La vita è energia, non sprecatela
inutilmente, costa così cara!
Carl William Brown
Life is energy, save and care! It's so expensive!
Carl William Brown
Per questo il Daimon Club sostiene i movimenti per il risparmio energetico! Inoltre poiché è consapevole che ogni essere umano è una creazione
fantastica crede sia fondamentale per tutti non degradare inutilmente le
nostre potenzialità, ma anzi svilupparle sempre di più, per questo ha
fondato la Daimonologia, e più
semplicemente ha aderito al movimento We Are What We Do!
50 PICCOLE COSE DA FARE PER MIGLIORARE IL MONDO
Change the world for a fiver 50 simple actions to change the world and make you feel good
è un libro nato per lanciare il movimento We are what we do (siamo quello che facciamo).
II libro, venduto anche su Amazon.com, in Gran Bretagna è diventato un caso editoriale.
In Italia lo si può trovare nelle librerie Feltrivelli International. Nuove idee di
piccole cose da fare per migliorare il mondo si possono mandare al sito: www.wearewhatwedo.org
1. Rifiuta le buste di plastica ogni volta che puoi. Ogni cittadino britannico consuma
fino a 134 buste di plastica all'anno, per un totale di otto miliardi di sacchetti che
finiscono abbandonati in discariche sterminate.
2. Leggi una favola a un bambino. Ricordi quant'erano avvincenti le favole? Ora tocca a te
comunicare quella sensazione.
3. Usa in casa almeno una lampadina elettrica, a basso consumo. Se ce ne fossero almeno
tre in ogni casa si risparmierebbe la stessa quantità di energia che serve a illuminare
tutto il paese.
4. Impara le tecniche di pronto soccorso. Una persona con un'ostruzione delle vie
respiratorie può morire in quattro minuti e l'ambulanza può metterci il doppio ad
arrivare. Potresti salvare una vita umana.
5. Sorridi e rispondi ai sorrisi. Per sorridere si usa la metà dei muscoli che servono
per aggrottare la fronte, ma sorridere fa sentire te e gli altri due volte meglio.
6. Usa i trasporti pubblici. Un autobus a due piani trasporta lo stesso numero di persone
che entrano in 40 automobili. E
anche se non lo prendi, circola lo stesso.
7. Pianta un albero di Natale: assorbe anidride carbonica e rilascia ossigeno. Ogni minuto
che passa, in tutto il mondo vengono abbattuti tanti alberi quanti ne entrerebbero in 33
campi da calcio (il libro contiene un sacchetto con cinque semi di pino silvestre da cui
nascerà almeno un albero che entro il 2012 potrà essere usato per Natale).
8. Fai il bagno con qualcuno che ami. Per riempire una vasca di misura media ci vogliono
65 litri d'acqua: sono 65 litri risparmiati.
9. Se il cartello dice 50 chilometri all'ora, vai a 50. Se investi qualcuno a 60 all'ora
hai il doppio delle probabilità di ucciderlo che andando a 50 all'ora.
10. Abbassa di un grado il termostato di casa. Ridurrai la bolletta del riscaldamento di
36 euro all'anno e farai miracoli per l'ambiente.
11. Mantieniti in forma fisica e ti sentirai meglio. L'obesità è un problema enorme:
cerca di camminare di più, lascia perdere l'ascensore e fai le scale a piedi.
12. Spegni gli elettrodomestici. Se prima di andare a dormire ogni inglese spegnesse il
suo televisore, si risparmierebbe abbastanza energia da illuminare 250 mila partite di
calcio.
13. Ricicla il tuo cellulare. In Gran Bretagna ogni anno vengono sostituiti 15 milioni di
telefonini, quanto basta per aggiungere alle discariche 1.500 tonnellate di rifiuti.
14. Passa un po' di tempo con una persona anziana. Le persone di altre generazioni sanno
cose che tu non sai.
16. Dai in beneficenza gli spiccioli. Se tutti gli abitanti della Gran Bretagna donassero
un penny a settimana, ogni anno milioni di sterline sarebbero devoluti a buone cause.
