LO STILE DI CARL WILLIAM BROWN
AFORISMI DI CARL WILLIAM
BROWN
AFORISMI DI CARL WILLIAM BROWN Breve estratto di una delle mie introduzioni CARL WILLIAM BROWN Nel testo questa introduzione è seguita da un saggio di una ventina di pagine
sul potere, l'autorità e la stupidità; per quanto riguarda la lunghezza è ovvio che il
tutto si potrebbe anche modificare. PREFAZIONE Contenuto, stile e intenti del libro. ........La scelta dello stile e del modo di esprimersi, visto la mia forma
mentis e la mia visione filosofica della vita, non poteva che essere indirizzata verso una
modalità di espressione breve, che risultasse incisiva e sintetica, in pratica una
scrittura molto concentrata, col preciso scopo di lapidare in quanti più modi possibile
il potere e l'autorità, vale a dire la stupidità. La decisione di scrivere aforismi (Chi
sa scrivere aforismi può fare a meno di scrivere saggi, diceva K. Kraus), motti di
spirito, riflessione succinte, massime, definizioni e sentenze, esprime anche la volontà
di spogliare la scrittura di tutte quelle parole inutili che oggi giorno riempiono la
nostra vita, è un modo per tornare o se preferite per giungere all'essenza. Tale formula
si presta inoltre a molteplici giochi verbali, e impiegando tutte le tecniche della
retorica consente di raggiungere un'alta figuralità e rappresentatività del discorso,
che a loro volta consentono al testo di avvicinarsi alle intuizioni della poesia e alle
critiche polemiche della satira e dell'umorismo. E' inoltre fuor di dubbio che questa
formula consente al lettore di esercitarsi parecchio da un punto di vista
linguistico-filosofico e gli permette dunque alla lunga di migliorare notevolmente le
proprie conoscenze culturali e le proprie capacità espressive. Questa letteratura ricorda e risale a quella delle origini, la cosiddetta
letteratura sapienziale, che sin dall'antichità ha raccolto il fior fiore dell'esperienza
e dei consigli dei saggi, da Confucio e Lao-tzu, dal Buddha ai testi biblici, da Ippocrate
e Epicuro, e passando attraverso Bacone, Erasmo, Swift, Pascal, La Rochefoucault,
Chamfort, Vauvenargue, Lichtenberg, Flaubert è giunta fino ai moderni Nietzsche,
Wittgenstein, Adorno, Kraus, Beirce, Cioran, Canetti e molti altri. E' talvolta la
letteratura delle opere religiose, della Bibbia e del Corano, delle parabole e degli
exempla a carattere didattico, che esprimono la saggezza e la sentenziosità di pensatori
come Socrate, Eraclito, Epitteto, e Seneca o di arguti popolani che inventano magari
proverbi e detti destinati a durare nei secoli. E' la letteratura che rende immortali
certi autori come Aristofane, Shakespeare, Molière, Goethe, Wilde o Shaw che grazie alla
loro abilità linguistica ed ai loro raffinati giochi verbali hanno reso sublime l'uso
della parola. E' anche la letteratura dei manuali come il Kamasutra e costituisce inoltre
la parte più saliente dei romanzi e delle opere teatrali di ogni epoca. La forma di espressione breve che acquista il carattere di sentenza e di
critica morale riveste anche molta importanza nelle raccolte di favole, si ricordino ad
esempio quelle di Fedro, di Esopo e di La Fontaine o in tempi più recenti le splendide
poesie di Trilussa. L'aforisma, che da Ippocrate in poi racchiude delle verità
generalizzate o presunte tali, stretto parente delle citazioni e delle massime, ha
infarcito ogni tipo di letteratura ed ha dato luogo a vere e proprie raccolte che, oltre a
brillare di luce propria, hanno consentito ad altri scrittori di arricchire le proprie
opere ed il proprio stile. In tempi più recenti i libri di massime hanno consacrato alla gloria
letteraria molti autori, e le riflessioni brevi sono diventate il modo di espressione
