COMITATO PER L'AMBIENTE E IL
RISPARMIO ENERGETICO DI BRESCIA
La vita è energia, non sprecatela inutilmente, costa
così cara !!! C.W. Brown
Per questo il Daimon Club sostiene i movimenti per il risparmio energetico !!! Inoltre
poiché è consapevole che ogni essere umano è una creazione fantastica crede sia
fondamentale per tutti non degradare inutilmente le nostre potenzialità, ma anzi
svilupparle sempre di più, per questo ha fondato la Daimonologia,
e più semplicemente ha aderito al movimento We Are What We Do !
La miglior fonte di energia rinnovabile è costituita dal
risparmio energetico. C.W. Brown
Tutti gli scambi di energia che avvengono nei fenomeni naturali e in
quelli che l'uomo riproduce artificialmente nelle tecnologie rispettano due leggi
fondamentali. La prima afferma che l'energia si conserva (ossia non si crea né si
distrugge, ma si trasforma); la seconda dice in sostanza che l'energia tende a degradarsi,
cioè diventa sempre meno utilizzabile. Sono questi, in estrema sintesi, i principi della
termodinamica. L'energia come tutti sanno è preziosa perché non si può produrre sdal
nulla, l'energia non si crea, non si distrugge, ma si trasforma. L'energia si può
accumulare, trasformare appunto, ma in primo luogo si dissipa, si degrada, si spreca.
Mentre l'energia, che è la facoltà di un corpo di compiere lavoro, può trasformarsi
interamente in calore, non è possibile invece il processo inverso. Questo afferma appunto
il secondo principio della termodinamica, in pratica non è possibile costruire una
macchina termica che trasformi integralmente il calore in lavoro. Una parte del calore che
il sistema assorbe deve essere "buttata via".
Ogni trasformazione della materia è accompagnata da uno scambio di energia. Il rendimento
di una macchina è quindi dato dal rapporto tra l'energia utilizzata e l'energia fornita,
ovvero nel caso delle macchine semplici tra il lavoro in uscita e quello in ingresso. E'
ovvio che il rendimento non può mai essere uguale a 1, tranne che nelle macchine ideali,
ma in pratica, assume dei valori variabili, fino a scendere al 30 per cento in un motore
di automobile; questo significa che il 70% di quello che spendente quando andate in giro
lo buttate via, principalmente in calore, inquinamento e fatica (la vostra). Pensate che
per un litro di benzina scaricate nell'atmosfera ben 200 grammi di CO2, uno dei maggiori
responsabili dell'effetto serra. (Il rendimento di una macchina termica (che preleva
calore da un serbatoio di energia alla temperatura T1 e che rigetta calore di scarico
nellambiente circostante alla temperatura T2) non può superare il valore:
R= (T1-T2)/T1 (T1>T2). Questo valore è detto rendimento termodinamico. Rendimento R:
di una macchina termica è il rapporto tra il lavoro meccanico ottenuto W e il calore
speso Q: R =W/Q. Il rendimento è un numero puro, ed è sempre inferiore a 1, tranne che
nelle macchine ideali.
E' chiaro a questo punto che la potenza della vostra auto è un puro spreco, così come
sono puri sprechi anche altri impieghi dell'energia. (Potenza è lenergia consumata
o fornita nellunità di tempo: P= E/t. Si misura in Watt e multipli (kiloWatt,
MegaWatt, GigaWatt, TeraWatt).
Le principali fonti di energia oggi impiegate sono i combustibili
fossili: carbone, petrolio, e gas naturale. Sono elementi comodi e le fonti sono pratiche
perché possono essere concentrate nel tempo e nello spazio, ma però si tratta di fonti
"non rinnovabili". Il loro consumo è molto rapido, paragonato al tempo
lunghissimo (milioni di anni) che la natura impiega a prepararle. il loro impiego stupido
ed indiscriminato è quindi un enorme spreco di risorse per tutta l'umanità.
Il secondo principio della termodinamica ci avverte che il "Problema Energetico"
non si riduce semplicemente alla scelta delle fonti di energia o a un risparmio di energia
puramente quantitativo. Ciò che occorre veramente limitare è la "Distruzione di
Energia", il che può essere ottenuto ponendo attenzione ad usare l'energia in modo
appropriato. Esistono infatti molti usi non appropriati dell'energia; vediamo appunto un
paio di esempi:
1) Nei motori e nelle centrali termiche si brucia combustibile per ottenere energia
meccanica o elettrica; poiché le conversioni avvengono con un rendimento massimo del 30%,
la maggior parte dell'energia estratta viene dispersa sotto forma di calore e inquinanti
nell'ambiente.
