LA NOSTRA FILOSOFIA

Turchese_e_grigio.gif (1558 byte)

bookpium.gif (2870 byte)


La Filosofia del Daimon Club. Nuovi stimoli per la ricerca e la creatività.


Questa raccolta di articoli, di piccoli saggi e di varie osservazioni non vuole essere altro che una riflessione culturale sul mondo della ricerca, dell'università, della scuola e della conoscenza, in pratica sull'universo della nostra umanità cognitiva e sui mezzi che abbiamo per diffonderla.
Consapevoli con André Breton che il nostro sapere rispetto alla nostra ignoranza è poca cosa noi vogliamo veicolare con le nostre parole, con le nostre idee e le nostre iniziative un modo originale, progressista e dinamico di intendere l'educazione e la diffusione delle risorse intellettive del nostro pianeta. In ogni caso la nostra filosofia che sta alla base del nostro progetto culturale si rifà all'"etica della conoscenza" di Monod e si fonda oltre che su una concezione olistica del sapere anche sulla completa fede nella continua ricerca e nella continua sperimentazione, sola ed unica possibilità di migliorare le nostre potenzialità e quindi anche la nostra esistenza. Consapevoli dunque che l'unica cosa che può ormai dare un seppur labile scopo alla nostra vita non può essere altro che una continua ed interminabile ricerca dei fondamenti scientifici della nostra realtà noi vogliamo impegnarci affinché tutti si rendano conto che il sapere, le sue fondamenta e tutti i mezzi per diffonderlo ed ampliarlo devono essere resi pubblici e disponibili a tutti i cittadini del mondo, è infatti solo in questo modo che possiamo elevare la qualità della nostra permanenza su questa bizzarra navicella spaziale. Pertanto deve essere un concetto basilare e consolidato che la scuola, l'educazione permanente e la ricerca disciplinare ed interdisciplinare devono essere patrimonio di tutti e devono essere alla base del nostro cammino quotidiano, senza diventare motivo di scontri politici, economici o peggio ancora marziali. I nostri peggior nemici sono la nostra ignoranza e la nostra stupidità, insieme e con il contributo di tutti, dobbiamo cercare di eliminarli. Proprio per queste ragioni nasce e si sviluppa l'opera di Carl William Brown e del Daimon Club ed è sempre per queste ragioni che i membri di questa associazione si impegnano affinché questo modo di intendere l'attività culturale si diffonda sempre più e riesca nel prossimo futuro a coinvolgere in un progetto via via più articolato ulteriori personaggi e sempre nuove energie.
Da ciò nasce l'idea di un forum nazionale sulla Teoria della Letteratura, da intendersi ispirato alla concezione dell'arte per il progresso come la concepiva V. Hugo e meno all'idea di arte per l'arte secondo l'estetica di T. Gautier, che vuole essere anche una palestra di discussione sulla conoscenza e sulla didattica, non escludendo ovviamente alcun tipo di letteratura, compreso ovviamente quella più decisamente e profondamente scientifica e sperimentale.
