COMITATO PER L'AMBIENTE E IL
RISPARMIO ENERGETICO DI BRESCIA
Bollette, stangata in
arrivo
L'Istituto di ricerche sull'economia e la finanza mette in allerta le famiglie italiane:
nel 2006 le tariffe della luce potrebbero aumentare del 4% e quelle del gas del 5,5%
Al ritorno dalle vacanze di Natale gli italiani si troveranno un'amara sorpresa nella
casella della posta: bollette di luce e gas ancora più care. Dal primo gennaio 2006,
secondo le stime del Ref, l'Istituto di ricerche sull'economia e la finanza, le tariffe
della luce potrebbero aumentare del 4% e quelle del gas del 5,5%. Secondo gli esperti
dell'Osservatorio questi aumenti si tradurranno in una maggiore spesa, per i cittadini, di
60 euro all'anno.
In particolare, per la grande maggioranza dell'utenza domestica, cioe' la famiglia
residente con una potenza impegnata di 3 kW e consumi di 225 kWh mensili, l'aumento
tariffario dovrebbe comportare un esborso aggiuntivo, al lordo delle imposte, intorno ai
15 euro su base annua. Per il gas la famiglia media con consumi intorno ai 1400 mc anno,
potrebbe spendere fino a 45 euro in piu', al lordo delle tasse, su base annua. Per un
totale appunto di 60 euro.
Ma il ministro alle Attività produttive, Claudio Scajola, è più ottimista e si augura
rincari più contenuti. "Grazie alle misure che il governo ha intrapreso e conta di
intraprendere a breve, mi aspetto che l'aumento delle tariffe di luce e gas a gennaio
sara' molto contenuto e al di sotto del tasso di inflazione", ha detto il ministro.
Per Edoardo Settimio, esperto dell'Osservatorio Energia del Ref, a calmierare i prezzi
potrebbe intervenire anche l'Autorità per l'energia. L'Authority, infatti, potrebbe
limitare la mini-stangata per la luce, "rispetto agli incrementi previsti dal Ref,
sia ipotizzando scenari di prezzi dei combustibili del 2006 piu' favorevoli sia diluendo i
recuperi e gli oneri di sistema su un arco temporale piu' prolungato".
Sulle bollette, ancora una volta pesa il caro-petrolio che nel 2005 ha toccato punte
record di 70 dollari al barile, registrando una crescita media del 38% dallo scorso anno.
Ma pesano anche, sottolinea il Ref, i maggiori costi sostenuti dall'Acquirente Unico, il
soggetto che acquista per conto delle famiglie e delle piccole imprese, e non coperti in
tariffa nel corso del 2005; un ulteriore aggravio e' l'incremento di componenti non
direttamente legate al costo di approvvigionamento dell'energia elettrica: si tratta dei
cosidetti oneri impropri, cioe' principalmente dello smantellamento delle centrali
nucleari e della messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi e degli incentivi alle fonti
rinnovabili.
L'aumento dei combustibili che nel corso 2005 e' stato solo parzialmente incorporato nella
tariffa elettrica, dal primo trimestre 2006 gravera' sulla spesa delle famiglie, sostiene
il Ref. Inoltre, ipotizzando un prezzo del petrolio intorno ai 52 dollari al barile e un
indebolimento dell'euro, con un tasso di cambio euro/dollaro vicino a 1,16, nel 2006 si
prevede un maggior costo di acquisto dell'energia per l'Acquirente Unico che spinge la
tariffa elettrica a circa +1% rispetto al trimestre ottobre-dicembre 2005.
Ma sul caro-luce potrebbe pesare anche la differenza tra le somme spese dall'AU per
quest'anno e non riconosciute in tariffa. "In base alle nostre stime l'Autorita' deve
recuperare tra i 300 ed i 400 milioni di euro per il 2005. Se decidesse di recuperali
interamente gia' dal prossimo aggiornamento tariffario, cio' contribuirebbe all'aumento
della tariffa dell'1,5%-2%".
Di conseguenza, l'aumento dovuto ai soli costi di acquisto di elettricita' sarebbe del
2,5%-3%, ai quali si aggiungono gli ulteriori incrementi per gli oneri impropri:
smantellamento nucleare e incentivi alle fonti rinnovabili. Secondo il Ref, l'evoluzione
degli oneri impropri (una voce che rappresenta circa il 6% della tariffa elettrica),
"e' poco chiara per via dell'incertezza dei tempi di attuazione di misure inserite
nel maxi emendamento della Finanziaria 2006 e della mancata cartolarizzazione dell'energia
Cip6 prevista per fine 2005".
In particolare, secondo quanto previsto dal maxi emendamento, 35 milioni di euro
dovrebbero essere versati dal conto della componente a copertura dei costi connessi allo
smantellamento di centrali nucleari sostenuti dalla societa' Sogin (A2), in favore del
bilancio dello Stato. "Se la misura fosse applicata dall'inizio del 2006,
comporterebbe un incremento della tariffa elettrica dello 0,1%".
Non solo. Lo stop alla cartolarizzazione, avverte il Ref, portera' ad un "importante
aumento" della componente a copertura degli oneri di incentivazione delle fonti
rinnovabili "in assenza della cessione dei crediti di cui e' titolare il GRTN".
La sua riduzione nel secondo semestre 2005 era stata resa possibile dalla temporanea
disponibilita' di risorse finanziarie sul conto della componente a copertura dei costi non
recuperabili (A6), per via del riscadenziamento dei pagamenti dovuti ai produttori
definita dal gia' citato decreto 22 giugno 2005. "Se il conto dellA6 dovesse essere
reintegrato il contributo complessivo dell'aumento degli oneri impropri (componenti A)
all'incremento atteso della tariffa elettrica per l'utenza domestica e' nell'ordine del
2-2,5%" avverte ancora il Ref. Sommario
NEWS AMBIENTE BRESCIA E PROVINCIA
AUMENTI
NEL 2006 NUOVA STANGATA
I Rincari 2006 per la famiglia media (dati in Euro)
Luce + 38
Gas + 165
Rsu Nettezza Urbana + 18
Riscaldamento + 155
Benzina + 165
Servizi Bancari + 42
Rc Auto + 26
Autostrade + 24
Tariffe Ferroviarie + 42
Trasporto Locale + 16
Alimentari + 216
Non Alimentari + 203
Totale + 1.100 Euro
Sommario
ANNO DEL COMMISSARIAMENTO
PER L'ITALIA
Per l'Italia il 2005 è stato l'anno del
"commissariamento" europeo in campo ambientale. Tra condanne e procedure
d'infrazione, Roma ha ricevuto 47 atti d'accusa da parte della Ue. E non si tratta di
sviste su temi secondari: dalla legge obiettivo ai rifiuti, passando per l'applicazione
del protocollo di Kyoto, i cardini delle politiche
ambientali del nostro governo sono stati giudicati in conflitto con le scelte di
Bruxelles. In ottobre il commissario europeo all'Ambiente, Stavros Dirnas, l'ha detto
senza giri di parole: "Nonostante i precedenti ammonimenti, l'Italia non rispetta
completamente la normativa ambientale comunitaria o non coopera adeguatamente per quanto
concerne le nostre richieste di informazioni.