17. Guarda meno la tv. Accendi il televisore soltanto quando sai quale programma vuoi
guardare.
18. Impara delle espressioni amichevoli in una lingua straniera. Gli alunni delle scuole
britanniche parlano più di 300 lingue (il libro contiene un elenco di espressioni di
saluto in varie lingue).
19. Impara almeno una barzelletta divertente. Ridere tonifica i muscoli addominali,
abbassa la pressione sanguigna e fa bene alla salute.
20. Informati su come sono investiti i tuoi soldi. Il tuo fondo pensione potrebbe
finanziare l'industria delle armi.
21. Spegni la luce quando non serve. Lasciare un ufficio illuminato tutta la notte
significa sprecare l'energia necessaria per preparare mille tazze di tè.
22. Fai testamento. Se non fai testamento, il governo potrebbe tassare più del necessario
ciò che lascerai ai tuoi cari.
23. Mangia più spesso in compagnia. Secondo alcuni studi, i bambini che mangiano a tavola
con i genitori sono meno ansiosi e stressati.
24. Mastica meno gomma americana. In Inghilterra si spendono l'equivalente di 216 milioni
di euro all'anno per ripulire le strade dal chewing gum (nel libro ci sono due pagine
incollate tra loro con la gomma da masticare).
25. Usa una tazza e non un bicchiere di plastica. Ogni anno si usano più di sei miliardi
di bicchieri e contenitori di plastica, polistirolo e carta, e ben pochi sono riciclati.
Sponsored Links and Publicity
26. Dona il sangue. Ogni anno, solo in Gran Bretagna, si usano quasi 1,25 milioni di litri
di sangue, ma i donatori sono appena il 6 per cento della popolazione.
27. Paga un po' di più quando fai acquisti nei mercatini per beneficenza.
28. Cogli l'attimo. Cerca di essere d'ispirazione a chi ti circonda dando il buon esempio
e incoraggiando gli altri.
29. Ricicla il tuo computer. Quando ne compri uno più potente, cerca qualcuno che ti
aiuti a trovare un nuovo uso per il tuo vecchio computer.
30. Prepara un dolce per un amico.
31. Chiudi il rubinetto mentre ti lavi i denti. Lasciandolo aperto si sprecano migliaia di
litri d'acqua ogni anno.
32. Fai qualcosa che credevi di non saper fare. Finché non ci provi, non puoi sapere se
davvero non ne sei capace.
33. Ricicla i tuoi libri. Prestali a un amico o regalali. Un libro usato vale quanto uno
nuovo, e avrai risparmiato un po' di carta.
34. Compra i prodotti del commercio equo e solidale. Sono più convenienti e garantiscono
condizioni di lavoro dignitose e condizioni commerciali eque agli agricoltori e ai
lavoratori dei paesi in via di sviluppo.
35. Scrivi alle persone che ammiri. Elogiare qualcuno perché ha fatto qualcosa di bello
lo incoraggerà a farlo di nuovo.
36. Dedica un po' di tempo ad ascoltare gli altri. Non devi risolvere i problemi del
prossimo, basta che gli dai la possibilità di esporli.
37. Cedi la precedenza almeno una volta, quando ti sposti in automobile. Combatti
l'aggressività al volante lasciandoti superare dagli altri automobilisti.
38. Non riempire il bollitore elettrico. Se usi solo l'acqua strettamente necessaria
risparmierai acqua e corrente elettrica.
39. Fai la spesa nei negozi di quartiere. Hanno bisogno dei loro clienti per sopravvivere.
40. Iscriviti a un'associazione. Entra a far parte di un gruppo o di un club.
41. Abbraccia qualcuno. Chi ti vuol bene desidera essere toccato e abbracciato: comunica
questo affetto al maggior numero possibile di persone.
42. Ricicla i tuoi occhiali. Ogni anno nel mondo 200 milioni di persone hanno bisogno di
un paio di occhiali ma non possono permetterseli.
43. Pianta un seme o prenditi cura di una pianta insieme a un bambino. Darà a entrambi il
senso di aver realizzato qualcosa e distrarrà il bambino dalla televisione o dalla
playstation.
