COMITATO PER L'AMBIENTE E IL
RISPARMIO ENERGETICO DI BRESCIA
Contaminazione da PBC: Brescia è
più inquinata di Seveso
a Caffaro è un'importante industria chimica attiva sul territorio bresciano
dal 1906. All'inizio fu essenzialmente una fabbrica di soda caustica con
processo elettrolitico a catodo di mercurio, ma già negli anni trenta
l'azienda s'impone sul mercato come principale produttrice di pesticidi,
prima a base di composti arsenicali e successivamente di cloroderivati.
Entrano quindi progressivamente nel ciclo lavorativo svariate sostanze
tossiche, di cui molte cancerogene: benzene, arsenico e suoi composti,
tetracloruro di carbonio, DDT, Lindano, clorofenoli, cloroformio e
Clortalonil. Dal 1938 al 1984 si afferma in azienda la produzione di PCB che
renderà la Caffaro uno dei leader a livello mondiale.
In quasi 50 anni si producono 150 mila tonnellate di PCB a fronte delle 650
mila tonnellate degli Stati Uniti, relative a un equipollente arco temporale
(1929-1977), che però sospendono la produzione nel 1977, preceduti nel 1972
dal Giappone, dove un grave incidente provoca l'intossicazione di duemila
persone.1
Nonostante lo sviluppo di una cultura diffusa sulla tossicità delle
diosssine,2 conseguente al disastro di Seveso del 1976, alla Caffaro di
Brescia la produzione di PCB continua indisturbata fino al 1984. E questo
quasi a voler concludere a ogni costo il ciclo vitale degli impianti, che
tre anni prima della dismissione vanno anche incontro a un principio di
incendio che provoca il surriscaldamento di un distillatore, fino a
temperature critiche per la formazione di diossine.
I dati di seguito riportati, sui quali riteniamo di poter fondare le nostre
valutazioni, presentano limiti intrinseci: alcuni conseguenti
all'inadeguatezza dei metodi adottati dalla ASL e dall'ARPA per il
campionamento e la raccolta delle matrici su cui sono state condotte le
determinazioni analitiche degli inquinanti, altri invece dipendono
dall'incompletezza delle informazioni reseci disponibili.
In ogni caso, accettando approssimazioni che possano comunque mettere
abbastanza al riparo da errori di sovrastima del rischio, abbiamo cercato di
ottenere il massimo d'informazione possibile dalla nostra base-dati. Ci
siamo ispirati, per così dire, alle storiche inferenze di sir Percival Pott
"rivisitato",3 che, valorizzando i dettagli di una osservazione non
sistematica e il relativo contesto storico-sociale, è riuscito a suggerire
ipotesi forti sulla cancerogenesi professionale, successivamente confermate
e sviluppate.
La ASL di Brescia, allo scopo di predisporre il monitoraggio delle ricadute
a terra delle emissioni del costruendo inceneritore dell'Azienda servizi
municipali di Brescia (ASM), che fatalmente si sovrappongono alla zona posta
a Sud della Caffaro, conduce tre campagne di misurazioni sequenziali negli
anni 1994-1995-1997, per definire la condizione "zero" dell'inquinamento del
suolo.
Alle istituzioni giungono quindi inaspettati i risultati che documentano un
altissimo e diffuso inquinamento da PCB, diossine e furani di due o tre
ordini di grandezza oltre i limiti attualmente fissati dalla legge,4 cioè 10
ng/kg (di terra) per diossine e dibenzofurani e 1.000 ng/kg per PCB
relativamente a terreni destinati a verde pubblico privato e residenziale.
Nel febbraio 2001, l'ASL di Brescia raccoglie altri campioni di terreno
nelle adiacenze della fabbrica. Nel cortile dell'ex scuola elementare
(chiusa solo dal 1993 e ora sede di Circoscrizione) l'indagine ritrova ancor
oggi valori di PCB 3.000-6.000 volte superiori al limite, come si può
leggere nella tabella 2.
Un confronto con altre aree inquinate può facilitare la percezione delle
dimensioni del problema, sia pure con la dovuta cautela, date le diverse
origini modalità ed evoluzione temporale dell'inquinamento, nonché delle
matrici ambientali interessate.