Le autorità italiane devono adottare rapidamente le misure necessarie affinché i
cittadini italiani el'ambiente del loro paese possano beneficiare della protezione sancita
dal diritto comunitario". Per il Wwf, che ha tracciato un
bilancio ambientale del 2005 assai preoccupato, la violenta deregulation in campo
ambientale è destinata a lasciare una lunga scia di disastri: "Molte procedure
d'infrazione riguardano norme quadro", spiega Gaetano Benedetto, responsabile dei
rapporti istituzionali del Wwf. "Questo vuol dire che, se non fermiamo il processo,
andremo incontro a un futuro in cui le accuse contro l'Italia si moltiplicheranno per
clonazione, parallelamente alla crescita degli atti considerati illegittimi da
Bruxelles".
II quadro 2005 mostra come la tendenza al peggioramento sia già in atto. Le emissioni
serra che il governo italiano si era impegnato a tagliare del 6,5% rispetto ai livelli del
1990 sono arrivate a una crescita del 12%. Un terzo delle spiagge italiane è a rischio
erosione e su molte aleggia l'incubo della privatizzazione. Il territorio, stretto tra la
progressiva cementificazione e il cambiamento climatico, è sempre più fragile: per la
prima volta il centro di Roma è tornato a vivere l'allarme alluvione.
Nel panorama dell'anno che si sta per concludere non mancano segnali positivi.
La controriforma sulla caccia e la legge che riabilitava le spadare sono state fermate,
l'ecoturismo è cresciuto e sulle montagne bresciane è tornato l'orso. Ma il segno
dell'anno resta decisamente negativo, come è stato testimoniato ieri dal rapporto del
Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente: dai 15mila controlli effettuati nel
2005 è risultato un livello d'illegalità pari al 33%; gli arresti sono passati dagli 80
del 2004 ai 110 di quest'anno (di cui 95 per traffico illecito di rifiuti).
"Particolarrnente pesante è stato l'impatto dell'abusivismo, che nel 2005 ha visto
una crescita d'oltre il 3%, e del traffico illegale di rifiuti che ha viaggiato a una
mediadi 5 reati al giorno", aggiunge Roberto Della Seta, presidente di Legambiente. Sommario
ECOMAFIE E RIFIUTI, blitz
a Viterbo Nella zona operano 144 società
Ecomafie Giro dItalia, arrestato un imprenditore: trovava gli impianti
per gli smaltimenti illeciti. Aveva gestito 10.000 tonnellate di monnezza proveniente dal
nord. Era stato coinvolto in Re Mida e Cassiopea. Il giro daffari era di centinaia
di migliaia di euro
Ancora una persona in manette nelloperazione Giro dItalia: ultima tappa
Viterbo grazie ai carabinieri. Luigi Cardiello, 62 anni, residente in Lucca, gestore
di importanti società di intermediazione e recupero rifiuti è finito in carcere su
richiesta della procura di Viterbo (i pm dellinchiesta sono Franco Pacifici e
Stefano DArma): luomo
era già stato sottoposto a misura cautelare nel novembre 2003, su richiesta della procura
di Napoli, nellambito delloperazione Re Mida per i reati di
associazione per delinquere, attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti,
falso.
Il provvedimento conferma lipotesi ricostruita dagli inquirenti nello scorso mese di
maggio, quando erano stati sequestrati tre siti del viterbese destinatari dei flussi
illeciti di rifiuti ed erano stati eseguiti dieci provvedimenti cautelari personali (tre
arresti in carcere, cinque arresti domiciliari e due obblighi di firma), nei confronti di
altrettante persone con le accuse di attività organizzata di traffico illecito di
rifiuti, falso e gestione illecita di rifiuti. Gli elementi probatori dimostrano, secondo
gli inquirenti, che Cardiello costituiva uno dei principali tasselli
dellorganizzazione dedita allo smaltimento illecito di rifiuti speciali, pericolosi
e non, in siti non autorizzati. Si tratta di fanghi industriali, terre provenienti da
bonifiche, scorie e ceneri di acciaieria e di termodistruttori contenenti rifiuti sanitari
a rischio infettivo.
Luomo avrebbe avuto il compito di procacciare impianti per il trattamento di
rifiuti, che effettuassero la declassificazione fittizia dei rifiuti. Era il cosiddetto
giro bolla o la triangolazione e consisteva nel far transitare i
rifiuti solo cartolarmente da uno stoccaggio allaltro per alterarne la tipologia,
aggirare le normative e ovviare alla prescrizioni autorizzative dei siti ai quali i
rifiuti erano in realtà destinati. I rifiuti venivano trasformati solo sulla carta.
Durante le indagini, i carabinieri hanno scoperto che Cardiello ha gestito circa dieci
milioni di chili di rifiuti solidi urbani tritovagliati e fanghi industriali provenienti
da società del nord e centro Italia, per un guadagno illecito di centinaia di migliaia di
euro. Si tratta di un soggetto noto nel settore, coinvolto anche nella operazione
Cassiopea, iniziata alla fine del 99, la più imponente attività svolta
in campo nazionale in materia di traffico illecito di rifiuti, che ha consentito di
accertare lo smaltimento di un milione di tonnellate di rifiuti speciali pericolosi, dalla
natura particolarmente tossico-nociva e ha portato a 97 richieste di rinvio a giudizio da
parte della procura di Santa Maria Capua Vetere e al deferimento in stato di libertà di
182 persone denunciate per singoli reati presso diverse procure del territorio nazionale.
