COMITATO PER
L'AMBIENTE E IL
RISPARMIO ENERGETICO DI BRESCIA
LUnione europea mette in mora il
governo italiano sullambiente per linceneritore Asm di Brescia
Il 19 dicembre lUnione europea ha inviato allItalia una lettera di messa in
mora per la terza linea dellinceneritore Asm di Brescia. Si tratta di
uniniziativa di straordinaria rilevanza sia perché denuncia linadempimento di
ben 4 direttive europee sullambiente, sia perché riguarda il più grande
inceneritore dEuropa, proposto in giro per lItalia come un modello da imitare.
In particolare interviene sulla terza linea, costruita senza preventiva valutazione
dimpatto ambientale, destinata a bruciare 250.000 tonnellate di rifiuti speciali in
aggiunta alle due linee già in funzione per rifiuti urbani e speciali per un totale di
750.000 tonnellate anno, oltre 2.000 tonnellate giorno (tenendo presente che neppure le
precedenti due linee sono state sottoposte a valutazione di impatto ambientale, sfruttando
le more del recepimento della Direttiva europea).
Si tratta, con evidenza, di rilievi su questioni fondamentali, come il procedimento
autorizzativo, la valutazione di impatto ambientale e laccesso alle informazioni da
parte del pubblico (Direttive 75/442/CEE del Consiglio del 15 luglio 1975, 85/337/CEE del
Consiglio del 27 giugno 1985 concernente la valutazione dell'impatto ambientale,
2000/76/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 4 dicembre 2000, sull'incenerimento
dei rifiuti e 96/61/CE del Consiglio, del 24 settembre 1996, sulla prevenzione e la
riduzione integrate dell'inquinamento).
Asm di Brescia, per evitare la valutazione di impatto ambientale (Brescia è una delle
città che vanta una delle più elevate contaminazioni al mondo da PCB e diossine in
relazione al caso Caffaro), aveva costruito la terza linea
dellinceneritore destinata a bruciare rifiuti speciali e urbani camuffati da
Cdr (Combustibile derivato dai rifiuti), senza alcuna autorizzazione preventiva,
confidando di ottenere ad opera compiuta il silenzio-assenso della Provincia
(comè avvenuto) in applicazione delle procedure semplificate di cui agli artt.
31-33 del Decreto Ronchi 22 /97, quelle stesse famigerate procedure
semplificate che erano state oggetto di referendum insieme allarticolo 28
dello Statuto dei lavoratori.
Per rientrare nelle procedure semplificate Asm aveva propagandato che la terza
linea dellinceneritore (250.000 tonnellate di rifiuti allanno) avrebbe
bruciato solo biomasse, costruendo a tal fine un setto separatore nella vasca
di raccolta dei rifiuti, per delimitarla dalle altre due linee già funzionanti dal 1998.
In realtà non si tratta di biomasse, ma di rifiuti speciali, in particolare
pulper di cartiera, cioè rifiuti delle lavorazione della carta da riciclo, Cdr e di altri
rifiuti industriali ed agroindustriali importati da tutta Italia.
La decisone dellUe non va ovviamente interpretata come una sentenza di condanna, ma
neppure come un semplice avviso di garanzia, poiché una prima istruttoria è già stata
compiuta: Asm, Comune e Regione hanno già avuto modo di presentare attraverso il governo
italiano le loro controdeduzioni, compreso il fatidico muretto separatore e
lautorizzazione in semplificata.
Ma, al di là del seguito procedurale, liniziativa della Commissione europea assume
di fatto un valore dirompente nel contesto della vicenda dellinceneritore Asm, anche
perché i capi di imputazione sono di grande rilievo. Gli sforzi messi in atto da dieci
anni per illustrare il modello Asm e proporlo in tutta Italia e limpalcatura
faticosamente costruita per celebrare la bontà ambientale dellinceneritore sembrano
crollare fragorosamente di fronte alle puntuali e qualificate contestazioni giunte
dallUnione europea: non sono serviti due convegni internazionali appositamente
convocati per celebrare il megaimpianto; non hanno convinto la vecchia Europa
gli autorevoli pareri e le sentenze scientifiche dei numerosi docenti universitari che si
sono avvicendati per garantire la bontà ambientale dellinceneritore; non sono
neppure bastati gli scienziati invitati da Asm in visita al proprio impianto da ogni parte
del mondo per esaltare una macchina tanto portentosa da esserci invidiata perfino dagli
Stati Uniti dAmerica.
In sostanza lUnione europea, a differenza della Provincia e della Regione, non si è
fatta ingannare dallescamotage del setto separatore e dalla favola delle
biomasse e ha ribadito che la terza linea è un normale inceneritore di
rifiuti che in quanto tale abbisogna di un procedimento autorizzativo, con relativa
informazione al pubblico e preventiva valutazione di impatto ambientale.
Lacquiescenza ad Asm delle istituzioni locali, Regione, Provincia e Comune, è stata
tale che, qualche mese fa, perfino lo stesso assessore allAmbiente dei Verdi del
Comune, sollecitato da alcuni comitati che da anni si battono contro il megaforno
dellAsm, aveva liquidato la valutazione di impatto ambientale come una procedura
dai tempi incerti: sai quando la inizi, non quando la finisci. In ogni caso,
è difficile per Asm, per il Comune e per la Provincia di Brescia sottrarsi ora ad una
discussione pubblica vera che azzeri tutto quanto, visto la carenza informativa rilevata
dallUe, e che affronti finalmente e apertamente il tema di fondo: se, per fare dei
bei soldini, come dice il Presidente di Asm, abbia senso sul piano ambientale
e della tutela della salute dei cittadini, ma anche sul terreno della semplice
ragionevolezza, attivare una terza linea di incenerimento di rifiuti, non necessaria, che
imporrà a Brescia per decenni limportazione di milioni di tonnellate di rifiuti,
con il carico di emissioni inquinanti e di ulteriori scorie (di cui circa un milione di
tonnellate pericolose) da interrare in un territorio già massacrato da un secolo di
intensissima industrializzazione.
Il procedimento di inadempimento del diritto comunitario relativo allinceneritore
Asm, se è di gran lunga il più rilevante, non è il solo avviato dallUnione
europea nei confronti dellItalia in tema di rifiuti. In un comunicato del 24 luglio
2003 la Commissione europea per lapplicazione del diritto comunitario informava di
aver avviato procedimenti di infrazione nei confronti dellItalia in ben sette casi
diversi, che ora, con quello a carico di Asm, sono diventati otto. A commento delle
decisioni adottate, il commissario per l'Ambiente, Margot Wallström, aveva affermato:
"La normativa dell'Ue in materia di rifiuti punta a far sì che i rifiuti non
danneggino più l'ambiente e la salute pubblica. Per realizzare questo obiettivo decisivo
gli Stati membri devono attuare e rispettare la normativa in materia che hanno
approvato"
A ciò si aggiunga un nuovo possibile conflitto tra Unione europea e Stato italiano in
relazione agli orientamenti che il Governo sta tentando di far passare nella bozza di DPR
recepimento della direttiva 2001/77/CE sulla promozione dell'energia elettrica
prodotta da fonti energetiche rinnovabili, attualmente allesame del Parlamento
italiano, laddove si prevede, all'articolo 15, che i rifiuti, compresa la frazione non
biodegradabile, siano ammessi a beneficiare del regime riservato alle fonti energetiche
rinnovabili, anche se tale parte non biodegradabile dovrebbe essere esclusa dagli
incentivi in quanto non in linea con la stessa direttiva 2001/77/CE.
Nel novembre scorso, tra laltro, la Commissione ambiente dellUnione europea ha
approvato unimportante relazione che dovrebbe tradursi in una risoluzione del
Parlamento europeo, in cui denuncia con forza come molti stati membri, fra cui soprattutto
lItalia, non stiano correttamente applicando le direttive europee in tema di
rifiuti. La Commissione rileva come, mentre alcuni Paesi hanno realizzato già una
raccolta differenziata per oltre il 40%, altri, tra cui lItalia, sono al di sotto
del 10%. Inoltre la Commissione ricorda che il Quinto programma d'azione in materia di
ambiente prevedeva la stabilizzazione della produzione di rifiuti nel 2000 al livello del
1985 di 300 kg pro capite, mentre in Italia siamo a 516 kg e nelle realtà più
avanzate dellItalia come Brescia, con il suo megainceneritore, siamo ad
oltre 700 kg allanno!
Insomma unItalia sempre più lontana dallEuropa, che ignora le priorità della
riduzione e del riuso e riciclo, e dove la produzione di rifiuti continua ad aumentare, la
discarica rappresenta ancora la destinazione primaria, mentre, nelle realtà più
avanzate come Brescia, al tutto in discarica si sostituisce
semplicemente il tutto nellinceneritore, magari senza neppure adempiere
alle direttive comunitarie.
Brescia 15 gennaio 2003 Marino Ruzzenenti
LUnione europea mette in mora il governo italiano
sullambiente per linceneritore Asm
La rilevanza della lettera di messa in mora del Governo italiano per le terza linea
dellinceneritore Asm di Brescia è straordinaria sia perché denuncia
linadempimento di ben 4 direttive europee sullambiente, sia perché riguarda
il più grande inceneritore dEuropa, proposto in giro per lItalia come un
modello da imitare, in particolare la terza linea destinata a bruciare 250.000 tonnellate
di rifiuti speciali in aggiunta alle due linee già in funzione per rifiuti urbani e
speciali per un totale di 750.000 tonnellate anno, oltre 2.000 tonnellate giorno (tenendo
presente che neppure le precedenti due linee sono state sottoposte a valutazione di
impatto ambientale, sfruttando le more del recepimento della Direttiva europea).
Queste sono le diverse normative comunitarie di cui lUe lamenterebbe
linadempimento:
articoli 9 e 11 della direttiva 75/442/CEE del Consiglio del 15 luglio 1975 sui rifiuti
modificata dalla direttiva 91/156/CEE del Consiglio del 18 marzo 1991 (art. 9: 1. Ai fini
dell'applicazione degli articoli 4, 5 e 7 tutti gli stabilimenti o imprese che effettuano
le operazioni elencate nell'allegato II A debbono ottenere l'autorizzazione dell'autorità
competente di cui all'articolo 6. Tale autorizzazione riguarda in particolare: - i tipi ed
i quantitativi di rifiuti, - i requisiti tecnici, - le precauzioni da prendere in materia
di sicurezza, - il luogo di smaltimento, - il metodo di trattamento; art. 11, possono
essere dispensati dall'autorizzazione di cui all'articolo 9 o all'articolo 10: a) gli
stabilimenti o le imprese che provvedono essi stessi allo smaltimento dei propri rifiuti
nei luoghi di produzione e b) gli stabilimenti o le imprese che recuperano rifiuti: Tale
dispensa si può concedere solo: - qualora le autorità competenti abbiano adottato per
ciascun tipo di attività norme generali che fissano i tipi e le quantità di rifiuti e le
condizioni alle quali l'attività può essere dispensata dall'autorizzazione e - qualora i
tipi o le quantità di rifiuti ed i metodi di smaltimento o di ricupero siano tali da
rispettare le condizioni imposte all'articolo 4.2. Le autorizzazioni possono essere
concesse per un periodo determinato, essere rinnovate, essere accompagnate da condizioni e
obblighi, o essere rifiutate segnatamente quando il metodo di smaltimento previsto non è
accettabile dal punto di vista della protezione dell'ambiente);
articoli 2 e 4 della direttiva 85/337/CEE del Consiglio del 27 giugno 1985 concernente la
valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, come
modificata dalla direttiva 97/11/CE del Consiglio del 3 marzo 1997 (art. 2 : 1. Gli stati
membri adottano le disposizioni necessarie affinché, prima del rilascio
dell'autorizzazione, i progetti per i quali si prevede un impatto ambientale importante,
segnatamente per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, formino oggetto
di una valutazione del loro impatto. Detti progetti sono definiti nell'articolo 4.);
articolo 12 della direttiva 2000/76/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 4
dicembre 2000, sull'incenerimento dei rifiuti (art. 12: Accesso alle informazioni e
partecipazione del pubblico. 1. Fatte salve la direttiva 90/313/CEE del Consiglio e la
direttiva 96/61/CE del Consiglio, le domande di nuove autorizzazioni per impianti di
incenerimento e di coincenerimento sono accessibili in uno o più luoghi aperti al
pubblico, quali le sedi di istituzioni locali, per un periodo adeguato di tempo affinché
possa esprimere le proprie osservazioni prima della decisione dell'autorità competente.
La decisione, comprendente almeno una copia dell'autorizzazione e di qualsiasi suo
successivo aggiornamento, è parimenti accessibile al pubblico);
articolo 15, comma 1, della direttiva 96/61/CE del Consiglio, del 24 settembre 1996, sulla
prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento (art. 15, comma 1: Accesso
all'informazione e partecipazione del pubblico alla procedura di autorizzazione. 1. Fatto
salvo quanto stabilito nella direttiva 90/313/CEE del Consiglio, del 7 giugno 1990,
concernente la libertà di accesso all'informazione in materia di ambiente, gli Stati
membri adottano le misure necessarie per garantire che le domande di autorizzazione di
nuovi impianti e di modifiche sostanziali siano rese accessibili per un adeguato periodo
di tempo al pubblico affinché possa esprimere le proprie osservazioni, prima della
decisione dell'autorità competente. La decisione, comprendente almeno una copia
dell'autorizzazione e di qualsiasi suo successivo aggiornamento, deve del pari essere
messa a disposizione del pubblico).
Si tratta, con estrema evidenza, di rilievi su questioni fondamentali, come il
procedimento autorizzativo, la valutazione di impatto ambientale e laccesso alle
informazioni da parte del pubblico.
Come è noto, lo Stato italiano avrà due mesi di tempo per presentare le proprie
osservazioni. Se l'Italia dovesse continuare a non ottemperare ai propri obblighi e se la
Commissione non dovesse modificare il proprio punto di vista a seguito delle osservazioni
trasmesse dallo Stato membro in risposta alla lettera di messa in mora, la Commissione
emetterà un parere motivato al quale lo Stato membro dovrà conformarsi entro un
determinato termine. Se l'Italia non dovesse conformarsi al parere motivato, la
Commissione potrà adire la Corte di giustizia.
No alle procedure semplificate
Asm, per evitare la valutazione di impatto ambientale, aveva costruito la terza linea
dellinceneritore destinata a bruciare rifiuti speciali e urbani camuffati da
Cdr, senza alcuna autorizzazione preventiva, confidando di ottenere ad opera
compiuta il silenzio-assenso della Provincia (comè avvenuto) in
applicazione delle procedure semplificate di cui agli artt. 31-33 del Decreto
Ronchi 22 /97e.
Per rientrare nelle procedure semplificate Asm aveva propagandato che la Terza
linea dellinceneritore (250.000 tonnellate di rifiuti allanno) avrebbe
bruciato solo biomasse, costruendo a tal fine un setto separatore nella vasca
di raccolta dei rifiuti, per delimitarla dalle altre due linee già funzionanti dal 1998.
In realtà non si tratta di biomasse, ma di rifiuti speciali, in particolare
pulper di cartiera, cioè rifiuti delle lavorazione della carta da riciclo, e di altri
rifiuti industriali ed agroindustriali importati da tutta Italia.
LUe ha ribadito che la terza linea è un normale impianto di incenerimento di
rifiuti e che come tale deve essere preventivamente autorizzato, nonché sottoposto a
valutazione di impatto ambientale con relativa informazione al pubblico.