Laguna di Venezia. Nei sedimenti della laguna di Venezia, una delle aree più
inquinate d'Italia, uno studio dell'Università di Venezia, su 15 aree di
campionamento indagate dal "Progetto di ricerca del sistema lagunare
veneziano" nel luglio 1994, ha rilevato la presenza dei PCB in una
concentrazione diffusa che oscilla tra i 4,05 e i 35,45 µg/Kg; solo uno dei
15 campioni, nel Canal Grande, che si ipotizzò convogliasse e concentrasse
maggiormente l'inquinamento proveniente da Porto Marghera, raggiunge il
valore massimo di 239,15 µg/Kg.
Seveso. All'Icmesa le diossine sono state trovate nello strato superficiale
del terreno a un'altissima concentrazione, fino a un massimo, nella "zona
A", di 48,90 µg/Kg, quindi quasi 4.000 volte i limiti oggi previsti dalla
normativa in vigore (µg/Kg 0,01). Nella "zona B" la concentrazione massima
era di 0,39 µg/Kg mentre in alcuni punti attorno alla Caffaro, come detto,
si supera il limite fissato per il PCB anche di 6.000 volte. Per di più, a
Seveso, l'inquinamento acuto interessò alcune centinaia di persone (736
cittadini) mentre la "zona a pera" che si estende a Sud della Caffaro è
abitata da migliaia di persone.
Per meglio esprimere l'ordine di grandezza dell'inquinamento, operiamo un
confronto tra la "zona A" di Seveso (la più inquinata) e quella bresciana a
forma di pera, applicando, con l'approssimazione di seguito precisata, il
fattore di tossicità equivalente (TEF, vedi note 4 e 5 nella tabella n. 3).
Come noto, i PCB sono una famiglia di composti chimici (teoricamente 209).
Una categoria di questi, in particolare, induce una serie di effetti
tossicologici simili a quelli delle diossine. Per tali composti è stato
individuato un fattore di tossicità equivalente, riferito alla 2,3,7,8 TCDD,
cioè alla diossina più tossica, che varia secondo una proporzione compresa
tra un minimo di 1: 10.000 e un massimo di 1: 10. Questo significa che
alcune forme chimiche di PCB possiedono una tossicità solo 10 volte
inferiore a quella della 2,3,7,8 TCDD.
In assenza di informazioni disponibili sui congeneri diossina-simili dei PCB
in questione, l'approssimazione operata consiste nell'assumere come
verosimile il rapporto intermedio di 1: 100.
Attraverso questa inferenza è possibile stimare nei terreni della "pera
bresciana" una concentrazione di diossine o PCB (espressi come TE)
sostanzialmente simile o addirittura più alta di quella rilevata nella "zona
A" di Seveso, mentre, considerando il solo inquinamento da diossina, la
concentrazione risulta comunque superiore alla "zona B" di Seveso. La
tabella di comparazione 3 è integrata con alcuni dati più recenti di fonte
ARPA, esplicativi di quanto comunque appariva già evidente.5
Va ricordato che a Seveso la nube tossica investì direttamente le persone
provocando casi di cloracne, ma fu valutato anche l'inquinamento al suolo
determinato dalla diossina che si era depositata. A ciò si procedette ad
alcuni giorni di distanza dall'evento incidentale, delimitando la cosiddetta
"zona A", dove il rischio per la popolazione fu ritenuto non accettabile.
Tanto che questa area venne evacuata e successivamente bonificata.
A Brescia, invece, l'inquinamento dei terreni veicolato verso Sud
dall'acqua, ma anche sicuramente dall'aria, si è realizzato in un lungo
intervallo di tempo.
Il "Piano di caratterizzazione" del sito su cui sorgono gli impianti della
Caffaro, effettuato dalla stessa azienda tra la fine del 2000 e l'inizio del
2001, mostra un gravissimo inquinamento del sottosuolo.6 Decine di sostanze
tossiche sono state ricercate con 55 carotaggi effettuati a profondità
comprese fra i 10 e i 40 metri; 7 hanno raggiunto gli 80 metri e sono stati
attrezzati a piezometro di controllo della falda sotterranea. E' emersa la
presenza di elevatissime concentrazioni di arsenico, mercurio, solventi
clorurati, PCB e altri composti di questa natura, mentre non sono state
ricercate le diossine, la cui presenza è peraltro altamente probabile per il
fatto che esse si generano come inevitabile reazione parassita nei processi
chimici di sintesi dei PCB, anche a prescindere da eventi incidentali.