44. Segnala al tuo comune i rifiuti abbandonati. È tenuto a portarli via.
45. Dai il tuo numero di telefono a cinque persone che abitano nella tua strada. Stabilire
rapporti amichevoli con i vicini aiuta a creare un clima migliore.(nel libro ci sono
cinque bigliettini con la scritta -Sono il vostro vicino- e lo spazio per scrivere il
proprio numero di telefono).
46. Usa entrambi i lati di un foglio di carta. Per produrre tutta la carta consumata negli
uffici britannici, ogni anno sono abbattuti più di 350 milioni di alberi.
47. Passa a un amico la copia di questo giornale. Così anche altri potranno seguire
questi consigli.
48. Invia all'autrice del libro un'idea per altre azioni da fare. Falle sapere che cosa
vorresti che facessero un milione di persone: lei saprà far circolare le tue proposte.
49. Impara cose nuove, fai cose nuove. Diffondi le idee che secondo te lo meritano,
mettendole in atto ma anche parlandone con altre persone.
50. Fai qualcosa gratuitamente. Aiutare nel tempo libero singole persone oppure
organizzazioni di volontariato del tuo quartiere può essere fonte di grandi
soddisfazioni.
Ecco come Eugenie Harvey, un'esperta di marketing, ha messo in piedi un movimento che ha
un obiettivo ambizioso: insegnare alla gente a vivere di nuovo insieme
Eugenie Rarvey, 35 anni, Australiana, lavorava per una società di pubbliche relazioni da
quasi due anni quando ha deciso che voleva di più. "Mi sentivo frustrata. Non ero
proprio infelice, ma non mi sentivo realizzata", racconta. "Avevo passato i trent'anni e non avevo né legami né problemi finanziari. Ho capito che volevo fare
qualcosa di importante per gli altri. Ma non sapevo come"
Nel marzo del 2003 il suo capo ha organizzato una riunione del personale per seguire la
conferenza di un certo David Robinson, il presidente di un'associazione di beneficenza di
Londra, Community links: "Ci ha parlato delle cause e delle conseguenze
dell'isolamento degli individui" ricorda Eugenie. "Il suo discorso mi ha toccato
nel profondo". Robinson ha spiegato che i nostri genitori avevano otto volte più
probabilità rispetto a noi di far parte di un'associazione. Oggi l'affluenza alle urne è
scesa del 20 per cento, la militanza in partiti politici dei due terzi. Quando c'era il
razionamento alimentare, la gente era più soddisfatta della vita di quanto lo sia oggi.
L'aumento dei consumi non ci ha resi più felici. Abbiamo mezzi di comunicazione più
moderni ed efficaci che mai, ma le comunità si disgregano e sempre più persone vivono
sole.
"Quella conferenza è arrivata propria al momento giusto", continua la Harvev.
"Ho capito subito che Robinson aveva ragione. Ero alla disperata ricerca di un modo
per fare qualcosa, ma non capir come potevo mettere a frutto le mie competenze. Non avevo neppure mai fatto volontariato".
A un certo punto della conferenza Robinson si è lanciato in una polemica sul potere del
logo nella pubblicità e nel sistema capitalistico, e ha invitato il pubblico a immaginare
un modo di usare quel potere per invertire il calo dell'impegno sociale, specie tra i
giovani. Cosa sosteneva in pratica Robinson? Che se un marchio forte è in grado di creare
un mercato per prodotti di cui neanche sapevamo di aver bisogno, forse è possibile
applicare lo stesso metodo all'esigenza di una comunità forte e di un rinnovato senso del
buon vicinato", spiega la Harvey. Insomma, inventare una versione benefica della Nike
o della Coca-Cola? "Più o meno. Noi però volevamo aumentare il livello di
consapevolezza, non semplicemente raccogliere fondi. Allora ci siamo chiesti: possiamo
applicare questo modo di pensare a qualcosa di necessario, come il cambiamento sociale e
l'impegno? Potevamo creare un marchio che trasmettesse l'idea che ci sono modi semplici e
pratici per migliorare il mondo? Di colpo ho capito che potevo davvero fare la differenza:
potevo usare le mie competenze nel ramo delle relazioni pubbliche per far qualcosa di cui
essere orgogliosa".