A Viterbo figurano ben 144 società individuali o collettive che operano nel campo dei
rifiuti e gli esiti delle indagini coordinate dalla Procura di Viterbo hanno evidenziato
la generalizzata illecita gestione dei rifiuti da parte di alcuni imprenditori locali, il
tutto a grave pregiudizio della salute e dellambiente. Un territorio, insomma,
particolarmente a rischio.
22 dicembre 2005 Sommario
LE FONTI DI ENERGIA IL CASO DEL GAS RUSSO
Il gas naturale è un combustibile fossile di origine organica, costituito in massima
parte da metano (CH4). Le riserve accertate sono distribuite in poche aree geografiche, in
particolare nei Paesi ex URSS e dellEuropa orientale (per oltre il 38%) e nei Paesi
mediorientali (per oltre il 30%).
In natura si trova in giacimenti sotterranei o sottomarini, spesso associato al petrolio.
La sua estrazione richiede, pertanto, unattività di perforazione, effettuata con
speciali trivelle in grado di scendere a profondità a volte davvero rilevanti. Dai luoghi
di produzione, che sono per lo più molto lontani da quelli di consumo, il gas naturale
viaggia per mezzo di metanodotti, cioè attraverso condutture fisse che possono estendersi
per migliaia di chilometri.
Si tratta di una delle fonti energetiche più importanti, condividendo insieme ai prodotti
petroliferi varie possibilità di impiego. Viene largamente adoperato, infatti, come
combustibile per la generazione di energia elettrica, ma anche direttamente per il
riscaldamento di ambienti o come carburante nellautotrazione . Attualmente, poco
meno del 25% della domanda di energia primaria mondiale ( vedi Tabella 1) è soddisfatta
dal gas naturale, che, a giudizio degli esperti, è anche la fonte di energia primaria
destinata ad avere la crescita maggiore nei prossimi decenni. Si prevede, al riguardo, che
nel 2025 i consumi di gas raggiungano la quota di circa 5 trilioni di metri cubi (pari al
28% del consumo energetico mondiale), raddoppiando in tal modo le quantità consumate nel
2001. Questo potrà rendere problematico in futuro lapprovvigionamento sia per la
scarsità delle riserve accertate sia per la loro concentrazione in aree poco stabili del
pianeta.
Attualmente in Italia il gas copre quasi un terzo del fabbisogno energetico (vedi Tabella
2).
Il nostro Paese dispone di risorse di gas naturale che hanno svolto una funzione
importante nei decenni passati. Lattuale produzione nazionale è tuttavia
complessivamente modesta rispetto ad una domanda che è in costante aumento, per cui
dipendiamo dallestero per gran parte dei nostri consumi (vedi Tabella 3).
Gas/ Crisi Russia-Ucraina, Eni: meno pressione da Est
Lunedí 02.01.2006 09:39
L'Italia rischia di restare senza gas tra quindici giorni. Il braccio di ferro tra Russia
e Ucraina sul nuovo prezzo imposto da Mosca a Kiev (da 50 a 230 dollari ogni mille metri
cubi) potrebbe finire con lo strangolare i rifornimenti del nostro e di altri Paesi
europei che ricevono il gas russo attraverso lo stesso gasdotto cui è collegata
l'Ucraina.
Alla mezzanotte del 31 dicembre, Mosca ha chiuso i rubinetti del gas per Kiev, ma gli
ucraini - ha detto il portavoce del gigante energetico russo Gazprom, Serghei Kuprianov -
avrebbero cominciato "a effettuare prelievi abusivi sul gas destinato ai consumatori
europei", con il rischio di lasciare a secco questi ultimi. "Siamo pronti per
eventuali emergenze", ha annunciato il ministro delle Attività Produttive, Claudio
Scajola, che parla di preoccupazione, ma ricorda anche che l'Italia riceve gas anche da
altri Paesi, mentre l'amministratore delegato dell'Eni, Paolo Scaroni, ha spiegato che
"la situazione è seria, ma non grave". Peraltro, l'azienda energetica ha fatto
sapere che, a partire dal 2 gennaio, si è registrato un sensibile calo della pressione
del gas proveniente dalla Russia. Scaroni ha parlato con il presidente del Consiglio,
Silvio Berlusconi, il sottosegretario alla presidenza, Gianni Letta, il ministro degli
Esteri, Gianfranco Fini, e Scajola per spiegare la situazione che si sta creando. Per il
momento non ci sono indicazioni ufficiali da parte dell'Eni sull'evolvere della
situazione.
Nel frattempo, Scajola ha anticipato alla mattina del 3 gennaio la prevista riunione del
Comitato di emergenza e di monitoraggio del sistema del gas naturale. Il ministro delle
Attività Produttive ha fatto sapere di considerare la situazione sotto controllo.
Tuttavia, per monitorare da vicino l'evolversi dei fatti, Scajola ha deciso di anticipare
la riunione.
Al momento, l'Enel non ha registrato alcun impatto sulle centrali per il calo di afflusso
di gas dalla Russia. Secondo quanto si apprende, il colosso elettrico sta monitorando la
situazione con grande attenzione. L'Enel produce energia elettrica con il gas per circa
5mila Megawatt l'anno (dati 2004), pari a circa il 18% del totale.
La situazione non è drammatica, ma certo è grave. "Questa volta - ha argomentato
l'1 gennaio Scaroni -, la crisi dei rapporti tra Ucraina e Russia è più grave che nel
passato. In questo momento, diciamo in giornate normali, in Italia si consumano 400
milioni di metri cubi di gas al giorno. Noi abbiamo degli stoccaggi che sono circa 6
miliardi di metri cubi, quindi, in teoria, siamo in condizioni di stare 15 giorni senza
importazioni di gas".
Tuttavia, ha precisato l'amministratore delegato dell'Eni, "non c'è solo il gas
russo: c'è il gas algerino, c'è il gas libico, c'è il gas che viene dall'Olanda.
Quindi, abbiamo altre fonti di approvvigionamento. Ma, certamente, non possiamo rinunciare
al gas russo a medio-lungo termine; e questa è la fragilità del nostro sistema". In
ogni caso, "se ci fosse un problema serio, entrerebbe immediatamente in funzione un
comitato di crisi pilotato dal ministero delle Attività Produttive, che prenderebbe in
mano la situazione".