FALLIMENTO DELLA POLITICA DEI RIFIUTI A BRESCIA AFFARI DORO
PER ASM E HOPA
Due anni fa, dopo la sospensione per un mese dellinceneritore da parte del TAR di
Brescia, nel documento "I rifiuti a Brescia. Dal business alla tutela
dellambiente e della salute" denunciavamo i pericoli che rappresentava un
inceneritore così sovradimensionato per una corretta gestione dei rifiuti in Provincia di
Brescia.
Ora, dopo un primo quinquennio di funzionamento dellinceneritore, si possono trarre
le conclusioni di unesperienza, quella bresciana, presentata dalla propaganda Asm
come modello pilota da proporre allintero Paese.
1. La malagestione dei rifiuti in provincia di Brescia
Ecco come questo impianto di incenerimento ha pesantemente condizionato la politica dei
rifiuti a Brescia: record negativo a livello nazionale per la produzione dei rifiuti pro
capite; progressivo aumento della quota di rifiuto indifferenziato; sostanziale blocco
della raccolta differenziata che colloca Brescia, con un modesto 26,5%, al penultimo posto
della graduatoria regionale; continua importazione di rifiuti da fuori provincia per una
quota superiore a quelli prodotti nel Bresciano; rinuncia totale delle Istituzioni locali
a qualsiasi ruolo attivo nella programmazione della politica dei rifiuti. Insomma Brescia
si è mossa nella direzione opposta rispetto alle indicazioni del decreto Ronchi e di una
saggia politica di tutela della salute e dellambiente, grazie ad un inceneritore
sovradimensionato che ha fame di rifiuti (e quindi di profitti): il fallimento della
gestione dei rifiuti è quindi totale e per molti aspetti clamoroso.
[Per questo capitolo ci riferiamo ai dati ufficiali dellOsservatorio provinciale
rifiuti per il 2001(dora in poi OPR 2001) confrontandoli con una realtà a noi
vicina, politicamente di destra e simile per caratteristiche economico-produttive (il
cosiddetto nord-est), la Regione Veneto, utilizzando il quaderno dellArpa Veneto La
gestione dei rifiuti urbani 2001 (dora in poi ORV 2001), che, comunque, non viene
proposto come "modello", ma come esperienza significativa.]
1.1. La produzione pro-capite
Il livello di produzione giornaliera pro-capite dei rifiuti a Brescia è nel 2001
scandalosamente elevato: kg 1,566 in provincia (OPR 2001, p. 32) e addirittura kg 1,821
nel comune capoluogo, (nostra elaborazione da OPR 2001, p. 34), rispetto ad una media
della Regione Veneto di kg 1,30 (ORV 2001, p. 5) e nazionale di kg 1,34 (Ministero
dellambiente, La produzione e gestione dei rifiuti urbani. Rapporto 2002, p. 17).
Come spiegare il fenomeno? Diverse forse le cause: la comodità incentivante della
discarica sotto casa rappresentata dal cassonetto, ma soprattutto la "fame" di
rifiuti (ovvero profitti) delle aziende smaltitrici, dellinceneritore in
particolare, che ha favorito il camuffamento di rifiuti assimilabili (attività
artigianali, commerciali, anche industriali) conferendoli come urbani. Sta di fatto che
Brescia si è collocata ormai stabilmente al poco onorevole ultimo posto della graduatoria
negativa delle province lombarde, per produzione pro-capite di rifiuti. (Nel 2000,
infatti, Brescia è slittata dal penultimo posto del 1999 allultimo, con kg/g 1,51
rispetto ad una media della Regione Lombardia di kg/g 1,33. Cfr. Ministero
dellambiente, La produzione e gestione dei rifiuti urbani. Rapporto 2002, p. 17) e
addirittura al quartultimo a livello nazionale per la massima produzione di rifiuti
pro-capite (Cfr. Supplemento di "ItaliaOggi" del 14 gennaio 2003, Rapporto 2002
sulla qualità della vita in Italia, Produzione di rifiuti urbani, p. 19), arretrando di
due ulteriori posizioni rispetto al 2001 quando era al sestultimo posto.
1.2. La raccolta differenziata
Dietro la propaganda ingannevole che qualcuno si diletta ancora a fare, cè il dato
incontrovertibile di una provincia in cui negli ultimi anni la raccolta differenziata è
sostanzialmente bloccata, da una posizione di primo piano che occupava meno di un decennio
fa. Siamo, a livello provinciale, ad un modesto 26,56% (OPR 2001, p. 8), rispetto ad una
media della Regione Veneto del 34,5% (ORV 2001, p. 5) e della Lombardia, per il 2000, del
32%, regione in cui Brescia è collocata al penultimo posto (Ministero dellambiente,
La produzione e gestione dei rifiuti urbani. Rapporto 2002, p. 17). Non è consolante
neppure il dato di Brescia città, apparentemente migliore, al 31,7% (OPR 2001, p. 34),
perché nasconde un gonfiamento artificiale della frazione conferita già differenziata
dagli esercizi commerciali e artigianali. A questo proposito, qualcuno a costo di apparire
ridicolo insiste nellaccreditare il dato dellASM (37%), la quale, essendo
unazienda privata, non ha peraltro alcuna autorità in materia (sarebbe come
chiedere alloste se il suo vino è buono). Comunque, se paradossalmente si
accettasse ciò che lASM suggerisce (conteggiare come raccolta differenziata il
ferro che si recupera dalle ceneri a valle del processo industriale di incenerimento e i
materiali raccolti e recuperati da privati), la città di Brescia arriverebbe a una
produzione pro capite di rifiuti di 2 kg/giorno. Non merita, peraltro, particolari
considerazioni la propagandata "operazione 50% di raccolta differenziata"
lanciata in un quartiere della città, quello che ospita linceneritore: poiché si
basa elusivamente sullaumento del numero di cassonetti collocati in strada, non
produrrà altro risultato che un ulteriore aumento del rifiuto urbano, nel quale per
comodità molte imprese "camufferanno" i propri rifiuti speciali.
In realtà per un corretto inquadramento della situazione è necessario sempre fare
riferimento a valori assoluti e non alle percentuali ed in particolare a quanti rifiuti
vengono raccolti senza essere differenziati, come correttamente fa lOsservatorio
Rifiuti della Regione Veneto e come suggeriamo venga in futuro fatto
dallOsservatorio provinciale di Brescia. Infatti, la quantità di rifiuti non
differenziati, in termini assoluti, raccolti nel comune di Brescia rimane molto elevata
pari a kg 1,244 al giorno per abitante, rispetto ad una media degli altri comuni della
Provincia di kg 1,150 (OPR 2001, p. 8) e a kg 0,855 nella Regione Veneto. Comunque, anche
considerando il lieve aumento percentuale annuo della raccolta differenziata (circa 2-3%),
ciò che risulta grave è che, a partire dal 1995, il quantitativo globale di rifiuti
conferiti non differenziati non solo non è stato scalfito, ma è continuamente aumentato
(da 431.497 tonnellate nel 1995 a 470.856 nel 2001. Cfr. OPR 2001, p. 31). In Veneto,
invece, il rifiuto conferito non differenziato nel 2001 è diminuito del 6,5% rispetto al
2000 (ORV 2001 p. 5). Lesperienza del Veneto è interessante perché dimostra come
il sistema di raccolta dei rifiuti con cassonetto produca un aumento dei rifiuti e
rappresenti un limite invalicabile per raggiungere quote significative di raccolta
differenziata: in 57 comuni con raccolta attraverso cassonetto si raggiunge un massimo di
raccolta differenziata del 36,7% con una produzione pro-capite di kg/g 1,36, mentre in 215
comuni (ad esempio Padova 1) in cui si applica il "porta a porta" la raccolta
differenziata raggiunge il 57,9% con una produzione pro-capite di kg/g 1,0 (ORV 2001, p.
41).
A Brescia, in conclusione, siamo di fronte negli ultimi anni ad un sostanziale fallimento
della raccolta differenziata, evidentemente poco gradita allinceneritore perché gli
sottrae proficuo alimento. Ma quel che è più grave è che a questa situazione ormai
tutti si siano adeguati e che non si faccia nulla per invertire la tendenza ("Tanto
cè linceneritore che se ne occupa!"), nonostante sia chiaro che Brescia
non riuscirà a rispettare neppure lobiettivo fissato dal Decreto Ronchi (Dlgs
22/97) per il 2003, cioè 35% di raccolta differenziata, poiché con il trend degli ultimi
anni a malapena si raggiungerà il 30%. Ovviamente per pudore la stessa Amministrazione
provinciale non cita nemmeno più lobiettivo del 40% per il 2002, fissato dal Piano
provinciale rifiuti (Piano provinciale di organizzazione dei servizi per lo smaltimento
dei rifiuti solidi urbani ed assimilabili della provincia di Brescia di cui alla D. C. R.
n. 1343 del 21/02/1995), quello costruito attorno alla favola dellAsm del
"sistema integrato" e del "doppio binario". Del resto, come si è
visto, lo stesso Decreto Ronchi viene contraddetto proprio nellindicazione
strategica, cioè la riduzione dei rifiuti.
1.3. Limportazione
Il dato più vergognoso, e completamente oscurato nel dibattito, è quello relativo
allimportazione di rifiuti. Di fronte a una produzione provinciale di rifiuti
accertata, di 641.239 tonnellate ne smaltiamo più del doppio, tra inceneritore e
discariche, ben 1.414.997 tonnellate (Questi dati, per pudore, non sono più pubblicati
dallOsservatorio provinciale e li abbiamo acquisiti con richiesta di accesso agli
atti). I rifiuti smaltiti, quindi, nella maggior parte (773.758 tonnellate) sono importati
da fuori provincia e vanno a caricare di inquinamento diversi siti del nostro territorio
già così disastrato; a questo proposito va sempre ricordato che i rifiuti speciali,
contrabbandati furbescamente come "biomasse", provenienti da tutta Italia e
bruciati nellinceneritore, non si volatilizzano, ma si traducano in più di un terzo
di rifiuti speciali probabilmente pericolosi (Ministero dellAmbiente, Direttiva 9 aprile
2002, Indicazioni per la corretta e piena applicazione del regolamento comunitario n.
2577/2001 sulle spedizioni di rifiuti ed in relazione al nuovo elenco dei rifiuti, p. 29),
che vanno a riempire e contaminare qualche buca della nostra "bassa". Che dire?
Se non che il territorio bresciano non è degno di essere spremuto dai propri
amministratori ed utilizzato come la pattumiera di tutti per quattro soldi (o meglio
centinaia di milioni di euro).
In compenso, però, siamo anche esportatori dei rifiuti tossici prodotti
dallinceneritore, circa 15.000 tonnellate di polveri depositate dai filtri. Come
fosse un merito, lASM ha spiegato ai cittadini bresciani che questi non sono un
problema perché li mandiamo in Germania, per la gioia di quelle popolazioni (ignare?) che
se li prendono in carico.
La conclusione può quindi essere lapidaria per quanto riguarda la gestione dei rifiuti in
provincia di Brescia, rispetto alla propaganda sul "patto ambientalista" di
dieci anni fa, quando si trattava di far digerire ai bresciani linceneritore e che
oggi più nessuno si preoccupa neppure di evocare: fallimento su tutta la linea.
Nel documento già citato di due anni fa, "I rifiuti a Brescia. Dal business alla
tutela dellambiente e della salute", abbiamo indicato nel dettaglio che cosa si
dovrebbe fare in alternativa per una corretta politica dei rifiuti a Brescia e quelle
proposte rimangono pienamente valide e confermate anche dallesperienza che si sta
compiendo sul campo in alcune zone del Veneto.
In questi due anni, però, si sono ulteriormente chiariti, i motivi del "nostro"
fallimento rispetto alle promesse ed ai progetti del recente passato, ed anche il perché
sulla questione rifiuti è sceso il più totale silenzio, anche di buona parte del mondo
ambientalista ufficiale.
2. Il "modello Asm Brescia": il rifiuto diventa combustibile
Asm ha costruito un modello basato sulla concezione del rifiuto, non come materia seconda
da ridurre allorigine, da riutilizzare, da riciclare, ma come combustibile in quanto
contiene frazioni con una percentuale "interessante" di carbonio. Queste
frazioni sono però in gran parte le stesse che potrebbero essere ridotte o riciclate. Ma
il rifiuto-combustibile non solo comporta un colossale spreco di risorse e quindi
ambientale, ma, anche da un punto di vista energetico, non produce quei risparmi di
emissioni di gas serra che la propaganda Asm va raccontando.
Il rifiuto-combustibile, invece, è fonte di uno straordinario business e con questo
argomento decisivo Asm è riuscita ad allineare sulla sua strategia lAmministrazione
comunale di Brescia di centrosinistra, le Amministrazioni provinciale e regionale di
centrodestra, il Governo attuale (ma anche quello precedente): insomma una posizione
perfettamente trasversale, che ha fatto proseliti anche in alcuni settori del mondo
ambientalista.
2.1. Linceneritore da impianto per il trattamento dei rifiuti a centrale
termoelettrica per fare affari
Con il funzionamento a pieno regime dellinceneritore è giunta a compimento la
trasformazione di questo impianto, originariamente autorizzato per il trattamento dei
rifiuti solidi urbani allinterno di una Pianificazione istituzionale della politica
dei rifiuti finalizzata alla tutela dellambiente: ora è diventato, per volontà di
Asm e Comune di Brescia, una grande industria chimico-energetica, classificata insalubre e
collocata dentro la città, nello specifico una centrale termoelettrica alimentata da un
combustibile "speciale", i rifiuti, ed in particolare da quei rifiuti urbani e
speciali, ingannevolmente denominati "biomasse" dallAsm, che hanno un
contenuto di carbonio interessante per la combustione. In questo quadro Asm e Comune di
Brescia hanno rovesciato le priorità: da quella della tutela dellambiente e della
salute si è passati esplicitamente a quella della produzione di energia e di consistenti
utili. Conseguentemente Asm, da azienda dei servizi municipalizzati per i cittadini di
Brescia, è diventata unimpresa privata, prioritariamente impegnata a livello
nazionale e non solo a produrre energia e realizzare business. La quotazione in borsa ha
innanzitutto questo significato (oltre a quello di far partecipare alcuni privati
allaffare, lHopa di Emilio Gnutti innanzitutto) ed è stata preparata dalla
precedente sciagurata e "clandestina" decisione della Giunta comunale di
installare anche la terza linea dellinceneritore, portando la capacità complessiva
di incenerimento di rifiuti urbani e speciali a circa 700.000 tonnellate anno, circa 2.000
tonnellate giorno, oltre il triplo del fabbisogno della provincia di Brescia, dando vita
al più grande inceneritore dEuropa: una mostruosità, se si tiene conto che la
megamacchina ha un sistema di trattamento fumi non certo al meglio delle tecnologie
disponibili e che quindi emette notevoli quantità di PCB e diossine su un territorio che
è fra i più inquinanti a livello internazionale proprio per queste sostanze
supertossiche ("Caso Caffaro"). Il tutto ovviamente senza uno straccio di
preventiva valutazione di impatto ambientale!
2.2. Il business del rifiuto-combustibile mette tutti daccordo
Questa impostazione, sposata in pieno da una parte consistente dellambientalismo
(settori di Legambiente, i "Verdi" bresciani) fa forza, nella propaganda Asm, su
alcuni presupposti che vanno esplicitamente discussi:
v LItalia è carente di fonti energetiche fossili, e comunque la penuria energetica
è il tema con cui ci si dovrà confrontare drammaticamente nei prossimi anni. Nei rifiuti
urbani e speciali è contenuta una certa percentuale di carbonio che può essere combusta
e impiegata per produrre energia, altrimenti sprecata con la collocazione in discarica.
v I rifiuti si riproducono in continuo e quindi vanno considerati unenergia
rinnovabile.
v Bruciando i rifiuti si risparmia unequivalente quantità di combustibili fossili
che si dovrebbero impiegare per produrre la stessa energia, mentre si evita
lemissione di gas serra che si determinerebbe comunque con la collocazione in
discarica.
