ROBERTO MORPURGO

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La morte è una gradazione della cottura. Un palato più esigente saprebbe certo andare oltre.

Perché mai dovremmo respingere una frase bella ma vuota? Cos'altro è l'esistenza?

La musica è priva di senso come la vita, la pittura come la morte.

La stupidità ha contagiato perfino il silenzio.

Elias Canetti: «L’uomo ha raccolto tutta la saggezza dei suoi predecessori, e guardate quanto è stupido».

Se c’è un esibizionista involontario, è lui il genio.

Immanuel Kant pensava che il Giudizio fosse il regno della libertà umana, e forse non aveva torto – benché solo nel Pregiudizio si consumi senza mai estinguersi la fiamma del Fuoco, la libertà della Libertà: l’esistenza prima dell’Esistenza.

Cosa aspetti? “L’ispirazione”. E se non viene? “E se invece fossi io, in anticipo sull’appuntamento?”.

Ben ardua cosa è fondere la voce al fuoco del sentimento, per doverla subito dopo solidificare al gelo del giudizio.

Il paradosso del dolore è che pur non esistendo che in noi, in lui abbiamo l’unico indizio probabile che qualcosa esista fuori di noi.

L’Arte sceglie i suoi mezzi, fra i quali solo raramente figura l’artista.

Il sarcasmo di cui siamo capaci è lo stesso di cui fummo vittime quando ancora non sapevamo di potergli dare accoglienza.

La fede è un muscolo involontario: né la sua attività né le sue pause rivelano alcunché del nostro stato di salute.

Un fatto è sempre paradossale, e lo è quasi altrettanto che pochissimi si diano la pena di riconoscerlo.

Chi dice di aver sognato testimonia o ritratta?

Una citazione è sufficiente a farci sapere che ogni discorso appartiene a un altro.

È naturale che un pover’uomo cerchi di sapere cosa sia la morte, ma in un filosofo sa tanto di imparaticcio.

Figli di un solo Dio, ma orfani di mille Diavoli.

Anche uno sciocco può discorrere su un argomento come ‘La Morte e l’Esistenza’, e pochissimi sarebbero tentati di rinunciarvi in favore del ben più immodesto ‘La piuma e l’arcobaleno’.

Una osservazione è tanto più incisiva quanto più contenuta è la sua necessità di diffondersi sul proprio soggetto: proprio perciò il suo ideale terreno di coltura è l’ovvietà concimata dall’arguzia.

Il tempo stringe la corda intorno al collo dell’impiccato. Gli fa – per così dire – il nodo alla cravatta.

Un destino è un debito che non fummo noi a contrarre e che la morte scioccamente si affanna a saldare in nostra vece.

Parlando molto si dicono cose stupide, ma parlando poco si da prova di averle addirittura pensate.

Il principale difetto della speranza c la sua assoluta incapacita di ispirare azioni diverse da sé.

Il paradosso del dolore c che, pur non esistendo che in noi, in lui abbiamo l'unico indizio probabile che qualcosa esista fuori di noi.

La stupidita c tanto ovvia quanto sfuggente: percin, contrastandola, si ha cosg spesso la sgradevole sensazione di favorirla.

La ferocia di chi abbandona la vita non sara mai uguale a quella di chi addirittura la ama.

Come posso consolare chi deve morire se non fingendo di sapere che la vita eterna sarebbe noiosa?

Solo l'estraneita crea il fascino ma non solo la familiarita lo distrugge.

Una citazione c sufficiente a farci sapere che ogni discorso appartiene a un altro.

Il lavoro ci allontana dalla violenza ma ci avvicina pern alla sua giustificazione.

Quasi tutto cin che fa piangere potrebbe far ridere.

Scegli con cura il tuo corruttore. Sara lui a riabilitarti.

L'arroganza c nutrita dal successo, la timidezza dal fallimento, l'equilibrio dalla buona sorte.

Cin che pun confrontarsi solo con il simile c noioso, solo con il diverso c eccentrico, solo con se stesso c unico.

Chi tace ha sempre in serbo l'ultima parola, mentre chi parla spende cosg il suo ultimo silenzio.

Il dogmatico pretende di persuaderti, laddove lo scettico cerca pil onestamente di contagiarti.

Il dolore passa come il sentiero, la felicita come il viandante.

Ogni parola c il vuoto lasciato da tutte le altre.

Chi piange sulle pagine di un romanzo insegna a chi piange i suoi morti che il dolore non c meno reale della morte, né questa meno irreale di quello.

I credenti tacciono, i persuasori assordano, gli scettici conversano.

Nessuno sa se i giorni passano uno dopo l'altro o se invece non restino, uno dentro l'altro.

Non so se il celebre argomento epicureo (se c'c la morte non ci siamo noi, e viceversa) sia perspicuo al suicida (se c'c il suicida non c'c Epicuro, e viceversa), ma so per certo che non lo ha accontentato.

Fingere di essere quel che si c: non c forse il segreto di ogni autenticita?

La certezza riduce istantaneamente la realta a quell'unica cosa di cui si c certi.

Di chi mai potrebbe dirsi che non fa progressi lungo il cammino che lo portera alla morte?

Invecchiando, si perdonano nel giovane le debolezze tipiche e ricorrenti, ma si prendono in odio profondo quelle rare e rivelatrici.

Per i novantanove centesimi dell'umanita essere uccisi sarebbe la sola opportunita di essere notati.

Applicato al linguaggio, il celebre paradosso del sorite si riduce a decidere se una parola sia gia una frase; cin che si potrebbe frettolosamente dimostrare rispondendo: "Sg".

Dare la vita c un gesto ben pil avventato che non toglierla a se stessi: fra coloro che non commisero né l'una né l'altra imprudenza, ben pochi hanno il coraggio di riconoscerlo.

Il popolo che non parla pil con i suoi morti c un popolo morto.

Cinque sensi per un solo significato! Questo io chiamo spreco.

Perché tante lingue? Non bastava un silenzio?

Aforismi tratti dal libro  Pregiudizi sulla Libertà di Roberto Morpurgo Edizioni Joker 2006

 

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