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GINO GHIONI
"Barbarossa" è nato a Treviso nel 1934, ma risiede
e lavora a Brescia. E' un autore eclettico che non divide mai la sua esperienza artistica
dalla solidarietà umana e dall'impegno umanitario, per questi motivi è da tempo socio onorario del Daimon Club e con Carl William Brown ha
condiviso varie avventure e diversi momenti artistici, si vedano ad esempio le foto della Mostra di autori collettivi bresciani a Bagnolo Mella
in favore dell'Associazione Tanzania Onlus per il Villaggio della Speranza per i bambini
sieropositivi del posto o più vastamente si osservino le
foto delle sue numerose ed imponenti opere scultoree. "..... Il sottosviluppo dei nostri
giorni non è soltanto economico, ma anche culturale, politico e semplicemente umano, come
già rilevava vent'anni fa l'Enciclica Popolarum Progressio. Sicché a questo punto
occorre domandarsi se la realtà così triste di oggi non sia almeno in parte il risultato
di una concezione troppo limitata, ossia prevalentemente economica, dello sviluppo . Sono considerato un testardo e in realtà lo sono ma ciò è dovuto in buona parte alle sofferenze che ho incontrato durante la mia vita, vissuta intensamente: ho conosciuto la fame, le umiliazioni, le privazioni. Da ragazzino per aiutare in qualche maniera anche modesta i miei genitori andavo per torrenti e fossi gelati a pescare pesci e rane e poi per i campi avari già setacciati profondamente dai contadini e dalle mandrie per vedere se eran rimaste patate, rape, cicorie; poi, più avanti, ho fatto lavori dove corpo e muscoli sono impegnati sino allo spasimo e a volte mi pareva di non riuscire più a sopportare la fatica; ma io testardo tiravo aventi e sognavo. Sì sognavo; a me piace guardare le cose del mondo e non posso rimanere insensibile davanti a un bambino mentre ruzza, a un tramonto dorato e di fiamma, ai fiori che palpitano di colori, alle stelle che vibrano alte e perdute nel cielo infinito..... A Roma poi ho fatto il cavatore di pietra, lo scalpellino, ho usato la dinamite facendomi assordare dalle esplosioni e infine usufruendo del mio corpo collaudato il generico acrobata cinematografico e naturalmente anche il pittore, l'artista bohémien... Forse è in quel periodo che ho iniziato a sognare un qualcosa di diverso dalla solita routine. Lavorando in vari film sono venuto a contatto con quel falso, gretto mondo dello spettacolo, materialista ed edonista, amorale e politicamente estremista ma in genere solo per interesse, posa, soluzione pseudo intelletualistica di maniera; ma nel contempo frequentavo, nei giorni liberi e la sera, gli artisti della capitale: italiani e stranieri, dotati di talento o insignificanti.. pittori, scultori, poeti, sognatori, utopisti tutti accomunati dalla grande passione che li bruciava interiormente e naturalmente tutti avevano in comune la quasi assoluta mancanza di mezzi economici e molte volte il pasto consisteva in una fetta di pane raffermo reso più odoroso con una strofinatina di aglio; nei giorni di benessere maggiore faceva la comparsa pane, mortadella, pancetta e magari qualche sorsata di vino; ma naturalmente le discussioni su ciò che un vero artista deve saper esprimere eran vive, polemiche, pregne di contenuto filosofico ed estetico e i riferimenti all'impressionismo, espressionismo, privitismo, dadaismo, surrealismo, futurismo, cubismo, astrattismo e naïf erano d'obbligo. Tra gli artisti faceva spicco un tipo singolare, poeta, suonatore molto bravo di tromba, utopista e sognatore; americano si dichiarava però cittadino del mondo, anzi dell'universo, e non poneva limiti al potere della mente umana e sosteneva che l'arte diventa tale solamente quando l'uomo che la rappresenta ha sofferto molto e profondamente. "Sogna amico Barbarossa - mi diceva in vena di confidenze - ma ricorda di far sognare la gente con te, se vuoi essere un artista. E abbi coraggio, come un eroe di guerra, abbi fede come un santo che cammini nella via di Dio; soffri, soffri per le condizioni quotidiane della vita e per le tue concezioni artistiche e così potrai spirituallizarti e vincere sicuramente ogni ostacolo..." Questo strano personaggio viveva di elemosina suonando per le osterie e quando riceveva il suo solito assegno dall'America si recava al Tevere e lo stracciava gettandolo nelle acque senza rimpianto. Ed è in
quelle condizioni di estremo disagio che ho poco alla volta maturato il mio
intimo modo di sentire artistico affinando la mia sensibilità di pittore
cercando di cogliere l'essenza della vita, dei momenti umani, di stringere
qualcosa che urgeva dentro di me e mi pressava. Ho avuto in quei giorni di
fame e di miseria l'intuizione di costruire una pittura veloce, svelta,
essenziale, un pò naïf con colori base, staccata dalla consuetudine
accademica.
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