere umano e
umilmente deve essere pronto a riconoscere i propri limiti, che sono d'altronde i limiti
di tutta la specie.
Per concludere speriamo che, come credeva J.P.Richter che scriveva :" La libertà
genera motti di spirito ed i motti di spirito generano la libertà." (32), l'umorismo
ed i Jokes aiutino l'uomo a diventare sempre
più libero mentalmente e fisicamente.
II.5 L'UMORISMO
INGLESE.
Di origine ebraica, nato e vissuto fino al 1940 in Ungheria, trasferitosi a Londra dove è rimasto per il resto della sua vita, Mikes ha nel frattempo visitato buona parte del mondo ed essendo un grande osservatore è senz'altro la persona idonea ad esprimere dei giudizi sensati sui vari umorismi nazionali. Questo non significa che abbia scritto a lungo su di essi; piuttosto ha ricavato dai suoi viaggi il materiale per sviluppare la sua produzione.
Nei libri dedicati all'umorismo di cui stiamo parlando ha però tracciato delle
brevi rappresentazioni dei diversi tipi di humour, che
ci possono aiutare a sviscerare sempre
meglio la questione:
Mikes vuole sottolineare alcune peculiarità ovviamente legate alle caratteristiche
tipiche dei vari popoli. E' ovvio che più il mondo comunica al suo interno, più le
caratteristiche si uniformano e quindi anche l'umorismo tende a diventare più omogeneo,
ma questo è un processo che richiederà ancora parecchio tempo e per il momento, ciò che
ci da più affidabilità rimane ancora il
passato.
Un posto di rilievo è ovviamente occupato dall'umorismo inglese, e non poteva
essere altrimenti per un autore che ha trovato in questa nazione ed attraverso la sua
lingua la propria completa realizzazione.
E' comunque un luogo comune, largamente accettato, che il terreno, il carattere e
la letteratura nazionale inglese siano dei catalizzatori estremamente efficienti per la
crescita e lo sviluppo dello "humour".
Il Cazamian nel
suo studio sullo sviluppo dell'umorismo inglese scrive: "Humour is not the previlege
of any country or any time. In its broadest connotation, it is an aspect of thought, or an
aesthetic category. The present inquiry is not concerned with the general object. Humour
is essentially concrete; it has its roots no less, and more, in the originality of
national groups, than in the faculties of the abstract human being. Its growth may thus be
regarded as part and parcel of the moral life and mental progress of a people; and it is
studied here as such." (33)
Anch'egli dunque conferma la stretta connessione tra umorismo e peculiarità nazionali e
soprattutto ribadisce la preminenza della nazione Britannica in questo settore: "Let
it be far from us to suggest that England or rather Great Britain has a monopoly of
humour: other nations possess their full share, and humour indeed is as old as
civilization. But it is no mere accident that a name should have found for it, and that it
should have first grown to a realization of itself, on British soil."
(34)
Possiamo dedurre che all'interno di una nazione vi sono elementi ben specifici che favoriscono lo sviluppo
di questo fenomeno e sempre il Cazamian ci spiega il perchè: ".... they
evince in their constitution a somewhat special affinity with the temper of Humour.
A
sense of the actualities of things they have ever displayed pre-eminently; the
concreteness of their thought, their "mental materialism", and that intuitive
perception which goes at least some way to extend their grasp of the practical over the
field of the spiritual, are justly noted characteristics."
(35)
Valutare i motivi della predisposizione allo humour significa anche capirne meglio
i meccanismi di creazione e di interpretazione.
Per Robert Escarpit alla base di questo umorismo c'è
una dualità di fondo: "....toute l'histoire de la littérature anglaise et de l'âme
anglaise à travers sa littérature nous livre le double et énigmatique visage d'un
optimisme triste et d'un pessimisme gai." (36)
Questa riflessione ben coincide con quella già
espressa dal Taine nelle sue note
sull'inghilterra: "Ils l'appellent humour; en general, c'est la plaisanterie d'un
homme qui, en plaisantant, garde une mine grave."
(37)
L'origine di questa dualità è forse dovuta, secondo l'interpretazione di alcuni
studiosi alla fusione di varie civiltà entro il suolo britannico.
Carlo Izzo è per l'appunto uno
dei sostenitori di questa teoria: "Si tenga presente, ora il carattere composito
della civiltà britannica, al remoto fondo celtico della quale si sovrappose, nel quinto
secolo dopo Cristo, la civiltà germanica anglosassone, e poi, per il tramite della
conquista franco-normanna del 1066, la civiltà franco-latina. La consistenza entro il
medesimo ambito culturale, di civiltà così diverse, ha portato a una facoltà di
sdoppiamento degli individui, e quindi di autocritica, e di conseguenza a una capacità di
sorridere di se stessi, che sta alla radice di alcuni aspetti tra i più tipici
dell'umorismo britannico.