A proposito del ministero delle Attività Produttive, Scajola e i suoi colleghi francese,
Francois Loos, tedesco, Michael Glos, e austriaco, Martin Bartestein, hanno inviato una
lettera ai ministri dell'Energia ucraino, Ivan Platschkow, e dell'Industria e dell'Energia
russo, Viktor Khristenko, in cui - con la fermezza concessa dalla diplomazia - hanno
chiesto a Kiev e a Mosca di mantenere gli attuali livelli di forniture di gas naturale,
indipendentemente dalla controversia fra Ucraina e Russia sui prezzi.
Un'eventuale riduzione delle forniture, hanno scritto, "rappresenterebbe uno sviluppo
del tutto imprevedibile" nelle "eccellenti relazioni", "all'insegna
della reciproca fiducia", che da anni intercorrono con Kiev. Mentre a Mosca hanno
ricordato che le "strette relazioni d'affari" tra Gazprom e le società
occidentali e "gli elevati tassi di crescita registrati negli ultimi anni dalla
vendita di metano nell'Ue sono dovuti, in modo particolare, all'elevata affidabilità
delle forniture energetiche provenienti dalla Russia".
Gas/ Crisi Russia-Ucraina, Eni: meno pressione da Est Lunedí 02.01.2006 09:39
Ma il problema è di non facile soluzione, vista la complessa struttura del gasdotto
russo. All'interno delle sue condutture principali, che attraversano il territorio
ucraino, passano infatti cinque tubi, due per i rifornimenti destinati a Kiev e tre per il
flusso che, attraverso Slovacchia e Repubblica Ceca, arriva poi nell'Europa Occidentale.
Mosca ha chiuso i rubinetti del gas solo ai due tubi per l'Ucraina, lasciandovi passare
solo quella minima quantità prevista dai diritti di passaggio che il gigante monopolista
Gazprom è disposto a riconoscere. Ma ha anche accusato Kiev di appropriarsi del gas
destinato all'Europa: "I volumi in entrata nel gasdotto ucraino e quelli in uscita
non corrispondono affatto. Ci sono stati prelievi abusivi - ha detto un funzionario di
Gazprom - e abbiamo registrato cali in tutte le centrali esterne, tranne una".
Nello specifico, secondo Gazprom, Kiev ha prelevato illegalmente 100 milioni di metri
cubici di gas dalla pipeline. L'Ucraina ha negato di aver rubato energia, ma ha ribadito
che potrebbe farlo se le temperature, già rigide, scendessero ulteriormente. Per intanto,
il ministro dell'Industria di Kiev, Yuri Yekhanurov, ha annunciato una riduzione
dell'attività industriale: "Dovremo ridurre l'utilizzo del gas, prima di tutto
nell'industria siderurgica, chimica ed energetica. Le utility dovranno ridurre i consumi
al minimo e, se possibile, spostarsi su altri tipi di combustibile".
Il ministro degli Esteri ucraino ha accusato Mosca di voler destabilizzare il paese con il
taglio delle forniture di gas, mentre il presidente, Viktor Yushchenko, ha invitato il
collega russo, Vladimir Putin, a trattare ancora sulla crisi energetica. La Russia
"ha aperto uno scenario che punta a destabilizzare l'economia ucraina", sostiene
il ministro degli Esteri di Kiev, mentre Yushchenko fa sapere ai giornalisti che
"chiamerò Putin, invitandolo a riportare Gazprom al tavolo negoziale".
Nello scontro diplomatico si sono inseriti gli Stati Uniti, che hanno stigmatizzato la
decisione di Mosca di tagliare le forniture di gas all'Ucraina, perché creano
"insicurezza" nella regione. Il direttore generale del Wto, Pascal Lamy, invece,
si è schierato al fianco della Russia, sostenendo che i Paesi ex sovietici devono pagare
prezzi di mercato per i rifornimenti energetici a medio termine. "Ritengo - ha
spiegato Lamy in un'intervista alla tv francese Lci - che, al di là dei problemi politici
e giuridici a breve, nel medio termine i Paesi devono pagare i prodotti energetici ai
prezzi attuali di mercato per migliorare l'efficienza delle loro economie. Russia e
Ucraina - ha aggiunto - sono entrambi candidati ad entrare nel Wto. I loro attuali
disaccordi potrebbero essere risolti più facilmente se facessero parte del Wto. Ma, al
momento, non è questo il caso. Alla base di questo conflitto - ha conclusoil numero uno
del Wto - ci sono due questioni. In primo luogo, i contratti per i rifornimenti e il
trasporto di gas e si tratta di sapere se sono indicizzati e come possono essere
rinnovati. E, poi, c'è una questione più importante, che va al
di là dei trattati commerciali, e che riguarda gli sprechi di energia in Russia e in
Ucraina".
Polonia, Ungheria, Austria e Slovacchia hanno già denunciato forti cali di pressione nel
flusso delle forniture. Le forniture russe di gas a Vienna sono scese quasi di un terzo,
secondo quanto comunicato dalla compagnia energetica austriaca Omv. L'1 gennaio, l'Omv
aveva fatto sapere che le forniture di gas russo erano calate del 18% e che la società
era in grado di far fronte per diversi mesi a un calo più contenuto, intorno al 15%. Il
59% del gas naturale utilizzato in Austria proviene dalla Russia. In calo del 40% le
forniture russe all'Ungheria, secondo quanto comunicato dalla compagnia energetica di
Budapest, Mol, la quale fa sapere che taglierà di un
importo analogo i rifornimenti a Serbia e Bosnia. La Slovacchia ha registrato una
flessione delle importazioni del 30%. Rifornimenti regolari, invece, alla Repubblica Ceca,
ha reso noto la compagnia Rwe Transgas, controllata dalla tedesca Rwe.
La Ue è in allarme. Una riunione d'emergenza dei ministri dell'Energia è stata convocata
per il 4 gennaio, a Bruxelles. La Norvegia, il principale
esportatore di gas naturale dell'Europa occidentale, ha fatto sapere che i suoi impianti
stanno già producendo a pieno ritmo e che, quindi, non sono in grado di coprire i mancati
rifornimenti di gas all'Unione Europea provenienti dalla Russia. I gasdotti norvegesi
stanno rifornendo l'Europa continentale e la Gran Bretagna al livello record di 270
milioni di metri cubi al giorno. "Stiamo producendo al limite delle nostre capacità
- ha assicurato un portavoce del governo norvegese - e non possiamo esportarne di
piu'".
