COMITATO PER L'AMBIENTE E IL
RISPARMIO ENERGETICO DI BRESCIA
Scarifa il file in Pdf IL NUCLEARE
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Il ministro delle Attività produttive sereno sulla crisi
tra Russia e Ucraina "L'Italia non resterà al freddo, ma ci serve un nuovo piano
energetico" Scajola: "Le scorte di gas basteranno ma la soluzione è il
nucleare" di FRANCO MANZITTI
Claudio Scajola
GENOVA - Altolà alla diatriba tra Russia e Ucraina con
una lettera firmata assieme ai colleghi ministri di Germania e Francia e spedita il 31
dicembre a Mosca e Kiev; monitoraggio stretto sulle forniture di gas in tutta Europa; ma
soprattutto forte spinta politica per ripartire in Italia con l'energia nucleare, strada
decisiva per raggiungere quell'autosufficienza che garantirebbe il paese nei momenti di
crisi internazionale.
Il ministro delle Attività produttive Claudio Scajola sta con il piede sul predellino di
un aereo che, nella serata del primo giorno del 2006, lo porterà in Libia, ma continua a
monitorare l'emergenza gas che lascia in Italia.
Ministro, stiamo veramente rischiando un black out energetico? C'è il pericolo che la
crisi Russia-Ucraina tagli gli approvvigionamenti all'Italia e agli altri paesi europei?
Cosa succede se dalla Russia non ci arrivano più tutti i 24 miliardi di metri cubi di gas
pattuiti attraverso Gazprom?
"Stiamo studiando con attenzione e da tempo la situazione, ma non siamo in emergenza.
Non siamo allarmati. Non resteremo a secco e al freddo. Ci siamo mossi prima in Italia,
poi d'accordo con gli altri paesi europei interessati come noi ad un'emergenza energetica.
Non stiamo con le mani in mano ad aspettare che il gas non ci arrivi più".
Ma all'Eni è arrivata nei giorni scorsi una lettera da Aleksandr Medvedev, direttore
russo di Gazprom: i quantitativi pattuiti saranno consegnati in Ucraina. Non si esclude,
però, che siano dirottati per gli usi interni dopo le minacce di Putin a Yushenko: vi
faremo morire di freddo. E noi che facciamo, moriamo di freddo anche noi?
"Sto lavorando su questa emergenza da ben prima che scoppiasse la crisi tra Mosca e
Kiev e cioè dal 12 dicembre, quando con un decreto ministeriale sulla situazione
energetica ho preso le contromisure sugli aumenti di consumo provocati dal grande freddo.
Poi ci sono state dispersioni dei gasdotti in Libia che ci avevano preoccupato, perché da
lì arrivano 8 milioni di metri cubi all'anno. Quei problemi sono in via di risoluzione.
Il 20 dicembre in una riunione abbiamo incominciato a affrontare il caso della crisi tra
Russia e Ucraina, che è sicuramente la preoccupazione maggiore".
Come vi state muovendo?
"La prima mossa è stata raccomandare a tutti gli importatori di gas, non solo
all'Eni, di acquisire il massimo consentito. Sono sicuro che la raccomandazione è stata
accolta da tutti. E il 31 dicembre, insieme ai ministri tedesco e francese, abbiamo
spedito una lettera a Mosca e a Kiev per richiamare l'attenzione sul fatto che una loro
diatriba non può mettere a repentaglio i nostri approvvigionamenti. Il rispetto delle
forniture va al di là delle vicende che stanno affrontando. Di questo parleremo nella
riunione del 4 gennaio, quando si riuniranno gli esperti di energia dei 25 Paesi europei,
che studieranno un approccio comune all'emergenza, in uno scenario più allargato e, ci
auguriamo, in quel momento ancora più avvertito e più informato. Ripeto che già ora
posso assicurare: tutti i nostri monitoraggi sono tranquillizzanti. Ho anche già parlato
con il prossimo presidente di turno della Commissione Europea. Al di là dell'allarme in
corso il problema per noi in Italia è un altro e questa emergenza lo sottolinea ancora
una volta".
E quale problema è ministro?
"Che di fronte all'approvvigionamento energetico il nostro Paese deve avere un'altra
coerenza: non basta solo spaventarsi in casi come questi di rischio black out, quando nel
pieno di un inverno gelido temiamo di restare a secco. Non si possono bloccare gli
impianti di Brindisi o mettere in discussione le nuove operazioni, come quella di
costruire una centrale a Ferrania, vicino a Savona, tanto per fare qualche esempio. La
parola d'ordine è un'altra e comporta tutta una nuova strategia più coerente di fronte
al fabbisogno energetico. Non possiamo più nasconderci dietro un dito. Abbiamo bisogno di
un mix diversificato di energia. Ci vogliono i degassificatori, ci vuole il carbone
pulito, ma dobbiamo assolutamente ripartire con il nucleare".
Questo sembra essere diventato il suo cavallo di battaglia...
"Non possiamo più farne a meno, altrimenti altro che black out energetici! Già oggi
con l'Enel partecipiamo assieme ai francesi alla costruzione dei reattori di terza
generazione e lavoriamo con gli americani per quelli di quarta generazione. Ma senza un
piano completo di rientro del nucleare non possiamo pensare di metterci al riparo dalle
emergenze energetiche".