(38)
Anche
Robert Escarpit è dello stesso parere e riporta l'opinione dell'anglista francese Floris Delattre: "Il y voit le fruit du
mariage de la joie de vivre française avec la morosité anglosaxonne lors de l'invasion
normande."
(39)
Rimane in ogni caso difficile giudicare la reale validità teoretica delle diverse
interpretazioni, Mikes dal canto suo, in qualità di acuto umorista, esprime come al
solito osservazioni degne di nota; egli riscontra una estrema tendenza e volontà degli
inglesi a comportarsi in modo critico e corretto, pratico e pungente; da qui egli ricava
gli elementi caratteristici del loro "humour", non senza aggiungere alle sue
speculazoni un pizzico di ironia:
Dunque l'umorismo inglese rifletterebbe la
"Fairness" del suo popolo; certo potrebbe trattarsi di falsità, di un
atteggiamento ipocrita, e naturalmente vi sarà un mucchio di "sham-fairness"
nella nazione inglese, ma comunque questo non toglie nulla ai suoi abitanti anzi forse
potenzia la loro natura umoristica ed inoltre li rende senza dubbio un prelibato oggetto
per le divertenti speculazioni di qualche arguto scrittore.
La capacità di autocritica , un forte senso dell'auto-ironia e la capacità di
ridere di se stessi sono ulteriori capisaldi dell'umorismo inglese:
Ciò è provato dal fatto che i libri di Mikes, benchè in effetti tratteggiassero
più i difetti che le qualità degli inglesi, furono ugualmente accolti con grande
simpatia.
Mikes prosegue analizzando l"understatement":
L'"Understatement" è sicuramente una figura di spicco dell'umorismo; è
un sottile e chiaro esempio di come la tecnica e la manipolazione linguistica riescano a
suscitare riso e non solo quello, senza però esporsi in modo troppo evidente;
particolarità che ben si confà alla riservatezza, alla "privacy", alla
"respectability" inglese. L"'understatement" si avvicina infatti
all'ironia, all'antifrasi o alla litote, figure semantiche che in un determinato contesto
possono essere cariche di ambiguità, visto che comunicano attraverso l'implicito e
l'allusione.
L'"Understatement" è dunque una
comoda maschera per proteggersi da eventuali reazioni negative che potrebbero scaturire da
un colloquio meno velato, e quindi più sincero e passionale.
Robert Escarpit
paragona appunto l'"understatement" alla litote e all'ironia : "La figure
rhétorique la mieux adaptée a l'ironie est évidemment la litote, qui dit le moins pour
le plus. Litote quotidienne, l'"understatement" britannique suspend l'évidence
des proportions réelles....."
(40) e suggerisce in questa
definizione una delle interpretazioni più originali dell'umorismo, e cioè quella
elaborata dal Cazamian.
Nello stesso saggio Escarpit analizza
dettagliatamente la visione di Cazamian
sull'umorismo, e mette in luce la famosa "Sospensione del giudizio", cioè
l'arresto del nostro giudizio nei confronti delle nostre reazioni alle percezioni della
vita stessa, che sarebbe, per gli studiosi francesi, alla base del fenomeno umoristico.
(41)
Avremo modo di ritornare più dettagliatamente su
queste interpretazoni, ma già fin d'ora possiamo affermare che la tecnica
dell'"understatement" consiste nel
porre un freno al proprio pensiero, nel controllare le proprie emozioni; e questo non
sfugge a Mikes:
Nell'ambito di queste ulteriori
riflessioni, riusciamo a comprendere, da una parte come tali ritrovati possano mascherare
il lato più codardo dell'umorismo, e dall'altra come il non esporsi troppo al fanatismo
degli estremi possa far conservare un certo equilibrio di spirito, elemento fondamentale
per l'esercizio critico delle proprie facoltà mentali.
Parlando dell'umorismo inglese non poteva mancare,
nei testi di Mikes, un brillante elogio della letteratura "Nonsensical":
Un genere di letteratura tipica del
suolo britannico dunque, che gioca con le parole, con i significati ed i significanti,
nella tradizione dei paradossi e degli ossimori del periodo Elisabettiano.