E interessante notare come attorno a questi assiomi vi sia una convergenza
perfettamente trasversale sul piano politico:
- LAsm di Brescia è apripista a livello nazionale di questa strategia
"energetista" per i rifiuti sostenuta senza riserve dalla Giunta comunale di
centro sinistra che la controlla, con tanto di assessore allecologia dei Verdi; Asm
e Comune, tra laltro, hanno fin dallinizio utilizzato come principale
consulente Paolo degli Espinosa, illustre esponente del Comitato scientifico di
Legambiente.
- La Giunta provinciale di centro destra, da quando è entrato in funzione
linceneritore, ha esplicitamente rinunciato a qualsiasi ruolo di programmazione
giungendo con la determinazione del dirigente di settore del 27 novembre 2002 a stabilire
che linceneritore di Brescia, originariamente autorizzato per 266.000 tonnellate,
può bruciare tutti i rifiuti che vuole e che può, sia urbani (e non se ne indicano
neppure i quantitativi!) sia speciali. Del resto da tempo ci si è dimenticati di
aggiornare il Piano provinciale rifiuti (da farsi entro la fine del 1997) e di por mano
allelaborazione del nuovo, essendo il precedente scaduto a fine 2002. In sostanza,
si dice, i rifiuti sono un combustibile, abbiamo un forno che ne può bruciare per mezza
Lombardia: il problema è risolto.
- La Giunta della Regione Lombardia, di centro destra, daltro canto, segue con molto
interesse e partecipazione lesperienza pilota di Brescia (non a caso si è
costituita insieme al Comune di Brescia di centro sinistra - una difesa bipartisan! - a
fianco di Asm per sostenere che linceneritore autorizzato per 266.000 tonnellate di
rifiuti ne può bruciare "abusivamente" quasi il doppio!). E sta assecondando in
tutti i modi la strategia Asm, anche attraverso una ristrutturazione istituzionale
straordinariamente innovativa e perfettamente coerente con limpostazione di
Asm-Comune di Brescia, probabilmente unica a livello nazionale: con la nuova giunta di
Formigoni 2 la questione rifiuti è transitata dalla competenza dellassessorato
allambiente a quella dellassessorato allenergia ed alle attività
produttive. Il tutto nellindifferenza del centro sinistra lombardo nonché
dellambientalismo ufficiale. Sembrerebbe di capire che laffare rifiuti-energia
metta tutti perfettamente daccordo, per lappunto un tema bipartisan, come si
usa dire.
- Il Ministero dellambiente, di centro destra come è noto, dal canto suo, è
perfettamente in sintonia con Asm e Comune di Brescia laddove nella recente delibera del
Cipe del 5 gennaio 2003, "Linee guida... per la riduzione delle emissioni di gas
serra entro il 2010" indica nellincremento dellenergia elettrica prodotta
dai rifiuti solidi urbani e dalle "biomasse" (tra 750 a 1.300 MW) una delle
linee strategiche per gestire il problema energetico nazionale allinterno dei
vincoli del protocollo di Kyoto. Sulla stessa falsariga la Regione Lombardia che nella
proposta di Piano Energetico Regionale intende portare lincenerimento dei rifiuti al
50 % di quelli prodotti.
2.3. Le "favole" di Asm sulle presunte virtù ambientali dellincenerimento
La strategia Asm si fonda su punti, da molti considerati come assiomi, ma che sono
facilmente confutabili.
Risibile è lidea di considerare i rifiuti energia rinnovabile. Se in parte può
essere accettabile per gli scarti vegetali e legnosi derivati da coltivazioni o
forestazioni in grado di ricostituirne i consumi, per il resto dei materiali presenti nei
rifiuti non si può dire altrettanto: ad esempio tutte le plastiche derivate dal petrolio
il cui incenerimento, in alternativa alla riduzione attraverso il vuoto a rendere, al
riuso o al riciclaggio, determina una diminuzione non rinnovabile dello stock complessivo
di combustibili fossili. Neppure la normativa europea, del resto, ritiene che i rifiuti
siano in toto "fonti rinnovabili": la direttiva Ue sulla produzione di energia
elettrica da fonti rinnovabili (n. 2001/77) considera tra queste solo "la parte
biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani" (e le plastiche non sono certo
biodegradibili). Anche se, in palese contrasto con questa direttiva, il decreto Bersani
(in questo, invece, in perfetta sintonia con lattuale governo di centro destra)
considera "rinnovabili", tra gli altri, "la trasformazione in energia
elettrica dei rifiuti organici ed inorganici o di prodotti vegetali" , quindi tutto
il carbonio contenuto nei rifiuti.
Per quanto riguarda poi il bilancio energetico ed ambientale (gas serra) quegli assiomi
reggono, in parte, solo se il confronto si fa con la collocazione dei rifiuti in
discarica. Infatti, Asm, i professori universitari che di volta in volta vengono
ingaggiati dalla stessa, il Comune di Brescia e le varie istituzioni fino al Ministero non
si peritano mai di confrontare il bilancio energetico e ambientale dellincenerimento
(e relative emissioni di gas serra) con il bilancio energetico ed ambientale di una
coerente politica di riduzione dei rifiuti (abbandono degli "usa e getta",
"vuoto a rendere", riuso degli imballaggi...) e di riciclaggio attraverso una
raccolta differenziata spinta. Esemplifichiamo con una tipologia di rifiuti diffusa ed
"interessante" per il potenziale energetico come gli imballaggi (carta, cartone,
plastiche): se questi vengono collocati in discarica, evidentemente rappresentano un puro
spreco in termini di materie prime (legno e petrolio, soprattutto) e di emissioni di gas
serra; bruciarli per produrre energia, comporterebbe invece un parziale recupero di
energia e quindi di Tep di petrolio risparmiati con relative emissioni di gas serra
evitate. Ma se questi imballaggi vengono riutilizzati e/o riciclati si ottiene ovviamente
un risparmio di materie prime e quindi di energia e gas serra molto più importante. Ed
infatti, il decreto Ronchi pone prioritariamente gli obiettivi della riduzione, del riuso
e del riciclaggio, riservando allincenerimento solo ciò che residua e come
alternativa alla discarica.
Ma anche sul piano strettamente tecnico e nella "logica Asm", i calcoli della
stessa sono del tutto infondati come dimostra con rigore scientifico Marco Caldiroli,
perito chimico di Medicina democratica:
"Il meccanismo di calcolo della ASM per quantificare la CO2 "risparmiata"
con l'incenerimento dei rifiuti è fondato su due fattori:
a) l'emissione connessa con la cogenerazione cioè l'energia termica prodotta
dall'inceneritore viene conteggiata integralmente come "risparmio" di CO2.
Basandosi sui valori riportati nella Dichiarazione Ambientale del 1999 di ASM
("Tabelle tecniche") possiamo calcolare questo "contributo" come segue
:
- nel 1999 sono stati prodotti complessivamente 518.000 MW di energia dall'inceneritore,
di questi 240.200 sono MWt di vapore per cogenerazione;
- nel 1999 si stima una emissione complessiva di CO2 (da combustione, non è chiaro se e
come è stato considerato il protossido di azoto N2O da non confondere con gli NOx) di
350.348 tonn, ciò corrisponde a un fattore di emissione di 676 grammi di CO2 per kWh
prodotto. Moltiplicando 676 g/kwh per 240.200 MWtermici si otterrebbero 162.303 t/anno nel
1999 di CO2 considerata risparmiata da ASM in virtù della cogenerazione.
b) Al dato di cui sopra viene aggiunto il valore della CO2 "risparmiata" se la
stessa quantità di rifiuti (nel 1999 pari a 372.003 tonnellate incenerite da ASM) fosse
finita tal quale in discarica. Pur non essendo esplicitati i fattori di emissione di CO2
equivalente utilizzati e se sia stato o meno considerato il recupero energetico del biogas
(per le discariche il gas serra principale non è la CO2 come tale, ma il metano che ha un
"fattore" serra di 21 volte più potente rispetto al CO2 considerato come 1),
utilizzando dei fattori disponibili in letteratura (Enea) questa parte di emissione
"risparmiata" varrebbe tra 232.129 tonn (discarica senza recupero del biogas) e
211.297 tonn (discarica con recupero di biogas) in relazione a una quantità di rifiuti
pari a quelli inceneriti da ASM nel 1999.
Sommando A+B risulterebbe un valore tra 394.432 e 373.600 t di CO2 risparmiate (il range
corrisponde alla discarica con o senza recupero del biogas): infatti ASM dichiara un dato
di CO2 risparmiata nel 1999 pari a 383.245 tonnellate, che si pone in mezzo al range sopra
calcolato.
Ora, un simile calcolo da parte di ASM non ha un fondamento riconosciuto (non è
rintracciabile una fonte autorevole - ovvero internazionale - che dia indicazioni
definitive in questo per tutti i paesi aderenti al protocollo di Kyoto). Viceversa, se ad
esempio consideriamo la direttiva Ue 2001/77 sulla produzione di energia elettrica da
fonti rinnovabili, troviamo che tra queste viene considerata solo "la parte
biodegradabile dei rifiuti" (quindi i rifiuti con carbonio fornito da fonti fossili
come le plastiche non devono essere considerati fonti rinnovabili).
Tra le diverse proposte per calcolare la CO2 "risparmiata" dall'incenerimento si
segnala, infine, quella di De Stefanis (che di proposte ne fa tre, ma verrà qui
considerata quella ritenuta più "corretta"). In sintesi questa proposta parte
dal presupposto che la parte organica e biodegradabile dei rifiuti costituisce i 2/3 del
carbonio ivi contenuto (1/3 di carbonio è da considerarsi non biodegradabile e di origine
fossile, ovvero dal petrolio) e quindi solo le emissioni corrispondenti sono
"risparmiate" mentre quelle correlabili con l'altro terzo non sono risparmiate.
Dopodiché la proposta correla queste emissioni non risparmiate con quelle di una centrale
termoelettrica tradizionale per produrre la stessa quota di energia (pertanto, come si
vedrà più avanti, è fondamentale il rendimento energetico sia dell'inceneritore che
della centrale di riferimento). Applicando questa metodica, nel caso di ASM del 1999,
otterremmo un "risparmio" di CO2 pari a 208.448 tonn (in considerazione al
rendimento energetico relativamente elevato dell'inceneritore - il 51,1 % - connesso con
la cogenerazione di vapore per teleriscaldamento). Questo valore però è valido a partire
dal confronto con una centrale termoelettrica tradizionale (si prende come riferimento il
"mix" di centrali ex Enel del 1999) con un fattore di emissione pari a 729 g di
CO2 per kWh prodotto. Se invece si confronta l'emissione ASM con quella di una centrale
termoelettrica a ciclo combinato a gas naturale (in questo senso del tutto valida la
"vecchia" proposta di riconvertire almeno in parte l'inceneritore in una
centrale di questo genere) il fattore di emissione da porre a confronto sarebbe di 360 g
di CO2 per kWh prodotto. In questo caso, sempre con riferimento ai dati ASM del 1999, si
avrebbe un "risparmio" assai minore, pari a 40.176 tonn di CO2 (sempre
ovviamente ipotizzando che i rifiuti, in alternativa, vadano tutti in discarica).
A sostanziale conferma di quanto sopra dimostrato, si può considerare quanto afferma la
stessa Regione Lombardia che, in questo, si discosta notevolmente dalla propaganda Asm:
nel "Programma Energetico Regionale - Indirizzi ed obiettivi di politica energetica
per la Lombardia", a pagina 58 (tabella 12) si trova una tabella riassuntiva dello
stato degli inceneritori autorizzati (anche se in realtà ne hanno aggiunti alcuni che non
sono stati autorizzati, ma tant'è). Per quanto concerne ASM si dice che l'impianto ha una
potenzialità di smaltimento pari a 485.100 t/anno (!), una energia elettrica prodotta
pari a 351.698 MWh, una energia termica prodotta pari a 174.073 MWh, emissioni prodotte
dall'inceneritore pari a 160.000 t/a (CO2 equivalenti), emissioni prodotte dal sistema
cogenerativo pari a 256.000 t/a (CO2 - quindi queste emissioni non sono
"risparmiate" ma solo emesse) e poi si considera (non viene specificato il
sistema di calcolo) che le emissioni evitate di CO2 dell'inceneritore ASM sarebbero pari a
"solo" 98.000 t/a e non le 383.245 tonnellate dichiarate da Asm (nel 1999).
In conclusione, anche considerando un relativo "risparmio" di CO2 (i valori
credibili o meglio corretti, sono quelli intorno alle 40.176 tonn di CO2, per i motivi
già detti) occorre poi tener presente, da un canto, quanto potrebbe essere il risparmio
di CO2 (e di materie prime) connesso con il riciclaggio, il riutilizzo e/o la riduzione
dei rifiuti e, dallaltro, che al "risparmio" delle emissioni di CO2
corrispondono quelle di altri inquinanti (NOx, SOx, CO, polveri, HCl, PCB, diossine,
metalli etc) presenti in misura inferiore (a parità di energia prodotta) o non presenti
del tutto nel caso di una centrale a gas naturale".
2.4. Limbroglio delle "biomasse"
Inoltre, su questo piano, si gioca con carte false attorno al tema delle
"biomasse". Le "biomasse" fanno parte tradizionalmente del bagaglio
ambientalista in campo energetico. Intese in senso proprio, cioè materiali vegetali
prodotti da coltivazioni dedicate, si possono considerare effettivamente energia
rinnovabile (anche se occorre sempre tener presente che spesso ciò comporta la riduzione
di terreno coltivabile per lalimentazione umana). Un caso esemplare di uso
energetico delle biomasse è la produzione in Brasile su larga scala di alcol per
alimentare motori a scoppio attraverso la canna da zucchero (ma poi una parte dei
brasiliani, come è noto, non ha di che sfamarsi). In questo senso le "vere
biomasse" sono state catalogate nella legge italiana dal DPCM 8 marzo 2002 allegato
III, , "Individuazione delle biomasse combustibili e delle loro condizioni di
utilizzo". Ma vi è anche un uso distorto del termine "biomasse", su cui
furbescamente gioca lAsm, assecondata da una parte di ambientalisti
"disattenti": in questa accezione vengono considerati "biomasse" tutti
gli scarti e i rifiuti che contengono un certo tenore di sostanza organica, cioè di
carbonio e che per questo vengono visti dagli "energetisti" come combustibili;
"biomasse" sono quindi i rifiuti urbani e tutti i rifiuti speciali non inerti
che contengano una percentuale di carbonio tale da determinare un potere calorifico di
almeno 1.500 kcal/kg. Su questo equivoco Asm, non disponendo di sufficienti rifiuti urbani
già per le due linee in funzione, del tutto sovradimensionate, ha deciso di importare e
bruciare nellinceneritore circa 150.000 tonnellate annue di rifiuti speciali,
ingannevolmente definiti "biomasse", senza alcuna autorizzazione preventiva o
deliberazione di alcuna istituzione pubblica locale (Comune, Provincia, Regione).
