PREMESSA
Innumerevoli sono gli studiosi che si sono occupati del fenomeno comico-umoristico
e che hanno cercato di spiegare le ragioni psicologiche e sociali del riso; tale
constatazione di fatto è una sicura prova dell'importanza che la questione riveste
nell'ambito della ricerca culturale. Per di più la letteratura anglo-sassone ha offerto
nel corso dei secoli brillantissimi esempi di scrittori satirici ed umoristici; perciò
vari anglisti hanno dedicato grande interesse a tali autori ed alle tematiche congiunte
alla loro scrittura.
Non va poi dimenticato che il riso, le battute di spirito, ed il linguaggio comico
in generale rivestono una grande importanza nel mondo teatrale e cinematografico, come del
resto nella vita sociale di ogni giorno.
Per tali ragioni e per un interesse del tutto personale, ho creduto opportuno
dedicare tale lavoro all'analisi dell'opera di uno scrittore umorista qual è George
Mikes.
Poichè non esistono su tale autore libri di critica, ho impostato la ricerca
basandomi sull'ampia bibliografia che tratta delle tematiche comico-umoristiche in
generale ed ho cercato quindi di valutare quale possa essere il contributo di una certa
letteratura, e nel caso specifico di tale autore, all'etica ed all'estetica
dell'esistenza.
Ho
cercato inoltre, applicando le diverse teorie sul comico all'analisi di una certa produzione artistica, di individuare,
attraverso confronti e parallelismi, quali siano effettivamente le caratteristiche del
fenomeno umoristico; soffermandomi con particolare attenzione sugli aspetti psicologici e
sociologici della questione.
CAPITOLO I°.
I.1 IL
TERMINE UMORISMO. LE ORIGINI.
Secondo la concezione ippocratica, ripresa poi nel II°secolo d.C. da Galeno e
successivamente, nella fisiologia medievale e rinascimentale, da Ben Jonson e Robert Burton, gli
"Humours" (umori) erano liquidi (1)
contenuti all'interno del corpo ed erano elementi fondamentali
per la preservazione dell'organismo. Il giusto equilibrio di tutti questi componenti era
necessario per una buona salute e la malattia derivava proprio dall'irregolarità di
questa mistura. Tale dottrina, detta dell'Umoralismo,
serviva quindi a stabilire il "temperamento" di un individuo, cioè il suo
"carattere" ed era alla base della individuazione patologica del tempo. Successivamente il temine
"Humour" venne ad indicare una condizione di squilibrio mentale, un vizio, una
mania, una valenza negativa dell'individuo.
Ben Jonson, nel suo "Every Man out of his Humour"
distingueva due tipi di "humour"; il primo legato alla natura intrinseca del soggetto
(True Humour) ed il secondo legato
alle condizioni sociali dell'epoca, alla moda (Adopted Humour). In
questo tipo di commedia, detta appunto "Comedy of humours" egli tratteggiò una
acuta analisi della società del suo tempo, che offriva umori e modi adatti alla
rappresentazione satirica. Non a caso nel Rinascimento apparve "L'Elogio
della Pazzia" di Erasmo da Rotterdam
che venne affermando l'embrione di quello che sarebbe stato il nuovo spirito critico delle
generazioni future.
L'opera è indicativa ed illuminante per poter meglio affrontare il fenomeno
umoristico, infatti parte proprio dall'autocritica e dall'analisi dei difetti dell'uomo
per evidenziare gli aspetti irrazionali o folli della psiche umana; guardando le cose alla
rovescia e facendo uso di strumenti come il paradosso e l'ironia, attacca satiricamente
tutte le classi sociali consolidate dell'epoca e va affermando una nuova libertà
intellettuale. Il mondo stava cambiando, il nuovo universo era alle porte, i grandi
pensatori non si accontentavano di un'interpretazione fissa della realtà, non accettavano
i "dogmi" e gli "idola" del passato e si battevano per affermare le
loro idee, le loro scoperte, i loro metodi. Fù di questo passo che attraverso le ricerche
e gli scritti di Galileo, Keplero, Copernico, Campanella, Bacone, Leonardo, Newton, Locke,
Hobbes ecc. la vecchia concezione del mondo
crollò e apparve l'attuale configurazione.
L'apporto della cultura e della ricerca anglosassone fu indispensabile al processo
di rinnovamento e nel frattempo nell'ambito letterario gli inglesi cominciavano ad essere
orgogliosi per l'eccellenza delle loro commedie e andavano affermando che queste erano
superiori a quelle degli antichi e dei moderni francesi grazie al loro "humour".
Il primo che cercò di spiegare la particolare eminenza dello humour negli inglesi fu William Temple che nella sua Of poetry del 1690 asserì che la natura
umoristica era propria della nazione inglese ed era dovuta alla ricchezza del suolo, alla
tolleranza del governo e all'incertezza del
clima. (2) Il termine perdeva così la sua valenza negativa di "affected manner"
e diventava un'espressione naturale e caratteristica di una nazione di uomini liberi e
ricchi.
William Congreve in Concerning humour in comedy (1695)
confermò le osservazioni di Temple ed un altro
scrittore nel 1777 condensò la storia del "True humour" in poche parole
dicendo: "At length Commerce, and her companion Freedom, ushered into the world their
genuine offspring, True Humour." (cfr. nota 2).
Un nuovo clima culturale, più liberale e democratico, più espansivo e
scientifico, andava sempre più affermandosi, grazie anche e soprattutto alla grande
Rivoluzione del 1688, che aveva reso consapevoli gli inglesi della loro libertà e
delle loro forti potenzialità. E' evidente che il concetto di "Humour" andava
sviluppandosi in stretta connessione con l'evoluzione del concetto di "Natura"
che appariva in tutte le sue più varie manifestazioni, proprio nelle classi che
avevano un ordinamento di regole più elastico, meno influenzato dai modelli culturali
dell'epoca e dove i sentimenti naturali e primordiali erano parte integrante di tale sistema di vita.
A questo punto il termine aveva assunto valenze positive, indicava lo stato d'animo
e la disposizione intellettuale di una classe liberale e ottimista, incline all'allegria,
estremamente fiduciosa nelle proprie possibilità, attenta alla fenomenologia del reale,
pronta a criticare e a divulgare. Lo spirito di questo nuovo atteggiamento è
riscontrabile in un celebre brano dell'Addison (3)
dove l'autore affermava che dalla Verità (Truth) nasce il Buon Senso (Good Sense), e da
questo lo Spirito (Wit), il quale Spirito, sposandosi con una parente di linea
collaterale, l'Allegria (Mirth) genera lo " Humour".
Sin dalle origini dunque tale "Humour" si
caratterizzò come una realtà complessa; questo contribuì a generare un po' di confusione, soprattutto in chi cercò di
definirlo, tanto che nell'edizione dell'Enciclopedia Britannica del 1771 l'autore dell'
articolo sull' Umorismo, invece di elaborare una
definizione precisa, rimandò i lettori
a due altre voci ecioè "Fluido" (Fluid) e "Spirito" (Wit). (4)
Dunque fù proprio in questo
periodo storico che si
preparò il terreno che genererà in seguito scrittori che esalteranno
con le loro opere la letteratura inglese e con-
tribuiranno al successo di quello che ormai era diventato un vero e proprio stile.