Così Eugenie Harvey ha lasciato il suo lavoro e per quattro mesi si è impegnata come
volontaria per Community links. "Insieme a un'altra ragazza abbiamo cercato di
inventare questo marchio e di mettere insieme un piano che non fosse soltanto un fuoco di
paglia, ma un movimento sostenibile". Il marchio creato dalla Harvey si chiama We are
what we do, "siamo ciò che facciamo". Dietro c'è l'idea di aiutare le persone
a tradurre in realtà una frase del Mahatma Gandhi: "Siate voi il cambiamento che
volete vedere nel mondo".
LOGO POSITIVO
II piano è usare tutti i mezzi - internet, la tv, i libri, gli spazi espositivi - per
diffondere questo marchio e incoraggiare quelli che si sentono isolati a perseguire
insieme obiettivi positivi. Eugenie Harvey e la sua squadra, che ora è formata da quattro
persone, lavorano in un seminterrato nel centro di Londra, messo a disposizione dal suo
datore di lavoro. Hanno dedicato molto tempo a corteggiare potenziali partner che dessero
il loro sostegno gratuito al marchio.
Ma qual è lo scopo del marchio, o del movimento, o del "nuovo tipo di
comunità'"; come la definisce la Harvey? "Non ci interessa raccogliere fondi:
ci interessa far capire il potere di un semplice cambiamento degli atteggiamenti e dei
comportamenti quotidiani. Invitiamo tutti a dar vita a una comunità di tipo nuovo, fatta
non di persone che aderiscono e basta, ma di persone che pur agendo in modo indipendente
sono sotto una stessa bandiera e cercano di dare una risposta alle domande che tutti ci
facciamo".
Le sue proposte sono raccolte in un libro pubblicato per conto di We are what we do.
S'intitola Change the world for a fiver - 50 simple aetions to Change the world and make
you feel good (Cambiate il mondo con 5 sterline -50 semplici modi per cambiare il mondo e
sentirsi bene) ed è la bibbia del "movimento": per realizzare questo volume
hanno offerta gratuitamente le loro competenze alcuni dei migliori cervelli della
pubblicità britannica. Nel libro, immagini e brevi testi illustrano 50 azioni che
ciascuno di noi potrebbe compiere per migliorare la società: donare sangue o fare il
bagno insieme alla persona amata, non buttare per terra la gomma da masticare o scrivere a
una persona che suscita la nostra ammirazione.
Il libro è pieno di trovate simpatiche. Su una pagina, per esempio, è applicato un
sacchetto con cinque semi di pino silvestre: il suggerimento è di piantarli per avere
entro il 2012 un albero di Natale fatto in casa. "Ciascun albero fornirà l'ossigeno
necessario a due persone per il resto della loro vita", spiega la didascalia. Carino.
In tre settimane il libro aveva già catturato l'immaginazione di molte figure di primo
piano del mondo imprenditoriale britannico, e ha scalato la classifica delle vendite di
Amazon. La tiratura iniziale di diecimila copie è stata aumentata a 50mila quando il
libro ha avuto il decisivo appoggio di Richard Madeley e Judy Finnigan (gli animatori di
un popolare programma televisivo della Bbc) e ha riscosso l'interesse anche di altre
aziende: Channel 4 e la Coca-Cola hanno comprato un gran numero di copie del libro per i
loro dipendenti.
Non si può dire che il libro sia un capolavoro: è un'opera intelligente che punta a
incoraggiare i cittadini che vivono un senso d'isolamento e impotenza a far qualcosa per
una società che ha perso il senso della comunità e non sa più coltivare rapporti di
buon vicinato.