2.5. Linceneritore non è alternativo alla discarica, ma alla riduzione dei rifiuti
ed al riciclaggio
Da parte di Asm si dice che lincenerimento sarebbe unalternativa alla
discarica. Laffermazione è anche teoricamente azzardata, perché, come è noto, i
materiali che si prestano di più allincenerimento (legno, cartone, carta, plastica)
sono gli stessi che possono essere ridotti alla fonte o destinati alla raccolta
differenziata. Ma anche sul piano pratico si verifica che linceneritore non è
alternativo alla discarica e proprio lesperienza "pilota" ormai
consolidata dellAsm di Brescia sta lì a dimostrarlo: linceneritore ha
prodotto, come si è visto, un aumento esagerato della produzione dei rifiuti ed ha
sostanzialmente bloccato la raccolta differenziata, limitata essenzialmente a vetro e
lattine (non combustibili) e ad un po di "umido". La plastica è stata del
tutto "affidata" allinceneritore, mentre la raccolta della carta da anni
non viene più spinta e rimane in parte solo per "salvare la faccia" di un
glorioso passato di raccolta differenziata (effettivamente, prima dellinceneritore,
lAsm fu unazienda allavanguardia in questo settore). Inoltre,
linceneritore stesso, grazie anche al suo sovradimensionamento ed alla necessità di
importare rifiuti da fuori provincia, invece di eliminare le discariche è destinato ad
alimentarne allinfinito con una gran massa di rifiuti speciali, probabilmente
pericolosi (circa 200.000 tonnellate anno).
2.6. Brescia, grazie alla smania energetista di Asm, fanalino di coda nel risparmio
energetico
Ma dal punto di vista energetico a Brescia vi sono altri dati interessanti da considerare:
con il teleriscaldamento (acqua calda recuperata dalla centrale termoelettrica connessa
allinceneritore e distribuita per il riscaldamento delle abitazioni) lAsm sta
spingendo verso la totale eliminazione del gas metano nelle case con la sostituzione delle
tradizionali cucine alimentate da questo gas con cucine elettriche ad induzione. La
ragione è molto semplice: con lenergia elettrica prodotta dallinceneritore il
ricarico in termini di utili aziendali è molto più elevato che non con il gas (va sempre
ricordato che si tratta di una centrale termoelettrica "magica", per la quale il
combustibile non è un costo ma un ricavo!).
Ed effettivamente Brescia tende ad un continuo aumento del consumo di energia elettrica
pro-capite (nel 2001 raggiunge i 1099 KWh/ab/anno, livello che la colloca al 75° posto
nella graduatoria negativa dei consumi delle 103 province italiane, con un arretramento di
3 posizioni rispetto al 2000, quando era al 72° posto. Cfr. Supplemento di
"ItaliaOggi" del 14 gennaio 2003, Rapporto 2002 sulla qualità della vita in
Italia, Consumo annuo pro-capite di energia elettrica, p. 20), mentre non fa pressoché
nulla per il risparmio energetico, come ha denunciato recentemente lo stesso ordine degli
ingegneri di Brescia: "La realtà delledilizia bresciana è, nel campo del
contenimento dei consumi energetici, lontana dai livelli di qualità imposti dalle norme
vigenti, e non solo da quelli: dimostra di aver perso buona parte della sensibilità
necessaria per ben costruire nei confronti dei parametri climatici peculiari
della nostra zona" (G. Ziletti, in rappresentanza dellOrdine degli Ingegneri di
Brescia al convegno, "Brescia 1972-2002 Il teleriscaldamento compie
trentanni", 5 dicembre 2002). Eppure vi sono a Brescia realtà e risorse
interessanti, come lassociazione energEtica, che potrebbero offrire un importante
contributo in quella direzione.
3. Il sistema di potere che si va costituendo attorno ai "rifiuti-energia"
La trasformazione di Asm in Spa e la quotazione in borsa avviene con lingresso di
Hopa, la finanziaria presieduta da Emilio Gnutti, che vede crescere al proprio interno,
come partner più rilevante, la finanza nazionale vicina ai Ds (Unipol e Monte dei Paschi
di Siena) e che appare perfettamente bipartisan, vantando come socio la stessa Fininvest.
Gli intrecci tra Asm ed Hopa vengono però da lontano e sembrano preludere ad un legame
sempre più stretto che potrebbe sfociare nella completa privatizzazione di Asm energia
(come peraltro sta avvenendo con Enel). In questo quadro la "presa" di Asm sulla
società bresciana, sui partiti e sulle istituzioni è pressoché totale: ciò spiega il
vasto consenso che ha saputo costruire intorno allecomostro rappresentato dal
megainceneritore.
A questo punto ci si potrebbe chiedere: come è possibile che a Brescia sia accaduto
questo, che si sia installato un mostro ecologico del genere e che soprattutto con estrema
protervia il "modello Asm-Comune di Brescia" venga proposto in giro per
lItalia, senza che vi sia un accenno critico?
Ed ancora, come è possibile che questa metamorfosi di Asm sia avvenuta senza che vi sia
mai stata una discussione pubblica ed una esplicita deliberazione del Comune di Brescia,
del suo consiglio elettivo, dei cittadini, per cui Asm mutasse radicalmente le proprie
strategie e finalità?
3.1. Il grande business del rifiuto combustibile
La forza dellinceneritore più che sullenergia e le emissioni
"risparmiate" si appoggia sui colossali profitti che produce. Infatti il vero
argomento con cui Asm impone al Comune di Brescia le proprie scelte e cerca di convincere
in giro per lItalia i Comuni e le municipalizzate non è quello energetico o la
favola dei vincoli di Kyoto, bensì quello dei profitti straordinari che la
"megamacchina" garantisce. Non esiste in Italia, e forse al mondo, un impianto
industriale così portentoso. Innanzitutto Asm, pur essendo una Spa, e quindi
unazienda privata in un contesto di libero mercato (tanto celebrato, peraltro, ai
nostri giorni!), agisce senza alcuna concorrenza in regime di assoluto monopolio. Inoltre
è lunica industria e centrale termoelettrica per la quale la materia prima, nel
caso specifico il combustibile, non è un costo, bensì addirittura un utile. (Tutti gli
imprenditori, probabilmente, sognerebbero di gestire una simile impresa).
Infatti, dal punto di vista dei flussi di materia e di energia, questa impresa ha
praticamente solo voci positive di entrate, e per lesattezza ben 6: 1) il
combustibile, cioè i rifiuti conferiti pagati circa 100 lire al kg dai comuni, cioè dai
cittadini con la tassa-rifiuti (già qui un gruzzolo di 30 miliardi circa di vecchie lire
allanno); 2) quindi un contributo dal Conai per i contenitori riciclati o meglio
bruciati (5 miliardi e 900 milioni di lire nel 1999, per limpianto ASM); 3) un
contributo dalla Stato come impianto produttore con "energia rinnovabile" [?!];
4) le bollette dellenergia elettrica pagate dai cittadini; 5) le tariffe
dellacqua calda distribuita con il teleriscaldamento, pagate dagli utenti e decise
discrezionalmente da Asm; 6) dopo lincenerimento il ferro presente nelle ceneri
viene venduto alle acciaierie, ben 5.033 ton. nel 2000.
Insomma si tratta di una formidabile "gallina dalle uova doro" che
permette allAsm di realizzare profitti per oltre 100 miliardi di vecchie lire
allanno.
3.2. La privatizzazione Asm nel segno di Hopa e degli affari bipartisan
Capito al volo laffare, attorno ad Asm si è messo subito in moto un gruppo di
potere privato fortissimo, lHopa del bresciano Emilio Gnutti, il mago della finanza,
lenfant prodige del "nuovo" capitalismo italiano, che sa moltiplicare i
miliardi come gli evangelici "pani e pesci", lartefice con Colaninno del
"capolavoro" Olivetti-Telecom e oggi di nuovo in campo per "salvare"
la Fiat, esponente di spicco delle new entry della cosiddetta "razza padana".
Finanzieri dassalto che sembrano aver incantato tutti (ritratti esageratamente
celebrativi di Emilio Gnutti e Roberto Colaninno appaiono sullo stesso quotidiano dei
Democratici di sinistra in occasione della "crisi Fiat": Gnutti. Alla guida
della Bentley sognando il Lingotto e Colaninno. La ricetta del Ragioniere: soldi, sudore e
automobili, "lUnità", 15 gennaio 2003). Non il vecchio Giorgio Bocca che
ben conosce i vizi del capitalismo nostrano: "E tutti anche nel nostro paese avevano
sotto gli occhi lo spettacolo pirotecnico di avventurieri della finanza, vedi i pii e
morigerati bresciani che si impadronivano di grandi e grandissime aziende senza avere i
soldi per comprarle ma con un giro di scatole cinesi a cui ha partecipato anche la nostra
sinistra che aveva scoperto anche lei il modo di far soldi tanti e presto anche se la
lezione di Mani pulite bruciava ancora" (G. Bocca, "lEspresso" del 26
luglio 2002). Anche se la magistratura, del tutto "pii e morigerati" non li ha
ritenuti se ha condannato per insider trading il 24 giungo 2002 per operazioni legate ai
titoli Cmi (Cantieri metallurgici italiani Spa, società del gruppo Falk) Emilio Gnutti ed
Ettore Lonati, esponenti di spicco di Hopa (Marco Toresini, Insider trading. Condannati
Emilio Gnutti ed Ettore Lonati, "Bresciaoggi", 26 giugno 2002).
Per lingresso di Hopa, occorreva, però che Asm si privatizzasse e si quotasse in
borsa, operazione che la giunta di centro sinistra del Comune di Brescia ha portato a
compimento nel 2002. Ed ecco che, con la quotazione in borsa di Asm, il principale
azionista privato che entra in campo e si conquista subito un posto in consiglio di
amministrazione è proprio lui, Emilio Gnutti con la sua Hopa. I piccoli azionisti vengono
invece guidati a sponsorizzare ed eleggere il prof. Alberto Clò, guarda caso esperto di
problemi energetici.
In Hopa, oltre allo stesso Emilio Gnutti, che con la finanziaria di famiglia ne detiene
circa il 10% e ne occupa solidamente la presidenza, troviamo alla "sinistra" il
vicepresidente Giovanni Consorte, presidente di Unipol, la compagnia di assicurazioni
della Lega delle cooperative, presente con circa un 5,19%, affiancata dalla banca Monte
dei Paschi di Siena, anchessa vicina ai Ds, mentre alla "destra" siede
laltro vicepresidente Giuseppe Lucchini, erede dellomonimo gruppo e figlio
dellex presidente di Confindustria, Luigi Lucchini, il re dellacciaio,
capofila di un nutrito gruppo di imprenditori bresciani, tra cui il già citato Ettore
Lonati, leader nel settore meccanotessile, Pier Luigi Crudele, della Finmatica,
lazienda hi-tec che al suo esordio fece faville sul mercato azionario dei
tecnologici e altri; non viene trascurata neppure la finanza "cattolica",
presente con la banca Antonveneta e la banca Lombarda, frutto della fusione fra Banca San
Paolo (scrigno tradizionale del mondo cattolico bresciano) e Credito agrario bresciano; ma
in Hopa troviamo anche la Fininvest, con circa un 5,4%, a completare lecumenismo
della cassaforte creata da Gnutti, nel segno del pecunia non olet, purché si facciano
buoni affari. Infatti sia Fininvest che Mediaset avrebbero ceduto a Hopa le proprie quote
in Telecom in cambio di una partecipazione nella finanziaria bresciana. Questo scambio con
Fininvest ha permesso ad Hopa di tornare in Telecom con una ragguardevole quota pari a
circa il 16% della società di controllo Olimpia (r. e. Così Hopa rientra in Telecom,
"Bresciaoggi", 24 dicembre 2002). Un rientro in grande, quello di Hopa nelle
telecomunicazioni, che sarà sancito il 25 febbraio con la nomina di Gnutti nel consiglio
di amministrazione di Olimpia, la finanziaria di controllo del gruppo che comprende, come
è noto, diverse società operative, Olivetti, Telecom, Tim e Seat, nei cui consigli di
amministrazione entreranno successivamente uomini Hopa. Questi movimenti hanno sollecitato
lala sinistra di Hopa ad un maggior dinamismo ed impegno. E noto che Hopa è
controllata da un patto di sindacato tra la Fingruppo (circa il 30%), espressione della
finanziaria di famiglia di Gnutti e di alcuni industriali bresciani, e Unipol, Monte dei
Paschi di Siena e Popolare di Lodi, che detenevano circa il 5% ciascuna. Ebbene, proprio
Unipol, controllata da Finsoe che a sua volta è controllata dalla Legacoop, vicina ai Ds,
unitamente a Monte dei Paschi, controllata dalle amministrazioni saldamente in mano ai Ds
della Provincia e del Comune di Siena, sta operando per consolidare la presenza in Hopa
della finanza rossa stringendo ancor più lalleanza con Monte dei Paschi e gli
intrecci con la stessa Hopa. Alcune operazioni interessano innanzitutto Monte dei Paschi,
il cui processo di privatizzazione, di trasformazione in Spa e di quotazione in borsa
porterà allincorporazione delle controllate Banca toscana, Banca Agricola
Mantovana, e Banca 121, facendo scendere il pacchetto azionario di controllo della
Fondazione (Amministrazioni pubbliche senesi) al 59%. Ma si prevede che questo debba
ridursi al di sotto del 50% e che quindi un 9% sia ulteriormente da affidare ai privati:
"il primo nome che circola a Siena è quello di Emilio Gnutti e della sua Hopa ...
uno dei nomi più accreditati per occupare una delle otto poltrone del Monte dei Paschi
Spa riservate agli azionisti privati" (P. Benassi, Volti nuovi per Monte dei Paschi:
in arrivo Gnutti e Caltagirone, "lUnità", 26 gennaio 2003). Nel contempo
Monte dei Paschi stringe i legami con il gruppo Unipol: Mps infatti acquisterà il 13,4%
di Finsoe, controllante di Unipol, e salirà così al 39%, mentre Holmo, la finanziaria
detenuta al 100% da 29 cooperative ne detiene il 51% e comunque manterrà il 50,2% delle
azioni Unipol (Unipol, Mps raddoppia e sale al 39%, "Sole 24 ore", 7 febbraio
2003). Infine Unipol e Monte dei Paschi starebbero aumentando il loro capitale in Hopa di
una quota tra il 4,5 ed il 5%, rastrellando partecipazioni di piccoli azionisti,
raggiungendo insieme circa il 16% (9% Monte di Paschi e 7% Unipol), collocandosi quindi
immediatamente alle spalle di Fingruppo nel controllo di Hopa e ponendosi come partner
più rilevante di Gnutti e soci. Loperazione tiene conto anche del fatto che il
patto di sindacato di controllo di Hopa scade tra un anno e Unipol e Mps intendono
preparasi alla scadenza con una posizione solida allinterno della finanziaria
bresciana (M. Tedeschi, Manovre nel salotto Gnutti,: Unipol e Monte Paschi vogliono
crescere, "lUnità", 28 gennaio 2003). In conclusione, Hopa, holding di
partecipazioni aziendali, rappresenta sempre più per la finanza nazionale vicina ai Ds il
luogo privilegiato delle proprie iniziative in campo industriale e dei servizi, senza
peraltro disdegnare in quellambito alleanze non solo con la finanza
"cattolica", ma neppure con quella targata Fininvest.