I.2 DALL'EPOCA
ROMANTICA AI TEMPI MODERNI.
Con l'epoca romantica le definizioni si sviluppano ulteriormente, sino a delineare
il concetto di "Umorismo" in modo sempre più articolato e profondo. L'Umorismo
sembra diffondersi sempre più con l'evoluzione culturale della società stessa e sembra
diventare la caratteristica peculiare di quello che è ormai un nuovo spirito vitale,
tipico delle popolazioni anglo-germaniche, infatti come scriveva il Nencioni: "L'antichità, nel suo felice
equilibrio dei sensi e dei sentimenti, guardò con calma statuaria anche nelle tragiche
profondità del destino. L'anima umana era sacra e giovine allora, né il cuore e
l'intelligenza erano stati tormentati da trenta secoli di precetti e di sistemi, di dolori
e di dubbi. Nessuna penosa dottrina, nessuna crisi interiore aveva alterato la serena
armonia della vita e del temperamento umano. Ma il tempo e il Cristianesimo hanno
insegnato all'uomo moderno a contemplare l'infinito, a paragonarlo con l'effimero e
doloroso soffio della vita presente. Il nostro organismo è continuamente eccitato e
sovraeccitato; e secolari dolori hanno umanizzato il nostro cuore. Noi guardiamo
nell'anima umana e nella natura con una simpatia più penetrante, e vi troviamo delle
arcane relazioni e un'intima poesia ignote nell'antichità.... Il riso d'artista e la
comica fantasia di Aristofane, alcuni dialoghi di Luciano, sono eccezioni. L'antichità
non ebbe, nè poteva avere, letteratura umoristica.... Si direbbe che questa sia la caratteristica
delle letterature anglo-germaniche. Il cielo crepuscolare e l'umido suolo del Nord
sembrano più acconci a nutrire la delicata e strana pianta dell'Umorismo." (5)
Questa è un'opinione condivisa anche da Giorgio
Arcoleo, che evidenziò il ruolo fondamentale della Riforma Protestante e del Libero
Esame nello sviluppo di questa nuova mentalità; " Finalmente nella materia come
nello spirito sorge un nuovo mondo. E' un periodo di esultanza e al tempo stesso di
mestizia e di riflessione: ma si rivela con due tendenze spiccate, l'una presso le razze
germaniche, l'altra presso le latine: lì il Libero Esame o la Riforma: qui il culto della
bellezza e della forza, la Rinascenza. I contrasti si moltiplicano nelle istituzioni,
nelle leggi, nella letteratura.... Non è antitesi percepita dall' intelletto o intravista
dalla fantasia: non è lotta contro la natura umana, come nell'età di
mezzo; è dissonanza che stride in
tutte le sfere del pensiero e dell'azione: è il dissidio tra lo spirito nuovo e le forme
vecchie. In tale situazione il trionfo dell'uno o dell'altra ha influenza sulle
istituzioni, sulla scienza, sull'arte. Qui appunto va notata la differenza che spiega
in gran parte, perchè l'umorismo ebbe tanto sviluppo presso le prime, e riuscì quasi
nullo presso le seconde." (6)
Da allora una miriade di pensatori cercarono di analizzare e spiegare il fenomeno;
e tutti trovarono non pochi problemi nell'esprimere una definizione compiuta e
soddisfacente. Ognuno ha avanzato
ipotesi più o meno azzecate, ma all'interno di questa confusione babelica sul termine e
la natura degli umoristi, una cosa rimane evidente, ed è l'estremo interesse che la
problematica suscita. Un altro aspetto palese è la nuova sensibilità e capacità critica
di una cultura che porta l'uomo ad indagare sempre più nel profondo delle questioni,
conservando però una calma riflessiva ed un atteggiamento civile e tollerante. Il Pirandello, parlando nel suo saggio dell'essenza
dell'umorismo, notava argutamente: "La caratteristica, ad esempio, di quella tal
peculiar bonarietà o benevola indulgenza che scoprono alcuni nell'Umorismo, già definito
dal Richter: " Malinconia d'un animo superiore che giunge a divertirsi
finanche di ciò che lo rattrista." (7)
L'autore citato da Pirandello coniò parecchie definizioni dell'umorismo e
contribuì sicuramente a diffondere il prestigio di questo nuovo metodo nell'affrontare
l'analisi del reale. La descrizione migliore, secondo il suo modo di intenderlo, è
quella che riportò il Pirandello stesso nel suo saggio: "L'umore romantico è l'atteggiamento grave di chi compari il piccolo mondo finito con l'idea
infinita: ne risulta un riso filosofico che è misto di dolore e di grandezza. E' un
comico universale, pieno di tolleranza cioè e di simpatia per tutti coloro che
partecipando della nostra natura ecc. ecc.." (8). La nuova sensibilità romantica e
la tendenza ad affrontare la realtà in modo diverso e meno convenzionale risultano
evidenti in queste citazioni. Anche il Croce
rilevò, nel suo articolo sull'Umorismo le interpretazioni del Richter
: "Al Richter, com'è noto, risale la prima larga trattazione dell'umorismo, il quale
secondo lui, era il comico romantico, un sublime a rovescio, quella disposizione per cui
si cerca non più la stoltezza dell'individuo, ma la stoltezza del mondo." (9). Sigmund Freud nella sua opera (10) non tralasciò
il Richter e riportò queste sue frasi: "La libertà genera motti di spirito ed i
motti di spirito generano la libertà." e proseguì: "Profferire motti di
spirito significa semplicemente giocare con
le idee."
Dopo il periodo romantico, che ormai aveva digerito le varie conquiste
intellettuali del Rinascimento e dell'Illuminismo,
il mondo acquisisce un'inedita maturità e
scopre altre frontiere: ed in questa ennesima avventura anche l'umorismo gioca il suo
ruolo, come sottolinea indirettamente Domenico
Volpi che scrive: " Soprattutto
l'umorismo è una porta aperta verso "altre dimensioni" della realtà, la quale
non si ferma a ciò che è tangibile e
fruibile dai sensi, ma ha altri aspetti, può essere trasfigurato dalla fantasia, o
dall'umorismo. Vedere "l'altra faccia" delle cose è non farsi condizionare da
esse: superare la realtà immediata e conquistarne un'altra più profonda, da noi stessi
creata, è segno della libertà dello spirito. E' disponibilità dell'animo ad ogni dono o
sorpresa o scoperta gioiosa. E' un respiro più ampio. (11)
I.3 GEORGE
MIKES: NOTIZIE BIOGRAFICHE.
George Mikes nacque il 15 febbraio a
Siklós, un paese situato nell'Ungheria del sud. La famiglia era di origini ebraiche ed il
padre, avvocato, ne consentiva l'appartenenza alla classe dei professionisti, situata tra
l'aristocrazia e la classe dei lavoratori (contadini). Alfred Mikes era dotato di una
buona vena umoristica e si interessava di letteratura, non disdegnando l'hobby della
scrittura, doti che non mancheranno di influenzare il giovane George. La fanciullezza di
George fu spensierata, la sua educazione non eccesivamente severa, ma comunque ben curata;
egli stesso seguì infatti gli studi del fratello Tibor e della sorellastra, Hédy.