E se a Seveso l'inquinamento ha coinvolto l'aria, a Brescia ha interessato,
almeno nei lustri più recenti, la falda acquifera attraverso la quale si è
diffuso in una vasta area di perimetrazione ancora incerta (vedi tabella 5).
La plausibilità del paragone con l'inquinamento di Seveso
Tenendo conto della superficie del reparto in cui si producevano PCB e delle
concentrazioni presenti anche in profondità (C26C), si può
approssimativamente stimare in oltre 100 le tonnellate di PCB disperse in un
terreno sabbioso assolutamente permeabile, dove la penetrazione è stata
favorita dal concomitante ed esteso inquinamento da solventi clorurati che
hanno funzionato da veicolanti. Lo stesso si può dire per arsenico, mercurio
e tetracloruro di carbonio, per citare solo i contaminanti più
rappresentati.
Inoltre, se nella stima dell'inquinamento del terreno sottostante si
assumesse lo stesso rapporto tra le concentrazioni di diossine e PCB
riscontrato a Sud della "zona pera" (1: 30.000), anche limitando il calcolo
al solo perimetro dello stabilimento Caffaro, la quantità assoluta di
diossina sarebbe dell'ordine dei chilogrammi, mentre a Seveso è stata
dell'ordine degli ettogrammi.
La plausibilità del paragone con Seveso, che eventualmente sembra
sottostimare, in termini di impatto ambientale complessivo, la gravità
dell'inquinamento della "pera bresciana", si fonda sinteticamente sul
seguente "decalogo concettuale": sui seguenti punti
1. stima del rapporto PCB/diossina 1: 30.000 assunto come rappresentativo
nel terreno;
2. caratteristiche geologiche del sito che conferiscono al terreno una
permeabilità particolarmente elevata;
3. ordine di grandezza della quantità assoluta di PCB stimabile in
tonnellate mentre quella della diossina in chilogrammi, anche limitandosi al
terreno sottostante il perimetro dello stabilimento;
4. inquinamento da PCB della falda acquifera;
5. reimmissione nelle rogge di superficie dell'acqua inquinata estratta
dalla falda utilizzata negli impianti ancora in funzione;
6. probabilità di ingresso dei PCB nella catena alimentare particolarmente
elevato per inquinamento di terreni coltivati a foraggi e ortaggi;
7. probabile presenza di discariche di rifiuti contenenti PCB e Diossine
anche in "zona pera", oltre che in altri siti limitrofi, come già accertato;
8. lungo periodo di esposizione della popolazione;
9. numerosità della popolazione bresciana esposta a sostanze dioxin-like
superiore di un ordine di grandezza rispetto a quella coinvolta
nell'incidente di Seveso;
10. esposizione contestuale ad altri cancerogeni.
LEGGI
LA PERICOLOSITA' DEL FLUFF E DEL PCB
PCB e rischio cancerogeno
L'EPA ha ripreso nel 2001 il tema
del rischio cancerogeno delle diossine e dei PCB, ha aggiornato una
precedente valutazione del 1996 giungendo a stimare, in accordo anche con
gruppi di ricerca europei, che un rischio per l'uomo da esposizione a
composti dioxin-like può manifestarsi per concentrazioni > 1-4 pg / kg di
peso corporeo.7
Va ancora ricordato che l'equipollenza tra PCB e diossine si fonda non solo
su studi di natura tossicologica, che hanno accertato la condivisione di uno
stesso meccanismo d'azione, ma anche su evidenze epidemiologiche.
Infatti, studi epidemiologici analitici condotti su esposti a diossina e PCB
mostrano che il concetto di tossicità equivalente elaborato a livello
sperimentale trova un riscontro epidemiologico nella capacità di produrre
eccessi statisticamente significativi di linfomi non Hodgkin (LNH) in
soggetti esposti all'uno o all'altro di questi analoghi molecolari anche in
concentrazioni che si approssimano all'ordine di grandezza delle esposizioni
di origine ambientale.8-10 In definitiva, i LNH appaiono come una sorta di
"effetto-ponte" che esalta la somiglianza delle cause. Sulla base di queste
considerazioni, la distanza che ancora separa nell'uomo l'evidenza di
cancerogenicità "sufficiente" della diossina da quella "altamente probabile"
dei PCB si riduce ulteriormente, giustificando comunque al massimo grado
l'adozione del "principio di precauzione" in sanità pubblica, già da tempo
assunto dalla stessa Unione Europea,11 per cui si considera vera l'ipotesi
più preoccupante.