Fenomeno tipico del XIX° secolo e di quel periodo vittoriano, compromesso tra un
sentimento individualistico anelante di libertà ed uno stretto rigore delle norme
sociali, il "nonsense" ben si addice alla natura dell'umorismo, infatti nega la
realtà più stereotipata, le regole e le convenzioni della nostra esistenza e senza
inibizioni gioca con la fantasia per creare nuovi sensi: attraverso l'invenzione di un
mondo pazzo nega la serietà del nostro universo e per questo è un mezzo estremamente
efficace nelle mani sia del poeta, sia del saggio umorista.
Riusciamo ad intravedere nel gioco del "nonsense" uno sfogo per la nostra
fantasia frustrata dai tanti obblighi sociali e questo fa si che l'umorismo
"nonsensical" assuma una funzione ludica e liberatrice.
La relazione tra "nonsense", estremo gioco verbale, e gioco in senso lato
è indubbiamente avvertibile ed è interessante valutare la sua stretta connessione con
l'umorismo e la comicità.
Giulio Ferroni ricorda Baudelaire per il
quale il gioco infantile è una delle forme in cui più intensamente si da la rottura della falsa razionalità
sociale, della morale
borghese del lavoro e della serietà.
(43)
Per Dugas: "Le principe du rire est le jeu.
Jouer, c'est affranchir de toute contrainte, se détendre, donner libre cours à son
immagination, à sa nature, prendre légèrment toutes choses et soi-même. Le jeu
explique le rire tout entier: ses caractères, ses espèces, son évolution."
(44)
Anche per Bergson la comicità ha una
funzione ludica (45) e sia per lui che per Freud l'umorismo ed il comico avevano strette relazioni
con il gioco ed il sogno, oltre che con la follia; Freud considerava appunto il comico
come un recupero del riso infantile, "ciò che mal si adatta all'adulto." (46);
tutti accostamenti che testimoniano come queste entità abbiano la funzione di sfogo e di
scarico di una certa tensione psichica e si identifichino come forme di difesa alle
insidie del mondo esterno.
Nonsense, giuoco e riso si integrano perciò perfettamente e quindi il vero
umorista non può che avere in sè l'anima del fanciullo e amare il "nonsense".
Mikes ci offre una conferma di tutto ciò:
Questo passo si collega a quanto detto precedentemente e ci illustra come la
mentalità dell'umorista sia fantasiosamente lontana da quella realtà triste che egli
rigorosamente osserva intorno a lui; per questo gli ama evocare il "nonsense",
infatti grazie ad esso può rifarsi ad un mondo referenziale più vasto ed articolato che
lo aiuta psicologicamente ed artisticamente, a sopravvivere e a farci sopravvivere.
NOTE
(1)
Mikes, G. How To Be an Alien.
Andrè Deutsch,
London 1958. (I Ed.
1946)
(2) (Escarpit, R.
op. cit. pp.
71)
(3)
Mayer, T. L'Humour Anglais. René Julliard, Paris 1961.
(4)
Daninos, P. Tout l'Humour du Monde. Hachette, Paris 1958 (pp. 17-19-103)
(5)
Mikes, G. Humour in Memoriam. London Routledge & Kegan Paul in association with
André Deutsch, London 1970.
(6) (Croce, B. op. cit. pp. 287)
(7) Bergson, H. Il Riso.
Rizzoli, Milano 1961 (tit. orig. Le rire 1900). L'autore in questo testo sottolinea
appunto che il riso è un "castigo", "ispira timore",
"reprime" (pp 48), e ancora: "esso ha la funzione di intimidire
umiliando."(pp.151) ecc.ecc.
(8) "Gli autori che si rifanno esplicitamente all'etologia sono propensi
a classificare il riso tra i fenomeni attinenti alla sfera dell'aggressione." in
Ceccarelli (op.cit. pp.85)
(9) Grotjahn, M. Saper ridere. Longanesi, Milano 1961. (ed.
orig. 1957.)
(10) Quanto sopra affermato è individuabile nel seguente schema:
dove: (x) e (z) sono i co-ridenti; (y)
è l'oggetto del riso; (r) è lo stimolo r capace di suscitare il riso e generato da (y);
(a) è un messaggio del riso di natura antiaggressiva e antigerarchica; e (b) è un
messaggio ambiguo che appartiene senz'altro alla categoria dei "messaggi
aggressivi". (cfr, Ceccarelli. pp. 87- 90)
(11) (cfr. nota 28 Cap.
I°
pp. 31)
(12)
(Freud, S. op. cit. pp. 142)
(13)
(Freud, S. op. cit. pp. 144)
(14)
(Freud, S. op. cit. pp. 261)
(15)
Freud, S. " Der Humour."
1927 (trad. ital. L'Umorismo
vol. X Boringhieri, Torino 1978 pp. 505.)