Sommario
REGOLE E LEGGI
DEL MERCATO ENERGETICO dalla nazionalizzazione al decreto Bersani
Il primo passo verso una riforma del settore, dopo la
nazionalizzazione degli anni 60 (listituzione di ENEL avviene il 6 dicembre
1962), è riconducibile allapprovazione nel 1988 del Piano Energetico Nazionale, con
lobiettivo di rispondere alla crescente domanda di energia nel Paese.
Il passo successivo (Legge n. 9/91) liberalizza totalmente la produzione di energia
elettrica mediante fonti rinnovabili e parzialmente quella tramite fonti convenzionali. La
legge, tuttavia, mantiene inalterato il monopolio della vendita, in quanto lenergia
in eccesso rispetto al proprio fabbisogno deve essere ceduta a Enel.
Nel 92 Enel viene trasformata in società per azioni e viene sancito il passaggio
dalla posizione di riservatario del servizio elettrico a quella di concessionario.
Successivamente, viene istituita lAutorità per lEnergia Elettrica e il Gas,
organo preposto alla regolamentazione e al controllo del mercato.
Il passo decisivo verso la liberalizzazione e lapertura dei mercati nazionali è
datato 19 dicembre 1996, giorno in cui viene approvata la Direttiva
96/92/CE del Parlamento dellUnione Europea, con norme comuni per il mercato
interno dellenergia elettrica.
Obiettivo della direttiva è, infatti, creare un mercato aperto e concorrenziale, regolato
dalle leggi della domanda e dellofferta, dove viene data la possibilità ad un certa
categoria di consumatori, i cosiddetti clienti idonei, di scegliere liberamente il proprio
fornitore di energia.
Il decreto Bersani (D. Lgs. 16 marzo 1999, n. 79) ha recepito
nellordinamento nazionale la direttiva europea sullenergia, innovando
profondamente la disciplina del settore elettrico nelle diverse aree di attività mediante
il disegno di una graduale liberalizzazione del mercato dellenergia elettrica in
Italia, con indubbi benefici per gli utenti finali.
Nel gennaio 2000 si compie un nuovo importante passo verso il nuovo mercato
dellenergia con la decretazione governativa che dispone lalienazione delle
c.d. GenCo ENEL, tra cui Eurogen, acquisita nel marzo 2002 dagli azionisti di Edipower
SpA.
Il 4 giugno 2003, infine, il Parlamento europeo adotta il pacchetto legislativo sulla
liberalizzazione del mercato interno dell'energia: è così autorizzata l'apertura dei
mercati dell'energia elettrica e del gas ai clienti commerciali dal 1° luglio 2004 e a
tutti i consumatori dal 1° luglio 2007. Sommario
SIAMO
I PIU' A RISCHIO IN EUROPA DALL'ESTERO L'85% DELL'ENERGIA
Importazioni nel 2004
33% dall'Algeria; 30% dalla Russia; 30% dall'Europa Unita; 6% dalla Norvegia
Carbone: secondo l'Enea nei combustibili solidi l'Italia dipendeva per il 96% dai paesi
esteri (dati2003);
Metano: da oltre frontiera proviene l'82% di tutti i consumi nazionali di gas e i dati
sono in aumento;
Petrolio: nel 2003 il 94% del greggio usato in Italia veniva estratto all'estero. la
percentuale è stabile.
L'Italia in materia di energia è totalmente succube degli stranieri, importa quasi la
totalità delle sue fonti e quando non è così non fa altro di meglio che bruciare i
rifiuti e inquinare enormemente l'ambiente. Nessuno in Italia ha di che rallegrarsene, a
parte l'Eni e altre società, per esempio l'Asm di Brescia che fa ben più di 100 milioni
di euro all'anno di utile. L'Eni, come del resto anche le sue rivali, scoppia di salute e
ha archiviato il miglior esercizio della sua storia, in cui i profitti netti sono attesi
sopra i 9 miliardi di euro. L'Eni non ha da temere neanche sulle forniture di metano,
infatti i contratti pluriennali di fornitura del gas sono garantiti dalla clausola
"take or pay": se una delle due parti non ritira o non fornisce parte della
merce, paga la differenza sull'ammontare stabilito. Di certo, finora, i consumatori di
energia non hanno condiviso tale benessere. La liberalizzazione e privatizzazione dei vari
comparti, in oltre un decennio, non ha portato ad un ribasso dei prezzi di bollette,
carburanti e via dicendo. Sommario
L'ENEL
ALL'ESTERO
Intanto l'Enel, che da anni fa trading su
alcune piccole quantità di energia elettrica alla borsa transalpina Powernext (di cui è
anche socia al 5%), ha avuto la disponibilità di 300 Mw da parte di Edf la società
Elettrica della Francia, e può quindi servire il 3% del mercato francese. In futuro poi
l'Enel, secondo gli accordi con l'Edf, potrà raggiungere circa 3000 Mw di potenza e
arrivare così intorno al 7-10% del mercato. (Questi accordi prevedono infatti la
partecipazione di Enel con una quota del 12,5% alla costruzione della centrale nucleare di
nuova generazione Epr (European Pressurized Reactor) che sorgerà a Flamanville in
Normandia e ai successivi 5 reattori. In compenso Enel potrà ritirare 1.200 Mw di energia
elettrica da fonte nucleare per ampliare la sua presenza sul mercato francese. Anche qui
è prevista a breve la firma definitiva. Enel inoltre potrà partecipare con una sua
squadra di ingegneri e di tecnici a tutte le fasi di progettazione, costruzione e gestione
delle centrali Epr, ricostituendo una serie di conoscenze sul nucleare.
L'altro punto dell'accordo prevede l'acquisizione da parte di Enel del 35% di Snet, una
società che produce energia elettrica principalmente da carbone con una potenza
installata di circa 2.400 Mw e attualmente in mano a Edf e Charbonnage de France. Enel
aggiungerebbe quindi altri 700 Mw alla sua disponibilità di energia in Francia. E altri
900 Mw potrebbero arrivare dalla costruzione di due nuove centrali a ciclo combinato. Enel
ha già presentato il 13 settembre scorso la propria offerta per Snet. L'operazione è al
momento sospesa in attesa che si sappia il destino della spagnola Endesa, l'azionista di
maggioranza (65%) di Snet, oggetto di Opa della connazionale Gas Natural. Sommario
OLEODOTTO DEL SECOLO
Inaugurato l’oleodotto del
secolo Convoglia il petrolio del Caspio: partendo da Baku, in
Azerbaigian, sbocca a Ceyhan, in Turchia
E’ lungo 1.700 km e «taglia fuori» Russia ed Iran. L’Eni partecipa al 5 per
cento. Si tratta dell’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan: Btc, in sigla.