George restò orfano di padre all'età di dieci anni e due anni più tardi la
famiglia si trasferì a Budapest, dove la madre un anno dopo si unì in matrimonio col
fratello dell'ex-marito, che svolgeva l'attività di medico. George accettò di buon grado
la situazione, questo già a dimostrazione della sua serenità di spirito. Ecco come nella
sua autobiografia egli rievoca il fatto:
La nuova famiglia non ebbe particolari problemi, grazie anche all'agiatezza della
situazione economica. La madre desiderava che il figlio diventasse egli stesso medico o
almeno avvocato, ma il piccolo George era di parere diverso ed aspirava invece ad
intraprendere la carriera giornalistica.
I risultati scolastici di George furono sempre soddisfacenti ed egli risultava
particolarmente brillante nelle materie letterarie, come del resto anche nelle
scientifiche. Finito gli studi liceali, ed ottenuta la maturità, George si iscrisse alla
facoltà di Legge ed iniziò contemporaneamente a frequentare la redazione di un giornale
locale: "A Reggel" (Il mattino.), l'equivalente dell'inglese
"Sundays". Negli anni a seguire George riuscì sia a diventare giornalista, sia
a laurearsi in legge (1934). Egli si interessava di vari argomenti, ma i suoi articoli
erano principalmente di critica teatrale, mondana e cinematografica. In questi anni
frequentava giornalisti, attori, intellettuali vari che si radunavano nei vari caffè di
Budapest e respirava un'aria dove il buon senso e, per meglio dire, il senso dell'umorismo
non mancava di certo: a questo proposito la
sua autobiografia è indicativa:
Il lavoro al giornale fu un tirocinio molto costruttivo, egli scrisse ogni genere
di articoli, con la sola eccezione di quelli sportivi e politici, che non mancheranno
invece nella sua produzione successiva.
All'epoca il periodo nazista non sembrava imminente e il giovane conduceva una vita
senza preoccupazioni. Cominciò a scrivere su una rivista di teatro e frequentava i soliti
amici giornalisti e attori. Poco tempo dopo la pressione nazista sull'Ungheria aumentò e
furono annunciate le prime leggi anti-ebraiche. Visto che George non aveva mai voluto
publicizzare il fatto di essere ebreo cominciò a maggior ragione a sentirsi in inbarazzo
e nel frattempo maturava l'idea di espatriare. Dapprima pensò di andare in Francia, poi
gli fu consigliato di recarsi in Inghilterra; e proprio la riuscì ad andare in qualità
di inviato di un paio di giornali di Budapest; avrebbe dovuto fermarsi una quindicina di
giorni per mandare notizie fresche da
Londra, ma in realtà non fece più ritorno, molto probabilmente anche a causa dello
scoppio della Seconda Guerra Mondiale. A Londra nonostante
i tempi non troppo felici e tranquilli, egli continuò ad avere una vita spensierata e
riuscì a diventare una grande giornalista e un
grande scrittore; proprio un individuo fortunato e felice, come egli stesso non tralasciò
di ammettere.
Per tutto il resto della sua vita egli visse a Londra, eccetto naturalmente i brevi
periodi, dedicati ai viaggi, trascorsi all'estero. Egli in un primo tempo continuò a
mandare articoli ai giornali di Budapest, poi successivamente riuscì ad impiegarsi presso
la B.B.C. (Sezione Ungherese.)
La Comunità Ungherese a Londra era cospicua e George viveva assieme ad altri
intellettuali ed artisti, frequentando persone destinate ad avere un buon successo nelle
rispettive carriere, come ad esempio Arthur Koestler, André Deutsch ed altri. La sua
attività di scrittore iniziò con dei libri che raccontavano storie di personaggi
coinvolti con gli incalzanti avvenimenti di guerra in Europa e non portavano neanche il
suo nome, ma erano spacciati per racconti autobiografici dei protagonisti. Di questo passo
George conobbe editori e scrittori vari ed iniziò a farsi strada nel mondo della
letteratura.
In questi anni Mikes si sposò, ebbe un figlio, Martin, e con altri amici fondò il
movimento degli Ungheresi Liberi di cui occupò varie cariche.
Alla fine della guerra, un suo libro, il lavoro di un reporter e non di uno
scrittore, come pensava lui, intitolato, We Were to Escape che raccontava
la storia di un capitano slavo scappato dalla Germania, ebbe un notevole successo e fu
venduto in un attimo.
La recensione
del "Times Literary Supplement" diceva così: " There is a peculiar kind
of
Slav humour in this work, and all through this narrative it is more or less present. Even
without it, the story would be one of the best that has come out of the war... It is
something new in the way of escapes from P.O.W.
camps and is full of thrills and exiciting adventures with humour added, it has the light
touch that turns unpleasant and indeed horrifying experience into good reading. Even the
appalling monotony of camp life.... is presented in a comic light."
(13)
Questa recensione fece capire a Mikes di avere buone possibilità di riuscita come
scrittore, egli infatti nella sua autobiografia scrisse:
Il piccolo libro ebbe grande fortuna, varie edizioni si susseguirono e gli editori
stranieri comprarono i diritti di pubblicazione. Questo diede a George Mikes una certa
stabilità economica e così nel 1951, cinque anni dopo la pubblicazione di How To Be an
Alien, lasciò
il suo lavoro
alla B.B.C.
Da allora, dopo essersi separato dalla prima moglie e sposato nuovamente, cominciò a girare il
mondo ed a scrivere libri, a cadenza quasi annuale, sulle sue nuove esperienze di vita nei
vari paesi del mondo. La sua produzione
letteraria quindi fu largamente influenzata dai suoi viaggi e soprattutto dal suo stile
umoristico. Mikes scrisse per quasi tutti i giornali inglesi e venne regolarmente invitato
ad esprimere le sue opinioni alla B.B.C. Nei primi anni cinquanta seguì proprio per la
B.B.C. la Rivoluzione in Ungheria, sulla quale scrisse anche un paio di libri.
Mikes conobbe parecchi uomini famosi, tra i quali figurano: Albert Einstein, Arthur
Koestler, Graham Green, J.B.Priestley ed altri; egli fu accettato nei Clubs più esclusivi
di Londra, questo a testimonianza che come voleva la madre egli era diventato un vero
"Gentleman" alla fine.
Negli ultimi anni della sua vita, Mikes non tralasciò di mettere a disposizione la
sua vasta esperienza ed abilità nel mondo della scuola e si prodigò quindi come preside
di un istituto.
Per gli ungheresi egli rimaneva l'uomo che era emigrato ed era diventato uno scrittore inglese, per gli
inglesi rimase
Mikes, l'Ungherese.
Egli scrisse sempre in modo brillante e divertente senza trascurare però di essere
acutamente critico e saggio, come risulta evidente dal brano conclusivo della sua
autobiografia:
Infatti poco prima egli aveva asserito:
"Looking back at my life, it seems that it has been a long string of anecdotes."
Al tempo in cui scriveva
queste frasi, correva l'anno 1982, cinque
anni dopo, il 31 agosto, George Mikes moriva.
BOOKS BY
GEORGE MIKES.
I.4 EIGHT HUMORISTS.
LE PRIME ANALISI SULL'UMORISMO.