La Repubblica (2 gennaio 2006)
Non c'è più tempo per sperimentare fonti di energia
utopistiche: l'umanità è in pericolo imminente L'energia nucleare è l'unica
soluzione ecologica Il guru dell'ambientalismo creatore dell'ipotesi Gaia, la Terra
come organismo in grado di auto-regolarsi, si schiera a favore del nucleare James
Lovelock
Fonte: www.independent.co.uk 26
maggio 2004
Sir David King, responsabile scientifico del governo, è stato lungimirante affermando che
il riscaldamento del pianeta rappresenta una minaccia più seria del terrorismo. Tra
l'altro le sue affermazioni sono state sottostimate, visto che da quando ne ha parlato, le
ulteriori modificazioni del clima hanno evidenziato la gravità del problema, che potrebbe
rivelarsi il pericolo più grande che l'umanità abbia dovuto affrontare finora.
La gran parte di noi si rende conto che è in atto una situazione di riscaldamento: gli
inverni sono più caldi e la primavera inizia sempre più presto. Ma nell'Artico il
riscaldamento è più del doppio rispetto all'Europa e in estate torrenti di acqua
provenienti dallo scioglimento dei
ghiacciai chilometrici della Groenlandia si riversano in mare. Lo scioglimento completo
dei ghiacciai della Groenlandia avverrà in un lungo periodo di tempo, ma avrà come
conseguenza l'innalzamento di sette metri del livello del mare, abbastanza da rendere
inabitabili tutte le città
costiere del mondo, come Londra, Venezia, Calcutta, New York e Tokyo. Già due soli metri
di innalzamento bastano per sommergere gran parte dei territori del sud della Florida.
Il ghiaccio galleggiante nell'Oceano Artico è ancora più vulnerabile al riscaldamento:
in 30 anni l'area americana, ora ghiacciata bianca e riflettente, potrebbe trasformarsi in
marea scura in grado di assorbire il calore del sole estivo e accelerare ulteriormente la
fine dei ghiacciai
della Groenlandia. Il Polo Nord, meta di esploratori, diventerebbe quindi niente più che
un puntino nella superficie dell'oceano.
Ma non solo l'Artico sta cambiando: i climatologi avvertono che un aumento delle
temperature di quattro gradi è in grado di causare l'eliminazione delle vaste foreste
amazzoniche, causando una catastrofe per le popolazioni residenti, le biodiversità, e per
il mondo intero, privato di uno dei
grandi sistemi naturali di condizionamento dell'aria.
Nel 2001 gli scienziati membri della Commissione Intergovernativa sul Cambiamento del
Clima hanno evidenziato che la temperatura potrebbe aumentare da due a sei gradi Celsius
entro il 2100. Questa terribile previsione è stata ben percepita la scorsa estate, che è
stata estremamente calda; secondo i metereologi svizzeri, la calura diffusa in tutta
Europa
che ha causato più di 20.000 morti è stata completamente diversa da ogni precedente
ondata di caldo. La probabilità che si verificasse un tale scostamento dalla normalità
era di 300.000 a uno. E' stato un avvertimento per prepararsi al peggio.
Ciò che rende il riscaldamento globale così serio e incalzante è che il grande sistema
del pianeta terra, Gaia, è intrappolato in un circolo vizioso di reazioni positive. Il
riscaldamento aggiuntivo proveniente da qualsiasi sorgente, i gas dell'effetto serra, lo
scioglimento dell'Artico o la foresta amazzonica, viene amplificato, portando ad effetti
additivi. E' quasi come se avessimo acceso un fuoco per tenerci caldi e non ci fossimo
accorti che, mentre stiamo accatastando la legna, il fuoco è fuori controllo e sta
bruciando tutta la mobilia. In situazioni come questa c'è
poco tempo per spegnere il fuoco prima che distrugga tutta la casa. Il riscaldamento
globale, come il fuoco, sta accelerando e non c'è quasi più tempo per agire.
Cosa dovremmo fare allora? Possiamo continuare a goderci un ventunesimo secolo sempre più
caldo, con qualche intervento cosmetico tipo il Trattato di Kyoto, per nascondere il
disagio politico sul riscaldamento globale, e questo è ciò che temo succederà in gran
parte del mondo. Quando nel diciottesimo secolo vivevano solo un miliardo di persone sulla
terra, il loro impatto era sufficientemente piccolo da non doversi preoccupare per il tipo
di fonte energetica da utilizzare.
Ma con sei miliardi, in crescita, rimangono poche opzioni: non possiamo continuare a
ricavare energia dai combustibili fossili e non ci sono grandi possibilità che le fonti
rinnovabili cioè il vento, le maree e i sistemi idrici siano in grado di fornire
l'energia necessaria nei tempi richiesti. Se avessimo 50 anni o più potremmo renderle le
nostre fonti energetiche primarie. Ma non abbiamo 50 anni a disposizione: la Terra è già
così malridotta dai veleni insidiosi dei gas serra che anche se smettessimo
immediatamente di bruciare combustibili fossili, le conseguenze di tutto
ciò che abbiamo fatto si farebbero sentire per 1000 anni. Ogni anno in cui continuiamo a
bruciare carbone rende l'avvenire peggiore per i nostri figli e per la civiltà intera.