Facendo largo uso della nostra esperienza creativa largamente rappresentata all'interno del nostro sito e confidando in tutte quelle realtà sociali ed artistiche che per loro natura si sentono vicine al nostro modo di pensare e di operare noi vogliamo veicolare il principio che la ricerca va sviluppata, incrementata ed agevolata affinché tutti possano essere impiegati in un lavoro proficuo per l'umanità e per il suo miglioramento. In ciò gli intellettuali, gli studiosi, i ricercatori, i politici, gli economisti e gli imprenditori devono offrire tutte le loro capacità in modo tale che le nostre migliori energie ed le fatiche di tutti gli esseri umani non vadano sprecate in lavori inutili e nocivi.
Per questo invitiamo tutti a collaborare, nessuno escluso, e a prendere parte alle nostre iniziative e ai nostri progetti, magari ampliandoli e facendone nascere sempre di nuovi.
E' chiaro che se questa nuova filosofia della conoscenza non farà in modo che nel mondo si possa raggiungere una maggior eguaglianza e maggiori possibilità per tutti, le nostre speranze saranno fustigate e nello stesso tempo non si potenzieranno i mezzi per aumentare il nostro sviluppo ed il nostro benessere, ma al contrario si fomenteranno ancora attriti, contrasti, scontri, guerre ed il mondo regredirà in maniera traumatica. Serve uno sforzo globale e di tutti gli uomini di buona volontà, dimenticando una volta per tutte il proprio egoismo, la propria vanità, la propria meschinità, e soprattutto i propri privilegi.
Con Leopardi noi siamo fin troppo consapevoli che più si sa, più il mondo scema e perciò vogliamo dare un forte impulso affinché la povertà e la miseria che ancora animano il nostro pianeta alla fine scompaiano definitivamente.
In tutto questo processo gli artisti possono fare molto, anche perché le loro personalità, le loro vite così come i loro lavori sono unici e insostituibili. Ma si deve fare di più. Ci si deve impegnare maggiormente a favore di tutti e non solo a favore del proprio misero conto in banca.
Ed è sempre partendo da questa complessa idea progettuale che iniziamo in queste pagine a raccogliere quelli che sono alcuni capisaldi teorici e idealistici della nostra filosofia che abbineremo per simpatia a quella che già da tempo viene conosciuta e divulgata come filosofia "Hacker". Con questo nostro lavoro noi pertanto vogliamo sia rendere omaggio a quei personaggi che ci hanno offerto degli ottimi esempi, sia dare un nuovo impulso a questa corrente di pensiero che a nostro avviso appare del tutto degna di essere amata e coltivata.
Ed è quindi salutandovi calorosamente che vi invito a prendere parte alle nostre iniziative, a vistare il nostro sito, a leggere il nostro statuto e a collaborare con noi per ampliare sempre maggiormente il nostro discorso e raggiungere così un pubblico sempre più vasto. E per finire ricordatevi sempre che noi non vogliamo creare organi elitari, o circoli esclusivi paragonabili ad altre entità ben più conosciute della nostra, ma di certo meno creative, noi vogliamo stimolare tutti gli uomini di intelletto a lavorare ed a impegnarsi maggiormente per migliorare sempre di più la creatività dell'umanità, senza pregiudizi, senza stupidi e anacronistici privilegi, e senza escludere nessun settore delle varie attività sociali, solo così potremo contribuire ad aumentare il nostro scibile avvicinandoci sempre di più alla nostra amata e sognata "etica della conoscenza" e solo così potremo costruirci un piccolo posto nella storia della nostra evoluzione, nella storia del progresso delle nostre idee.