È stata anche indetta una giornata We are what we do, il 30 settembre. Per celebrarla,
varie aziende hanno messo a disposizione contenitori per la raccolta degli spiccioli
(azione numero 16), mentre altre hanno fatto propria la numero 11 (essere in forma per
sentirsi meglio) organizzando esercizi alla scrivania e vere e proprie lezioni di
ginnastica. Altri hanno manifestato il loro sostegno al progetto mettendo in pratica
l'azione numero 50 (fate qualcosa gratuitamente), e cioè fornendo beni, servizi e
consulenze senza compenso.
Eugenie Harvey spiega che sono allo studio altri progetti a lungo periodo: un programma
dedicato in particolare ai giovani, edizioni in varie lingue e un'altra giornata di azione
per l'anno prossimo. "Stiamo costruendo un movimento capace di reinventarsi
continuamente, di evolvere e di crescere. Lo scopo è creare una rete, non un
impero". Queste parole si leggono nello statuto di We are what we do. Che invita i
lettori a usare la posta elettronica per proporre nuove azioni oltre alle 50 del libro.
Quello che ci interessa è far capire il potere di un semplice cambiamento nei
comportamenti quotidiani.
Sponsored Links and Publicity
DIECI PROGETTI PER SALVARE
IL MONDO di Sylvle Coyaud 10 aprile 2004
Il 28 maggio, nove economisti ci diranno come salvare il mondo. In un incontro di cinque
giorni intitolato "Consenso di Copenaghen", Jagdish Bhagwati, Robert Fogel
(Nobel 1993), Bruno Frey, James Heckman (Nobel 2000), Justin
Yifu Lin, Douglass North (Nobel 1993), Thomas Schelling, Vernon Smith (Nobel 2002) e Nancy
Stokey decideranno in base a un calcolo dei costi e dei benefici le misure prioritarie con
le quali affrontare dieci delle 32 urgenze planetarie elencate dalle Nazioni Unite. Poi ne
raccomanderanno l'adozione a tutti i governi. II conclave è promosso da Bjorn Lomborg,
direttore dell'Istituto danese per la valutazione ambientale e autore dell'Ambientalista
scettico (Mondadori, 2002), e dall'Economist. «II mondo affronta una serie di problemi
come l'inquinamento, la fame, le malattie», spiega Lomborg. «Qual è il più urgente?
Tutti vorremmo che ci fosse abbastanza denaro per risolverli tutti. Ma le risorse sono
limitate. II Consenso di Copenhagen fornirà una cornice per dare delle priorità». Ai
nove saggi spetterà compilare la classifica. Questa indicherà alle agenzie dell'Onu e ad
altre organizzazioni sempre a corto di soldi come e dove usarli per combattere la
povertà, ottenendo risultati ottimali e misurabili. In pratica, risponderà a domande
quali: conviene prima salvare un ecosistema o creare mille scuole?
Non ci sono dubbi sul metodo, molto rigoroso, usato per preparare i dossier o sul bisogno
di criteri tanto più razionali quanto le scelte sono difficili. Ce ne sono sul resto, e
mezzo comitato scientifico dell'Istituto danese s'è dimesso per protesta. Motivi? Gli
esperti sono tutti uomini tranne una, e universitari americani, meno uno di Zurigo e uno
di Pechino. Mancano í grandi studiosi delle disuguaglianze e dei loro rimedi come Susan
George, Amartya Sen (Nobel 1997), David Landes, Alex De Waal o Muhammad Yunus. Salvo altra
indicazione, dalle loro idee e dai loro scritti vengono i commenti che aggiungiamo alle
dieci priorità, riassunte (non in ordine di importanza) con citazioni tratte dalla
presentazione ufficiale del Consenso di Copenaghen.
Cambiamenti climatici
"Quasi tutti i climatologi credono che l'emissione di gas da effetto serra, dovuta a
carburanti fossili come carbone e petrolio, produca un riscaldamento globale". Qui,
come nel libro di Lomborg, i climatologi "credono", non lo sanno. Invece lo
sanno gli analisti finanziari delle società come Swiss Re o Munich Re che assicurano le
compagnie di assicurazioni, procurando loro í fondi per i risarcimenti quando la
catastrofe succede. Un tempo, il mercato finanziario forniva ì capitali, perché la media
dei disastri era costante e i rischi e i ricavi prevedibili. Ma, secondo l'Economist,
dagli anni '90 il mercato non scommette più sulla probabilità che tifoni, alluvioni e
altri eventi climatici non aumentino.