3.3. LAsm e lHopa di Gnutti da tempo soci nel business energetico
In questo contesto, lentrata in Asm di Emilio Gnutti in prima persona assume un
significato particolarissimo (Gnutti siede in almeno altri 30 consigli di amministrazione
e, per problemi di salute, lui stesso dichiara di limitare la sua presenza ai "posti
strategici"): oltre al messaggio inviato alla città di Brescia perché sia chiaro a
tutti chi detiene realmente il bastone del comando allinterno dei rapporti di potere
della Leonessa dItalia, la sua presenza in Asm va interpretata come una scelta
strategica nellambito delle iniziative di Hopa. Gnutti ha capito che il settore
delle municipalizzate, della produzione di energia attraverso i rifiuti in particolare, è
un settore strategico per il futuro, come le telecomunicazioni (rientro in Telecom), o
come le nuove tecnologie biomedicali (e infatti Hopa sta trasformando la propria
controllata Snia da azienda chimica, liquidando Caffaro, a multinazionale leader in questo
settore). Tra laltro Hopa si poteva ritenere in qualche modo già rappresentata in
Asm, perché il Comune aveva precedentemente nominato fra i 5 membri del Consiglio di
amministrazione di sua competenza, Marco Vitale, come proprio rappresentante di fiducia:
questi, infatti, è anche membro del consiglio di amministrazione di Snia (controllata da
Hopa e proprietaria di Caffaro), contro cui il Comune, tra laltro, dovrebbe aprire
un contenzioso di centinaia di milioni di euro per la bonifica connessa alla vicenda
Caffaro (conflitto di interessi?!). Ma lingresso di Gnutti era evidentemente
previsto da tempo cosicché verrà salutato dal presidente Asm Renzo Capra con lodi
eccessive: "Emilio Gnutti è un finanziere di prima classe, dotato di un intuito
eccezionale e una grande capacità di fare affari" (C. Cassamali, Intervista a Renzo
Capra: "La nostra forza? I piccoli", "Bresciaoggi", 14 gennaio 2003).
Infatti, tra Hopa ed Asm Spa, ancor prima della quotazione in borsa, era già in corso una
stretta collaborazione nel campo energetico, come maggiori azionisti (rispettivamente 20%
e 17%) di Dynameeting S. p. A., società attiva dal 2001 nel trading di energia (I,
Rebustini, Asm spa, Gnutti guida gli "altri", "Bresciaoggi", 10 agosto
2002). Inoltre Asm Spa è partner con il 5% di Earchimede, una società nata come
"incubatore" dalla partnership tra Accenture ed Hopa, che si è recentemente
trasformata in unazienda specializzata in consulenza strategica e organizzativa di
alto livello, presieduta anchessa da Emilio Gnutti. Questa svolta è avvenuta
attraverso un aumento di capitale che ha portato il patrimonio netto a 20 milioni di euro
e lingresso di nuovi soci che ha determinato il nuovo assetto societario: Hopa,
azionista di controllo con il 52,50%, Unipol Merchant con il 14,14%, Accenture e Webegg
con il 7,5%, Asm, appunto, con il 5%, e poi Banca Lombarda e Interbanca con quote minori.
Inoltre è stato rafforzato lo staff dirigenziale con lingresso di professionisti
della consulenza strategica con esperienze in multinazionali provenienti da Accenture,
come Pierluigi Troncatti, Pier Lamberto Capra [?!], Sandro Orneli, Pietro Antonio
DAlema. I principali settori di attività di "consulenza strategica" sono
le utilities (energia, gas, acqua), ligiene urbana (cioè i rifiuti), i trasporti,
le pubbliche amministrazioni locali e centrali, banche ed assicurazioni, telecomunicazioni
e media: ad esempio, la ristrutturazione dei trasporti locali di Roma, la costituzione
della Holding capitolina dei servizi della stessa capitale, .... (Lucio dallAngelo,
Earchimede: consulenza strategica, nuovi soci, nuova sede, "Giornale di
Brescia", 18 dicembre 2002). Earchimede ha tre altre sedi operative, a Milano, a Roma
e a Bologna, oltre che a Brescia, in corso Zanardelli 32 (dove hanno pure sede Hopa e
lagenzia bresciana di Interbanca-gruppo Antonveneta; ma, allo steso numero civico -
curiose coincidenze bresciane - anche lufficio del notaio Bruno Barzellotti,
"eminenza grigia" dellala moderata dei comunisti ieri e dei Ds oggi,
quella migliorista e attenta al "mercato", da tempo immemore consigliere di
amministrazione di Asm).
3.4. LAsm prepara il terreno per lingresso di Hopa
Nel contempo Asm, dal canto suo, preparava il terreno al dispiegarsi di questa strategia
generale che, con la partnership di Hopa, guarda molto al di là dei confini di Brescia
(il suo futuro è nellalleanza con la spagnola Endesa), privilegiando di gran lunga
il settore energetico. Del resto il "padre-padrone" di Asm da quasi
quarantanni (prima come tecnico, poi come direttore ed infine come presidente) è
lingegner Renzo Capra, formatosi alla scuola Eni, nella gestione della centrale di
Gela, "energetista" per vocazione e per passione. Storicamente Asm già negli
anni Sessanta aveva definito accordi con altre municipalizzate (Aem di Milano, Agsm di
Verona, Aim di Vicenza, Asm di Rovereto) per la costruzione di due centrali
termoelettriche al di fuori della provincia di Brescia, una a Cassano dAdda (Mi) e
una a Ponti sul Mincio (Mn). Ma è proprio in occasione della sua trasformazione in Spa e
del successivo ingresso di Hopa che si dispiega questa strategia che fa di Asm una delle
aziende private più importanti a livello nazionale in questo settore: innanzitutto si è
liberata della "palla al piede" del settore trasporti urbani, impegnato in una
azzardata operazione di metropolitana leggera fonte di probabili perdite e affidato dal
Comune ad una propria Spa, Brescia Mobilità; nel novembre 2000 Asm ha costituito
(partecipazione del 30%) insieme allAem di Milano e allAmga di Genova,
Plurigas Spa, attiva nella compravendita allingrosso di gas; nellestate del
2001, Asm ha costituito (partecipazione 14,67%), insieme ad Endesa Sa, uno dei principali
operatori del mercato spagnolo dellenergia elettrica, ed a Banco Santander Central
Hispano, un consorzio (Endesa Holding Italia) che nel luglio 2001 ha acquistato Elettrogen
Spa, la prima società di produzione di energia dismessa dal gruppo Enel, costituita da
sette centrali; nel settembre 2001, Asm ha rilevato il 20% di Trentino Servizi Spa,
società controllata dal Comune di Trento e di Rovereto che, guarda caso, ora si accinge a
costruire un inceneritore di rifiuti; nel dicembre 2001 Asm ha sottoscritto il 43,7% di
Abruzzo Energia Spa, società deputata alla progettazione, costruzione e gestione di una
centrale elettrica turbogas a Gissi (Ch) e nei primi mesi del 2002 Asm ha acquistato il
40% di Metanizzazione Meridionale, società che gestisce la distribuzione di gas in 39
comuni della provincia di Chieti, Campobasso e Isernia; Asm, insieme a International Power
di Londra e ad Ansaldo Energia Spa, sta lavorando ad un progetto di grande centrale
termoelettrica turbo gas (inizialmente di 1518 MW, poi ridimensionata ad 800 MW) da
collocarsi nel comune di Offlaga (Bs), anche se per ora sta incontrando la ferma
opposizione delle popolazioni locali, in particolare degli agricoltori.
3.4. Verso la completa privatizzazione di Asm?
In questo quadro non è credibile che Gnutti si limiti ad una partecipazione azionaria in
Asm poco più che simbolica, quella detenuta da Hopa, pari al 2,89% (anche se si
tratterebbe di sapere quante sono le azioni reali che fanno capo già ora indirettamente
alla composita galassia di Hopa, acquistate dai Lonati, dai Lucchini e da altri
imprenditori locali, nonché da Unipol, Interbanca, ecc.). Si sussurra che Capra non veda
lora di aumentare la partecipazione Asm in Endesa Holding Italia e che per questo
abbia bisogno di forte liquidità, mentre il Comune arranca con i propri bilanci e
soprattutto dovrà preparasi a far fronte al "buco nero" che si profila con
lapertura dei cantieri della metropolitana: potrebbero essere
"provvidenziali" allora i "capitali amici" (e... "compagni")
di Hopa (Gnutti dichiara di avere in cassa oltre un miliardo di euro), disposti a
rilanciare Asm nellagone della competizione internazionale del mercato energetico ed
a correre nel contempo in soccorso del Comune, oberato dai nuovi "imprevedibili"
impegni della metropolitana. Siccome la privatizzazione deve procedere per gradi, come la
metamorfosi in atto di Asm, senza che nessuno si allarmi, il tutto avverrebbe mantenendo,
per il momento, "ben salda" (51%?) la maggioranza azionaria del Comune (non sia
mai che si ceda ai privati lAsm!). Del resto, come pressoché tutti sono stati
daccordo nel privatizzare lEnel, non si capirebbe perché Asm energia debba
rimanere in mano pubblica.
3.5. Lirresistibile capacità di Asm di costruire un consenso quasi
"totalitario"
Il fatto curioso è che a Brescia nessuno discuta di quanto sta avvenendo e che il
processo in corso sia presentato ed accettato quasi da tutti come ineluttabile. A Brescia,
infatti, di fronte ad Asm (e dora in poi anche ad Hopa), a differenza delle
popolazioni della "Bassa" in lotta contro la megacentrale turbogas, poche ed
isolate sono le voci di dissenso; fra i partiti, solo Rifondazione comunista ha eccepito
alla decisione di triplicare un inceneritore che era già doppio rispetto al fabbisogno
provinciale, con una terza linea che, per le caratteristiche dei rifiuti speciali
bruciati, contrabbandati per "biomasse", e per linadeguatezza
dellimpianto di abbattimento dei fumi (ampiamente superato dalle Migliori Tecniche
Disponibili), emetterà notevoli quantità aggiuntive di PCB, diossine, metalli pesanti,
ossidi di azoto ed ammoniaca, destinate a ricadere su di un territorio già altamente
contaminato (Va ricordato, che in relazione alla passata produzione di PCB da parte della
Caffaro, il territorio su cui insistono le emissioni dellinceneritore è contaminato
dai PCB fino a più di 1.000 volte oltre i limiti, da diossine per più di 100 volte oltre
i limiti, e non si sa come bonificarlo). Ciò che appare incredibile è che la giunta
comunale di centrosinistra, con lassessore allambiente dei Verdi, abbia deciso
questo ampliamento, senza neppure consultare il Consiglio comunale, nel gennaio 2002
quando era nota la gravissima emergenza dellinquinamento da PCB e diossine, che ha
fatto di Brescia un caso internazionale ed ha costretto il Sindaco ad interdire luso
dei suoli ai cittadini per una porzione della città. Il tutto, peraltro, è avvenuto
senza la preventiva valutazione di impatto ambientale, per cui Brescia, città
straordinariamente inquinata, avrà il più grande inceneritore dEuropa senza alcuna
valutazione dimpatto ambientale.
Perché la città di Brescia accetta di buon grado un simile scempio, mentre gli
agricoltori della pianura si ribellano e si oppongono tenacemente ad una centrale
turbogas, dallimpatto ambientale di gran lunga meno problematico di un inceneritore?
Bisogna riconoscere che anche in questo caso la strategia di Asm è formidabile nel
mettere tutti daccordo e nellemarginare il dissenso. Innanzitutto fa leva su
una tradizione secolare, di servizi offerti ai cittadini con indubbia efficienza, con cui
ha costruito limmagine di unazienda amica dei bresciani.
Però oggi questo non è più sufficiente nel momento in cui non è più azienda pubblica
e municipale di servizi, ma si privatizza e, con la partnership decisiva di Hopa, si
trasforma in impresa nazionale proiettata esclusivamente nel business dellenergia.
Innanzitutto è stata sviluppata una grande campagna propagandistica per darsi una
facciata "ambientalista": dal logo (laquilone azzurro), alla
ristrutturazione delle arre verdi nei quartieri ospitanti linceneritore,
alleducazione "ambientale" nelle scuole, al coinvolgimento come consulenti
o con sponsorizzazioni varie di alcuni settori del mondo ambientalista (di Paolo degli
Espinosa si è già detto; inoltre la Fondazione Asm, ad esempio, ha promosso il 9 maggio
2002 con lUniversità Cattolica un convegno sulla "Città sostenibile"; la
stessa ha sponsorizzato un convegno sul fiume Mella promosso da unimportante
associazione ambientalista...).
Poi vi è il mondo degli intellettuali e la cultura, particolarmente curati negli ultimi
tempi dalla Fondazione Asm: praticamente a Brescia non cè evento culturale che non
sia sponsorizzato da Asm (C. Baroni, Fondazione Asm, dialogo con la città che cambia,
"Giornale di Brescia", 19 giungo 2002), senza contare le numerose pubblicazioni
e ricerche dalla stessa commissionate.
Ma il consenso si ottiene anche creando lavoro, dando occupazione, garantendo positive
relazioni sindacali con i dipendenti (recentemente incrinate con la sola Cgil, dopo la
quotazione in borsa), offrendo una miriade di incarichi e commesse a tanti professionisti
locali e attraverso lindotto di quella che sta diventando una delle più grandi
industrie bresciane (oltre 1.600 dipendenti).
Lultimo capolavoro, infine, lAsm lo compie con la quotazione in borsa,
avvenuta il 12 luglio 2002, mimetizzando il decisivo accordo con Hopa dietro la benevola
promozione di un azionariato popolare, attraverso lincentivazione allacquisto
di azioni da parte dei cittadini di Brescia (3.939) e dei propri dipendenti e pensionati
(1.382), favorito da un accordo sindacale separato sottoscritto da Cisl e Uil: oltre 5.000
famiglie dora in poi vengono legate per questa via alle fortune della
"loro" azienda (per ora non premiate, visto che in meno di un anno le azioni
hanno perso circa l8% rispetto alla quotazione iniziale di 1,85). La stessa
Cisl non sarebbe stata ripagata di tanto zelo: alla candidatura per i piccoli azionisti
dalla stessa caldeggiata perché socialmente più qualificata (si sussurrava lex
segretario della Cisl Melino Pillitteri), "sarebbe stata preferita", come si è
detto, quella di Alberto Clò, energetista, molto vicino, per formazione e cultura (anche
lui proveniente dallEni), al presidente Renzo Capra.
Fondamentale inoltre è il mondo politico. LAmministrazione comunale (quindi
indirettamente sul piano dellimmagine oggi i partiti di maggioranza, ma domani
potenzialmente quelli attualmente allopposizione) riceve diverse decine di milioni
di euro allanno dei profitti Asm per dar lustro alla propria attività in favore di
cittadini, e ciò acquista un enorme peso in una situazione in cui la finanza locale è
strozzata dalla politiche governative. Comunque, nel 2001, sono entrati nelle casse
comunali addirittura 60 miliardi di lire, proprio grazie alla performance
dellinceneritore (M. Matteotti, Volano gli utili dellAsm e il comune incassa
10 miliardi di dividendi in più, "Giornale di Brescia", 20 novembre 2001).
Insomma mai come oggi è vero che a Brescia non è il Comune che governa lAsm,
semmai lAsm che governa il Comune (sicuramente in tutti i settori che le stanno a
cuore).
Ma Asm sa bene che le maggioranze possono cambiare: infatti ha partecipato da protagonista
ad un convegno tematico di Alleanza Nazionale a Roma nel febbraio 2002 e ha pubblicato un
lussuoso libro celebrativo sulla "luminosa carriera" [così! in Asm, "Voi e
noi", n. 76, novembre 2001, p. 32] del fascistissimo presidente dellAsm durante
il ventennio, Alfredo Giarratana (M. Zane, Alfredo Giarratana. Un manager
dellenergia nelle vicende sociali ed economiche di Brescia e dellItalia del
Novecento, Grafo, 2001), pubblicazione che a Brescia ha sollevato le ferme e indignate
riserve del solo avvocato Cesare Trebeschi, ex sindaco democristiano (T. Zana, Chi fu
Alfredo Giarratana, "Giornale di Brescia", 23 ottobre 2001). La "cura"
particolare nei confronti di An si spiega per il fatto che lon. Stefano Saglia,
bresciano, è il responsabile nazionale per lenergia del partito di Fini. Ma Asm,
allestremo opposto, si preoccupa anche dei Verdi: in cambio del consenso alla terza
linea dellinceneritore lASM verserà al Comune "5 per ogni
tonnellata di biomassa [!] bruciata" su un "fondo per iniziative in campo
ecologico [!]" (Viene qui riproposta la classica "monetizzazione della
salute", per cui il danno non veniva prevenuto, ma risarcito, "trappola"
contro cui per decenni si è lottato nei luoghi di lavoro. Oggi, però, si presenta in una
nuova edizione aggiornata sotto forma di "monetizzazione della salute e
dellambiente", ovverosia: faccio un sacco di soldi inquinando lambiente,
quindi concedo un po di spiccioli per qualche buona azione "ecologica":
piste ciclabili, parchi, arredo urbano, convegni di educazione ambientale...e così faccio
anche contenti i Verdi).