2) Si brucia altro combustibile a temperature di oltre 1000 gradi centigradi per
riscaldare le nostre case a 20°C o per scaldare l'acqua a 60°C.
Un altro esempio di spreco è l'uso dello scaldabagno elettrico o delle cucine ad
induzione; si usa infatti energia elettrica pregiatissima per produrre la quale è già
stato bruciato del combustibile in centrale. Questa è una vera mostruosità
termodinamica. L'energia elettrica è comoda ma dal punto di vista qualitativo, la sua
efficienza è incredibilmente bassa. C.W. Brown
L'Energia Un Po' di Storia
Quando, mezzo milione di anni fa, l'uomo primitivo imparò ad accendere il fuoco, fece
anche il primo passo sulla strada della generazione controllata di energia. Da allora il
progresso del genere umano è stato segnato dalla disponibilità di energia, non solo in
quantità tali da far fronte ai bisogni di una popolazione crescente, ma anche in qualità
e forme adatte agli usi sempre più sofisticati richiesti dalla società.
La popolazione mondiale si valuta fosse di cinque milioni di persone all'epoca della
rivoluzione agricola, diecimila anni fa, e di 2-300 milioni all'inizio dell'era cristiana.
Ha raggiunto il miliardo nel 1800, ed è poi cresciuta con una rapidità senza precedenti:
due miliardi nel 1925, quattro miliardi nel 1975, sei miliardi oggi. Essa supererà gli
otto miliardi attorno al 2025, e auspicabilmente si stabilizzerà prima della fine del
prossimo secolo dopo aver raggiunto i dieci miliardi di persone.
Dal 1800 a oggi la popolazione è dunque sestuplicata, mentre il consumo di energia è
moltiplicato di un fattore 18-20, fino a raggiungere gli attuali 9,5 miliardi di
tonnellate equivalenti di petrolio (tep). Ma l'aumento di consumo ha interessato in grande
prevalenza noi abitanti dei paesi industrializzati, che costituiamo tutti insieme appena
il 25 per cento della popolazione mondiale, mentre nei paesi in via di sviluppo, che nel
loro insieme ospitano il 75 per cento della popolazione del pianeta, il consumo pro-capite
di energia è quasi dieci volte più basso. In realtà non ha molto senso considerare in
un unico aggregato gli abitanti dei paesi in via di sviluppo, dato che oltre due miliardi
di individui sono così poveri da non avere neppure accesso al mercato dell'energia, e
vivono ancora oggi a un livello di mera sussistenza: con l'energia sviluppata dal loro
stesso lavoro e da quello degli animali domestici, e con legna da ardere e altro materiale
combustibile di origine biologica che le famiglie riescono a raccogliere. Quest'enorme
divario nei consumi energetici pro-capite tra i paesi ricchi e quelli poveri è una delle
cause principali del dislivello di benessere, che deve essere ridotto drasticamente,
abbattendo la povertà, se si vuole raggiungere la stabilizzazione della popolazione
necessaria per assicurare al genere umano un futuro sostenibile.
Oltre 1'80 per cento dell'energia totale consumata oggi nel mondo (inclusa quindi anche
quella che non è oggetto di scambi commerciali) è costituita da combustibili fossili:
petrolio, carbone e gas naturale, generati in tempi geologici per effetto della
trasformazione, nel sottosuolo, di materiale organico di origine biologica. Per quanto
può interessare in questa sede, la genesi in natura dei combustibili fossili ha tempi
talmente lunghi da poterli considerare fonti non rinnovabili a tutti gli effetti pratici.
Nel 1972, quando fu pubblicato il rapporto I limiti dello sviluppo, commissionato dal Club
di Roma al Massachusetts Institute of Technology, uno dei temi centrali del dibattito sul
futuro dell'umanità divenne la preoccupazione per l'approssimarsi dell'esaurimento di
fonti energetiche e altre materie prime esauribili, i cui consumi andavano crescendo a un
ritmo esponenziale. Sembrava chiaro che prima o poi si sarebbe verificata una rottura fra
domanda e offerta di queste risorse limitate. Negli anni settanta sopravvennero due crisi
energetiche di portata mondiale, la prima in occasione della guerra del Kippur fra Egitto
e Israele nel 1973, la seconda, nel 1979, quando in Iran fu destituito lo scià e poi il
paese entrò in conflitto con l'Iraq. Tali crisi si tradussero in forti aumenti del prezzo
del petrolio sul mercato mondiale e anche, con un effetto di trascinamento, nell'aumento
dei prezzi delle altre fonti di energia, con conseguenti inflazione e stagnazione
nell'economia mondiale (fu in quell'occasione che gli economisti coniarono il termine
«stagflazione»).