È stato denominato enfaticamente l’«oleodotto del secolo» per la sua
notevole estensione, 1.776 chilometri, e perchè ha un ruolo strategico
importante. Trasporta il greggio del Mar Caspio dall’Azerbaigian alla
Turchia, attraversando la Georgia ed ha lo scopo di aggirare la Russia e
l’Iran, ponendo l’Occidente parzialmente al riparo dei ricatti o delle bizze
della Repubblica degli ayatollah, da una parte, e della rinascente
superpotenza russa dall’altra (che proprio sulla gestione delle fonti
energetiche basa il suo nuovo ruolo a livello internazionale).
In un momento in cui le incertezze negli approvvigionamenti stanno facendo
schizzare il prezzo dell’oro nero alle stelle, quest’opera potrebbe avere un
ruolo calmieratore, anche se non decisivo. L’oleodotto Baku-Tblisi-Ceyhan (Btc),
è stato inaugurato giovedì scorso nella cittadina portuale mediterranea
turca di Ceyhan, alla presenza di tre capi di stato (turco, azero e
georgiano), del primo ministro turco Tayyip Erdogan e di circa 50 tra
ministri e ambasciatori di vari Paesi.
L’opera è costata 3,9 miliardi di dollari e ha richiesto quattro anni per la
costruzione, spesso interrotta per vari ordini di problemi, non esclusi
quelli ecologici.
L’oleodotto è stato concepito per trasportare a pieno regime nel 2008 fino a
50 milioni di tonnellate all’anno (1 milione di barili al giorno) di greggio
del Caspio (più leggero e puro di quello arabo), cioè circa il 7-8% delle
risorse petrolifere globali.
Il Kazakhstan ha già deciso di convogliarvi il suo petrolio e i dirigenti
del consorzio Btc contano che altri Paesi dell’Asia centrale si assoceranno.
Anche la Russia potrebbe decidere di convogliarvi parte del suo petrolio.
Se la ragione geostrategica e geopolitica che ha ispirato il progetto è
stata di rompere il duopolio russo-iraniano sulle vie di trasporto del
greggio verso i mercati mondiali e in particolare verso quelli europei, per
la Turchia esso risponde all’ambizione di Ankara di fare del loro Paese un
«corridoio energetico» di importanza globale, anche per accrescere la
propria importanza strategica globale e anche in vista dell’obiettivo di
ottenere l’accesso all’Unione Europea. In secondo luogo Ankara vede
nell’oleodotto il mezzo per cominciare ad alleggerire il congestionato e
ambientalmente pericoloso traffico di petroliere russe per lo stretto del
Bosforo a ridosso di Istanbul.
Società leader del progetto è la britannica Bp (British Petroleum) che ha
una quota del 30,1%.
Gli altri membri del consorzio sono la Socar azerbaigiana (25 per cento),
l’americana Unocal (8,9 per cento: la società che per un soffio non è stata
acquistata dalla Cina), la Statoil norvegese (8,71 per cento), la turca Tpao
(6,53%), l’italiana Eni/Agip (5%), la francese Total (5%), la giapponese
Itochu (3,4%), la giapponese Inpex (2,5%), l’americana ConocoPhillips (2,5
per cento), l’americana Amerada Hess (2.36%).
Il primo greggio azero è giunto a Ceyhan il 28 maggio scorso e il 4 giugno
successivo esso fu inviato, su una petroliera inglese, nel porto ligure di
Savona.
Le tratte parziali erano state inaugurate negli anni scorsi e nel 2005
l’opera era compiuta (altra inaugurazione a tubi vuoti). Per riempire le
condotte sono occorsi oltre 4 mesi. Ora l’ultimo taglio del nastro, quello
che festeggia l’operatività dell’oleodotto. Quando fu progettato, a metà
anni Novanta, i critici lo ritennero antieconomico. E lo era. Il costo di
pompaggio e di trasporto per barile, infatti, per ragioni logistiche di
percorso, è quasi doppio (3,20 dollari secondo i dati 2002, anno di posa
della prima pietra) rispetto ad altri oleodotti, ma le motivazioni
geostrategiche prevalsero su quelle economiche. Allora il petrolio costava
attorno ai 18-20 dollari il barile.
Oggi, con quotazioni oltre i 70 $, anche questo aspetto è diventato del
tutto trascurabile e, anzi, il progetto può addirittura essere definito
lungimirante. Sommario
NEWS AMBIENTE BRESCIA E PROVINCIA
CIP6, ENERGIA ELETTRICA, ASM BS
Renzo Capra, presidente dell?Asm di Brescia, ha sempre sottolineato lo
«scopo etico» del termovalorizzatore.
Capra di fronte allo Commissione bicamerale sul ciclo rifiuti, nel corso
della sua audizione tenutasi il 14 settembre 2005, allorché nacque l'accordo
con Lettieri e l'Unione industriali di Napoli. «Direi che sul territorio (ndr:
LA CAMPANIA) l'attività più delicata e più difficile è proprio la raccolta
differenziata piuttosto che la combustione perché, una volta realizzato,
l'impianto [l'inceneritore] va avanti per conto suo. Si tratta, comunque, di
impianti redditizi».
Come volevasi dimostrare. «Produrre energia dall'impianto di Brescia (80MW)
con il gas sarebbe stato quattro volte meno costoso.
Cosa lo rende allora, dal punto di vista economico, fattibile e conveniente?
Il fatto che il combustibile [i rifiuti] non viene pagato da chi lo usa, ma
da chi lo fornisce». Cioè sono i cittadini che pagano, come abbiamo visto,
per lo smaltimento dei rifiuti. Ma non basta.
Prosegue infatti Capra: «L'altro aspetto è quello relativo al CIP 6, o
comunque ai certificati verdi, che non sono molto diversi come redditività».
