FALLIMENTO DELLA POLITICA
DEI RIFIUTI A BRESCIA AFFARI DORO PER ASM E HOPA
Due anni fa, dopo la sospensione per un mese dellinceneritore da parte del TAR di
Brescia, nel documento "I rifiuti a Brescia. Dal business alla tutela
dellambiente e della salute" denunciavamo i pericoli che rappresentava un
inceneritore così sovradimensionato per una corretta gestione dei rifiuti in Provincia di
Brescia.
Ora, dopo un primo quinquennio di funzionamento dellinceneritore, si possono trarre
le conclusioni di unesperienza, quella bresciana, presentata dalla propaganda Asm
come modello pilota da proporre allintero Paese.
1. La malagestione dei rifiuti in provincia di Brescia
Ecco come questo impianto di incenerimento ha pesantemente condizionato la politica dei
rifiuti a Brescia: record negativo a livello nazionale per la produzione dei rifiuti pro
capite; progressivo aumento della quota di rifiuto indifferenziato; sostanziale blocco
della raccolta differenziata che colloca Brescia, con un modesto 26,5%, al penultimo posto
della graduatoria regionale; continua importazione di rifiuti da fuori provincia per una
quota superiore a quelli prodotti nel Bresciano; rinuncia totale delle Istituzioni locali
a qualsiasi ruolo attivo nella programmazione della politica dei rifiuti. Insomma Brescia
si è mossa nella direzione opposta rispetto alle indicazioni del decreto Ronchi e di una
saggia politica di tutela della salute e dellambiente, grazie ad un inceneritore
sovradimensionato che ha fame di rifiuti (e quindi di profitti): il fallimento della
gestione dei rifiuti è quindi totale e per molti aspetti clamoroso.
[Per questo capitolo ci riferiamo ai dati ufficiali dellOsservatorio provinciale
rifiuti per il 2001(dora in poi OPR 2001) confrontandoli con una realtà a noi
vicina, politicamente di destra e simile per caratteristiche economico-produttive (il
cosiddetto nord-est), la Regione Veneto, utilizzando il quaderno dellArpa Veneto La
gestione dei rifiuti urbani 2001 (dora in poi ORV 2001), che, comunque, non viene
proposto come "modello", ma come esperienza significativa.]
1.1. La produzione pro-capite
Il livello di produzione giornaliera pro-capite dei rifiuti a Brescia è nel 2001
scandalosamente elevato: kg 1,566 in provincia (OPR 2001, p. 32) e addirittura kg 1,821
nel comune capoluogo, (nostra elaborazione da OPR 2001, p. 34), rispetto ad una media
della Regione Veneto di kg 1,30 (ORV 2001, p. 5) e nazionale di kg 1,34 (Ministero
dellambiente, La produzione e gestione dei rifiuti urbani. Rapporto 2002, p. 17).
Come spiegare il fenomeno? Diverse forse le cause: la comodità incentivante della
discarica sotto casa rappresentata dal cassonetto, ma soprattutto la "fame" di
rifiuti (ovvero profitti) delle aziende smaltitrici, dellinceneritore in
particolare, che ha favorito il camuffamento di rifiuti assimilabili (attività
artigianali, commerciali, anche industriali) conferendoli come urbani. Sta di fatto che
Brescia si è collocata ormai stabilmente al poco onorevole ultimo posto della graduatoria
negativa delle province lombarde, per produzione pro-capite di rifiuti. (Nel 2000,
infatti, Brescia è slittata dal penultimo posto del 1999 allultimo, con kg/g 1,51
rispetto ad una media della Regione Lombardia di kg/g 1,33. Cfr. Ministero
dellambiente, La produzione e gestione dei rifiuti urbani. Rapporto 2002, p. 17) e
addirittura al quartultimo a livello nazionale per la massima produzione di rifiuti
pro-capite (Cfr. Supplemento di "ItaliaOggi" del 14 gennaio 2003, Rapporto 2002
sulla qualità della vita in Italia, Produzione di rifiuti urbani, p. 19), arretrando di
due ulteriori posizioni rispetto al 2001 quando era al sestultimo posto.