George Mikes è un giornalista, un narratore, un attento testimone delle diverse
realtà che lo
circondano, ed essendo per di più un autore brillante costella tutta la sua opera
di considerazioni e riflessioni sull'umorismo. Egli si ritiene solo un arguto osservatore, peraltro "molto saggio", come evidenzia nel corso dei suoi scritti (14), e non fa altro che cogliere tutti idiversi aspetti del mondo che ci circonda e li sottopone poi ad una spietata e rigorosa analisi attraverso le potenti lenti del suo raffinato microscopio intellettuale.
E' la realtà stessa che gli offre il materiale per le sue creazioni, egli si
limita a cogliere i lati paradossali e divertenti del mondo in cui viviamo, sempre in How
To Be a Guru egli riporta infatti:
Le deduzioni di Mikes sono le stesse di molti
altri illustri scrittori; Erasmo e Camus, Voltaire
e Twain la pensavano allo stesso modo ed Henry
Fielding nella sua prefazione a Joseph
Andrews scriveva: "And perhaps, there is one reason, why a comic writer
should of all others be the least excused for deviating from nature, since it may not be
always so easy for a serious poet to meet with the great and the admirable: but life every
where furnishes an accurate observer with the ridiculous."
(15)
Mikes aveva iniziato ad esplorare l'umorismo con
una raccolta di saggi dal titolo Eight Humorists(16);
nella parte introduttiva del testo vi sono
alcune speculazioni letterarie di carattere piuttosto generale, ma egualmente
significative:
L'opera è un'apologia dello scrittore
umorista e tende ad asserirne il valore, a volte sminuito da alcuni critici che
elargiscono i loro favori ad autori considerati più seri e nobili. Al tempo stesso Mikes
mette in luce alcune caratteristiche peculiari dell'umorismo: per esempio il suo piglio
intellettualistico:
Sembra emergere da queste affermazioni la natura inquisitoria, di giudice severo,
che pertiene all'umorista, intento a denunciare ed evidenziare i difetti del nostro
comportamento sociale e per questo a volte screditato, proprio perchè scomodo nei
confronti della falsa virtù e del vero vizio.
Mikes va già pian piano costruendo quella che è una vera e propria filosofia,
concernente tutte le tematiche fondamentali, dalla religione alla politica, dalla storia
alla sociologia, dalla psicologia all'economia. Già
in questo suo primo studio si chiede:
Ciò implica l'idea di un attento osservatore che guarda, cerca di capire,
illustra, critica, ammonisce, spiega e racconta le assurdità della vita stessa e fa il
tutto con una certa soavità e con un brillante "fair play", consapevole che
nella nostra esistenza tutto è interrelato. Da
questa prospettiva egli si avvicina al pensiero del Nencioni
il quale considerava l'umorismo "Una naturale disposizione del cuore e della mente a osservare con simpatica indulgenza le contraddizioni e le
assurdità della vita."
(17). Mikes continua:
Riscontriamo dopo queste affermazioni una
sorprendente analogia di opinioni con il già citato Richter che scriveva: "The observer of a
humorous situation must subjectively identify himself with the object of his laughter and
thereby the object of his laughter is himself as well, indeed all humanity, of which both
he and the object are a part...."
(18).
Proseguendo nell'analisi ci si accorge
che non è del tutto semplice scoprire il vero significato della questione; per esempio il
Baldensperger
, ricordando anche le ricerche del Cazamian
edite nella Revue Germanique del
1906, sosteneva che l'umorismo sfuggiva alla
scienza per il grande numero delle sue variabili e affermava: " Il n'y a pas
d'humour, il n'y a que des humoristes." (19).
Dello stesso avviso troviamo un'altro illustre
studioso, il Croce che asseriva:
"Il critico letterario deve andare oltrequesteosservazioni generiche: deve
individualizzare. Per lui, non c'è l'umorismo, ma c'è Sterne, Richter, Heine..." (20).
Così anche Robert Escarpit (21) e quasi
tutti gli studiosi che hanno analizzato il fenomeno anche in tempi più recenti e sotto
altre angolazioni, come ad esempio il La Fave
(22) che conclude: "L'essenza dello humour attende ancora il suo scopritore.",
sono concordi
nella generale difficoltà di definire
lo Humour.
Dunque non è fuori luogo che anche Mikes non riesca a dare una definizione ed una
spiegazione assoluta all'umorismo. Egli scrive, con il suo caratteristico stile:
Per
capire il paragone bisogna considerare il seguente passo, riportato poco prima:
Da queste considerazioni ci rendiamo conto di come Mikes sia estremamente
pragmatico nell'affrontare la questione, è infatti questa una delle caratteristiche
fondamentali della sua vena letteraria che ci evidenzia come lo scrittore spiritoso sia
estremamente legato alla concretezza della visione .
Si tratta di un sano empirismo che riesce a mettere in rilievo, attraverso la
dialettica metaforica, la relatività delle considerazioni scientifiche, come del resto è
stato sottolineato da eminenti studiosi quali Thomas
Khun, Paul K. Feyerabend, Albert Einstein ecc. (23) e dimostra al tempo stesso la
fragile consistenza di quelle regole e convenzioni che regolano la nostra società e che
non sempre si rivelano degne di rispetto, perlomeno del rispetto dell'umorista che fonda
proprio la sua arte sul tentativo di demolire quanto di più ipocrita e instabile viene
forgiato dalla mente dell'essere umano.
In questa introduzione G. Mikes non tralascia di sferrare alcuni attacchi ad
eminenti pensatori: "I could summarise here all the leading
theories but I shall not do so.
They have
been summarised often enough in excellent treatises (see, for instance, F.L. Lucas: Literature
and Psychology ) nor will I go into the various classification between humour and
wit; or into the categories of comedy, wit, joke, satire irony, mimicry - the last
subdivided into caricature, parody and travesty. There are also enlightening
classifications, they do everything except answer the basic question: what is humour
?"
(pp. 17)
Egli prosegue sostenendo la sua tesi con varie metafore ed approda ad affermare,
quasi come il Croce, che il "problema
umorismo" è una questione filosofica, più che estetico-letteraria: "Of course,
the problem of humour is not a literary but a philosophical question." (pp. 17), dopo
di che elabora alcuni giudizi che suonano tutt'altro che superficiali:
Se Eugenio Camerini scriveva: "Difficile è definire l'umorismo:
fu tentato invano da parecchi esteti: ma, come il moto fu da quell'antico provato col camminare, così noi spiegheremo
l'umore col dimostrare gli umoristi nel loro carattere essenziale e negli andamenti del
loro carattere. (24), Mikes con una fantastica capriola
retorica afferma la priorità dell'umorismo, cioè di quel "flavour" che
egli stesso non sa definire esattamente, ma che conosce a fondo e che sa costruire
linguisticamente al fine di ottenere l'effetto desiderato:
Di fatto, in mezzo a questo mare caotico di incertezze, solo una cosa sembra dotata
di metafisica solidità ed è proprio l'umorismo.
Un'altra certezza che sembra guadagnarsi un posto di tutto
rispetto nella concezione di Mikes è che il compito e la caratteristica di tutti
gli autori brillanti è quella di far ridere e di diffondere così il buon umore, egli
infatti scrive: "The one characteristic shared by humorists is that they make us
laugh - provided of course - that they do."(pp.15).