Le crisi energetiche sembrarono confermare le previsioni catastrofiche di chi andava
predicando imminenti scarsità, anche in senso fisico, del petrolio e di altre risorse
indispensabili all'uomo. Ma nel giro di pochi anni la situazione si è ribaltata quasi di
colpo, tanto che già alla metà degli anni ottanta il prezzo del petrolio è
drasticamente crollato, e oggi le riserve accertate di combustibili fossili sono superiori
a quelle che erano stimate trent'anni fa, nonostante gli enormi consumi intervenuti nel
frattempo. Una serie di fattori hanno determinato quest'inversione di tendenza. Tra
questi, la scoperta di nuovi importanti giacimenti di petrolio e gas, e la rivalutazione
dei giacimenti già noti (resa possibile dal progresso dei metodi geologici e geofisici di
prospezione degli idrocarburi e dagli sviluppi del «reservoir engineering», l'ingegneria
dei giacimenti petroliferi); il miglioramento delle tecniche di estrazione del petrolio
dai giacimenti, che ha consentito, a parità di riserve accertate, di ricavare assai più
grezzo di quanto fosse possibile in passato; la forte penetrazione del gas nel mercato
energetico mondiale a seguito di rilevanti investimenti in infrastrutture quali gasdotti,
navi metaniere e impianti per la liquefazione e la rigassificazione del metano, che hanno
avviato a soluzione i rilevanti problemi logistici inerenti al trasporto a lunga distanza
della risorsa gas; un - sia pure limitato - recupero del carbone, che per la sua
scomodità, per la complessità della catena logistica «estrazione in miniera, trasporto
a lunga distanza, distribuzione, combustione, eliminazione delle ceneri» e per gli
impatti ambientali che il suo uso comporta, sembrava destinato a vedere ridotta
drasticamente la sua quota sul mercato energetico; il decollo, anche se lento e incerto,
dell'energia elettro-nucleare, una fonte energetica «inventata» dall'uomo arrivata a
soddisfare il 5 per cento della domanda mondiale di energia. Tutti questi fattori hanno
giocato positivamente sul lato dell'offerta di fonti energetiche, e in parte spiegano
perché il prezzo internazionale del petrolio - che serve in larga misura da termine di
riferimento per il mercato dell'energia - sia sceso in modo molto consistente negli ultimi
dieci anni, fino a portarsi agli attuali 25 dollari/barile che, considerando la perdita di
valore reale del dollaro, non sono distanti dai prezzi molto bassi dei primi anni settanta
(2-3 dollari/barile).
Ma almeno altri due fattori hanno avuto un ruolo fondamentale nel riportare calma e
ottimismo sul mercato dell'energia: la perdita di potere negoziale dell'Organizzazione dei
paesi produttori-esportatori di petrolio, 1'Opec, che non è più in grado, per le ragioni
che vedremo in seguito, di imporre e mantenere a lungo il prezzo del grezzo, cosicché
oggi sul mercato energetico il potere del compratore e quello del venditore sono
abbastanza equilibrati nonostante le fluttuazioni del prezzo; e il forte aumento di
efficienza d'uso dell'energia, soprattutto nei paesi industrializzati dell'Occidente, dove
è stato compiuto un grande sforzo tecnologico sotto lo stimolo dell'aumento del prezzo
del petrolio negli anni della crisi e, dopo il calo di tale prezzo, per l'esigenza di
ridurre gli impatti ambientali del ciclo di produzione, trasformazione e uso dell'energia,
che diventano sempre più preoccupanti e minacciano la stessa stabilità del clima sul
pianeta.
Ciò detto, sarebbe riduttivo attribuire l'aumento di efficienza d'uso dell'energia e
delle risorse a una «risposta» tecnica ai condizionamenti economici e ambientali. In
realtà il processo è di ben altra portata e attiene alle caratteristiche proprie della
rivoluzione tecnologica che stiamo vivendo. L'uomo oggi inietta in tutte le proprie
attività una quantità crescente di conoscenze e informazioni, e in tal modo riduce il
peso dell'aspetto materiale dello sviluppo che aveva caratterizzato tutte le epoche
passate e che era letteralmente esploso con la rivoluzione industriale. Gli effetti della
nuova linea di tendenza sono straordinari perché si rende possibile realizzare un tipo di
società che, usando meno risorse materiali e più conoscenze, riesce a
«dematerializzare» l'economia, nel senso che ogni successivo aumento del prodotto lordo
richiede minori apporti di energia e materie prime. Il processo di dematerializzazione è
estremamente complesso ed è dovuto al fatto che le tecnologie portanti dell'attuale
rivoluzione tecnologica diventano sempre più intelligenti e consentono l'avvio
dell'industria della conoscenza, ossia di quell'industria che fa della conoscenza lo
strumento principale per operare, e che addirittura produce e vende conoscenza.