L'incidenza dei tumori a Brescia
Se i dati fin qui riportati, pur nello loro gravità, sono il risultato di
indagini molto parziali (soprattutto per le diossine), del tutto assenti
sono le conoscenze sui danni alla salute provocati da questa secolare storia
di inquinamento. Assenza determinata dall'esclusione di questo tema da ogni
ipotesi di ricerca o di vigilanza. Eppure, l'anomala incidenza di tumori che
si registra a Brescia, sia per quanto riguarda il totale dei tumori maligni
sia per alcune sedi tumorali che costituiscono noti organi bersaglio dei
cancerogeni prodotti dalla Caffaro e presenti in concentrazioni elevate
nelle matrici ambientali, avrebbe dovuto suggerire di avviare studi in
questa direzione.
Il confronto dei dati del Registro Tumori territoriale bresciano - che negli
anni 1994-95 ha coperto la città Brescia e 33 comuni del suo hinterland per
una popolazione complessiva di 387.000 abitanti (ex USSL 18) -con i dati
degli altri registri tumori italiani colloca Brescia al vertice dei tassi di
incidenza. Il primato riguarda sia le singole sedi, sia il totale dei
tumori. I tassi più alti si registrano per il tumore del fegato sia nei
maschi sia nelle femmine (vedi tabella 6).
Le prime conferme del grave inquinamento dioxin-like
I primi dati divulgati dalla ASL di Brescia sull'inquinamento misurato nelle
matrici biologiche dimostrano che i PCB sono ampiamente entrati nella catena
alimentare. Livelli elevati di alcuni congeneri di PCB sono stati trovati in
verdure, uova e latte prodotto da aziende agricole ubicate nella "zona a
pera".
La ricerca di 7 congeneri di PCB, effettuata secondo l'approccio indicato
dall'Istituto superiore di sanità12 e utilizzati come traccianti della
contaminazione di diossine ha fornito i risultati riportati in tabella 7.
Per rendere più facilmente comprensibile l'ordine di grandezza
dell'inquinamento, assumiamo come termine di paragone le quantità di PCB
misurate in analoghe matrici a seguito dell'incidente avvenuto in Belgio nel
gennaio 1999, che comportò la contaminazione di mangimi per animali con 50
kg di PCB e un stima di 1g di diossina.13
Sono state trovate le seguenti concentrazioni di PCB (7 congeneri):
Concentrazione di PCBmisurata in nanogrammi per grammo di grasso
latte 34,2 DS = 30,5
uova 392,7 DS = 2.883,5
galline 240,7DS = 2.036,9
DS = deviazione strandard
Altri dati di un'analoga ricerca condotta dall'ASL di Brescia nell'ottobre
2001 sul sangue di alcuni soggetti residenti, secondo criteri di
campionamento non resi????, sono rappresentati in (tabella 8)
Risultati di ulteriori indagini più recenti sono stati divulgati dalla ASL
di Brescia in una conferenza stampa del febbraio 2002.
A solo scopo di una migliore rappresentazione formale dei dati, si
costruisce una tabella deducendo il numero dei soggetti di controllo, cioè
residenti all'esterno della "zona pera", la cui concentrazione di PCB nel
sangue (ng/ml) si colloca proprio nel range dei valori più bassi, dal totale
dei soggetti complessivamente esaminati, nonché dal numero dei soggetti
residenti in "zona pera" dei quali si afferma che la loro distribuzione
ricade pressoché interamente in range più elevati di concentrazione di PCB.
Non è stata resa nota la disaggregazione dei soggetti per le principali
variabili di interesse (georeferenziazione, periodo di residenza eccetera).
Le analisi, rese pubbliche nel gennaio 2002, relative alle diossine e ai
congeneri di PCB dioxin-like misurati nel campione di latte, aggiungono
ancora una novità di rilievo. I livelli complessivi di tossicità equivalente
sono elevatissimi: 53 TE pg/gr che si aggiungono ai 9 TE pg/gr dovuti alle
sole diossine. Va ricordato che l'Organizzazione mondiale della sanità nel
1998 raccomandava il limite di dose massima di assunzione giornaliera di PCB
dioxin-like e diossine pari a 1 TE pg per kg di peso corporeo (cfr Istituto
superiore di sanità, 1 luglio 1999).
Concedendo una esemplificazione, ciò significa che i residenti in "zona
pera" superano questo limite ingerendo pochissimi millilitri di latte
contaminato al giorno.