Malattie contagiose
Hiv, virus del Nilo o delle scimmie, le epidemie sono senza frontiere. L'anno scorso, il
coronavirus della Sars ha fatto rispolverare un'invenzione ottocentesca dei militari: la
quarantena di massa. E questa, si è scoperto, abbassa il reddito nazionale lordo perfino
in un Paese con una buona sanità pubblica come il Canada. Cos'aspettano i Paesi ricchi a
finanziare sul serio una prevenzione globale? II Consenso di Copenaghen?
Conflitti
"Sono aumentati di numero e per tipologia in tutto il mondo". Negli anni '90,
per intervenire in Paesi come la Bosnia, il Salvador, la Somalia o il Ruanda, "la
comunità internazionale ha speso 200 miliardi di dollari". Una rovina. 0 no? Molti
conflitti esplodono insieme alla disponibilità di armi, cioè quando ne cala il prezzo. E
le industrie statunitensi sovvenzionate dalla Difesa hanno il 52% del mercato mondiale
delle armi vendute legalmente, comprese quelle di seconda mano che percolano nel mercato
illegale, stando all'Istituto di ricerca per la pace di Stoccolma, non invitato a
Copenaghen.
Istruzione
La studiosa Susan George la considera un diritto che lo Stato deve garantire ai cittadini.
Non lo fa nel caso di "862 milioni di analfabeti sopra í 15 anni, di cui due terzi
sono donne". Susan George trova oscene le regoleell'Organizzazione mondiale del
commercio (Wto) che prevedono un'educazione privatizzata. Come la sanità d'altronde.
Così scuole e università dovranno rendere o chiudere. A meno di non essere gestite da
volontari, missionari religiosi o laici ma troppo spesso mossi da fini propagandistici,
che semineranno idee dalle quali raccoglieremo conflitti.
Instabilità finanziaria
"Dati economici carenti, debolezze dei sistemi finanziari occultate, scarsa chiarezza
delle misure governative minacciano la stabilità dei sistemi locali e l'intera economia
globale. La conseguenza immediata di una crisi economica è l'aumento dei livelli di
povertà esistenti in una società". Giusto. Un'economia sana richiede trasparenza e
onestà. Quella di riconoscere ì propri errori, magari. Peccato che, incapaci di mettere
un prezzo sulla sofferenza umana, il Fondo monetario internazionale (Fmi) e la Banca
Mondiale - i primi custodi della stabilità - impongano ai Paesi in crisi ricette la cui
efficacia non è dimostrata.
Malgoverno e corruzione
Qui è ripresa la diagnosi della Banca Mondiale: "Da sola, la corruzione è il
principale ostacolo allo sviluppo economico e sociale". Di chi? In un rapporto di
fine marzo, Transparency International, un gruppo di giornalisti ed economisti che
denuncia la corruzione, scrive che a governanti e dittatori del terzo mondo le
multinazionali del petrolio elargiscono tangenti che non risultano mai nei bilanci (cioè
hanno fondi neri).
Siccome azionisti e investitori di Wall Street, Londra o Piazza Affari non si ribellano,
si presume che il loro sviluppo non ne è ostacolato.
Denutrizione e fame
Ogni giorno 800 milioni dì persone hanno fame e questo è un "freno allo sviluppo
economico. Al contempo povertà e assenza di sviluppo ne sono cause importanti".
Importanti come le guerre, l'assenza di riforma agraria (auguri, Lula!), di una
magistratura integra che faccia rispettare i patti sulla proprietà o l'affitto dei
terreni agricoli anche quando sono firmati dai poveri. Un secolo fa, nei Paesi
dell'attuale Unione Europea una famiglia spendeva in media tre quarti del proprio reddito
per il cibo, oggi tra il 10 e il 20%, quanto per le telecomunicazioni e gli svaghi. Gli
800 milioni di affamati dispongono da 30 a 300 dollari all'anno, il che esclude un pasto
al giorno.