Si tratta di un'ulteriore e significativa constatazione, che oltre a ritrovare
riscontro in un passo del Krug (25), il quale
definiva appunto l'umorismo come: "una conformazione dello spirito a concepire e
rappresentare le cose in tal modo da mettere l'autore stesso e gli altri in buon umore;
rappresentazione che può avere molteplici sfumature, essere ora più seria, ora più
gaia, ora commovente, ora ridicola, avvicinarsi ora al sentimentale e ora al comico, ma
deve serbare sempre l'impronta della bonarietà, affinchè l'umore non diventi
malumore.", ci apre il campo a tutte le riflessioni sul riso e sul valore terapeutico
dello stesso e quindi per riflesso dell'umorismo in generale. Infatti senza che Mikes
conosca per esempio i moderni scritti di Moody.
o le affermazioni di Chapman e di Grecwald
(26) è chiaro come egli attribuisca un valore positivo all'elemento
"sorriso-riso"; ne abbiamo la conferma leggendo quanto segue:
Nel passo riportato, a parte il giudizio sul Vecchio Testamento, che ci fa ricordare la nota avversione del
cristianesimo e di noti autori religiosi verso il riso, come bene evidenzia Ceccarelli nel suo saggio (27), Mikes
sottolinea l'importanza di saper ridere anche
di sé stessi, quindi è consapevole che ognuno di noi può essere loggetto del riso
che, al contrario delle lacrime purificatrici, ci fa sentire colpevoli. Dunque il riso
avrebbe il compito di accusare ed incolpare qualcuno, ma di quale reato ?
Come si sa si è sempre riso sin dai tempi più antichi di parecchie cose e
principalmente dei difetti e dei vizi dell'uomo, delle sue debolezze insomma, ma poichè
tali debolezze sono intrinseche al genere umano (Errare Umanum Est) Mikes non si sente di
infierire e di assumere il ruolo di implacabile accusatore ed ammonitore e perciò scrive
ed osserva in modo indulgente e simpatico, consapevole che la colpa è generale, e
probabilmente ciò non costituisce un reato, ma solo un'anomalia a cui bisogna cercare di
porre rimedio. Nel riso, perlomeno nel riso dell'umorista è implicita quindi una
compartecipazione alla colpa che permette l'instaurazione di un'intesa tra i ridenti, i
quali si pongono su uno stesso piano e socializzano. L'indulgenza tipica dell'umorismo è
condivisa da vari studiosi e possiamo spingerci oltre affermando che tale peculiarità è
da considerarsi basilare per spiegare il fenomeno . A tale proposito Umberto Eco scrive: L'umorismo non sarebbe
dunque didattico e moraleggiante come la satira, ma tenderebbe a inquadrare
complessivamente l'oggetto, temperando lo sdegno e la beffa nella benevolenza. Così
l'Umorismo diventa, oltre che uno strumento di costruzione narrativa e drammatica, anche
uno strumento di comprensione umana, un sussidio alla vita etica." (28)
Dunque , si cerca così di denunciare gli errori e le
debolezze del genere umano, ma senza infierire. In pratica gli individui ipoteticamente
superiori, che ridono delle manchevolezze altrui (29),
anche se impiegano mezzi arroganti, pieni di motti di spirito, e aggressivi, sono
in ogni caso intenzionati a far scaturire il "riso" o "sorriso" che
dir si voglia, al fine di creare una maggior solidarietà tra gli uomini e favorire così
una migliore e più pacifica convivenza.
(30)
I.5 EIGHT HUMORISTS.
MIKES E GLI ALTRI UMORISTI.
Analizzando ora ciò che Mikes scrive a proposito di alcuni artisti, che hanno in un modo o nell'altro a che fare con il mondo comico-umoristico, cercheremo di mettere ulteriormente in luce quelle che sono le sue posizioni di uomo e di scrittore nei confronti della tematica in questione.
Mikes non prende in considerazione
scrittori o artisti del passato; le sue
riflessioni riguardano i tempi e gli autori a
lui più vicini.
CHARLES CHAPLIN
Il primo grande artista che egli
considera è Charles Chaplin, non solo un
grande clown, ma anche un grande pensatore,
filantropo ed eroe, come del resto è stato definito:
Ecco dunque che la grandezza
dell'artista Chaplin risulta essere istintiva
e proprio per questo più vera e sincera: ciò che viene interpretato come una filosofia
politica non è altro che una mera nobiltà
d'animo e di intelletto che lo portano a
schierarsi dalla parte dei più deboli ed a manifestare
nelle sue opere un atteggiamento di rivolta e di presa
in giro nei confronti dell'autorità: sono proprio queste caratteristiche d'azione che
suscitano il riso nei confronti dei
personaggi da lui ridicolizzati e un sentimento
di solidarietà per quelli invece perseguitati dalla
sfortuna e dalla società.
Le peculiarità di Mr. Chaplin sono senz'altro alla base di qualsiasi presa di posizione umoristica e mettono
in luce quelle che saranno le idee ed i
sentimenti di Mikes stesso, che, sebbene in
un'altra forma, esprimerà gli stessi contenuti.
In queste osservazioni è chiaro che Mikes, analizzando la figura di Chaplin, non
fa altro che dare voce alle sue più sentite
convinzioni.
Al di là di come venga accettato l'umorismo anarchico di Chaplin, resta il fatto che questo grande artista
ha, forse più di ogni altro, interpretato
l'essenza della vita e dell'umorismo stesso
nel migliore dei modi, riuscendo a far ridere
tra le lacrime, e a sucitare un'estrema
simpatia nei
confronti
dei protagonisti dei suoi film. L'artista Chaplin, sempre
a detta di Mikes, con la sua opera sembra
incarnare al meglio la vera identità dell'umorismo; mescolando comicità ed
un sentimentalismo quasi patetico, dissacrando ciò
che non merita rispetto e suscitando la nostra solidarietà
verso i poveri, i deboli e gli indifesi egli inserisce
nella sua opera tutte le qualità necessarie e già individuate
per esempio dal Thackeray e dal Taine, dal Richter
e dal Shaftesbury, da Pirandello o dal Panzini per dar
vita ad una creazione che ha tutti gli ingredienti per
essere sublimamente umoristica.
Dunque Chaplin, mantenendo uno sguardo triste è riuscito a far ridere ed a divertire istruendo, è riuscito a
cogliere i lati tragici e comici
dell'esistenza sublimandoli in un'opera
artistica; egli è dunque un grande umorista ed un grande
clown (31), il più grande come Mikes conclude: "....
to remain the most ingenious of all clowns - the most
serious, thought-provoking and uproarious, the saddest
and most loveable clown who ever trod this globe.
(pp.36)
STEPHEN LEACOCK
Come
Chaplin risultò essere un grande clown, così Stephen
Leacock (32), un professore universitario di economia, volle rimanere o meglio diventare un clown:
Mikes ribadisce ulteriormente
l'esistenza di un umorismo istintivo, innato,
senza regole precise,
frutto di un'osservazione della
realtà e dei suoi lati più divertenti.