Questo è un altro punto fondamentale. Il Decreto Legislativo 79/1999
(Decreto Bersani), integrato col Decreto Ministeriale dell'11 novembre 1999,
istituisce i certificati verdi affiancandoli al CIP 6/92, cioè il precedente
decreto interministeriale relativo agli incentivi statali sull'energia
prodotta da fonti rinnovabili. I certificati verdi, a differenza del CIP
6/92, sono attribuibili non in base a graduatorie, ma a chiunque ne faccia
richiesta, per i primi 8 anni di entrata in funzione degli impianti. E qui
veniamo al nodo della questione. Nel novero dell'energia ricavata da fonti
rinnovabili è inclusa anche quella ottenuta dall'incenerimento rifiuti. Si
tratta di una situazione paradossale, che finisce per deprimere di fatto
l'espansione delle vere fonti rinnovabili di energia.
Ma quanti soldi pubblici finiscono nelle tasche di chi incenerisce per
professione?
Grazie ai certificati verdi e al CIP 6, l'energia prodotta dai rifiuti che
finisce sulla rete nazionale viene attualmente pagata dal gestore della rete
elettrica nazionale 14 centesimi di euro (279 lire) per KWh (chilowattora),
in luogo dei 4 centesimi (87 lire) pagati per l'energia prodotta mediante
gas, carbone, olio combustibile. Ben 10 centesimi di differenza per ogni KWh,
direttamente a carico dallo Stato. VEDREMO POI CHE NON LO PAGA LO STATO
Capra ammette dinanzi alla Commissione bicamerale: «Senza il CIP 6, o i
certificati verdi, difficilmente si potrebbe partire (ndr: QUI SI RIFERIVA
ALL'APERTURA DI UN TERMOVALORIZZAZORE IN CAMPANIA), per cui la Comunità li
ha incentivati e li mantiene».
L'ultima parte dell'affermazione del presidente dell'Asm però è quantomeno
inesatta.
L'Unione Europea, infatti, considera rinnovabile soltanto l'energia ottenuta
incenerendo biomasse (cioè legno, residui organici, etc.). Il resto, che
rappresenta oltre il 60% del totale, non rientra affatto nel computo. Per
questo motivo l'Italia è stata oggetto di una procedura di infrazione da
parte dell'UE.
Bruciare i rifiuti dunque è un'operazione assai costosa, tenuta in piedi
artificialmente dalle vagonate di soldi pubblici che la finanziano. Altro
che libero mercato. Evidentemente questo è il modo di agire molto caro agli
imprenditori italiani. La raccolta differenziata infatti costerebbe assai
meno e creerebbe molti più posti di lavoro: non fatevi ingannare dalla
demagogia. Lo fa presente in una lettera ai cittadini della Campania anche
l'ing. Cerani, bresciano, il quale tra l'altro chiarisce con grande senso
civico che la provincia di Brescia è quella che in Lombardia ha il costo pro
capite più alto per lo smaltimento dei rifiuti.
Basterebbero queste pur sommarie considerazioni ad evidenziare l'assurdità
della politica di incenerire ad ogni costo. Anche senza tener conto dei
gravi danni che gli inceneritori causano alla salute dei cittadini.
Ma quanto prende asm dal cip6?
Dal piano industrile asm 2005-2009
Obiettivi di crescita ? L'approccio strategico individuato porta a definire
nel Piano Industriale 2005-2009 obiettivi di crescita in miglioramento
rispetto al precedente Piano Industriale 2004-2008. In particolare la
crescita attesa dell'EBITDA passa da +7,3% all?anno (per il periodo
2003-2008) a +8,2% all'anno (per il periodo 2003-2009). Analogamente, la
crescita attesa dell?EBIT passa da +4,8% all?anno a +7,2% all?anno
nonostante la scadenza nel 2007 di una importante quota di incentivi CIP 6
pari a circa 45 milioni di euro. Al lordo di quest'ultimo effetto la
crescita organica del Piano Industriale 2005-2009 si attesterebbe a +11,8%
all'anno per l'EBITDA e +13,1% all'anno per l'EBIT.
MA CHI LO PAGA IL CIP6 GUARDATE LA VOSTRA BOLLETTA TROVERETE LA VOCE ENERGIE
RINNOVABILI O QUALCOSA DI SIMILE
QUELLO è IL CIP6
LO PAGHIAMO NOI PORCA TR......
IL CIP6 AVREBBE DOVUTO FINANZIARE LE FONTI RINNOVABILI INVECE ABBIAMO
FINANZIATO IL TERMOVALORIZZATORE DI BRESCIA OLTRE AD ALTO (vedi saras di
moratti)
Ciao e grazie per la lettura! By Christian Brescia Sommario
IN DIFESA DELL'UMANITA'
CONVEGNO ROMA
L’Incontro Mondiale di Intellettuali e Artisti in Difesa dell’Umanità si
svolgerà l’11, 12 e 13 ottobre 2006, presso la sede dell’Organizzazione
delle Nazioni Unite per l’Agricoltura e l’Alimentazione, FAO, ubicata a
Roma, Viale delle Terme di Caracalla, Viale delle Terme di Caracalla 00100
Roma, Italia. Teléfono: +39 0657051. Telex +39 625852/610181. Fax: +39
0657053152.
La FAO è anche una fonte di conoscenze e informazioni. L’Organizzazione
aiuta i paesi in via di sviluppo e i paesi in transizione a modernizzare e
migliorare le proprie attività agricole, forestali ed ittiche, con lo scopo
di assicurare una buona nutrizione per tutti. Dalla sua fondazione avvenuta
nel 1945, la FAO ha prestato speciale attenzione allo sviluppo delle zone
rurali, dove vive il 70 per cento della popolazione mondiale povera e
denutrita.
Benvenuti a "In Difesa dell'umanità Roma 2006"
Aspettative del comitato organizzativo per il dibattito a Roma 2006 In
Difesa dell’Umanità
A Roma, nella cui collina di Monte Sacro accadde una delle prime ribellioni
popolari civico militari dell’umanità e dove emerse il pensiero di libertà e
indipendenza del futuro Libertador Simón Bolívar, umanisti del mondo si
riuniranno per cercare di costruire un’offensiva basata sulla resistenza
millenaria dei popoli, che permetta di definire lineamenti a carattere
universale, rispettuosi della diversità e della pluriculturalità, sopra i
quali generare nuovi meccanismi di azione e di lotta per la difesa
dell’umanità. Gli umanisti, come lavoratori sociali, dobbiamo lottare
attivamente affinchè si rafforzi, attraverso la ragione, l’impero della
giustizia sociale: unica maniera di raggiungere la pace e assicurare il
rispetto, la dignità, la solidariettà e la tolleranza tra tutti gli esseri
umani nella terra.