L'informatica (e le attività connesse di telecomunicazioni e automazione), la tecnologia
dei nuovi materiali, caratterizzati ormai dalla loro capacità di rispondere puntualmente
a qualsiasi esigenza specifica e persino costruiti atomo per atomo, le biotecnologie con i
processi «blandi» ad alta efficienza termodinamica che caratterizzano i fenomeni del
vivente, sono alla base della costruzione della società del futuro, una società che ha
in sé la possibilità di eliminare ogni inutile spreco, di ridurre il fabbisogno di
risorse, di contenere entro la «capacità di carico» dell'ambiente i propri impatti
negativi.
Si è ancora lontani dal riuscire a valutare gli effetti di questo cambiamento epocale sul
fabbisogno di energia e di altre risorse materiali nei paesi all'avanguardia nello
sviluppo tecnologico. Come vedremo, gli esperti di energia prevedono, ragionando
essenzialmente per estrapolazione delle tendenze passate e limitandosi a tenere conto dei
miglioramenti di efficienza prevedibili in uno scenario di sostanziale continuità, che si
attenuerà la tendenza storica all'aumento dei consumi energetici, ma non arrivano a
prevedere - nei prossimi 20-30 anni almeno - una stabilizzazione dei consumi, neppure nei
paesi più ricchi. E poiché è inevitabile, e anzi auspicabile, un forte incremento dei
consumi nel Terzo Mondo, ossia dove sarà concentrato l'aumento della popolazione, gli
scenari energetici largamente condivisi dagli esperti indicano tutti forti aumenti di
consumi. Per esempio, in un rapporto pubblicato congiuntamente nel 1995 dal World Energy
Council e dall'International Institute for Applied Systems Analysis di Vienna, e
confermato da analisi più recenti, le previsioni al 2020 indicano un aumento del consumo
energetico globale da un minimo del 26 a un massimo del 71 per cento. L'ampiezza di questo
«ventaglio» previsionale dipende, fra l'altro, dalla misura in cui sarà possibile
trasferire al Terzo Mondo e incorporare nel modello di sviluppo le tecnologie avanzate
già note e quelle via via sviluppate nel mondo industrializzato, capaci di ridurre
l'intensità energetica del prodotto lordo.
Un altro aspetto fondamentale che condiziona la sostenibilità dello sviluppo a livello
globale è quello dell'insieme di fonti energetiche con cui dovranno essere soddisfatti i
bisogni dell'umanità, atteso che è necessaria una fortissima espansione dell'economia
per far fronte al previsto forte aumento della popolazione entro la metà del secolo
venturo, e per far uscire dalla povertà miliardi di persone che oggi vivono al limite
della sopravvivenza. Oggi i combustibili fossili coprono, come si è detto, i quattro
quinti della domanda energetica globale, e se dovessero continuare a svolgere un ruolo
prevalente nel sistema energetico sarebbe inevitabile un aumento delle emissioni di CO, e
di altri gas a effetto serra cui si attribuisce il riscaldamento del clima globale. Si
aggiunga che i due paesi in via di sviluppo più popolati del mondo, Cina e India, che
insieme contano 2,3 miliardi di abitanti, dispongono di sostanziali riserve di carbone e
sono invece a corto di altre fonti energetiche. Essi puntano sul carbone per far fronte ai
loro crescenti fabbisogni di energia, ma il carbone è il combustibile che, a parità di
energia sviluppata, emette le maggiori quantità di biossido di carbonio in atmosfera. Gli
effetti di un aumento consistente del consumo di fonti fossili di energia potrebbero
essere drammatici: diminuzione della produzione agroalimentare, innalzamento del livello
del mare con gravissimi danni all'economia delle aree costiere, insufficiente
disponibilità di acqua dolce, necessaria alla vita dell'uomo e alle attività produttive.