Anche in questa analisi dunque egli non perde
l'occasione di far trapelare la sua
concezione più radicata:
In questo caso ci troviamo di fronte un
umorista più disincantato, integrato psicologicamente
nell'ambiente in cui vive. I suoi scritti non sono una spietata analisi della
società, e tuttavia egli rivela una grande ironia, ma soprattutto uno spiccato
gusto del "nonsense", tutti elementi che sono in ogni caso garanzia di Umorismo
anche se possono far assumere al suo pensiero un aspetto contraddittorio:
Dunque se, come affermava Pirandello, "l'umorismo è il sentimento del
contrario", Leakock deve essere senz'altro un'umorista: la sua fù più un'arte di
evasione che mirava a divertire divertendosi. In ogni caso le sue creazioni sono degne di
nota e raggiungono un livello considerevole:
Leacock dunque non si dimostrò un
grande teorico dell'umorismo: "His theory was dead: his humour was alive." Nonostante ciò riuscì a creare opere
veramente brillanti e divertenti. Leacock aveva una visione del mondo felice e
disincantata e rifiutò l'idea che l'umorismo potesse in qualche modo alleviare i dolori
della vita; credeva che si potesse scherzare solo a proposito di cose divertenti e non di
cose gravi e serie, anche se poi nella pratica si smentì in più di una occasione.
Mikes prende quindi lo spunto dall'ideologia di Leacock per puntualizzare che non
vi sono speciali argomenti per lo " Humour ", ma:
Si evidenzia in questo saggio proprio
la dicotomia tra la teoria e la pratica dello " Humour " presente in questo autore, ciò lascia presagire
che al contrario nell'opera di Mikes sarà oltremodo evidente una grande coerenza tra il
pensiero teorico e la realizzazione concreta dell'umorismo.
JAMES THURBER
Un'altro che gode dell'ammirazione di Mikes è James Thurber (34), un'autore
caratterizzato da un grande realismo che gli consente quindi di diventare un grande
umorista:
James Thurber è estremamente conscio
della tragicità dell'esistenza e delle sue innumerevoli contraddizioni; proprio per
questa sua sensibilità e per la sua grande capacità di mantenere una sana e spensierata
visione del mondo egli è da considerare un'umorista:
Egli è dunque in grado di vedere e mostrare il lato positivo e quindi meno drammatico della realtà: una realtà che è l'unione di forze tragiche e comiche la cui somma non può non dare che una risultante umoristica. Egli è uno spietato osservatore e come tale diventa obbligatoriamente un profondo critico della società, non tralasciando però di occuparsi delle cose di più scarso rilievo:
James Thurber non fu solo uno scrittore, con la sua abilità egli diede anche un
notevole contributo al mondo del disegno e della caricatura; per Mikes egli è la
personificazione della grandezza umana e considerando che Thurber riusciva a scherzare
perfino sulla propria cecità, non possiamo non condividere il suo parere:
La stima di Mikes per Thurber è palese, infatti egli lo considera uno degli
umoristi più seri e più bravi nel far scaturire il
riso; tuttavia, per rimanere coerente alla sua linea di franca schiettezza, egli
non evita di far notare anche i limiti dell'autore in questione, per concludere poi con un
ulteriore elogio della sua opera:
Ribadendo un concetto, già espresso
tra le altre cose in precedenza, sull'incongruità e la confusione, Mikes si avvicina
notevolmente al pensiero espresso dal
Pirandello che sottolineava appunto: "
Di qui, nell'umorismo, tutta quella ricerca dei particolari più intimi e minuti, che
possono parer volgari e triviali se si raffrontano con le sintesi idealizzatrici dell'arte
in genere, e quella ricerca dei contrasti e delle contraddizioni, su cui l'opera si fonda,
in opposizione alla coerenza cercata dagli altri; di qui quel che di scomposto, di
slegato, di capriccioso, tutte quelle digressioni che si notano nell'opera umoristica, in
opposizione al congegno ordinato, alla composizione dell'opera d'arte in genere."
(35)
EVELYN WAUGH
E' il turno di Evelyn Waugh (36), considerato da alcuni un genio comico, uno dei
migliori autori del '900. La sua maturazione incide notevolmente
sulla sua produzione letteraria e, a detta di Mikes, molti critici, abituati a ridere con
i suoi scritti, si dimostrarono annoiati dell'evoluzione della sua vena creativa, quando
questa cessò di essere così divertente:
In questo saggio Mikes non mette in risalto alcun aspetto umoristico dell'opera di
Waugh, al contrario evidenzia la sua devozione cattolica e la sua inclinazione satirica:
Questo
è dovuto soprattutto al fatto che Mikes non gradisce molto l'umorismo macabro in
generale:
Di conseguenza non apprezza tantomeno lo stile narrativo adottato da Waugh nel suo
libro più divertente The Loved One:
In ogni caso Mikes considera E. Waugh uno dei
più grandi maestri della prosa inglese, un grande osservatore
ed un grande genio nel costruire e strutturare i suoi racconti.
Per esempio The Loved One, nell'ottica di Mikes, non è solo una satira sui riti
funerari della California del Sud:
Concludendo Waugh per Mikes risulta
più un autore satirico che non un fine umorista; anche se poi in un suo successivo libro,
e precisamente Humour in Memoriam del 1970, parlando dei jokes inerenti alla morte
affermerà: " One of the humorous masterpieces of the century, Evelin Waugh's The
Loved One, is about Californian funeral rites and habits."(pp.27)
R.P.G. WODEHOUSE
Diverso è il discorso per quanto
riguarda R.P.G. Wodehouse (37) definito da Mikes il "Court jester to the upper
classes".
Mikes riconosce l'abilità letteraria
di Wodehouse e il suo particolare senso dell'umorismo; il sapiente uso dell'understatement
e dell'overstatement applicati a frasi dal contenuto assurdo ed irrilevante.
L'umorismo di Wodehouse è del tutto particolare; egli non scherza mai su soggetti seri ed importanti; il suo
campo d'azione è al contrario solare e
divertente, allegro e spensierato. Ugualmente
inesistenti sono i riferimenti alle problematiche
sociali e politiche e questo nell'ottica di Mikes
è sostanzialmente una carenza:
Mikes considera Wodehouse un'artista "snob" e sostanzialmente da un'immagine della sua arte tutto sommato
mediocre anche se non tralascia di rilevare che i suoi romanzi sono caratterizzati da una
grande abilità architetturale. Sempre per Mikes egli è un maestro nel creare tipiche
situazioni da farsa e le sue invenzioni migliori sono gli idioti che egli sa
ritrarre nel migliore dei modi e in una vasta gamma , grazie alla sua "felicity of
phrase." Leggendo il testo si avverte comunque una forte simpatia nei confronti
dell'autore; infatti Mikes ha sempre considerato positivamente l'umorismo di tipo
"nonsensical" e Wodehouse in fin dei conti ne è un abile cultore:
Si tratta dunque di un autore estremamente originale e prolifico, che suscita in
ogni caso un motivato interesse. I suoi personaggi sono figure semplici e stereotipate ed
egli cogliendo i lati più reconditi della loro psicologia riesce a creare delle
macchiette strabilianti. Wodehouse
è in fondo un autore evasivo che detesta i lati negativi del mondo e purtroppo non fa
nulla per cercare di migliorarli, come conclude Mikes è insomma contento di essere uno di
quegli umoristi "who do not wish to be taken seriously."
(pp.
162) LI'L ABNER and Mr. PUNCH
Mikes analizza poi altre forme di umorismo, vale a dire quello generato da un
famoso fumetto e da un famoso giornale. Per quanto riguarda il fumetto, egli scrive:
Mikes non sembra evidentemente
attribuire molta importanza a questa forma di letteratura e conclude piuttosto rapidamente
asserendo: "Mr Steinbeck may be right.