favorito dai filosofi più innovatori, oltre che il mezzo preferito di tutti quegli
scrittori che, come me, non amano parlare a vanvera e sprecare fiato per arricchire la
pletora di stupidaggini che inquinano il mondo delle lettere e dei mass media in generale,
ma amano al contrario veicolare idee, commenti, riflessioni, critiche ed invettive. Come
ben sottolinea Federico Roncoroni (8), "l'aforisma (il nome deriva dal greco
aphorismos e significa definizione) infatti è una frase che compendia in un breve giro di
parole il risultato di precedenti riflessioni, osservazioni ed esperienze, dunque è
qualcosa di più di una semplice definizione, è un perfetto meccanismo espressivo che, in
equilibrio tra eleganza e sostanza di pensiero, a metà strada tra il gioco di parole e la
massima filosofica, aspira a divertire e a far riflettere....nella sua apparente
semplicità mira ad avere un massimo di densità concettuale in un minimo di brevità
formale....concilia insomma la ricchezza del significato con la concisione del
significante." Come si vede è dunque proprio il contrario della prolissa letteratura
di quelli che non hanno niente da dire. Molti sono anche gli scrittori italiani che nel corso dei secoli hanno
coltivato il genere, da Leonardo a Galileo, da Campanella a Vico, da Beccaria a Leopardi,
da Dossi a Longanesi, per continuare con Marchesi, Flaiano, Gervaso, Bufalino, Ceronetti,
Sgalambro, Bellocchio, Quinzio, Pontiggia fino a Busi (9) per citarne solo alcuni e per
non citare poi tutti quelli che ne hanno curato delle raccolte. Forse come sosteneva
Flaubert è proprio giunto il momento di dare all'arte il valore delle scienze esatte e la
sinteticità delle definizioni aforistiche ci ricorda appunto da vicino la brevità delle
formule fisiche o delle regole matematiche. La produzione artistica diventa così la
testimonianza di un'osservazione oggettiva della realtà e del comportamento umano e
quindi prova sperimentale della stupidità del più pernicioso essere vertebrato. La grande caratteristica morale degli autori di frasi brevi sembra che sia
proprio racchiusa nel genere aforistico che si presta ad entrare in società con l'intento
di debellare i sofismi, l'ipocrisia e la tirannide della stupidità umana. (persino
Napoleone amava racchiudere i suoi princìpi in frasi sentenziose). Il genere facilita
infatti la diffusione dei concetti, delle idee chiave, delle concezioni basilari che si
spera abbiano per lo meno un po' di buon senso. Prendendo di mira la realtà più vasta e
globale, queste frasi si prestano ad essere lette ed assimilate in tutto il mondo proprio
perché aspirano ad essere di una qualche utilità a tutti gli uomini della terra, che non
dovrebbero mai dimenticare di ricordarsi che: "Chi va in giro a persuadere la gente
che non è così ben governata come dovrebbe, non mancherà mai di ascoltatori attenti e
benevoli.", come si auspicava forse troppo ottimisticamente il nostro Richard Hooker. La forma breve ricorda altresì l'invettiva, lo psogos, spesso velata, ma
chiaramente rancorosa e come diceva Amleto è l'anima del motto di spirito, è la sostanza
del motto cinico di Freud che apre le porte alla spiegazione psicologica e filosofica
dell'umorismo, tecnica che al pari della satira, anche se in modo più intellettualmente
sofisticato, attacca il potere e le sue false pretensioni al rango, che devono chiaramente
essere eliminate ed abbattute. (10) L'umorismo dell'attività psichica più elevata (si vedano a questo proposito
Il Motto di Spirito di Freud ed il suo saggio sull'umorismo.) ed arguta non ama le
differenze tra il mondo ideale e quello reale e cercherà quindi di denunciarle (come
fecero a loro tempo gli autori satirici, romantici, surrealisti ed esistenzialisti.)