Di qui l'esigenza di agire sul mix delle fonti energetiche puntando su quelle non fossili:
le energie rinnovabili e l'energia nucleare, pur con tutti i problemi e i condizionamenti
che il ricorso a quest'ultima fonte comporta. Simultaneamente, si pone anche la necessità
di favorire la dematerializzazione, con i risparmi energetici che prevede, e di estenderla
al Terzo Mondo, puntando su un forte e accelerato cambiamento di direzione del modello di
sviluppo che finora ha caratterizzato la storia dell'umanità. Sulla carta esiste la
possibilità di dare luogo a un'evoluzione «virtuosa» del modello di sviluppo; questo
implica però non solo uno sforzo gigantesco di riorientamento della ricerca scientifica e
tecnologica e degli investimenti, ma anche un vero e proprio cambiamento culturale, che
porti all'assunzione, da parte di ciascuno, di responsabilità e doveri che vanno ben
oltre quelli oggi accettati come normali. Responsabilità a un tempo globali e
intergenerazionali, ossia tali da privilegiare la riduzione dei divari (eticamente
inaccettabili già da oggi, ma di fatto ancora crescenti) fra paesi ricchi e paesi poveri,
e l'attenzione di ciascuno alla sostenibilità dello sviluppo, che comporta la presa di
coscienza che nel soddisfare i bisogni di oggi non si deve precludere la capacità delle
generazioni future di soddisfare i bisogni di domani.
Questa è dunque un'epoca transitoria nella lunga storia dell'umanità. Le fonti fossili
di energia, che hanno cominciato a essere protagoniste del sistema energetico mondiale
all'inizio del secolo scorso, in ogni caso potranno durare al massimo qualche secolo
ancora, e si è visto che è bene farne un uso parsimonioso, non tanto perché siano
scarse (il mercato dell'energia, con gli attuali prezzi, dà piuttosto segnali di
abbondanza e non invita al risparmio), quanto per proteggere lo stato di salute
dell'ambiente e la stabilità del clima. Occorre utilizzare strumenti economici per
correggere le distorsioni del mercato che determinano a carico dell'ambiente naturale,
costi attualmente non contabilizzati. Il problema che abbiamo di fronte è accelerare la
transizione a un sistema energetico profondamente diverso dall'attuale. Il sole invia ogni
giorno sulla terra una quantità di energia che è più di 10 000 volte maggiore di quella
consumata nello stesso tempo dall'uomo. Ciò nonostante, l'energia solare, inclusa
1'idro-elettricità e le biomasse che costituiscono gran parte dei consumi energetici non
commerciali del Terzo Mondo, copre appena il 15 per cento degli attuali consumi globali di
energia. È possibile pensare di utilizzare una quantità dieci, venti volte maggiore
dell'energia solare rispetto a oggi. Così facendo, si riuscirebbe a ridurre il ricorso a
petrolio, carbone e gas, e a evitare il ricorso massiccio a una fonte problematica anche
se praticamente inesauribile come l'energia da fissione nucleare, in attesa che si renda
tecnicamente disponibile quella da fusione nucleare controllata, un obiettivo che potrà
essere raggiunto, se tutto andrà bene, solo nella seconda metà del nuovo secolo.
Gli orizzonti della scienza e della tecnologia ci riservano sviluppi che allo stato
attuale sono nell'ambito del futuribile, ma che sono destinati a diventare realtà, solo
che si riesca a governare il «sistema mondo» evitando l'aggravarsi degli attuali
squilibri e la degenerazione in una diffusa conflittualità. Prospettive scientifiche
positive potranno emergere sul piano dell'energia solare, inclusa la produzione di
biomasse energetiche attraverso progressi della ricerca fondamentale sulla fotosintesi, il
processo foto-biochimico che è all'origine del vivente.
In questo libro si cercherà di mostrare la centralità del problema
dell'energia, ripercorrendo in termini semplici e per quanto possibile accessibili il
cammino che ci ha portati a questo punto, e cercando di farne comprendere l'intrinseca
complessità, con una visione fondamentalmente ottimistica che non intende chiudere gli
occhi di fronte agli ostacoli da superare per arrivare a una società creativa, a un mondo
più equo, più sano, più equilibrato, ove i benefici dello sviluppo della scienza e
della tecnologia riescano a estendersi a tutti. La società creativa all'orizzonte si
estrinseca in un pluralismo di soluzioni in funzione delle condizioni locali di sviluppo
economico, delle tradizioni, delle diversità culturali. Essa è in sostanza la
liberazione degli individui e la simultanea capacità di visione globale, sostenuta da una
spinta etica capace di mobilitare gli sforzi dei tanti per il bene comune di tutti gli
esseri umani sul pianeta.
Tratto dal libro Energia di Umberto Colombo Universale Donzelli Roma 2000
L'Energia Che cos'è e come si misura
Nel linguaggio corrente energia significa vigore fisico,
voglia di fare, risolutezza, tutti concetti qualitativi che mal si prestano a una
traduzione in termini scientifici o tecnici. In fisica per energia s'intende la capacità
di compiere lavoro che un corpo o un sistema possiede in relazione a determinate
caratteristiche, e che cede o acquista al cambiare di queste. L'unità di misura
dell'energia è la stessa del lavoro. Nel sistema metrico decimale quest'unità è il
joule, che a sua volta è riconducibile alle unità fondamentali: il metro, il
chilogrammo, il secondo. Ai fini pratici, tuttavia, quando si tratta di valutazioni della
domanda e offerta di energia, ci si riferisce alla tonnellata equivalente di petrolio
(tep) pari a 41,87 miliardi di joule.