Del resto, in questo Asm è in perfetta sintonia con il suo partner privilegiato Emilio
Gnutti che dichiara apertamente: "Per definizione siamo governativi"; e per non
far torto a nessuno aggiunge: con Berlusconi "è una frequentazione abbastanza
sistematica" e ... "considero DAlema una persona di talento, di ingegno,
un politico di qualità" (G. Bonfadini, Gnutti: mezzo mondo è da comprare,
"Giornale di Brescia", 22 gennaio 2003). Insomma, il messaggio è chiaro, gli
affari sono affari e stanno per definizione al di sopra delle parti, o meglio in stretto
rapporto con tutte le parti.
Ecco perché a Brescia criticare Asm è tabù ed è così difficile far emergere verità
tanto semplici e chiare.
Concludendo: attorno a questa vicenda si sono aggrovigliati nodi estremamente complessi
che pongono problemi a tutti.
Innanzitutto il tema della democrazia (tema con tutta evidenza non solo bresciano), che
presuppone lautonomia della politica dalleconomia, nello specifico da questo
grumo di potere fortissimo rappresentato a Brescia da Asm, da Hopa e quindi
dallinsieme del mondo imprenditoriale e finanziario locale e non solo.
La vicenda dellinceneritore è clamorosamente esemplare: le istituzioni locali,
consiglio comunale e consiglio provinciale, hanno deliberato circa 10 anni fa la
costruzione di un impianto con la capacità di incenerire 266.000 tonnellate/anno di
rifiuti e si ritrovano, senza essere state mai più consultate, con una megamacchina
triplicata, di oltre 700.000 tonnellate/anno. Chi lha deciso?
Questa questione, dellautonomia della politica dalleconomia, nel caso di Asm,
significa stabilire se le scelte strategiche dellazienda siano decise, ad esempio,
nel segno del "fare affari" dal "quadriunvirato" Capra, Clò, Gnutti e
Vitale (con qualcuno che, magari, si limiti ad una presa datto
"notarile"), oppure dal consiglio comunale attraverso un dibattito pubblico e
trasparente che coinvolga lintera città e che sappia farsi carico dei bisogni più
autentici della stessa secondo le priorità della qualità della vita e della salvaguardia
della salute e dellambiente.
In secondo luogo la ragione di esistere dellambientalismo locale.
Linterrogativo è a questo punto radicale: ha senso una politica ambientalista che
prescinda del tutto da una propria strategia autonoma sui temi cruciali dei rifiuti e
dellenergia? E quindi può esistere un ambientalismo a Brescia, se non sa marcare
una propria netta indipendenza da Asm-Hopa?
Brescia 20 febbraio 2003 Cittadini per il riciclaggio Comitato Ambiente Città di Brescia
COMITATO PER
L'AMBIENTE E IL
RISPARMIO ENERGETICO DI BRESCIA
ECONEWS N. 6 del 24 febbraio 2003
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mailto:forum-rifiuti@yahoogroups.com>forum-rifiuti@yahoogroups.com
http://www.inceneritori.org>http<http://www.inceneritori.org>://www.inceneritori.org
per aderire alla lista inviare un messaggio vuoto a
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groups.com
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Una news dedicata principalmente a temi "global" o perlomeno non solo italiani,
segnaliamo in particolare il documento di GAIA contro la politica proincenerimento della
Banca Mondiale e le due sentenze della Corte di Giustizia Europea.
Buon lavoro. I moderatori
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SOMMARIO
1) La Norma
- Ennesimo rinvio per l'applicazione della tariffa rifiuti TARSU al posto della tassa;
- Sentenze della Corte di Giustizia Europea: 1)gli inceneritori non sono
"termoutilizzatori" ovvero non recuperano energia dai rifiuti, 2) il recupero
esiste se l'incenerimento dei rifiuti avviene in altri impianti, sostituendo combustibili
tradizionali, 3) la Francia condannata perché i suoi inceneritori sono catorci.
2) Il Sito
- il sito di GAIA Global Alliance for Incinerator Alternatives;
3) La lettura
- "Oltre lo Spreco" di Luigi Mara, Ecoapuano Editore;
4) Le notizie
- L'incenerimento dei rifiuti : una questione globale;
- Le aziende italiane di smaltimento rifiuti diventano globali;
- Perchè ci avete tolto il referendum antiinceneritori ?
- Acerra: no problem secondo il ministro Matteoli
1) LA NORMA
In attesa del "collegato ambientale" della finanziaria, segnaliamo che la legge
finanziaria 2003 ha prescritto l'ennesimo rinvio per l'applicazione della tariffa rifiuti
TARSU (in sostituzione della tassa rifiuti).
Come si sà il DLgs 22/97 aveva previsto l'introduzione della tariffa rifiuti (in sostanza
un nuovo sistema di far pagare il servizio correlandolo con le quantità di rifiuti
effettivamente prodotti da ognuno) tra i sistemi per ridurre la produzione dei rifiuti, a
partire dal 1.01.2000.
Con successivi provvedimenti (da ultimo la legge finanziaria 2002) la proroga era divenuta
quella segue :
- per i comuni con l'85 % di copertura del costo del servizio, dal 1.01.2003;
- per i comuni con copertura del costo del servizio tra il 55 % e l' 85%, dal 1.01.2005;
- per i comuni con copertura del costo del servizio inferiore al 55 % o con meno di 5.000
abitanti, dal 1.01.2008.
La finanziaria 2003 ha prorogato l'obbligo solo del primo scaglione dal 1.01.2003 al
1.01.2004.
Non cambia l'obbligo di arrivare alla copertura del 100 % del servizio nel primo anno di
applicazione della TARSU.
Come da più parti sollevato l'effetto dell'obbligo della copertura totale del costo del
servizio (non obbligatorio con l'attuale tassa rifiuti, nel senso che la copertura può
essere garantita dal bilancio complessivo di un comune, quindi coperta con altre entrate
come l'ICI) da un lato e dall'altro l'applicazione dell'IVA sulla tariffa, comporterà
nella prima fase di applicazione ad un incremento dell'esborso dei cittadini che
paradossalmente vedrebbero, come risultato dell'applicazione di un atto a favore della
riduzione della produzione dei rifiuti, un aumento dei costi soprattutto per i comuni
"più furbi" che non provvedono a diminuire altre fonti di entrata (finora
utilizzate per coprire i costi della raccolta/smaltimento dei rifiuti, come appunto
l'ICI).
Chi vivrà vedrà......
PS Sempre la finanziaria permette ai comuni di attuare dei condoni sui tributi locali
(compresa la tassa rifiuti).
ANCORA SULLE NORME :
ALCUNE INTERESSANTI SENTENZE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA SULL'INCENERIMENTO DEI
RIFIUTI
GLI IMPIANTI DI INCENERIMENTO NON SONO "TERMOUTILIZZATORI" OVVERO NON RECUPERANO
L'ENERGIA DEI RIFIUTI
1.. Sentenza n. 458/00 del 13.02.2003 tra la Commissione delle Comunità Europee contro il
Granducato del Lussemburgo.
La questione : il Granducato del Lussemburgo era intervenuto contro l'esportazione di
rifiuti urbani e assimilati dal Granducato alla Francia per il loro incenerimento in un
impianto di incenerimento di rifiuti (a Strasburgo) bloccando l'esportazione ai sensi del
regolamento sulla spedizione dei rifiuti all'interno della Comunità (che obbliga a una
notifica allo stato di partenza e di arrivo, diversificata a seconda che la finalità
dell'esportazione sia il riciclaggio/recupero dei rifiuti o il loro smaltimento).
Di fronte alle denuncie delle ditte interessate, sostenute dalla Commissione Europea, la
Corte Europea si è pronunciata a favore del Lussemburgo con una importante massima sulla
distinzione tra "smaltimento" tramite incenerimento e "recupero energetico
" dei rifiuti (anche se principalmente riferita appunto alla "libertà" di
movimento dei rifiuti tra i paesi UE).
La massima
Come è noto la direttiva 75/442 (e successive modifiche) distingue tra
"incenerimento a terra" (D10, tra le operazioni di smaltimento) e il
"recupero energetico" dei rifiuti (R1, tra le operazioni di recupero) quando la
combustione corrisponde alla "utilizzazione principale come combustibile o come altro
mezzo per produrre energia".
Secondo la Commissione Europea per qualificare l'incenerimento come recupero energetico
dei rifiuti sarebbe sufficiente che "i rifiuti siano utilizzati come mezzo per
produrre energia qualora l'operazione produca una eccedenza di energia e una parte
sostanziale dell'energia contenuta nei rifiuti inceneriti sia recuperata al fine di essere
riutilizzata", in questo caso la "finalità essenziale dell'operazione prevista
è di permettere ai rifiuti di assolvere una funzione utile, ovvero la produzione di
energia".
La sentenza della Corte ha considerato non corrispondente alla direttiva sui rifiuti tali
indicazioni.
Infatti, ritiene che per esserci un "recupero energetico" anzichè uno
smaltimento occorrono contestualmente tre condizioni :
1.. che l'energia generata dalla combustione sia superiore a quella consumata durante il
processo di combustione (come indicava anche la Commissione);
2.. che l'energia sviluppata sia effettivamente utilizzata "immediatamente nella
forma di calore prodotto dall'incenerimento o in seguito a trasformazione in forma di
elettricità" (anche questa condizione era sostanzialmente indicata dalla Commissione
Europea);
3.. che per "utilizzazione principale come combustibile" debba intendersi che
"la maggior parte dei rifiuti deve essere consumata durante l'operazione e che la
maggior parte dell'energia sviluppata deve venir recuperata" ovvero "sostituendo
una fonte di energia primaria che avrebbe dovuto essere usata per svolgere tale
funzione". Se invece "il recupero di calore prodotto dalla combustione
costituisce solo un effetto secondario di un'operazione la cui finalità principale è lo
smaltimento dei rifiuti" non si è in presenza di una operazione qualificabile come
recupero.
Come ha illustrato l'Avvocato della Corte la risposta da cercare è se i rifiuti
inceneriti vanno o meno a sostituirsi all'uso di altri materiali che avrebbero dovuto
essere utilizzati per produrre energia, in tal caso vi sarebbe un risparmio di risorse
naturali. Viceversa "Nel caso di rifiuti inceneriti in uno stabilimento installato a
tale scopo" non viene rispettata quest'ultima condizione in quanto quell'impianto è
finalizzato solo a bruciare rifiuti e questi non vanno a sostituire altri combustibili,
ovvero "in mancanza di rifiuti disponibili non vi sarebbe incenerimento" ovvero
non siamo in presenza di un impianto che utilizza normalmente un combustibile primario ma
deve essere rifornito di rifiuti per poter funzionare.
In altri termini un impianto di incenerimento anche se produce energia bruciando rifiuti
(come d'obbligo proprio per la normativa europea) non può essere considerato un impianto
di recupero energetico, un "termoutilizzatore" per utilizzare una definizione in
voga in Italia.
Viceversa, argomenta l'Avvocato, i "rifiuti potrebbero essere oggetto di spedizioni
all'interno della Comunità con pochissime restrizioni, il che sarebbe contrario allo
scopo del regolamento di fornire un sistema armonizzato di procedimenti attraverso i quali
limitare la circolazione dei rifiuti, al fine di garantire la tutela dell'ambiente".
Come già detto la Commissione Europea è stata condannata in quanto la sua
interpretazione estensiva del "recupero energetico" dei rifiuti è in contrasto
con le direttive in materia.
Pensiamo che con questa sentenza si sia posta fine (ma per chi scrive non era mai stata
messa in discussione) all'annosa querelle sulla denominazione degli impianti di
incenerimento di rifiuti, che tali sono e rimangono.
Ad avviso di chi scrive, appare in contrasto con la normativa europea, almeno
parzialmente, l'applicazione del DM 5.02.1998 che qualifica come recupero energetico
l'incenerimento di rifiuti (CDR e altre tipologie) quando questo avviene in impianti di
incenerimento (cioè in impianti realizzati per smaltire rifiuti come sono certamente gli
impianti pubblici di incenerimento di rifiuti urbani oltrechè quelli privati per rifiuti
di altro genere).
Questo contrasto (purtroppo) non vi sarebbe nel caso in cui l'incenerimento avviene in
impianti non realizzati allo scopo di smaltimento (come cementifici e centrali
termoelettriche) come vedremo nel commento della successiva sentenza emanata lo stesso
giorno.
Sempre ad avviso di chi scrive questa sentenza dovrebbe far meditare (e modificare) la
normativa europea ed italiana sulla considerazione dei rifiuti come "fonte
rinnovabile" con tutti gli annessi e connessi (leggi considerare l'incenerimento come
una forma di risparmio di emissioni di gas serra).
SE IL RIFIUTO O IL CDR NON VIENE BRUCIATO IN UN INCENERITORE MA IN UN ALTRO IMPIANTO,
SOSTITUENDO COMBUSTIBILI TRADIZIONALI, VI E' "RECUPERO ENERGETICO", A TALE SCOPO
A NULLA VALE UNA QUALSIASI QUALIFICAZIONE DEL RIFIUTO COME COMBUSTIBILE DA RIFIUTO
2) Sentenza n. 228/00 del 13.02.2003 tra la Commissione delle Comunità Europee contro la
Repubblica Federale di Germania.
La questione : Alcuni lander tedeschi hanno emanato delle circolari che permettono di
qualificare come recupero energetico l'incenerimento dei rifiuti se gli stessi possiedono
determinate caratteristiche (potere calorifico, presenza di sostanze pericolose, non
miscelazione etc; in modo abbastanza simile all'italiano CDR del DM 5.02.1998). Su tale
base la Repubblica Federale di Germania si è opposta alla esportazione in Belgio di
rifiuti in un caso già trattati e destinati ad essere direttamente bruciati in
cementifici e in un altro caso di rifiuti non trattati da trattare in impianti belgi per
poi essere anch'essi destinati alla combustione in cementifici.
La massima
Con le stesse motivazioni di base della sentenza precedente ovvero la "terza"
condizione per considerare recupero energetico la combustione dei rifiuti ovvero il fatto
che questi vanno a sostituire del combustibile che sarebbe comunque necessario per gli
scopi per cui è stato realizzato l'impianto, la Corte ha dato torto alle limitazioni
imposte dalla Germania e si è pronunciata per l'assoggettamento della movimentazione
nella comunità europea di questi rifiuti come destinati al recupero energetico, nel caso
di specie in cementifici, e non alla normativa concernente la movimentazione di rifiuti
destinati allo smaltimento/incenerimento.
Questa sentenza ovviamente non ci riempie di gioia in quanto sancisce che l'incenerimento
di rifiuti in centrali termoelettriche, in cementifici o in altri impianti di combustione
nati per la produzione di energia, è effettivamente "recupero energetico" ed è
qualificabile come operazione "R1" con la possibilità di forme semplificate di
autorizzazione per tale attività (fortunatamente vi è comunque la direttiva 96/2000 che
impone in questo caso - almeno - limiti alle emissioni assai più restrittivi di quelli
risultanti dalla applicazione della normativa italiana - il DM 5.02.1998 - siamo sempre in
attesa del recepimento di questa direttiva).
