FINANZA ETICA E NON-PROFIT


 

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E' la finanza etica la nuova frontiera delle aziende "Ecologically Correct"

Poche settimane fa l'Abi (l'associazione delle banche italiane) ha organizzato il suo primo convegno sulla finanza etica. E contemporaneamente, in Europa, certificazione ambientale e bilanci ambientali cominciano ad affacciarsi sulla scena amministrativa degli enti pubblici. Sono indicatori che mostrano il percorso di riavvicinamento tra il mondo dell'ecologia e quello dell'economia, due universi a lungo contrapposti.
A spiegare il perché di questo cambiamento di rotta contribuiscono vari elementi. Il più importante è l'atteggiamento dei consumatori.
Secondo un sondaggio Databank reso noto in un convegno sulla comunicazione d'impresa organizzato dal mensile Nuova ecologia e da Legambiente, il 70 per cento dei consumatori, il 70 per cento dei consumatori ha più fiducia nelle imprese che investono sul sociale, 1180 per cento attribuisce la massima importanza al rispetto dei diritti dell'uomo e dell'ambiente da parte delle imprese, l'82 per cento chiede alle grandi aziende di assicurarsi che i prodotti non danneggino l'ambiente.    ,
Di fronte a un pronunciamento così netto le imprese rispondono cercando di fornire un prodotto adeguato alle attese. Sempre dal sondaggio Databank risulta che il 47 per cento delle aziende considera le tematiche etico-ambientali un fattore fondamentale che regola le strategia d'impresa. Un altro 20,4 per cento lo ritiene un impegno da assolvere attraverso finanziamenti a organizzazioni no profit. Il 31,1 per cento lo valuta come un aspetto molto importante nelle attività di comunicazione. E solo per il 29,6 per cento delle aziende è un tema che non compete alle imprese.

"Abbiamo chiuso con un anno di anticipo il business plan presentato alla Banca d'Italia - racconta- Francesco Bicciato, responsabile comunicazione della Banca Popolare Etica che investe solo su imprese ecologically correct - questo vuol: dire che la finanza etica, se fatta bene, rende"
"Dalla carta al biologico; dai detersivi alle fonti rinnovabili, il fatturato delle eco aziende è in continua crescita", aggiunge Enrico Fontana direttore di Nuova ecologia. "Questo dato non si spiega se ci si limita a considerare il fenomeno come una moda
passeggera o come un lifting per migliorare il profilo aziendale. I numeri dimostrano che l'ambiente è diventato un'arena in cui le imprese misurano la loro capacità competitiva ". (a. cian.)  La Repubblica Affari e Finanza 17 marzo 2003


Proposta bipartisan per la riduzione fiscale almeno del 10% del reddito. Riguarda metà degli italiani Più dai, meno tasse paghi Si fa largo la legge del non-profit.

Tutti uniti per promuovere una proposta di legge che riconosca la deducibilità fiscale delle donazioni a soggetti non-profit almeno per una quota del 10 per cento del reddito globale di chi dona.
Questo l'obiettivo che si è posto un "cartello" di 3.000 associazioni del Terzo settore che lo scorso dicembre ha presentato la proposta di legge n. 3459 definita bipartisan perchè coinvolge parlamentari e senatori di entrambi gli schieramenti. Tra i primi firmatari della proposta, infatti, ci sono gli onorevoli Giorgio Jannone (FI) e Giorgio Benvenuto (DS).

Lo scorso 20 marzo le 20 mila firme raccolte a sostegno della campagna "Più dai, meno versi" sono state consegnate alle Commissioni Finanze di Camera e Senato. "L'obiettivo", hanno dichiarato a margine di un convegno svoltosi la scorsa settimana a Roma, "è di far approvare la proposta in sede legislativa per abbreviare i tempi al massimo".
Intanto, la Commissione Finanze della Camera ha deciso di realizzare una rapida indagine conoscitiva convocando tutti i soggetti del Terzo settore. Un'indagine che, secondo le intenzioni dei promotori, dovrebbe concludersi entro la fine di maggio e accelerare ulteriormente l'approvazione della proposta di legge.
Se il provvedimento dovesse entrare in vigore il numero degli italiani che destinano parte del loro reddito alle donazioni potrebbe aumentare.
Ma chi sono e quanti sono i cittadini che già oggi fanno beneficenza? L'identikit arriva dalla Doxa secondo la quale nel corso del 2002, quasi 4 italiani su 10 hanno donato denaro per una causa sociale (circa 19 milioni di donatori). Il 60% dei donatori ha indirizzato il suo contributo ad associazioni che promuovono la ricerca medica. Un dato che viene spiegato dalla Doxa in relazione alle motivazioni per cui si dona: più una causa è vicina all'esperienza diretta e alla sensbilità del cittadino più è in grado di coinvolgerlo emotivamente.
"In questo senso", spiega la Doxa in un recente sondaggio su Imprese, consumatori e solidarietà, "si comprende come l'aiuto alla ricerca medica sia in assoluto la causa sociale più sentita dagli italiani". Quasi il 90%, infatti, si dichiara favorevole a contribuire economicamente alla ricerca medica.
Per quanto riguarda la distribuzione geografica, si continua a donare di più nelle zone del Nord Est e Nord Ovest. Cresce anche la quota del centro Italia, mentre il Sud e le isole restano fanalino di coda.

Il "modello" Usa? Sarebbe già utile quello portoghese

Attualmente, in Italia, a chi vuole donare per ricerca o alle ong, il massimo dell'incentivo offerto è la possibilità di detrarre il 19% della quota versata fino a un massimo di 2.065,83 euro. Ancora meno incentivate le aziende alle quali viene concesso uno sconto che arriva al 2°% dell'imponibile.
Ben diverso lo scenario statunitense e quello inglese dove addirittura non ci sono limitazioni alla deducibilità delle donazioni.
Ma anche nel resto d'Europa le cose vanno meglio che da noi. Il Portogallo guida la classifica dei paesi che favoriscono maggiormente chi fa beneficenza concedendo una deducibilità delle donazioni fino al 25%, del reddito imponibile. In Germania la legge prevede la deducibilità fino al 10%, in Francia fino al 50°.


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