Oggi l’umanità vive tempi drammatici di irrispetto verso il diritto
internazionale, sotto lo sguardo indifferente e complice delle Nazioni
Unite, mentre la mediocrità e la codardia utilizza leader di alcune delle
principali potenze economiche e militari del mondo. In modo sfacciato non si
rispettano gli Accordi della Convenzione di Ginevra sui prigionieri di
guerra e protezione delle popolazioni civili, e con la scusa di combattere
il terrorismo si cerca di legittimare la violazione dei più elementari
valori e principi della dignità umana, attentando all diritto
all’autodeterminazione dei popoli, la sovranità delle nazioni, il diritto
alla vita, il diritto all’informazione veriditiera ed opportuna; tutti
quelli chhe sono trasgrediti in forma sistematica e unilaterale.
Attualmente centinaia di milioni di esseri umani sono oggetto di aggressioni
da parte delle principali potenze del mondo, in forma diretta o indiretta.
Invasioni, occupazioni, guerre, estorsioni ed altri meccanismi sono
esercitati impunemente contro popoli interi al fine di controllare le più
importanti fonti di energia fossile in America, Africa e Medio Oriente. Si
tratta di una spirale di pazzia e silenzio “complice”, che danneggia molti
paesi come il Venezuela, Irak, Iran, Afganistan, Libano, Palestina, e Sudan,
tra gli altri; tutti essi vittime della prepotenza e desiderio di
dominazione imperialista di queste potenze che, in nome della loro
particolare democrazia e del loro interessato concetto di libertà,
esibiscono le loro politiche intervenzioniste e un chiaro terrorismo di
stato nel mondo, riempendo l’umanità di morte, miseria, povertà e fame.
Mentre le altre Nazioni, non invase o aggredite militarmente, vengono
sottomesse con debiti esteri immorali e ingiusti, o meglio, attraverso il
controllo di altre fonti di materia prima, delle loro fonti idriche e
biodiversità, così come del ricatto economico, imposizione di trattati
commerciali unilaterali, con norme disuguali di commercio internazionale
imposte dalla OMC, e con la concentrazione dei mezzi di comunicazione ed il
sequestro della verità, collocandola al servizio della disinformazione, il
razzismo, la xenofobia e la discriminazione religiosa, tra gli altri.
Coscienti del peggioramento delle condizioni di vita del pianeta, gli
intellettuali del mondo pianifichiamo di nuovo un incontro, il cui obiettivo
è quello di impegnare tutta la forza del pensiero e della creazione con la
causa della giustizia e la pace nel mondo. I tempi che viviamo non ci
permettono solo di dichiararci indignati davanti all’ingiustizia, sono tempi
di accordi, impegni e azioni concrete, che ci obbligano ad integrarci con
umiltà ed in forma attiva nelle associazioni e nelle organizzazioni di base
esistenti in tutto il mondo, senza protagonismi individuali e disposti a
conoscere ed accompagnare le lotte dei popoli invasi, dei lavoratori, dei
contadini, dei disoccupati, degli sfruttati e sfruttate, degli emarginati,
delle donne e uomini, dei popoli indigeni e non, degli afro-discendenti,
arabi, emigrati e immigrati, minoranze sessuali, bambini abbandonati, di
coloro che reclamano pane e dignità, gli anziani, le persone diversamente
abili, vittime del commercio sessuale; principali protagonisti della lotta
sociale in difesa dell’umanità.
Di fronte alle sfide che ci impone il debito del passato e quelle del
presente e del futuro, abbiamo unito gli sforzi per riunirci nel 2006 a
Roma, nella vecchia Europa, quando si compiono sessanta anni dalla creazione
della frustrata e tradita Unione di Nazioni presso la sede della FAO, dove
si suppone che il mondo dovrebbe pianificare, realizzare ed unire volontà
politiche ed economiche per abolire la fame nell’umanità - una realtà ogni
giorno più distante, con il fine fondamentale di coordinare le nostre azioni
e dare uno speciale riconoscimento agli attivisti intellettuali, artisti e
movimenti di base dell’Africa, e ai popoli e governi della Repubblica
Bolivariana del Venezuela e della Repubblica della Bolivia per il loro
sforzo a costruire un processo di emanicipazione democratico e pacifista di
giustizia sociale, di equità e pace, a partire dal protagonismo popolare e
dai loro movimenti partecipativi che si sviluppano tra i popoli del
Sudamerica; un riconoscimento inoltre per il popolo cubano e per il suo
Comandante Fidel, per il suo esempio costante di decenni di lotta contro
l’impero, molte volte quasi in solitudine, ma con la dignità ed il coraggio
di chi ha la giustizia e la ragione dalla sua parte.
Rodrigo O. Chaves S. Sommario
UN ESEMPIO VIRTUOSO
Il sindaco di Berlingo, Davide
Ciapetti scrive che è stato approvato dalla sua giunta un intervento che
verrà realizzato l'anno prossimo: un impianto combinato
fotovoltaico-geotermico che fornirà energia elettrica e riscaldamento al
nuovo polo scolastico in costruzione. In pratica, l'impianto delle scuole
sarà a pannelli radianti a pavimento alimentati da una centrale geotermica,
composta da un pozzo che prende l'acqua da una falda a 50-60 metri di
profondità alla temperatura di 13-14 gradi. le pompe di calore preleveranno
da quest'acqua 6-7 gradi e la scaricheranno nella falda che si riporterà a
13-14 gradi. L'energia prelevata dall'acqua servirà per scaldare i pannelli
radianti delle scuole. I pannelli fotovoltaici hanno una durata di 30-35
anni e gli 85-90 mila Kw di energia prodotti sono sufficienti a coprire il
consumo per il riscaldamento e l'illuminazione delle due scuole. Le
emissioni in atmosfera sono praticamente azzerate e il costo globale è di
750 mila euro, finanziati con i buoni ordinari comunali. La cifra sarà
ammortizzata con 20 anni e fino al trentacinquesimo anno si avrà energia a
costo zero. Il comune ha già messo in funzione un impianto solare termico
per il riscaldamento dell'acqua sanitaria del centro sportivo e un impianto
fotovoltaico per il municipio.
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COMITATI
PER L'AMBIENTE DI BRESCIA E PROVINCIA
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