In altri termini, in riferimento all'Italia, viene confermato che la combustione di CDR e
di altre tipologie di rifiuti in impianti non dedicati alla combustione dei rifiuti ovvero
se vi è una sostituzione parziale o totale di altri combustibili comunque necessari per
il ciclo produttivo è una corretta applicazione della possibilità di procedure
semplificate per tali attività qualificabili come "recupero" di rifiuti.
La sentenza presenta un altro argomento di notevole interesse.
L'opposizione della Germania era fondata principalmente sul fatto che i rifiuti in
questione non erano conformi alle circolari dei lander che definivano determinate
caratteristiche dei rifiuti per poter considerare la loro combustione come recupero ovvero
poter essere esportate con le modalità di notifica semplificate previste per i rifiuti
trasportati in altri paesi per il loro recupero.
Queste caratteristiche merceologiche dei rifiuti definite dai lander in questione sono
analoghe a quelle che definiscono il CDR italiano e che, costituiscono una delle
condizioni, per assoggettare il loro incenerimento a forme semplificate (comunicazione e
silenzio-assenso) per l'utilizzo e/o la realizzazione di impianti a ciò dedicati.
La sentenza contesta tale punto in quanto evidenzia che le caratteristiche dei rifiuti non
possono essere prese a riferimento per definire la loro combustione come smaltimento o
recupero energetico.
Infatti la Corte sottolinea la presenza di diverse normative di stati dell'unione (Gran
Bretagna, Francia, Belgio, Olanda - ovviamente potevano aggiungere anche l'Italia) che
hanno definito ognuna dei criteri diversi con il risultato che "se gli Stati membri
potessero liberamente stabilire autonomi criteri divergenti per definire quali operazioni
classificare come operazioni di recupero, verrebbe molto limitata" l'applicazione del
regolamento sull'import/export di rifiuti ovvero la possibilità dei singoli di stati di
opporsi motivatamente alla movimentazione dei rifiuti.
Diversamente se tali criteri (caratteristiche del rifiuto) fossero stabilite a livello
comunitario, ma finora - nonostante dei tentativi - non vi è stato alcun accordo tra i
paesi europei.
Insomma : la qualificazione di "recupero energetico" da parte dei rifiuti
dipende principalmente dalla funzione principale dell'impianto (oltrechè dalla
effettività della produzione e utilizzo di energia dalla combustione dei rifiuti) e non
da caratteristiche determinate del rifiuto.
Il che significa che tutta la discussione sul CDR non ha alcuna motivazione di essere, con
due conseguenze :
1.. chi sostiene la filiera del CDR come forma ottimale di gestione dei rifiuti riceve con
questa sentenza una smentita, come pure appare ancora più discutibile la volontà di far
uscire il CDR "di qualità" dalla qualifica di rifiuti per dargli quella di
combustibile, di cui abbiamo parlato nelle precedenti news ;
2.. di contro si potrebbe aprire (se il legislatore italiano vorrà approfittarne) una
spinta per estendere a nuove tipologie di rifiuti da sottoporre al "recupero
energetico" con forme semplificate di autorizzazione (cioè a una estensione del DM
5.02.1998 e anche al DM sulle procedure semplificate per il recupero dei rifiuti
pericolosi, di cui si è già parlato, che attualmente non contempla il "recupero
energetico").
IN CONCLUSIONE :
1.. VA SOTTOLINEATO CHE ENTRAMBE LE SENTENZE NON HANNO UNA DIRETTA INFLUENZA SULLA
NORMATIVA SULLA GESTIONE DEI RIFIUTI DEI SINGOLI PAESI DELLA COMUNITA' EUROPEA MA
UNICAMENTE SULLE ATTIVITA' DI IMPORT ED EXPORT DEI RIFIUTI.
2.. IL SENSO DELLE MASSIME VA NELLA DIREZIONE DA UN LATO DI NON CONSIDERARE
L'INCENERIMENTO IN IMPIANTI DEDICATI COME "RECUPERO ENERGETICO", DALL'ALTRO DI
APRIRE AD UN MAGGIOR UTILIZZO DELLA COMBUSTIONE DEI RIFIUTI IN IMPIANTI "NON
DEDICATI" (CEMENTIFICI E CENTRALI TERMOELETTRICHE IN PARTICOLARE).
LA FRANCIA CONDANNATA PERCHE' I SUOI IMPIANTI SONO DEI CATORCI
3) Sentenza 60/01 del 18.06.2002 della Corte Europea tra la Commissione Europea e la
Francia
La Corte ha condannato la Francia in quanto non ha "adottato tutte le misure
necessarie e idonee a garantire che l'intero parco degli inceneritori attualmente in
funzione in Francia venisse gestito in conformità dei requisiti di combustione fissati
dalle direttive" sull'incenerimento dei rifiuti.
La sentenza prende le mosse dalla indagine del Ministero dell'Ambiente francese che nel
1996 aveva evidenziato che 40 impianti di incenerimento francesi (su 75 impianti
operativi) con capacità superiore a 6 tonn/ora non rispettavano i limiti fissati per i
metalli pesanti, le polveri e le diossine. In particolare sette di questi impianti
emettevano quantità di diossine superiori a 10 nanog/mc (100 volte oltre il limite
attuale).
Nel 1998 il governo francese riconosceva che 27 impianti di incenerimento non erano
conformi alle direttive europee (e alle normative nazionali di recepimento) per le loro
emissioni, 9 impianti in particolare emettevano quantità di diossine superiori a 10
nanog/mc.
Questa situazione emergeva dagli studi effettuati a seguito della verifica della pesante
contaminazione di prodotti lattiero caseari prodotti nelle vicinanze di questi impianti.
A fine 1999 il governo francese comunicava alla Commissione europea che da 27 impianti non
conformi si era passati a 7 impianti non conformi (impianti di Angers, Douchy, La
Rochelle, Le Havre, Le Mans, Maubeuge e Rouen).
Le ultime verifiche avrebbero indicato che "solo" 4 impianti erano ancora fuori
norma.
Nonostante le pezze messe dal governo francese (chiudendo numerosi impianti fuori norma)
la Corte ha condannato la Francia in quanto tali misure sono risultate tardive (di 6 anni
rispetto agli obblighi imposti dalle direttive in materia) e ancora incomplete, pertanto
"è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell'art. 4 della direttiva
89/369 e degli artt. 2 e 4 della direttiva 89/429" ovvero non ha "adottato tutte
le misure necessarie e idonee a garantire che l'intero parco degli inceneritori in Francia
venisse gestito in conformità ai requisiti di combustione fissati dalle direttive (....)
ovvero che si ponesse fine allo sfruttamento di tali impianti in tempo utile".
Una sentenza utile per controbattere tutti quelli che indicano la Francia come un paese
"modello" nell'incenerimento dei rifiuti e che pone un serio interrogativo sugli
impianti italiani (perlomeno quelli "vecchiotti"), siamo sicuri che siano
conformi ? Almeno la Francia ha svolto delle indagini serie sui propri impianti e non ha
nascosto le proprie responsabilità.
2) IL SITO WEB
www.no-burn.org
E' il sito di GAIA Global Alliance for Incinerator Alternatives (sito in inglese) con sede
nelle Filippine.
Dal nome si tratta di un network di movimenti nazionali, organizzazioni, comitati locali
in particolare di paesi "in via di sviluppo" (Africa, Asia, America, Est Europa)
il cui obiettivo è chiaramente indicato anch'esso nella denominazione anche se non si
ferma all'opposizione "globale" della pratica dell'incenerimento dei rifiuti ma
vuole contribuire alla realizzazione dell'obiettivo "zero rifiuti", testualmente
"maximizes recycling, minimizes waste, reduces consumption and ensures that products
are made to be reused, repaired or recycled back into nature or the marketplace."
Il sito propone oltre ai riferimenti dei diversi referenti nazionali, documenti su
iniziative locali e di carattere generale (va detto che si tratta per lo più di sintesi
in spagnolo o in inglese), comunque il navigatore attento e volenteroso può utilizzare il
sito come punto di partenza per esplorare i numerosi link associati.
Interessante la sezione "action alerts" che fornisce informazioni sulle
iniziative in corso (dalle iniziative contro l'incenerimento di rifiuti tossici in Canada
alla proposta di bando dell'incenerimento dei rifiuti nelle Filippine).
GAIA è anche l'ispiratrice del "Global Day of Action against Waste
Inceneration" di cui vi è stata la prima "celebrazione" il 17 giugno 2002.
Da tenere d'occhio per la prossima scadenza.
3) LETTURE CONSIGLIATE
Anche questa volta accenno a un "vecchio" testo (del 1994) ma sempre utile : si
stratta di "Oltre lo Spreco" di Luigi Mara, Ecoapuano Editore.
Si tratta di un testo nato dalla diretta esperienza dell'autore per evitare
l'incenerimento dei rifiuti tossici stoccati presso la Farmoplant di Massa Carrara e per
indicare tecniche alternative non distruttive per detossificare e anche riutilizzare le
sostanze contenute in questi rifiuti.
Da questo obiettivo lo studio si è allargato ad una panoramica sulla situazione generale
della produzione di rifiuti in Italia e in altri paesi (i dati sono ovviamente non
aggiornati ma le considerazioni sul problema sono attualissime), un capitolo dedicato a un
tema poco considerato ovvero l'inquinamento connesso alla gestione dei rifiuti nei paesi
dell'est europeo per passare alle problematiche ambientali e sanitarie dei processi di
incenerimento dei rifiuti urbani e industriali.
Metà del libro è dedicate alla tecniche alternative all'incenerimento dei rifiuti
tossici e nocivi, con dettagli tecnici e dimostrando l'esistenza di brevetti e
applicazioni in molti paesi che ridurrebbero grandemente la presunta necessità
dell'incenerimento.
Chi è interessato può richiederne una copia (sono le ultime) inviando un messaggio a
medicinademocratica@libero.it (costo, spedizione compresa 15,00 euro - per motivi
"tecnici" siamo costretti a chiedere un pagamento anticipato con vaglia dando
ovviamente le indicazioni necessarie).
4) LE NOTIZIE
- L'incenerimento dei rifiuti : una questione globale
Tra i documenti disponibili sul sito di GAIA (di cui parliamo sopra) vi è l'interessante
"Bankrolling Pollution Technology : The Worl Bank Group and Incineration".
Si tratta di un documento del settembre 2002 che fa il punto dei "progetti di
sviluppo" della Banca Mondiale con annessi impianti di incenerimento.
Non solo grandi dighe, oleodotti, progetti di estrazione di petrolio e altre nefandezze
contro l'ambiente e i diritti delle popolazioni locali, la Banca Mondiale pensa bene
nell'esportare il modello economico e di vita dell'occidente industrializzato anche i suoi
sistemi di smaltimento dei rifiuti contestati.
Il documento dopo una sintetica rassegna delle ragioni antiinceneritori, illustra il ruolo
della Banca Mondiale che, dal 1993, ha apporvato 156 progetti (in 68 paesi) cui se ne sono
aggiunti alti 26 nel corso del 2001.
Si tratta di impianti di vario genere (per rifiuti urbani, industriali, ospedalieri,
pesticidi etc) che interessano per il 49 % gli stati dell'Africa (nel solo Kenya ben 12
impianti), per il 22 % l'Asia (6 impianti in India e 7 impianti in Turchia), per il 19 %
l'america latina
e centrale (8 impianti in Brasile), e il 10 % nella ex Europa dell'Est.
Uno degli aspetti posti in evidenza nel documento è quello relativo alle particolarità
dell'applicazioni della tecnologia dell'incenerimento in paesi poveri : realizzazione di
impianti che sono poco più di caldaie senza idonei sistemi per permettere la combustione
completa dei rifiuti, con limitati sistemi di abbattimento e standard di emissioni più
elevate rispetto a quelli occidentali, limitati sistemi di monitoraggio delle emissioni,
incognite sulle caratteristiche delle discariche per i residui tossici dell'incerimento,
sulla formazione del personale, sulle reali caratteristiche merceologiche dei rifiuti;
tutti fattori che rendono ancora più critico l'utilizzo dell'incenerimento in questi
paesi.
Il documento si conclude con una serie di richieste di "riforma" dei criteri di
approvazione di progetti comprensivi di inceneritori da parte della Banca Mondiale.
Come detto il documento è scaricabile dal sito www.no-burn.org e anche sul nostro sito
http://www.inceneritori.org
- Le aziende italiane di smaltimento rifiuti diventano globali (Il Manifesto, 8.02.2003)
Al Cairo la gestione della raccolta e smaltimento dei rifiuti passa ad aziende europee tra
cui la romana AMA e la Jacorossi/Giaseno di Perugia. L'articolo evidenzia l'impatto
occupazionale sui "zabal" , in pratica i ricercatori di rifiuti che operano - in
condizioni certamente antiquate e pessime - la raccolta differenziata dei rifiuti con il
sorprendente risultato del 90 % di rifiuti raccolti e valorizzati economicamente con un
commercio minuto dei materiali.
Solo una parte degli attuali zabal potrà essere "riciclata" da parte delle
aziende che hanno vinto gli appalti, inoltre queste aziende ritengono non interessante
economicamente rivendere il materiale riciclabile per cui ci si aspetta la realizzazione
di tanti begli impianti di trattamento/separazione con la riduzione della raccolta
differenziata e l'incremento dello smaltimento in discarica (che almeno verranno adeguate
- si spera - a standard più vicini a quelli europei).
Possibile che non vi possa essere una via "intermedia" in cui la tecnologia più
avanzata possa migliorare i risultati "artigianali" ottenuti con le proprie
forze ?
- Perchè ci avete tolto il referendum antiinceneritori ?
Il referendum sull'esclusione del combustibile derivato da rifiuti della categoria dei
rifiuti speciali è stato dichiarato inammissibile dalla Consulta. Secondo i giudici
costituzionali il quesito referendario "trascende i limiti segnati dall'articolo 75
della Costituzione sul necessario carattere abrogativo della richiesta referendaria. Si
tratterebbe di un referendum propositivo ma "estraneo all'ambito di determinazione
referendaria del corpo elettorale; che oltretutto contiene una falsa prospettiva e ha
carattere "ambiguo e contraddittorio perché non è chiaro se il combustibile
derivato dai rifiuti, non più classificato rifiuto speciale, sarebbe ricompreso tra i
rifiuti urbani ovvero escluso del tutto dalla categoria dei rifiuti".
Questo una sintetica indicazione delle motivazioni che hanno portato alla esclusione del
referendum antiinceneritori, sul sito della Corte Costituzionale non è ancora stata
pubblica la sentenza nella sua integrità, non appena sarà disponibile potremo
commentarla.