Spostamento delle popolazioni
"Le migrazioni interregionali, in specifico dai Paesi sottosviluppati verso i Paesi
industrializzati, sono in aumento. II numero di migranti è stimato in più di 125
milioni, profughi compresi". Per un Paese ricco, l'immigrazione è una fonte di mano
d'opera giovane, poco costosa, intraprendente, disposta a correre rischi - fino a
commettere reati - per migliorare le proprie condizioni. Per i Paesi poveri è un salasso
che lì fa diventare più poveri. Per un economista del libero mercato è una
"allocazione più efficiente delle risorse umane" e per gli altri un drammatico
paradosso dello sviluppo.
Acqua e igiene
"Un miliardo di persone non ha acqua potabile e 2,4 miliardi non hanno servizi
igienici". Portare acqua nelle case, nei campi, nelle industrie richiede
infrastrutture che i Paesi poveri non possono permettersi. I privati sì. se poi vendono
l'acqua come una merce, al prezzo di costo più un buon margine di profitto. E lo Stato
paghi la bolletta dei poveri con quello che ha risparmiato sulle infrastrutture, consiglia
da anni I'Economist. Solo che i privati non investono i propri capitali per costruire una
rete idrica - o fognaria - perché i guadagni arriverebbero solo dopo decenni. Se li fanno
anticipare dallo Stato. Che se li procura dalla Banca Mondiale o dall'Fmi. Che in cambio
pretende l'aumento del prezzo dell'acqua. Che rimanda i poveri alla loro miseria. Ma con
acqua potabile.
Sussidi e barriere tariffarie
Sono due strumenti usati dai governi per proteggere i produttori nazionali dalla
concorrenza straniera, entrambi detestati dagli economisti perché distorcono i prezzi e
vanificano l'idea stessa di libero mercato. Un esempio. L'Africa sub-sahariana produce
verdura e frutta fresca durante il nostro inverno, a un costo molto inferiore rispetto a
quelle cresciute in serra da noi. Non può sfruttare questo vantaggio per venderle nei
sette Paesi più ricchi perché questi impongono dazi doganali (le tariffe) che ne
raddoppiano il prezzo, e versano ai propri agricoltori sussidi per un totale di un
miliardo di dollari al giorno, tenendo basso il prezzo dei prodotti locali.
I Soldi non Sono tutto
È utile calcolare in denaro, che è una delle unità di misura disponibili, i costi e i
benefici degli interventi contro la povertà, e definire le priorità, i problemi da
sanare subito perché i vantaggi ne scendono a cascata risolvendone altri. Perciò David
Landes raccomanda di concentrare gli sforzi su sanità ed istruzione e scommettiamo che
gli economisti di Copenaghen faranno altrettanto. Però come i loro sponsor sono ligi
all'ideologia liberista prevalente nell'economia dello sviluppo. Che fa del denaro la
prima se non unica misura di efficacia, del mercato un rimedio universale, della somma
degli interessi privati l'equivalente del bene comune, dello Stato un mero garante della
sicurezza attraverso l'esercizio esclusivo della violenza e della repressione. Non che il
mercato sia un male. Per Amartya Sen, lo scambio, il commercio se volete, è da sempre una
forma di rapporto umano e il mercato è il luogo in cui si esprime con prepotenza o
avidità e anche con generosità o intelligenza. Ed è vero che la molteplicità delle sue
offerte evita gli abusi di chi detiene il monopolio di un bene. Invece non è vero che la
"mano invisibile" del mercato - quella capacità, nel gioco tra domanda e
offerta, di correggere le inefficìenze nella distribuzione delle risorse, tanto lodata da
Lomborg e dall'Economist - corregga le iniquità planetarie. Le aggrava. Mentre tutti si
preoccupano del fatto che nel 2040 saremo 9 miliardi (dopo, inizierà la flessione
demografica), il mercato offre tre farmaci contro l'impotenza e nessun vaccino per la
malaria. Servono altri esempi?