La meccanica è il primo comparto della fisica in cui è stato sviluppato scientificamente
il concetto di energia. Nel XVII secolo i fisici hanno cominciato a distinguere fra
energia «potenziale», legata alla posizione di un corpo, ed energia «cinetica», che è
invece legata al suo movimento. Per comprendere intuitivamente la natura di questi due
tipi di energia si può fare riferimento a un corpo che si trovi sospeso a una certa
altitudine. Se il corpo è lasciato libero, esso cade verso il basso acquistando
velocità, finché raggiunge la quota più bassa accessibile. Una volta raggiunta la
posizione di arrivo, il corpo non può da solo riportarsi alla posizione di partenza senza
che su di esso venga esercitato un lavoro. Ciò significa che il corpo possiede una forma
di energia energia potenziale) la cui entità dipende dalla posizione alla quale il corpo
si trova. In assenza di attività, la misura di quest'energia potenziale è data dal
lavoro che occorre compiere sul corpo per riportarlo alla posizione di partenza. Questo
lavoro è a sua volta eguale all'energia cinetica acquistata dal corpo durante il suo
spostamento dalla quota iniziale a quella finale.
Le relazioni che corrono fra energia potenziale ed energia cinetica possono essere
illustrate descrivendo il funzionamento di un pendolo e immaginando l'assenza di attività
e di resistenze passive che nel tempo ne affievoliscono le oscillazioni. Nel moto del
pendolo lungo un arco di circonferenza in un qualsiasi momento si assiste alla conversione
dell'energia cinetica in energia potenziale o viceversa. Quando infatti il pendolo
raggiunge il punto più alto consentitogli, per un brevissimo istante si ferma. In quel
punto, in assenza di movimento, la sua energia cinetica è nulla ed è massima l'energia
potenziale. Ma subito il pendolo si muove verso il basso accelerando la propria corsa. Nel
punto più basso la velocità del pendolo è massima, l'energia potenziale (considerando
il vincolo che lega il pendolo al suo perno) è nulla, e tutta l'energia del pendolo è
energia cinetica. In ogni momento intermedio fra il punto più alto e quello più basso
del tragitto, la somma dell'energia cinetica e di quella potenziale è costante.
Questa costanza della somma dei due tipi di energia esprime il cosiddetto «principio di
conservazione dell'energia» (in realtà, il moto del pendolo tende ad affievolirsi per
l'attrito dell'aria circostante e per il logorio del perno, ma questo non significa che
l'energia svanisca: essa semplicemente si trasferisce dal pendolo all'aria che lo
circonda, al perno che si logora, e in definitiva la si ritrova poi sotto forma di
calore).
A partire dal XVII secolo i fisici hanno approfondito lo studio delle trasformazioni del
calore in lavoro e viceversa, e i fenomeni e le proprietà dei corpi cui le trasformazioni
si riferiscono. Nella prima metà del XIX secolo ha avuto grande impulso la termodinamica,
per merito principale di Sadi Carnot, lo scienziato francese autore del trattato sulla
«potenza motrice del fuoco». Il primo principio della termodinamica stabilisce che la
quantità totale di energia nell'universo è costante, e generalizza il principio di
conservazione dell'energia di cui si è parlato a proposito del pendolo, che limitava il
discorso alle forme meccaniche di energia. Il primo principio della termodinamica afferma
cioè che l'energia, pur conservandosi nella sua totalità, può passare da una forma
all'altra: ad esempio, l'energia chimica di un pezzo di carbone si trasforma nell'energia
termica della fiamma che si genera quando lo si brucia; una parte di quest'energia termica
si può trasformare nell'energia cinetica di un motore a vapore, e così via.