ACERRA ? NO PROBLEM SECONDO MATTEOLI (da e-gazette)
"L'impatto ambientale del termovalorizzatore di rifiuti di Acerra è assolutamente
modesto, perché l'impianto adotta quanto di più moderno la tecnologia è oggi in grado
di offrire per quanto riguarda il controllo del processo di combustione e il trattamento
dei fumi e delle emissioni gassose, al punto da consentire livelli di emissione di
parecchio inferiori ai limiti di legge. Questo quanto riferito dal ministro dell'Ambiente,
Altero Matteoli, nel corso del question time alla Camera. "E' anche previsto",
ha proseguito Matteoli, "un efficace abbattimento delle maleodorante generate dai
rifiuti in fase di stoccaggio pre-combustione. A ciò va aggiunto che l'impiego del cdr
(combustibile dai rifiuti) consente di migliorare sensibilmente la qualità delle
emissioni rispetto alla combustione dei rifiuti tal quali". Circa la grandezza del
termovalorizzatore, per Matteoli, "la scelta di un unico impianto di grossa taglia è
rispondente a un preciso criterio di affidabilità tecnologica dell'esercizio, che nei
grandi impianti si avvale di sofisticati e costosi sistemi di monitoraggio in continuo,
automazione, sicurezza e gestione che garantiscono l'efficienza non solo energetica, ma
anche e soprattutto ambientale dell'impianto". Per quanto riguarda una nuova
valutazione dell'impatto ambientale dell'impianto, ha ricordato il ministro, "non mi
sembrano sussistere le condizioni per la sospensione dell'inizio dei lavori, poiché tale
incombenza, se del caso, non spetta certo al ministro, se i presupposti della sua
realizzazione sono avvenuti a seguito di tutte le procedure che il commissario delegato ha
messo in essere nell'esaminare e approvare la progettazione dell'impianto che, qualora
fosse correttamente realizzato e gestito, non dovrebbe correre alcun rischio di blocchi
futuri". "Posso comunque garantire", ha concluso Matteoli, "la
costante attenzione del mio ministero per far sì che i cittadini del comprensorio non
abbiano a subire alcun danno, ma che, viceversa, potranno usufruire di una rete di un
controllo e monitoraggio continuo che li garantisca da ogni pericolo per la loro salute.
Immediate le repliche di Greenpeace alle parole del ministro dell'ambiente. "Non è
solo quello che esce dai camini degli inceneritori che va monitorato", ha osservato,
l'associazione, che chiede lo stop dell'impianto, "ma il livello di metalli pesanti e
diossine che si registra nell'ambiente e nel corpo umano". "Il monitoraggio in
continuo che si fa negli inceneritori, di cui parla il ministro" , ha concluso
Greenpeace "si riferisce solo ad alcuni composti emessi dai camini come ossidi di
azoto, zolfo e carbonio, composti inorganici del cloro e del fluoro e polveri totali.
Diossine, furani, pcb, ipa e metalli pesanti che sono i composti più pericolosi, vengono
monitorati solo periodicamente".
EFFETTO SERRA E CAMBIAMENTI CLIMATICI
Alcuni gas presenti nell' atmosfera generano l' effetto serra, cioè intrappolano il
calore irradiato dalla terra impedendone l' uscita nello spazio esterno, come il vetro
intrappola il calore in una serra.
Questo fenomeno, normalmente naturale e benefico (senza l' effetto serra la terra sarebbe
di almeno 15 gradi C più fredda), sta aumentando di importanza a causa dell' aumento di
concentrazione di questi gas (gas ad effetto serra, detti anche "gas-serra")
dovuto alle attività umane.
I principali gas ad effetto serra sono : biossido di carbonio( o anidride carbonica, CO2
), metano, fluorocarburi , protossido di azoto (N2O); anche il vapor d' acqua e l' ozono
troposferico contribuisce all' effetto serra.
Il Biossido di Carbonio
La concentrazione del più importante di questi gas, il biossido di carbonio, è aumentata
nell' atmosfera da 290 ppm (parti per milione) nel 1880 a circa 370 ppm nel 2001, e
continuerà ad aumentare nel prossimo futuro, poichè il biossido di carbonio, insieme
all' acqua, è il prodotto finale della combustione dei combustibili fossili (carbone,
petrolio e derivati, metano),delle foreste e delle biomasse. I combustibili fossili
possono essere considerati depositi di carbonio, formatosi milioni di anni fa ; la loro
combustione fa ritornare il carbonio (come biossido) nell' atmosfera, aumentando l'
effetto serra.
Il biossido di carbonio si scioglie facilmente in acqua : gli oceani ne contengono enormi
quantità, ma l' aumento di temperatura (dovuto all' effetto serra) diminuisce la
solubilità del gas in acqua, liberando nuovo gas nell' atmosfera e accelerando il
fenomeno.
Quali sono le principali conseguenze dell' effetto serra ?
Non è contestato che l' incremento dell' effetto serra sia dovuto alle attività umane ,
ma si discute ancora molto sulle sue possibili conseguenze. Gli studi più autorevoli sono
stati effettuati per conto dell' ONU dall' IPCC (International Panel on Climate Change);
un recente rapporto di questo comitato, di cui fanno parte centinaia di scienziati, (IPCC
WGI Third Assessment Report - SPM, pubblicato nel 2001) , sostiene che il mondo si sta
riscaldando:
- la temperatura media superficiale globale è aumentata nel 20° secolo di circa 0,6°C.
E' molto probabile che il decennio dal 1990 sia stato il più caldo del secolo, ed il 1998
l' anno più caldo da quando si hanno registrazioni strumentali (dal 1861).
- In base ad un rapporto annuale della NOAA (US National Oceanographic and Atmospheric
Administration), basato su ricerche in otto paesi, anche il 2002 è stato molto caldo,
secondo solamente solamente al 1998.
-Dati dai satelliti dimostrano una diminuzione di circa il 10% dell' area coperta dalle
nevi dalla fine degli anni sessanta. In particolare si stanno ritirando velocemente le
nevi e i ghiacciai equatoriali, sulle Ande peruviane e in Africa ( il 33% dei ghiacci del
Kilimangiaro è scomparso negli ultimi 20 anni); è diminuito lo spessore del ghiaccio
marino dell' Artico nella tarda estate.
- Per quanto riguarda l' Antartide, non è stato evidenziato un riscaldamento di tutto il
continente. Tuttavia nell' Antartide Occidentale, ed in particolare della Penisola
Antartica (a Sud dell' America Latina), si osservano spesso massicci crolli di vaste aree
ghiacciate con formazione di iceberg.
Immagine dal satellite Modis della NASA (Un
enorme blocco di ghiaccio, esteso 3250 Km2, quasi quanto la Valle d'Aosta, si stacca dalla
piattaforma Larsen B, ancorata alla Penisola antartica, 19 Marzo 2002)
-Il livello dei mari si sta innalzando a causa dell' espansione
termica delle acque (causa principale) e del ritiro dei ghiacciai : l' incremento durante
il 20° secolo è stato di 20-30 centimetri.
Le proiezioni dell' andamento climatico globale fino al 2100
Le proiezioni dell' IPCC, effettuate con metodi molto migliorati rispetto al passato,
indicano forti incrementi della concentrazione di CO2 nell' atmosfera dovute alle
attività umane, con notevoli conseguenze climatiche :
-Aumento della temperatura superficiale globale media da 1,4 a 5,8 °C nel periodo
1990-2100 : anche la velocità di riscaldamento dovrebbe aumentare rispetto al 20°
secolo.
Il riscaldamento dovrebbe essere più pronunciato in alcune aree del pianeta (parte nord
del Nord America, Asia del Nord e centrale).
-Ondate di calore, siccità, suoli più aridi.
-Evaporazione dell' acqua più intensa, con più energia nell' atmosfera : tempeste,
tornadi, uragani più violenti e frequenti.
-Continuerà l'innalzamento del livello dei mari: sono possibili erosioni delle spiaggie
di sabbia ed inondazioni di popolose aree costiere (delta del Nilo, Bangla Desh) e piccole
isole ( in particolare sono minacciati gli atolli del sud Pacifico).
-Più facile trasmissione di alcune malattie infettive, fra cui malaria e febbre gialla
Quanto dureranno i cambiamenti climatici ?
Le emissioni dei gas serra più persistenti (biossido di carbonio, protossido di azoto,
perfluorocarburi) hanno un effetto duraturo sul clima : per es., parecchi secoli dopo che
avvengono le emissioni di CO2, circa un quarto di esse permane nell' atmosfera.
Dopo una ipotetica stabilizzazione della concentrazione dei gas serra, le temperature
medie globali superficiali ed il livello dei mari continuerebbero ad innalzarsi per
centinaia di anni , a causa del grande ritardo con cui il profondo oceano segue il
cambiamento climatico.
Cosa si ha intenzione di fare contro l'effetto serra ?
Occorre notare che, sulla reale pericolosità del riscaldamento globale, non vi è
concordanza di opinioni: alcuni scienziati tendono ancora ad essere scettici ( vedi uno
dei siti segnalati);
ad esempio viene sottolineato il fatto che non sia stato dimostrato un riscaldamento di
tutto il continente antartico e si evidenziano lacune nei modelli climatici usati dall'
IPCC.
Per limitare l' effetto serra sono state suggerite alcune azioni :
- Risparmio energetico ; uso di energia da sorgenti rinnovabili (solare, eolico,
idroelettrico, geotermico, biomasse) o, fra i combustibili fossili, preferenza al gas
naturale rispetto al petrolio o al carbone (la combustione di metano genera meno biossido
di carbonio a parità di energia prodotta).
- Eliminazione graduale dei clorofluorocarburi ( vedi pagina sullo Strato di ozono );
riduzione degli altri gas serra
- Riduzione della deforestazione
PROTOCOLLO DI KYOTO
Protocollo di Kyoto Da Wikipedia,
l'enciclopedia libera. Il Protocollo di Kyoto è un accordo internazionale ambientale. Il
protocollo è stato negoziato nel dicembre 1997 da oltre 160 paesi. Indice
[mostranascondi]
1 Termini dell'accordo
2 Paesi aderenti
3 Paesi non aderenti
4 Link
Termini dell'accordo
L'accordo prevede, per i paesi industrializzati, pei i paesi industrializzati, una
riduzione delle emissioni inquinanti del 5,2% rispetto a quelle del 1990, nell'arco
temporale 2008-2012.
Per entrare in vigore occorre la ratificazione di almeno 55 nazioni (condizione già
raggiunta), producenti almeno il 55% delle emissioni di gas serra (condizione non
raggiunta).
Paesi aderenti
A seguito della Conferenza di Marrakech (novembre 2001), la settima sessione della
Conferenza delle Parti, 40 Paesi hanno ratificato il Protocollo di Kyoto.
Al novembre 2003 i paesi aderenti erano saliti a 120.
Lista dei paesi che hanno aderito
Paesi non aderenti
Tra i paesi non aderenti figurano gli USA responsabile del 36,1% del totale delle
emissioni (annuncio fatto nel marzo 2001) e la Russia responsabile del 17,4%, che sembra
intenzionata a breve a siglare l'accordo, facendo raggiungere il quorum per rendere il
protocollo legalmente vincolante.
Link
Protocollo di Kyoto
(http://www.minambiente.it/Sito/settori_azione/pia/docs/protocollo_kyoto_it.PDF)
Il Protocollo di Kyoto
Si tratta di un accordo internazionale,
sottoscritto nel 1997 da 84 Paesi, che indica gli obiettivi per la riduzione dei gas ad
effetto serra : viene fissata per i paesi industrializzati una diminuzione del 5% in media
( 6,5% per l' Italia) entro il 2012, rispetto ai loro livelli di emissione del 1990.
Poichè l' attuale tendenza è di un aumento notevole delle emissioni, la riduzione del 5%
sarebbe un grande risultato ( i Paesi sviluppati dovrebbero ridurre le loro emissioni
anzichè incrementarle decisamente ), comunque non sufficiente a fermare l' aumento di
temperatura.
Quali gas e quali paesi
L' accordo riguarda sei gas ad effetto serra : biossido di carbonio, metano, protossido di
azoto, perfluorocarburi, idrofluorocarburi ed esafloruro di zolfo ; prevede limiti alle
emissioni di 39 paesi (quelli relativamente più sviluppati), fra cui, in ordine di
emissioni discendente:
USA
Unione Europea (15 paesi)
Russia
Giappone
Canada
Polonia
Bulgaria e altri paesi Est Europei
Svizzera
Norvegia
Nota
I CFC, clorofluorocarburi, non sono menzionati dal protocollo
di Kyoto perchè la loro limitazione è già prevista nel Protocollo di Montreal
La regola del 55%
Perchè il Protocollo di Kyoto entri in vigore lo dovranno ratificare almeno 55 Paesi
(questa condizione è già stata raggiunta : il trattato è ormai stato ratificato da più
di 100 Paesi), purchè le loro emissioni globalmente rappresentino almeno il 55% delle
emissioni dei paesi industrializzati del 1990.
Quest' ultima condizione risulta più critica dal momento che gli USA - lo stato che
inquina di più l' atmosfera con il 36% di emissioni di anidride carbonica - e l'
Australia non ratificheranno il Protocollo, che è stato invece approvato da Unione
Europea, Giappone, Canada, Polonia ed altri paesi, che rappresentano insieme il 43,7%
delle emissioni del 1990. Perchè il Protocollo vada definitivamente in vigore deve essere
ratificato dalla Federazione Russa, che "vale" il 17,4%.
I meccanismi di flessibilità
Per raggiungere gli obiettivi indicati a Kyoto, possono essere utilizzati strumenti che
intervengono sui livelli di emissioni di gas a livello locale, nazionale o transnazionale.
Il protocollo prevede tre strumenti :
- Emission trading (commercio delle emissioni) : le foreste piantate dopo il 1990 vengono
considerate depositi di carbonio, e vengono riconosciuti crediti che sostituiscono i tagli
alle emissioni.
I Paesi relativamente sviluppati possono acquistare e vendere permessi di emissione, per
ridistribuire nel modo più economico fra i vari Paesi e fra imprese le quote di emissione
concordate.
-Joint Implementation (Implementazione congiunta) e Clean Development (Sviluppo pulito) :
Consentono di realizzare la riduzione delle emissioni in Paesi Terzi, dove i costi di
abbattimento sono più bassi.
Le misure di flessibilità vengono considerate supplementari rispetto alle azioni
domestiche.
Critiche al Protocollo di Kyoto
La critica fondamentale riguarda l' efficacia dell' accordo : perfino una piena
implementazione del Protocollo avrebbe un impatto limitato, nonostante i costi elevati; in
ogni caso occorre prepararci ad un certo livello di cambiamento climatico.
Una seconda critica viene principalmente dagli USA, ed è relativa al fatto che
praticamente nessun sacrificio viene richiesto ai Paesi in via di sviluppo : questo in
seguito all' accoglimento del cosiddetto Principio di Responsabilità (secondo cui i Paesi
che hanno maggiormente contribuito ai livelli attuali di concentrazione dei gas devono
essere i primi a sostenere i costi ed a ridurre le emissioni).
Altre critiche riguardano i meccanismi di flessibilità, che vengono visti con un certo
sospetto. Per esempio, essi non considerano "debiti" di carbonio dovuti alla
distruzione di foreste esistenti, ma solamente "crediti" per quelle piantate
dopo il 1990. Recentemente si è tuttavia formato un mercato spontaneo per i permessi di
emissione, soprattutto da parte di industrie Nordamericane.
Alcuni siti selezionati :
Carbon Dioxide Information Analysis Center-Registrazioni storiche del contenuto di CO2 da
campioni di ghiaccio e dall' atmosfera
IPCC Intergovernmental Panel of Climate Change, gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sul
cambiamento climatico
World Warming in 2002 "near record", BBC News, 10 Aprile 2003
Global Warming , l' organizzazione degli scettici
Global Warming and Climate Change , Environmental News Network, rivista di notizie
ambientali on-line
Climate Ark, un portale dedicato ai cambiamenti climatici e all' energia rinnovabile
Il Protocollo di Kyoto ( in Italiano )
The Convention and Kyoto Protocol, il sito delle Nazioni Unite sul Protocollo di Kyoto,
con il testo originario
The sky is not the limit: The emerging market in Greenhouse gases Obiezioni ai Clean
Development Mechanisms
previsti dal Protocollo di Kyoto; pubblicazione di Carbon Trade Watch
allfonsit@yahoo.it Ultima revisione : Aprile 2003
COMITATO PER
L'AMBIENTE E IL
RISPARMIO ENERGETICO DI BRESCIA
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