Literature
began with comic strips; if we are not careful may also end with them."
Passando al "Punch" tiene a
precisare che, al di là del valore letterario di questo giornale o delle altre opere da
lui considerate, siamo comunque di fronte a fenomeni sociali degni di nota, anche se si
possono esprimere forti riserve sul loro valore artistico.
Per Mikes dunque, anche in questo caso, non siamo in presenza di un buon umorismo;
il Punch rappresenta la tradizione, ma la sua longevità non è sinonimo di saggezza, al
contrario il settimanale pare sia andato degradandosi col tempo.
Criticando lo stile umoristico dei "Punch", l'autore evidenzia quindi la sua ottica sul ruolo
dell'umorismo e degli umoristi; il loro compito è quello di individuare l'ingiustizia e
denunciarla, di rappresentarla in modo comico e satirico al fine di favorire la critica e
la discussione; la loro missione è quella di provocare la società e favorire una maggior
sensibilizzazione.
Quando invece si prendono di mira, accettandole, situazioni già approvate e
consolidate e si cerca solo di compiacere le classi più agiate, non si conclude altro che
fare dell'inutile e sterile umorismo.
La
trasformazione del Punch, che poco piace all'autore, è
confermata da Harold Nicolson che al contrario ne pare soddisfatto, poichè
scrive: "I shall exclude from my analysis the period between 1841 and 1860, since
during the first nineteen years of its existence Punch was a satirical publication which
devoted its space to attacks upon the existing order, the propertied classes, the Catholic
Church and the Royal Family."
Questo è probabilmente dovuto al fatto
che il critico, parlando del senso dell'umorismo, non vuole applicare le sue speculazioni
al campo satirico; sta di fatto che il Punch ha scoperto negli ultimi tempi: "that it
would prove more profitable to comfort the burgeois than to insult them." (38)
Questa inversione di rotta non trova il consenso di Mikes che vede l'umorismo come
uno strumento più critico e graffiante; paragonando il Punch al New Yorker egli ribadisce
ulteriormente la sua opinione:
Il settimanale americano, più moderno
e progressista, in questo caso assume maggiori
potenzialità critiche ed espressive rispetto al conservatore Punch,
organo di una nazione più statica e conservatrice.
Matthew Hodgart esprimerà lo stesso
parere e considerando di pessima forma lo stile del Punch, elargirà il suo consenso al più illuminato New Yorker (39).
Viene
dunque confermato quanto disse J.B. Priestley: " The greatest weakness of his humour has
always been its lack of ideas and what we
must call for want of a better word- its snobbery."
(40)
Anche nell'Umorismo vi sono dunque vari atteggiamenti e Mikes senza dubbio è a favore di quelli più critici e progressisti.
NOTE
(1) I quattro "Umori"
corrispondevano ai quattro elementi della natura, secondo la concezione tolemaica dell'universo; abbiamo così il seguente schema:
Bile gialla (choler) =
fuoco
Bile nera (melancholy) = terra
Sangue (blood)
= aria
Flegma (phlegm) =
acqua
(2)
"Wealth, liberty and varied weather produce a brilliant crop: health, courage,
beauty, genius, goodness of nature
and among all these, humour."
(Voce "Humour" dell'Enciclopedia Britannica. 1962.)
(3) "Spectator",
numero del 10 aprile 1710, cfr. Addison
Works (ed. di Londra 1721) II, pp. 474-477. Citato in Croce B.
"L'umorismo", in Problemi di Estetica e Contributi alla Storia dell'Estetica
Italiana.
Laterza, Bari 1923.
(4)
Humour: see Fluid - see Wit.
riportato in Escarpit R.
L'humour.
Presses Universitaires de France, Paris 1960.
(5)Nencioni, E. "L'umorismo e
gli umoristi." articolo
apparso sulla rivista La Nuova Antologia (1884) cit. in Pirandello L. L'Umorismo
(1909) A.M.E. Milano, 1986 (pp. 29-34).
(6) Arcoleo G. "L'umorismo
nell'arte moderna." contenuto in
Due conferenze al Circolo Filologico di Napoli. Detken Ed. Napoli 1885. (cit. in
Pirandello op. cit.,pp.36).
(7) Pirandello, op. cit. pp. 130. (
L'autore in questione è J.P.Richter
che scrisse un trattato di estetica, Vorschule der Aesthetik. Amburgo 1804, e si
ispirò forse, per alcune delle sue opinioni, a Giordano Bruno che aveva adottato per sè
il motto: "In tristitia hilaris, in hilaritate tristis."
(8) (Pirandello, L. op. cit. pp. 130)
(9) (Croce, B. op. cit. pp. 282)
(10) Freud, S. Il motto di spirito.
(pp. 45) Newton Compton
Ed., Roma 1976.
(tit. orig. Der
witz und seine beziehung zum unbewusstein.
1905).
(11) Volpi, D. Didattica
dell'umorismo. (pp. 41) La Scuola Editrice, brescia 1983.
(12)
Mikes, G. How to be seventy.
André Deutsch,
London 1982.
(13)
Mikes, G. (op. cit. pp 161-162).
(14)
"I am a very wise man. Not terribly intelligent, highly educated or brilliantly
clever, but very wise."
Si legge nel suo libro How To Be a
Guru.
(pp. 1)
How
To Be a Guru.
André Deutsch,
London 1984.
(15) Fielding, H. Joseph Andrews.
Penguin Classics. London, 1985. (ed.
org. 1742) (pp. 26).
(16)
Mikes, G. Eight Humorists.
Allan Wingate. London, 1954. I
personaggi analizzati da Mikes nel libro sono: Charles Chaplin, Stephen Leacock, Li'l
Abner, Evelyn Waugh, P.G.Wodehouse e il giornale "Punch." (17) (citato in Pirandello, cfr. nota 5)
(18)
Dall'articolo sull'Umorismo riportato nell'Enciclopedia Britannica.
1962.
(19)
Baldensperger, F. "Les Definitions de l'Humour." In Etudes d'histoire
littéraire. Hachette,
Paris 1962. (riportato in Pirandello op. cit.
pp. 133)
(20) (Croce, B. op. cit. pp. 287)
(21) Escarpit, R. L'Humour. Presses
Universitaires de France,
Paris 1960.
(22) La Fave, L. in "Valutazioni
di Humour come Funzione dei Gruppi di Riferimento e delle Classi di Identificazione. In
La Psicologia dello Humour. a cura di Goldstein and McGhee 1972. (trad. italiana,
Angeli, Milano 1976.)
(23) Ci si riferisce qui ai seguenti
lavori: Thomas Kuhn, La Struttura delle Rivoluzioni Scientifiche. Torino 1978(I
ed.1962); Paul K. Feyerabend, Contro il Metodo, Milano 1979 (I ed. 1975); Albert
Einstein, Come Io Vedo il Mondo. La Teoria della Relatività. Newton Compton Editori, Bologna
1975.
(24)
Camerini, E. Gli Umoristi. Daelli, Milano 1865 (riportato in Croce op. cit. pp. 285)
(25) W.J.Krug.