L'energia è utilizzabile in diverse forme:
- energia chimica, per esempio quella immagazzinata nei combustibili fossili (carbone,
petrolio, gas naturale); - energia nucleare, che si sviluppa da cambiamenti nella
struttura dei nuclei atomici, così come l'energia chimica si sviluppa da cambiamenti
nella struttura molecolare del combustibile e del comburente. Si distinguono due tipi di
energia nucleare: quella da fissione, ottenuta in una reazione in cui un nucleo pesante
(di regola, di uranio) colpito da un neutrone si divide in due nuclei più leggeri che
successivamente emettono due o tre neutroni con perdita di massa; e quella da fusione,
ottenuta in una reazione nucleare nella quale due nuclei di atomi leggeri (di regola,
deuterio e trizio, isotopi dell'idrogeno) si fondono per formare nuclei più pesanti con
contemporanea perdita di massa ed emissione di grandi quantità di energia;
- energia cinetica del vento e delle onde;
- energia potenziale nei serbatoi idrici contenuti da dighe: quando si lascia cadere
l'acqua fino al livello inferiore si genera una quantità equivalente di energia cinetica,
convertibile in lavoro meccanico, per esempio azionando una turbina; a sua volta il moto
della turbina genera energia elettrica, che poi è trasportata nei cavi e distribuita alle
utenze;
- energia raggiante del sole: essa è anzitutto, come vedremo, una potentissima fonte di
calore che raggiunge la superficie terrestre. Ma una parte dell'energia raggiante solare
è convertita direttamente in energia chimica attraverso la fotosintesi clorofilliana, il
processo naturale con cui si generano le specie vegetali, oppure può essere convertita
direttamente in energia elettrica mediante dispositivi a effetto fotovoltaico;
- energia termica, ossia il calore posseduto da un corpo o un sistema e trasferito a un
altro a causa di una differenza di temperatura tra i due. L'energia termica si misura in
chilocalorie (una chilocaloria, che vale 4187 joule, è la quantità di calore necessaria
per elevare di un grado centigrado la temperatura di un chilogrammo d'acqua).
Si è già detto che il primo principio della termodinamica, postulando la conservazione
dell'energia totale dell'universo, sancisce anche il passaggio da una forma all'altra di
energia. Esso pertanto consente di misurare tutte le forme di energia in unità comuni,
come il joule nel sistema metrico decimale, o la chilocaloria. Il primo principio non
garantisce però la totale convertibilità dell'energia da una qualsiasi forma a un'altra,
e questo perché l'energia termica si trova in una posizione peculiare: mentre tutte le
altre forme di energia possono essere completamente convertite in energia termica, non è
possibile trasformare tutta l'energia termica in altre forme di energia.
Il secondo principio della termodinamica indica appunto il limite oltre il quale il calore
non può più trasformarsi in lavoro, stabilendo che la percentuale dell'energia termica
convertibile è tanto più alta quanto maggiore è la differenza di temperatura fra la
sorgente di calore e il mezzo in cui si opera. Per questo motivo le macchine termiche,
come le centrali termo-elettriche o i motori d'automobile, tendono a operare alle
temperature più alte compatibili con la resistenza dei materiali. La percentuale
dell'energia termica non convertibile in lavoro meccanico si ritrova poi sotto forma di
calore utilizzabile a temperature inferiori. Ogni uso dell'energia, che per il primo
principio della termodinamica si conserva indefinitamente, fa sì che essa si trasformi da
energia nobile a energia termica sempre più degradata. L'energia, cioè, si conserva ma
tende a degradarsi in calore sempre meno pregiato, fino a non poter più essere utilizzata
per ottenere lavoro.
Il secondo principio della termodinamica definisce anche l'entropia, che per quanto in
questa sede possa interessare, è la misura della non disponibilità di un sistema a
compiere lavoro. L'entropia può essere interpretata come una misura del disordine: quanto
maggiore è l'entropia di un sistema, tanto più grande è il suo disordine. Dato che ogni
trasformazione reale di un sistema chiuso tende verso valori di entropia crescenti, e
quindi verso un maggiore disordine, ne consegue che l'entropia dell'universo (ammesso che
esso possa essere considerato un sistema chiuso) aumenta, mentre l'energia disponibile
diminuisce. L'affermazione: «l'entropia dell'universo aumenta» è una delle forme con
cui si esprime il secondo principio della termodinamica.
Il terzo principio della termodinamica stabilisce che alla temperatura dello zero assoluto
l'entropia di qualsiasi corpo è nulla.
Infine, la teoria della relatività, formulata da Einstein all'inizio del XX secolo,
stabilisce l'equivalenza fra massa ed energia. Per calcolare quale massa abbia una
determinata quantità di energia, si deve dividere il valore dell'energia per il quadrato
della velocità della luce (tale velocità nel vuoto è di 300 000 chilometri al secondo).
Facendo i conti, risulta che l'energia che si sviluppa bruciando una tonnellata di
petrolio corrisponde alla massa di circa mezzo milligrammo. Tutta l'energia consumata in
un anno oggi nel mondo è di poco superiore a una tonnellata di massa. Si deve osservare a
questo punto che proprio grazie alla perdita di massa che si ha nelle reazioni di fissione
e fusione nucleare si ottiene da queste una grande quantità di energia.