Sempre nel gennaio 2002 sono stati resi pubblici i certificati dell'acqua di
falda e di punti rete dell'acquedotto a Sud della Caffaro.
In diversi pozzi, i PCB si trovano sotto il livello di rilevabilità dello
strumento, ma risultano particolarmente inquinati da cloroformio,
tetracloruro di carbonio, tricloroetilene e tetracloroetilene rispetto ai
limiti previsti dal DM 471/99. In alcuni casi questi inquinanti campionati
nei pozzi dell'acqua potabile raggiungono concentrazioni sovrapponibili o
addirittura superiori a quelle misurate nelle acque di falda inquinate del
sito industriale Caffaro.
Gli stessi composti organoclorurati sono stati rilevati anche in alcuni
punti della rete dell'acquedotto in concentrazioni paradossalmente
accettabili per la normativa delle acque potabili (DPR 236/88), ma non
ammissibili dal citato Dlgs 471/99 per le acque di falda, cioè per quelle
non necessariamente destinate all'utilizzo domestico. E' auspicabile che la
necessaria armonizzazione della normativa si orienti in direzione garantista
per la salute.
La riflessione
Ci chiediamo come possa essere accaduto tutto questo nel e silenzio nella
più assoluta indifferenza anche della stessa comunità scientifica che in
Lombardia ha dovuto far fronte all'incidente di Seveso, accumulando
esperienza e conoscenza da quella tragedia. E questo in una città come
Brescia dove una fabbrica in pieno centro cittadino ha prodotto quantità
enormi di PCB.
Proprio l'indifferenza della comunità scientifica che assurge a una scelta
di campo, mai enunciata ma sempre agita, fa cogliere nella vicenda un "disvalore
aggiunto" non riducibile a quella aprioristica prudenza minimizzante che
così spesso caratterizza l'atteggiamento della pubblica amministrazione di
fronte a sciagure di ogni sorta. Le coordinate di questa scelta di campo
meritano quindi di essere puntualizzate con un altro decalogo nella loro
scansione temporale, perché non rappresentano dei meri accidenti, quanto
piuttosto dei momenti strutturali del contesto ambientale che ha ospitato
questa vicenda di sanità pubblica.
I punti del decalogo sono accompagnati da espressioni emblematiche,
proferite da alcuni "autorevoli" membri del "comitato tecnico scientifico"
istituito ad hoc presso la ASL di Brescia, in cui siedono anche
rappresentanti della richiamata comunità scientifica. Si tratta di
affermazioni secche, quindi prive di contesto significante, riportate da TV
o quotidiani in risposta a puntuali sollecitazioni loro rivolte da
giornalisti che intendevano sottoporre a contraddittorio le nostre
valutazioni.16
1. Presenza di una fonte inquinante storicamente nota, anche per diretta
esperienza di tutti gli attori in campo (alcuni dei quali siedono oggi nel
sopra citato comitato tecnico scientifico), che sarebbe finita sepolta sotto
le colate di cemento del piano di sviluppo urbanistico della città, se non
fossero sopraggiunti imprevisti elementi esterni;
2. inerzia nell'attuazione di provvedimenti preventivi, a partire almeno dal
1981, anno in cui si verificò un grave incidente al distillatore di PCB, che
si surriscaldò fino al punto di fusione con uscita di una nube tossica
contenente oltre ai PCB quasi certamente anche diossine (per effetto
dell'alta temperatura) e che investì 3 operai disperdendosi poi
nell'ambiente esterno, dove a pochi metri di distanza era ubicata una scuola
elementare. Tuttavia questi inquinanti, ormai noti almeno dopo l'incidente
di Seveso, non risultano essere mai stati ricercati, nonostante l'Istituto
di medicina del lavoro dell'Università di Verona svolgesse all'epoca
attività di consulenza per conto della stessa azienda Caffaro;
3. assenza di ogni valutazione epidemiologica degli stessi lavoratori e
della popolazione generale esposta per un secolo a una lunga serie di
cancerogeni (
Non ci risulta abbiano sviluppato, almeno per quello che
conosciamo noi, patologie particolari. Comunque li manderemo a chiamare);
4. sottovalutazione del rischio indiretta attraverso una critica rivolta