Carl William Brown

P.S. Questo articolo, così come le idee contenute nei Principi sintetici della Daimonologia Applicata, o nel Manifesto del Nuovo Surrealismo, Nichilista ed Umorista, non è da intendersi assolutamente definitivo, ma come al solito deve essere visto come una forma di Work in Progress destinato a perfezionarsi e ad approfondirsi nel tempo. In ogni caso tutta l'opera di C.W. Brown, e tutto il lavoro del Daimon Club vanno intesi in questa accezione di pensiero. Capisco che i nostri sforzi possono sembrare ai più come un lavoro del tutto vano e magari astruso e privo di senso, ma in ogni caso ricordo che noi stiamo lottando come al solito contro il tempo, la morte, il dolore e l'oblio, da ciò deriva la nostra arte e la nostra forza di sopportazione, per chi dunque non volesse seguire le nostre orme, non c'è evidentemente alcun problema, tra qualche anno infatti nessuno più saprà che siamo esistiti, che siete esistiti. E allora suvvia, cosa aspettate, unitevi a noi, fate sentire la vostra voce!


GRIDATE AL MONDO IL VOSTRO ENTUSIASMO!


Più di 23.000 scienziati nel mondo si sono impegnati a boicottare le riviste che non renderanno i propri articoli accessibili gratuitamente su Internet entro sei mesi dalla pubblicazione. Harold Varmus, il biologo americano, premio Nobel 1989 per la medicina e uno dei promotori dell'iniziativa For a Public Library of Science, dice: "È una rivoluzione......" E in effetti non si erano mai viste mobilitazioni come in questi giorni per difendere valori ideali, quelli su cui si fondano la ricerca, il suo metodo, la sua coerenza e la sua credibilità.
Da sempre infatti il progresso scientifico e la conoscenza si basano sulla circolazione delle idee, del sapere, dei risultati delle ricerche. Gli esperimenti,, le osservazioni, le misure fatte dai gruppi di ricerca sono infatti parte integrante del sapere collettivo dell'umanità e sono validi solo se sono riproducibili da altri scienziati. La loro pubblicazione è anche una responsabilità per i ricercatori che devono riferirne con la massima onestà, cercando di tenere a freno le invidie, i pregiudizi, i privilegi personali, le pressioni aziendali e le varie interferenze. Questo almeno è la teoria ideale a cui aspirare.
In pratica pubblicare serve anche a farsi una reputazione, a ottenere un posto in un laboratorio o una cattedra, i fondi per delle ricerche e quindi per del personale. Quindi esiste un accordo tacito tra l'editoria e i ricercatori che non sono retribuiti per i propri articoli e nemmeno quando valutano i testi altrui.
Questa valutazione, il processo di revisione e di controllo detto "peer review", è cruciale per l'affidabilità delle riviste. Infatti le più prestigiose sono quelle che dispongono per la "peer review" dei migliori esperti e dei più disinteressati. Infatti non devono approfittare del fatto che ricevono in anteprima i risultati altrui per appropriarsene, frenarne o impedirne la pubblicazione perché magari essi stessi o dei loro amici o studenti stanno facendo ricerche nello stesso settore e sono in competizione con gli autori da valutare. Ovviamente, succede che la tentazione sia troppo forte e l'ambizione prevalga sul senso del dovere; ogni tanto scoppia uno scandalo (il giro degli specialisti è piccolo e le cose si sanno presto) e tutti si rimettono in riga fino al prossimo, ma in generale il sistema funziona. O meglio ha funzionato. Ora è in crisi. Fra le molte ragioni, tre sembrano decisive. La prima, è legata al giro d'affari. È nata infatti "la figura dello scienziato imprenditore", come ha scritto Pietro Greco su Tempo Medico, che ha brevetti, azioni, a volte un'azienda propria. E anche i centri pubblici e accademici di ricerca sono stati spinti dai governi a diventare imprenditori, "business-oriented", legati da qualche joint-venture" a società private in cambio di finanziamenti. Per questi, pubblicare significa aumentare il valore economico del business.
Nel frattempo (questa è la seconda ragione) una ristrutturazione tipica delmercato globale ha concentrato le riviste in mano a pochi editori. Un mese fa, il colosso anglo-olandese Reed Elsevier che pubblica 1200 testate, ha acquistato la Harcourt General che ne pubblica 500; ora controlla il 20% del mercato. Alcune riviste hanno tirature minime, ma sommandosi rappresentano un volume d'affari di 10 miliardi di dollari all'anno, con margini di guadagno da far invidia a Bill Gates. Reed Elsevier dichiara il 35% di profitti sulle riviste scientifiche rispetto al 20% sulle altre pubblicazioni. La situazione di questo monopolio consente agli editori di dettare i prezzi a proprio piacimento: dalla metà degli anni '80, il costo degli abbonamenti fatturati dalle biblioteche degli enti di ricerca è aumentato del 207%. Brain Research, per esempio, costa più di 17 mila dollari l'anno. E nonostante enormi incassi pubblicitari, gli autori e i "peer reviewers" gratuiti, gli editori conservano il copyright sugli articoli. La pratica finisce così per essere ben diversa dall'ideale ed è questa: le imprese biotech fanno più pubblicità sulle riviste psecializzate che più pubblicano i loro scienziati imprenditori. E questi si permettono, forti delle inserzioni che favoriscono, di infrangere le regole di correttezza e di integrità: per esempio descrivono il nuovo metodo messo a punto per identificare le forme di una proteina ma non dicono di possedere l'azienda che sta per metterlo in commercio. O scrivono di aver sequenziato i geni del topo ma non ne divulgano le sequenze perché lavorano per un'azienda che le distribuisce a pagamento.