(16) Citazione di M. Bontempelli
riportata nell Enciclopedia dell'Umorismo. (a cura di Guasta.G.) Omnia
Editrice, Milano 1964 (pp. 16)
(17) (
Grotjahn, M. op, cit. pp. 17-18)
(18) Theodor Reik IL Masochismo
nell'Uomo moderno.(1940)
Sugar, Milano 1963 e The Jewish Wit New
York, 1962.
(19) "Il caso più rozzo di Humour - quello notocome
Galgenhumour (letteralmente: humour da forca humour macabro) può illuminarci su questo
legame. Unfurfante che era stato condotto all'esecuzione unlunedì osservò:" Bene,
la settimana comincia in mododavvero
simpatico."
(Freud, op.
cit. pp. 261)
(20) Per Bergson l'insensibilità che
accompagna ordinaria mente il riso è un
sintomo degno di attenzione, ed il comico esige per produrre tutto il suo effetto, qualcosa come un'anestesia momentanea. (op. cit.
pp. 39)
(21) Max Eastman scrive appunto:
"Il riso sarebbe perciò una specie di "parafulmine" contro lo shock -
"shock absorber", rappresenta la capacità di trovare uncerto tipo di piacere anche nelle delusioni."
nell'opera The sense of humour.
Scribner, New
York-London 1921.
(riportato
in Ceccarelli op. cit. pp. 296)
(22) Panzini, A. DizionarioModerno (1905)
cit. nell'articolo sull'Umorismo dell'Enciclopedia Italiana Treccani.1949
(23)
(Bergson, H. op. cit. pp. 39)
(24)
Chapiro, M. L'illusion comique, Presses Universitaires de France, Paris 1940 (in
Ceccarelli op. cit. pp.299)
(25)
Dumont, L. Des causes du rire.
Durand, Paris 1862. (in Ceccarelli
op. cit. pp. 277)
(26) ( Pirandello, L. op. cit. pp. 154)
(27) Koestler A. L'Atto della
Creazione.
Ubaldini,
Roma 1975 (The act of creation.
1969) Il testo di Koestler fornisce una
teoria dei processi mentali che sono alla base della creatività artistica, scientifica e
comica.
(28)
Nash W. The Language of humour. Longman, New York 1985. ( pp. 35 ).
(29)
( Freud, S. op. cit.
pp. 125)
(30) ( Ceccarelli, F. op. cit. pp.
143-144 ; cfr. inoltre la nota 29 del I° Capitolo pp. 31. )
(31)
( Freud, S. op. cit. pp. 33)
(32) (Citazione riportata nel testo di
Freud, Il Motto di Spirito.
op. cit. pp. 45 )
(33)
Cazamian, L. The Development of English Humour.
Duke U.P. Durham (North Carolina) 1952. (pp. 1)
(34)
( Cazamian, L. op. cit. pp. 7 )
(35)
( Cazamian, L. op. cit. pp. 7 )
(36)
( Escarpit, R. op. cit.
pp.23 )
(37)
Taine, H.A. Notes sur l'Angleterre.
1872 (citato in Tony Mayer op. cit. pp.20)
(38)
Izzo, C. Umoristi Inglesi Edizioni
Eri, Torino 1962. (pp. 16-17)
(39)
Floris Delattre. "La naissance de l'humour dans la vieille Angleterre."
Revue anglo-americaine.
1927
pp. 289-307 (riportato in Escarpit R. op. cit. pp.23)
(40)
( Escarpit, R. op. cit. pp. 98)
(41)
( Escarpit, R. op. cit. pp. 77)
(42)
Mikes, G. English Humour for Beginners.
André Deutsch, London 1980.
(pp.52-53)
(43) Ferroni, G. Il comico nelle
teorie contemporanee. Bulzoni, Roma 1974. Ferroni fa espressamente riferimento ai
seguenti saggi di Baudelaire: "De l'essence du rire."
1855 e
"Morale du joujou" del 1853 inclusi entrambi tra le Curiosités
Esthétiques. Garnier. Paris, 1962.
(44)
Dugas, L. Psychologie du rire.
Alcan. Paris, 1902 (pp.102-103)
citato in Ceccarelli op. cit. pp.315
(45)
( Bergson, H. op. cit. 76) (46) ( Freud, S. op. cit. pp. 203) Indice Capitolo I° Capitolo II° Capitolo III°
Bibliografia G. Mikes C.W. Brown Sommario 60,000 ENGLISH QUOTES DAIMON SPIDER Copyleft © 1997-2020 www.daimon.org C.W. Brown |