Allg. Handworterbuch d.philos. Wissenschaften Lipsia
1827. (cit. in Croce.
cfr. nota 3)
(26) La constatazione che l'umorismo
possa in qualche modo contribuire a vistosi miglioramenti
della salute in soggetti afflitti da determinate patologie è condivisa sia da
psichiatri e psicologi quali appunto Anthony Chapman e H. Grecwald (citati in: LaDidattica
dell'Umorismo. di Domenico Volpi La
Scuola Ed. Brescia 1983) sia da altri terapeuti come ad esempio Moody R.A.jr che ha sostenuto le sue tesi nel libro
Il Riso Fà Buon Sangue. Mondadori, Milano 1979.
(Ampliare)
(27) Ceccarelli, F. Sorriso e Riso.
Saggio di antropologia biosociale. Einaudi, Torino 1988
(28) Eco, U.
Articolo sull'Umorismo in il Grande
Dizionario Utet. Torino 1973
(29) Il concetto di
superiorità non a caso richiamato a tale punto, è inerente ad una teoria sul
riso elaborata da Thomas Hobbes. Per il filosofo il riso scaturirebbe dalla improvvisa percezione di qualche superiorità in noi stessi, a
paragone con la debolezza altrui o con la
nostra precedente.
(Human Nature
IX, 13. in The English Work of T. Hobbes, II vol.
London, 1839-45. riportato in Cecarelli op. cit.)
(30) Ci si riferisce per queste considerazioni al testo di F. Ceccarelli (cfr. nota 18) nel quale sono ampiamente messe in rilievo le
caratteristiche sociative e coesive dei messaggi comunicativi che pertengono al
sorriso-riso, (pp.77, 232, 259, ecc.) e quindi necesariamente anche all'umorismo.
(31) Interessante a questo proposito è
la seguente citazione riportata nell'Enciclopedia dell'Umorismo. a cura di G. Guasta Omnia
Ed. Milano 1964 che recita: "Per me il solo, l'unico che meriti la qualifica di
umorista è il clown. di M. Baroni.
(pp. 26) (32) Sthephen Butler Leacock nacque a Swanmoor, Hampshire, nel 1869, terzo di undici figli; ma ben presto si ritrovò a vivere in Canada, nell'Ontario, dove la famiglia era emigrata. Gli affari non andavano molto bene ed il lavoro nella tenuta terriera non rendeva; il padre decise allora di seguire uno zio e se ne andò verso il West, non facendo più ritorno. La vita non fù semplice in questo periodo,comunque, grazie ad una piccola rendita che la madre ricevette dalla Inghilterra, la numerosa famiglia riuscì a tirare avanti. Stephen frequentò l'Upper Canada College e dopo aver conseguito il diploma divenne un insegnante della Uxbridge High School; egli odiava il suo lavoro e a trent'anni, grazie ad un prestito, si recò a Chicago per studiare economia e scienze politiche. Presa la laurea egli entrò nell'ateneo, dove nel 1908 assunse la direzione del dipartimento di scienze economiche. La sua carriera letteraria iniziò con la pubblicazione a proprie spese di brevi saggi umoristici, raccolti poi in un volume dal titolo Literary Lapses (1910). Una volta conosciuto dal mondo editoriale, egli publicò dal 1910 al 1944 almeno un libro all'anno, riscuotendo notevole successo. S. Leacock morì a 75 anni. Tra i suoi libri ricordiamo: Nonsense Novels del 1911, Behind the Beyond del 1913, The Garden of Folly del 1924, Mark Twain del '32, Charles Dickens del '33, Funny Pieces del '36 e How to Write del '43.
(33) (Pirandello, L. op. cit. pp. 135)
(34)
James Grover Thurber nacque nel dicembre del 1984 a
Columbus nell'Ohio, secondo di tre figli. Il padre Charles era un abile uomo
d'affari ed un membro dell'amministrazione locale. James iniziò a scrivere ed a disegnare
molto presto tra i dieci ed i quattordici anni, frequentò la Ohio State University ma non
riuscì a terminare gli studi. Negli anni venti lavorò come impiegato a Washington ed a
Parigi, divenne poi giornalista del Dispatch di Columbus ed infine Managing Editor del New
Yorker. Nel 1951 egli fu nominato dottore in Letteratura (ad honorem) al Williams College
a Williamstown.
Tra i suoi
libri ricordiamo: Is Sex Necessary del 1929, The Owl in the Attic del 1931, My Life and
Hard Times del '33, Men,Women and Dogs del '44 e The Thurber Album del 1952.
(35) (Pirandello, L. op. cit. pp. 167)
(36) Evelyn Arthur St. John Waugh
nacque a Londra nell'ottobre del 1903. Il padre Arthur era un noto saggista e critico
letterario, oltre che direttore di una casa editrice. Evelyn frequentò la Lancing School
e poi l'Oxford University. Egli desiderava diventare un pittore, ma al contrario esercitò
la professione di insegnante e poi quella di giornalista al Daily Express. Allo scoppio
della guerra Waugh fu arruolato nella Royal Navy e più tardi andò
volontario nei Commandos. Il suo primo libro pubblicato fu una biografia di Rossetti,
seguì Decline and Fall sempre del 1928 che gli procurò un immediato e ben meritato
successo. Negli ultimi anni della sua vita visse sempre più ritirato , morì nel 1966.
Tra le sue opere ricordiamo: Black Mischief del '32, Put Out More Flags del '42, the Loved
One del '48, Helena del '50, Men at Arms del '52, Love Among the Ruins del '53.
(37) Pelham Granville Wodehouse nacque
a Guildford nel 1880 da una famiglia borghese e fu educato nel College di Dulvich.
Terminati gli studi, lavorò prima come impiegato in una banca e poi dal 1903 come
giornalista e collaboratore di vari giornali comici, per dedicarsi infine all'attività di
romanziere. Visitò gli Stati Uniti nel 1904, poi ritornò in Inghilterra, e dopo lo
scoppio della I° Guerra Mondiale si stabilì quasi definitivamente oltreoceano.
Tra il 1910 ed il 1940 egli ha
pubblicato circa due nuovi libri ogni anno;
sempre nel 1940 egli fù catturato dai tedeschi e per alcune sue trasmissioni radiofoniche
alla radio tedesca fù anche accusato dalla nazione inglese di aver collaborato con il
nemico e di essere un nazista; tesi che verrà poi rifiutata da vari intellettuali, tra i
quali George Orwell ed il nostro Mikes.
Tra
le sue molteplici opere ricordiamo: A Good Bet del 1904, Love Among the Chickens del 1906,
Enter Psmith del 1909, Psmith: the Journalist del 1915, Very Good, Jeeves del '30, Thank
You, Jeeves del 34, Nothing Serious del 50, e Pigs Have Wings.
(38)
Harold Nicolson. The English Sense of Humour. Constable and Company Ltd.
London
1956 (pp.48-49)
(39)
Hodgart, M. La Satira.
Il Saggiatore. Mondadori, Milano 1969.(pp. 118) (tit. orig.
The Satire.
1969) (40) Priestley, J.B. English Humour Longmans, Green and Company, London, New York, Toronto, 1929. (pp. 57) Indice Capitolo I° Capitolo II° Capitolo III°
Bibliografia G. Mikes C.W. Brown Sommario 60,000 ENGLISH QUOTES DAIMON SPIDER Copyleft © 1997-2020 www.daimon.org C.W. Brown |