all'eccessivo garantismo dei valori di soglia, che per altro proprio l'ARPA
bresciana ha proposto recentemente di innalzare (
Con tutta la dispersione
di PCB che si è verificata negli anni passati tutti ne abbiamo almeno 10
microgrammi per litro nel sangue);
5. enfatizzazione dell'incertezza scientifica sul grado di evidenza della
cancerogenicità dei PCB, anche per un inadeguato aggiornamento delle
conoscenze specifiche (
sui rischi che il PCB comporta a lungo termine è la
stessa ricerca scientifica a non avere una risposta certa
,
pur essendo
cancerogeni e fetotossici nei topi, studi su aree contaminate e sui
lavoratori esposti non hanno individuato eccessi di tumore);
6. incremento forzoso della distanza tossicologica tra diossine e PCB, sui
quali, gettata nell'oblio ogni definizione di composti dioxin-like, si
concentra tutta l'attenzione (
non è possibile affermare da un punto di
vista scientifico che il PCB sia una diossina.);
7. utilizzo consolatorio del concetto di probabilità verso la popolazione
esposta (
avere PCB nel sangue non significa essere intossicati o essere
ammalati
. noi siamo tenuti a parlare di malattia o di intossicazione quando
accanto alla elevazione di PCB nel sangue compaiono anche evidenze di
carattere clinico o di carattere metabolico che si dimostrano con gli
esami);
8. avvicinamento surrettizio tra inquinamento puntuale e inquinamento di
fondo al quale partecipano molteplici e indefinibili fonti di rischio (
Più
tumori ma in tutto il bresciano);
9. riferimento alla sola attività di ricerca che esalta il rischio
attribuibile a comportamenti individuali (alcol, tabacco, epatite) e ignora
quello di origine ambientale dove le responsabilità sociali sono prevalenti
(
il consumo di alcol e i virus dell'epatite C sono invece le cause del 90%
dei tumori al fegato);
10. inadeguatezza tecnica delle istituzioni pubbliche lombarde
nell'analizzare e valutare il rischio ambientale per porre in atto le più
elementari e urgenti misure di messa in sicurezza della fonte inquinante.
Sorprende, al proposito, che la Regione Lombardia non disponga di un
carotatore per raggiungere profondità superiori al metro, di una adeguata
strategia di campionamento, nonché di strumenti analitici capaci di rilevare
concentrazioni di PCB nell'acquedotto municipale al di sotto dei limiti di
legge.
Nonostante tutto ciò, si rivolgono alla popolazione contraddittori messaggi
tranquillizzanti. (
l'area giochi dei bambini è sicura ma deve essere
bonificata).
Molto si è scritto sul gap temporale esistente tra disponibilità delle
conoscenze scientifiche sul potere cancerogeno di diverse sostanze e
introduzione di misure legislative appropriate. E' il caso, per esmpio,
delle amine aromatiche, per le quali, tra l'iniziale osservazione di tumore
vescicale e la prima legge nel Regno Unito per la prevenzione
dell'esposizione dei lavoratori sono passati ben 74 anni. E altrettanto
emblematici sono i casi dell'amianto e del fumo di tabacco (quest'ultimo
ancor più eclatante dopo la pubblicazione del libro dello storico della
scienza R Proctor sulle campagne hitleriane contro il fumo).17
Meno invece si è scritto sull'altro gap temporale, cioè quello collocato più
a valle, tra introduzione di misure legislative e verifica della loro
effettiva applicazione, che rischia di sopravanzare il primo con effetti
altrettanto drammatici sulla tutela della salute e dell'ambiente.
In particolare, esiste in Italia una continuità storica inquietante tra
Stato post-risorgimentale, Stato fascista, Stato repubblicano e Stato della
Unione Europea, per cui all'enunciazione di grandi princìpi, che si sono
tradotti anche in una legislazione molto avanzata in materia di sanità
pubblica, segue poi la loro sistematica neutralizzazione, attraverso una
prassi istituzionale gattopardesca che espelle dal mondo reale leggi, norme,
regolamenti e quant'altro possa garantire l'effettività della prevenzione.
Un invito quindi a occuparsi e a preoccuparsi anche di quanto accade "a
valle" di ciò che dovrebbe apparire pacifico (ma non è).