smascherando la falsità dei comportamenti e dei buoni proponimenti, sostituendo ai
conflitti delle guerre sanguinose e violente quelli dell'intelligenza per riuscire
finalmente a far emergere il buon senso. L'umorismo che si avvicina alla scienza e alla
religione in quanto non si ferma davanti a nulla, ma cerca anzi di abbattere qualsiasi
dogma per poter così creare le condizioni più favorevoli per sconfiggere appunto il
virus più pericoloso che insidia le nostre esistenze, vale a dire il virus della
stupidità. Quell'umorismo che ama la brevità, per Shakespeare anima della saggezza,
proprio quella brevità che spinse Nietzsche ad affermare: "La mia ambizione è di
dire in dieci frasi quel che chiunque altro dice in un intero libro." (11) Forse è
proprio pensando a questa brevità che Voltaire affermava: "...alcune righe di alcuni
autori valgono di più di intere biblioteche." o che faceva pensare a George Mikes (a
cui tra l'altro questo libro è anche dedicato) di non poter mai raggiungere una vera e
propria gloria letteraria, ma che in certi casi consente però di ottenere una vasta
diffusione ed un certo apprezzamento tra il pubblico dei lettori, come dimostrano per
esempio i libri di Gino e Michele.(12) La brevità dell'aforisma rimanda sempre ad un contesto più vasto, in quanto
le sue parole sono quasi sempre connotanti e ci obbligano necessariamente alla riflessione
intellettuale. Oltre a ciò, tale forma di scrittura consente una rapida lettura dei
testi, e questa è una caratteristica fondamentale se anche Calvino oserà dire che
proprio la rapidità sarà uno dei valori del prossimo millennio (13), rapidità che serve
appunto a svelare l'ovvio prima che sia troppo tardi. I grandi aforismi anche se riaffermano cose già note le dicono comunque in
maniera ignota e sorprendente (infatti come ci insegna N. Chomsky, da un numero finito di
lettere, si può creare un numero infinito di frasi, proprio come accade con i geni) e non
dimentichiamo in ogni caso di ricordare che come recita Ippocrate: "La vita è breve,
l'arte è lunga, l'occasione fuggevole, l'esperienza fallace, il giudizio difficile." Sperando di poter essere di qualche aiuto, o almeno di dilettare il volenteroso
lettore, vorrei inoltre, prima di concludere questa prefazione, scusarmi con quei credenti
che trovassero qualche battuta un po' troppo volgare, ma voglio rassicurare loro che non
è assolutamente mia intenzione offendere l'eterno, anche perché per me non esiste, e
quindi avvertirli che ogniqualvolta si trovi nei miei scritti la parolina "Dio",
è preferibile interpretarla come il Dio creato dagli uomini, e dunque poco affidabile,
cattivo e per alcuni addirittura anche già morto. Ora voglio concludere augurandomi che la letteratura, e quindi a lungo andare
anche i miei libri, possa contribuire a far si che, come auspicava Francesco Orlando
citando Freud (14), "...gli uomini connettano a tal punto la loro vita a quella degli
altri, in modo da riuscire ad identificarsi tra loro così intimamente, che
l'accorciamento della durata vitale propria risulti sormontabile.", e si distrugga
quindi la stupida angoscia creata dalla concezione antropocentrica che a fatica tollera
l'idea di una nascita, di uno sviluppo e di una morte inappellabile. Ecco perché in ultima analisi i miei libri si possono considerare di natura
filosofica, in quanto come diceva Montaigne la filosofia deve insegnare a morire e quando
uno ha imparato a morire, e quindi non teme più la morte, ha anche imparato a non servire
più, ed è diventato così un uomo libero, libero da ogni cosa, soprattutto dalla
stupidità, pronto quindi a combattere contro ogni forma di potere, di schiavitù, di
conformismo e verso tutti gli abusi dell'autorità. Leggi
tutto il saggio originale con le relative note ......... Carl William Brown
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