La terza ragione della crisi è internet. In certi rami della fisica, in astrofisica o in cosmologia - scienze dai risultati non redditizi a breve termine - gli articoli vengono messi on-line nel momento in cui escono su carta, e spesso ancora prima. Ma secondo Steven Harnad (New Scientist, 26 maggio 2001), nelle scienze della vita e in molte altre accade che "Un giovane ricercatore provi a mettere i propri articoli sul web. La rivista che li ha pubblicati minaccia di far causa a lui e al titolare del suo server per violazione del copyright. Allora il giovane chiede all'Editore: "Scusi, ma il copyright è destinato a proteggere gli interessi di chi? "I suoi" risponde l'editore. C'è qualcosa che non va: i ricercatori regalano il proprio lavoro e in cambio chiedono solo che sia accessibile ai potenziali utenti, cosa che il web ha reso possibile. Diversamente da cantanti e musicisti che esigono royalties sulle vendite delle proprie opere e non volgiono che gli utenti le scarichino gratis, i ricercatori vogliono regalare e non possono.
Steven Harnad propone un sistema di auto-archiviazione sul sito internet dell'istituzione dove si trova il ricercatore. Gia esisotno software gratuiti per semplificare la procedura e sono "interoperativi", cioè rendono i testi e le illustrazioni leggibili da altri computer, qualunque sia il sistema usato. L'idea è buona ma ottimista: in realtà, se il ricercatore lavora per un istituto privato può mettere i propri testi on-line ma sono consultabili soltanto da clienti autorizzati. Un ente pubblico potrebbe impedirglielo o restringere l'accesso agli utenti dotati di password e quindi preselezionati, per non avere grane con l'editoria o per non contrariare uno sponsor. Mettiamo che una ricerca dimostri che un certo farmaco per placare l'agitazione dei bambini crei dipendenza e sia quindi dannoso. La presenza di quei dati sul sito di un'università potrebbe incitare la multinazionale che vende il farmaco a essere meno generosa di borse di studio, a non finanziare un nuovo laboratorio o a non sponsorizzare la prossima conferenza internazionale sui disturbi infantili dell'attenzione e dell'umore. Esageriamo? Succede anche di peggio. Nell'aprile scorso, il neurobiologo americano David Healy era atteso al Centre for Addiction and Mental Health dell'Università di Toronto. Solo che fra il momento in cui Healy ha firmato il contratto e quello in cui doveva prendere servizio, erano uscite sue ricerche sulla maggiore incidenza di suicidi fra le persone depresse alle quali veniva somministrato il Prozac. Il centro in questione era finanziato dalla Eli Lily (proprio la ditta produttrice del Prozac) e così guarda caso David Healy è stato pregato di non scomodarsi.
Gli editori dicono che se andassero subito on-line, perderebbero tanto denaro da dover chiudere. Nicholas Cozzarelli, il direttore dei Proceedings of the National Academy of Science - glorioso organo dell'Accademia americana delle scienze - non ci crede. Da più di un anno, i Proceedings sono su Internet dopo quattro settimane e gli abbonamenti sono calati inizialmente per poi aumentare. Alcuni frequentatori del sito avranno deciso che i contenuti sono tanto interessanti da meritarsi una lettura più comoda e distesa che davanti allo schermo del computer, una lettura riflessiva e non solo finalizzata a trovare i dati che servono al momento. Non ci crede nemmeno Elizabeth Marincola. Dirige un'altra celebre associazione, l'American Society for Cell Biology che pubblica noti mensili disponibili su Internet dopo due mesi: nemmeno a lei risulta un calo di abbonamenti.
Gli editori che non vogliono cedere il copyright avanzano argomenti meno rozzi di quello di non voler rinunciare nemmeno a briciole dei loro 10 miliardi di dollari. Per esempio che l'accesso gratuito on-line ucciderebbe le riviste di nicchia, pubblicate a fatica da piccole associazioni scientifiche in piccoli paesi europei. I promotori della Public Library of Science ci hanno riflettuto; ora, alle associazioni non business-oriented chiedono di fare il possibile....E prevedono molte accezioni, perché si considerano un "movimento politico e solidale", non una lobby corporativa. Da scienziati e non da imprenditori, pensano che l'"archivio permanente della ricerca non debba essere né di proprietà né sotto il controllo degli editori, ma gestito dai suoi produttori, disponibile e gratuito per tutti". Solo così "il sapere arriverà anche ai ricercatori del terzo mondo e negli istituti più poveri". Da scienziati e non da imprenditori, hanno osservato gli sviluppi degli ultimi anni e hanno deciso di fare la rivoluzione: altrimenti, dicono, il costo del successo economico potrebbe essere l'integrità della scienza stessa".