Tratto dal libro Energia di Umberto Colombo Universale
Donzelli Roma 2000
www.museoscienza.org/energia
http://www.quotidianoenergia.it
http://www.fisicamente.net
ORDINE E DISORDINE L'ENTROPIA
Il secondo principio della termodinamica pone limitazioni molto
severe alla trasformazione di calore in lavoro. Nulla invece proibisce di trasformare
lavoro in calore con un'efficienza del 100 per cento.
Si può concludere che il lavoro meccanico e il calore sono sì due forme diverse di
energia in transito, ma il lavoro è una forma nobile, sfruttabile a piacere, mentre il
calore è energia ch qualità inferiore. Quando vogliamo utilizzarlo siamo obbligati a
«cambiarlo» in lavoro, con uno «scarto» che è inevitabile come se si trattasse del
cambio di una moneta «debole» con una «Forte» ci si rimette sempre.
Tutto questo si può interpretare in termini di ordine e di disordine. Il calore non è
altro che trasferimento dell'agitazione delle molecole da un corpo a un altro. Scaldare un
corpo corrisponde quindi ad aumentare la sua energia interna, cedendo energia cinetica
disordinata a un numero enorme di corpi microscopici.
L'Entropia è una grandezza che misura il grado di "disordine" di un sistema
termodinamico. L'Entropia totale dell'universo tende sempre ad aumentare. Questo non
significa che il disordine aumenti ovunque, nei sistemi biologici per esempio, in alcuni
casi tende a diminuire, come in un essere vivente che cresce, dove l'ordine tende ad
aumentare, ma nello stesso tempo l'entropia dell'ambiente circostante tende ad aumentare,
per cui il sistema complessivo (ambiente più essere vivente) vede sempre e comunque
crescere il suo grado di disrodine, anche perché poi anche nel corpo umano con il passare
degli anni l'energia si degrada e l'entropia tende a cresce inevitabilmente.
Inquinamento termico delle Acque.
Nelle centrali termiche e nucleari l'acqua, riscaldata in
una caldaia, si trasforma in vapore per muovere le turbine e produrre energia elettrica.
Il vapore espandendosi si raffredda, poi condensa e l'acqua viene reimmessa tramite un
circuito chiuso nella caldaia. Il rendimento del ciclo di una centrale elettrica è, in
condizioni ideali, proporzionale alla differenza di temperatura che essa sfrutta. Per
esempio, il rendimento medio delle centrali termiche è di circa il 40% e di quelle
nucleari del 30%, perché il vapore che entra nelle turbine è a temperatura più bassa.
Questi dati indicano che il restante 60-70% dell'energia prodotta viene disperso sotto
forma di calore nell'ambiente, in larga parte ceduto all'acqua sfruttata per condensare il
vapore in uscita dalle turbine. Come esempio si consideri che la combustione di 1 kg di
petrolio libera un'energia pari a 16 X 106 J, di cui circa soltanto 6 X 106 J possono
essere sfruttati per produrre energia elettrica. Una parte significativa dei restanti 10 X
106 J è ceduta all'acqua di raffreddamento e provoca un innalzamento di circa 2 °C nella
temperatura di un metro cubo d'acqua.
Per soddisfare il notevole fabbisogno di acqua, la centrale viene costruita vicino a un
fiume, a un lago o al mare, da cui estrae acqua fredda e al quale cede acqua calda. In
funzione della potenza, dalla centrale si riversano ogni secondo fra i 20 e 100 m3 di
acqua, riscaldata di 6-12 °C rispetto alla temperatura iniziale. Volumi minori, ma
comunque significativi, di acqua riscaldata sono anche rilasciati da alcune lavorazioni
industriali che sfruttano un impianto di raffreddamento, come per esempio le fonderie o le
raffinerie.
Quando fuoriesce, l'acqua calda galleggia su quella fredda perché è meno densa. Essa
forma uno strato superficiale che limita fortemente gli scambi gassosi, in particolare di
ossigeno, fra l'atmosfera e la massa d'acqua sottostante. Infatti all'aumentare della
temperatura diminuisce fortemente la solubilità dell'ossigeno nell'acqua.
Inoltre lo scambio termico fra acqua calda, che continua ad affluire, e acqua fredda
provoca il raggiungimento di una temperatura di equilibrio superiore a quella iniziale..
L'aumento di temperatura provoca un'accelerazione del metabolismo negli organismi viventi,
la cui respirazione diventa più frequente per soddisfare l'accresciuto fabbisogno di
ossigeno. Per esempio nella trota il fabbisogno quasi triplica se la temperatura aumenta
di 10 °C.
COMITATI
PER L'AMBIENTE DI BRESCIA E PROVINCIA
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