Peggio ancora, se bruciamo le colture per farne carburante, non facciamo altro che
accelerare il nostro declino. L'agricoltura già utilizza una parte troppo grande dei
terreni di cui necessita la Terra per regolare il proprio clima e la propria chimica.
Un'automobile consuma da 10 a 30 volte il carbone consumato dal suo autista; immaginatevi
quanta terra coltivabile sarebbe necessaria in più per supplire all'appetito delle
automobili.
Utilizziamo consciamente in ogni modo la poca energia che può provenire da fonti
rinnovabili, ma solo una fonte di energia non causa riscaldamento globale ed è
immediatamente disponibile: l'energia nucleare. E' vero che bruciare il gas naturale
invece del carbone o del petrolio rilascia solo la metà dell'anidride carbonica, ma il
gas non combusto è un'agente dell'effetto serra 25 volte più potente dell'anidride
carbonica. Anche una sola piccola perdita è in grado di neutralizzare i vantaggi del gas.
Le prospettive sono tristi, e pur agendo con interventi migliorativi ci aspettano tempi
duri, come in guerra, e peggio sarà per le generazioni a venire. Noi siamo duri e ci
vorrà ben più di una catastrofe climatica per eliminare le generazioni umane: ciò che
è a rischio è la civiltà. Come
animali individuali non siamo granchè speciali, e in un certo senso siamo quasi una
malattia planetaria, ma attraverso la civiltà siamo in grado di redimerci e diventare un
patrimonio prezioso per la Terra; non a caso perchè attraverso i nostri occhi la Terra ha
potuto vedere se stessa in
tutta la propria gloria.
C'è una possibilità di potere essere salvati da un evento inaspettato come una serie di
eruzioni vulcaniche abbastanza imponenti da bloccare la luce del sole e quindi raffreddare
la Terra. Ma solo i perdenti potrebbero scommettere le proprie vite su una probabilità
così minima. Quali possano essere i dubbi sul clima futuro, di certo i gas serra e le
temperature stanno aumentando.
Abbiamo vissuto nell'ignoranza per molte ragioni: tra queste una importante è stata il
rifiuto dell'accettazione dei cambiamenti climatici negli Stati Uniti, dove i governi non
hanno dato ai propri scienziati del clima il supporto necessario. Le lobby verdi, che
avrebbero dovuto dare priorità al riscaldamento globale, sembrano più interessate alle
minacce dirette alle persone, piuttosto che a quelle dirette alla Terra, non accorgendosi
che noi tutti ne facciamo parte e siamo totalmente dipendenti dalla sua salute. Ci vuole
un disastro ben peggiore dei morti in Europa della scorsa estate per farci reagire.
L'opposizione all'energia nucleare si basa sulla paura irrazionale, alimentata dalla
fiction hollywoodiana, dalle lobby verdi e dai mezzi di comunicazione. Tali paure sono
ingiustificate, poichè l'energia nucleare, a partire dal suo esordio nel 1952, ha
dimostrato di essere la più sicura
tra tutte le fonti di energia. Dobbiamo smetterla di agitarci per le statistiche
dell'ultimo minuto sui rischi di cancro causato da agenti chimici o radiazioni. Circa un
terzo di noi morirà comunque di cancro, principalmente perchè respiriamo aria carica di
tutto quell'agente cancerogeno che è l'ossigeno. Se non riusciamo a concentrarci sul
pericolo reale, che è il riscaldamento totale, potremmo morire ancora prima per il caldo
eccessivo, come è successo a 20.000 sfortunati europei la scorsa estate.
Trovo triste e ironico che la Gran Bretagna, nazione leader nel mondo per la qualità dei
propri scienziati del clima e della terra, respinga i loro avvertimenti e consigli, e
preferisca ascoltare i Verdi. Ma io sono un Verde e imploro i miei amici del movimento di
lasciar perdere le loro obiezioni ostinate all'energia nucleare.
Anche se avessero ragione circa i pericoli del nucleare, e non lo sono, il suo utilizzo a
livello mondiale come fonte di energia primaria risulterebbe una minaccia insignificante
in confronto ai pericoli delle intollerabili e letali ondate di caldo, e al livello del
mare in crescita, in grado di
inondare tutte le città costiere del mondo. Non c'è più tempo per sperimentare fonti di
energia utopistiche: l'umanità è in pericolo imminente e deve utilizzare il nucleare -
l'unica fonte di energia sicura e disponibile - ora, oppure soffrire le pene che presto ci
verranno inflitte dal nostro pianeta oltraggiato.
Note:
Traduzione per Peacelink a cura di Simona Riva
articolo originale James Lovelock: Nuclear power is the only green solution We
have no time to experiment with visionary energy sources; civilisation is in imminent
danger
http://argument.independent.co.uk/commentators/story.jsp?story=524230
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