www.publiclibraryofscience.org   per firmare l'appello della Public Library of Science

www.eprints.org   www.openarchives.org  per prelevare il software gratuito che consente di creare un archivio "interoperativo" nel proprio sito istituzionale

www.nofreelunch.org   Qui gli scienziati denunciano gli effetti corruttori dell'intreccio fra ricerca medica ed economia

www.cspinet.or/integrity/database.html   questo è un database dove compaiono, di fianco al nome dello scienziato, i suoi legami economici forieri di conflitti di interesse.


La ricerca in Italia. Risorse umane: numero di ricercatori ogni 1000 lavoratori: 3,3 in Italia, 5,7 in Europa.
Dottorato di ricerca. 15000 in Italia 30000 In Europa. Dottori di ricerca per anno: 4500 in Italia, 10000 in Europa.
Risorse Economiche. Spesa in % del PIL: 1,87 in Gran Bretagna; 2,32 in Germania; 2,20 in Francia; 1,43 in Irlanda; 1,03 in Italia; 0,5 in Grecia.
Di cui per la ricerca di base ('97): 0,50% in Francia di cui lo 0,06 è sostenuta da privati; 0,42% in Usa di cui lo 0,11 è sostenuta da privati; 0,35% in Giappone di cui lo 0,13% è sostenuta da privati; 0,24% in Italia di cui lo 0,01 è sostenuta da privati.
Spesa in valore assoluto nel 1999 in miliardi di Euro: 42 in Europa (a parità di popolazione e di PIL) e 11,5 in Italia.

La condizione dei giovani ricercatori in Italia oggi è quella di chi affronta il dottorato con una borsa di studio di L. 1650000 al mese, senza contributi. Dopo il dottorato i più fortunati ottengono un assegno di 25 milioni lordi all'anno. I fortunatissimi alla fine diventano ricercatori, con una paga di circa 2000000 al mese. Il sistema in Italia li costringe a rimanere a carico della famiglia e del docente di riferimento fino a 35-40 anni; mentre all'estero l'autonomia finanziaria e di ricerca si raggiunge molto prima. Per risolvere la situazione basterebbe poco, ma è indispensabile prendere coscienza della gravità della situazione. Si deve per forza investire nella ricerca, questo è il messaggio forte lanciato agli organi di governo e ai mass media da Flaminia Saccà, segretaria dell'ADI (Associazione Dottori e Dottorandi di Ricerca Italiani). Infatti aggiunge, se è vero che le aziende italiane fanno poco per la ricerca è anche vero che non si può pretendere che le piccole e medie imprese facciano quello che non fa lo stato.

 

Linea_sfumata1C4.gif (2795 byte)

smallbot.gif (578 byte)   Sommario   smallbot.gif (578 byte)  Indice Autori    smallbot.gif (578 byte)  Home page   smallbot.gif (578 byte)  Scrivici!

Linea_sfumata1C4.gif (2795 byte)

     Copyleft © 1997 - 2020  by  WWW.DAIMON.ORG  and  CARL WILLIAM BROWN

Turchese_e_grigio.gif (1990 byte)


colorarr.gif (690 byte) Daimon Club colorarr.gif (690 byte) Daimon People colorarr.gif (690 byte) Daimon Arts colorarr.gif (690 byte) Daimon News colorarr.gif (690 byte) Daimon Magik
colorarr.gif (690 byte) Daimon Guide colorarr.gif (690 byte) DaimonLibrary colorarr.gif (690 byte) Daimon Humor colorarr.gif (690 byte) Links Exchange colorarr.gif (690 byte) C. W. Brown

dcshobanmov.gif (14871 byte)

website tracking