Oltre Brescia
Crediamo utile concludere aprendo l'orizzonte a quanto sta accadendo negli
Stati Uniti proprio in questi mesi e più precisamente nella cittadina di
Anniston in Alabama. Ne dà notizia in prima pagina il Washington Post del
primo gennaio 2002. L'autorevole quotidiano ha pubblicato una lunga
inchiesta su un caso analogo a quello bresciano. Nel mirino si trova proprio
la consorella maggiore americana della Caffaro, la Monsanto, concessionaria
del brevetto alla Caffaro negli anni trenta. Questa fabbrica chimica ha
prodotto PCB per gli Stati Uniti dal 1929 al 1971 in una cittadina che per
densità di popolazione, assetto idrogeologico e struttura economica richiama
in modo sorprendente la situazione della "pera bresciana". Anch'essa ha
consegnato al territorio la stessa pesante eredità, che si è manifestata nei
medesimi problemi di contaminazione delle acque, della catena alimentare e
della popolazione. Il 7 gennaio tutta la comunità inquinata di Anniston ha
intentato un processo di portata storica contro la Monsanto. Il confronto
tra gli esiti delle rispettive vicende sarà senz'altro interessante.
Celestino Panizza medico del lavoro, Brescia
Paolo Ricci medico del lavoro, Mantova
LEGGI
LA PERICOLOSITA' DEL FLUFF E DEL PCB
Note e bibliografia:
Per l'attenzione prestata alla complessa vicenda ambientale, si ringrazia il
Procuratore Capo della Repubblica di Brescia, dottor Giancarlo Tarquini,
insieme a tutti i suoi collaboratori.
Per la disponibilità accordata alla divulgazione delle tematiche relative
alla salute pubblica e all'ambiente, si ringraziano i giornalisti Carlo
Bonini e Giammaria Bellu, e il loro quotidiano "la Repubblica", insieme ai
colleghi delle testate radiotelevisive che hanno ripreso e approfondito la
notizia.
Per le rigorose osservazioni e i puntuali suggerimenti, si ringrazia infine
l'amico professor Marino Ruzzenenti che, oltre a essere autore del libro Un
secolo di cloro e PCB edito dalla Jaca Book di Milano, è anche coordinatore
del comitato scientifico indipendente del Comitato popolare contro
l'inquinamento "zona Caffaro", impegnato in una dura battaglia per la
salute, la democrazia e la giustizia.
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Brambilla P, Vincoli N, Signorini S, Tramacere P, Carreri V, Sampson EJ,
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3. Terracini B, Cancro professionale cutaneo: numeratori, denominatori e
inferenza causale. In: A Grieco, PA Bertazzi (a cura di) Per una
storiografia italiana della prevenzione occupazionale e ambientale, Franco
Angeli, Milano 1997.
4. Ministero dell'Ambiente, DM 25 ottobre 1999, n. 471. Regolamento recante
criteri, procedure e modalità per la messa in sicurezza, la bonifica e il
ripristino ambientale dei siti inquinati, ai sensi dell'art 17 del decreto
legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni e
integrazioni.
5. Rapporto ARPA, febbraio 2002. Piano di integrazione e approfondimento
delle indagini sullo stato del suolo, sottosuolo, falde idriche e acque
superficiali nella porzione Sud occidentale del Comune di Brescia in un
intorno significativo dello Stabilimento Caffaro SpA
6. G. Gavagnin, Caffaro SpA - stabilimento di Brescia. Piano di
investigazione iniziale ai sensi del DM 471/99 - Relazione descrittiva
finale, tomo 1, luglio 2001, Allegato 4 Suolo - Tabulazione delle analisi
rispetto il DM 471/99.
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profile for polychlorinated biphenyls. Draft for Public Comment. Atlanta: US
Department of Health and Human Services, Public Health Service, December
1999.
15. Cfr Toxicological Profile for Polychlorinated Biphenyls (PCBs). US
Department of Health and Human Services. Agency for Toxic Substances and
Disease Registry. November 2000.
16. Citazioni riportate dai media (ordinate per autore): Bresciaoggi 7
novembre 2001; Bresciaoggi 12 ottobre 2001; Giornale di Brescia 31 ottobre
2001; Tg3 Lombardia 28 novembre 2001 ore 19.30; Giornale di Brescia 29
novembre 2001; Bresciaoggi 29 novembre 2001; Bresciaoggi 15 agosto 2001;
Giornale di Brescia 31 ottobre 2001; Tg3 Lombardia 14 novembre 2001 ore
20.30; Tg3 Lombardia 16 novembre 2001 ore 20.30.
17. Proctor RN, La guerra di Hitler al cancro, Cortina Ed. 2000.
COMITATO PER L'AMBIENTE E IL RISPARMIO ENERGETICO DI BRESCIA
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