1.2. La raccolta differenziata
Dietro la propaganda ingannevole che qualcuno si diletta ancora a fare, cè il dato
incontrovertibile di una provincia in cui negli ultimi anni la raccolta differenziata è
sostanzialmente bloccata, da una posizione di primo piano che occupava meno di un decennio
fa. Siamo, a livello provinciale, ad un modesto 26,56% (OPR 2001, p. 8), rispetto ad una
media della Regione Veneto del 34,5% (ORV 2001, p. 5) e della Lombardia, per il 2000, del
32%, regione in cui Brescia è collocata al penultimo posto (Ministero dellambiente,
La produzione e gestione dei rifiuti urbani. Rapporto 2002, p. 17). Non è consolante
neppure il dato di Brescia città, apparentemente migliore, al 31,7% (OPR 2001, p. 34),
perché nasconde un gonfiamento artificiale della frazione conferita già differenziata
dagli esercizi commerciali e artigianali. A questo proposito, qualcuno a costo di apparire
ridicolo insiste nellaccreditare il dato dellASM (37%), la quale, essendo
unazienda privata, non ha peraltro alcuna autorità in materia (sarebbe come
chiedere alloste se il suo vino è buono). Comunque, se paradossalmente si
accettasse ciò che lASM suggerisce (conteggiare come raccolta differenziata il
ferro che si recupera dalle ceneri a valle del processo industriale di incenerimento e i
materiali raccolti e recuperati da privati), la città di Brescia arriverebbe a una
produzione pro capite di rifiuti di 2 kg/giorno. Non merita, peraltro, particolari
considerazioni la propagandata "operazione 50% di raccolta differenziata"
lanciata in un quartiere della città, quello che ospita linceneritore: poiché si
basa elusivamente sullaumento del numero di cassonetti collocati in strada, non
produrrà altro risultato che un ulteriore aumento del rifiuto urbano, nel quale per
comodità molte imprese "camufferanno" i propri rifiuti speciali.
In realtà per un corretto inquadramento della situazione è necessario sempre fare
riferimento a valori assoluti e non alle percentuali ed in particolare a quanti rifiuti
vengono raccolti senza essere differenziati, come correttamente fa lOsservatorio
Rifiuti della Regione Veneto e come suggeriamo venga in futuro fatto
dallOsservatorio provinciale di Brescia. Infatti, la quantità di rifiuti non
differenziati, in termini assoluti, raccolti nel comune di Brescia rimane molto elevata
pari a kg 1,244 al giorno per abitante, rispetto ad una media degli altri comuni della
Provincia di kg 1,150 (OPR 2001, p. 8) e a kg 0,855 nella Regione Veneto. Comunque, anche
considerando il lieve aumento percentuale annuo della raccolta differenziata (circa 2-3%),
ciò che risulta grave è che, a partire dal 1995, il quantitativo globale di rifiuti
conferiti non differenziati non solo non è stato scalfito, ma è continuamente aumentato
(da 431.497 tonnellate nel 1995 a 470.856 nel 2001. Cfr. OPR 2001, p. 31). In Veneto,
invece, il rifiuto conferito non differenziato nel 2001 è diminuito del 6,5% rispetto al
2000 (ORV 2001 p. 5). Lesperienza del Veneto è interessante perché dimostra come
il sistema di raccolta dei rifiuti con cassonetto produca un aumento dei rifiuti e
rappresenti un limite invalicabile per raggiungere quote significative di raccolta
differenziata: in 57 comuni con raccolta attraverso cassonetto si raggiunge un massimo di
raccolta differenziata del 36,7% con una produzione pro-capite di kg/g 1,36, mentre in 215
comuni (ad esempio Padova 1) in cui si applica il "porta a porta" la raccolta
differenziata raggiunge il 57,9% con una produzione pro-capite di kg/g 1,0 (ORV 2001, p.
41).
A Brescia, in conclusione, siamo di fronte negli ultimi anni ad un sostanziale fallimento
della raccolta differenziata, evidentemente poco gradita allinceneritore perché gli
sottrae proficuo alimento. Ma quel che è più grave è che a questa situazione ormai
tutti si siano adeguati e che non si faccia nulla per invertire la tendenza ("Tanto
cè linceneritore che se ne occupa!"), nonostante sia chiaro che Brescia
non riuscirà a rispettare neppure lobiettivo fissato dal Decreto Ronchi (Dlgs
22/97) per il 2003, cioè 35% di raccolta differenziata, poiché con il trend degli ultimi
anni a malapena si raggiungerà il 30%. Ovviamente per pudore la stessa Amministrazione
provinciale non cita nemmeno più lobiettivo del 40% per il 2002, fissato dal Piano
provinciale rifiuti (Piano provinciale di organizzazione dei servizi per lo smaltimento
dei rifiuti solidi urbani ed assimilabili della provincia di Brescia di cui alla D. C. R.
n. 1343 del 21/02/1995), quello costruito attorno alla favola dellAsm del
"sistema integrato" e del "doppio binario". Del resto, come si è
visto, lo stesso Decreto Ronchi viene contraddetto proprio nellindicazione
strategica, cioè la riduzione dei rifiuti.
1.3. Limportazione
Il dato più vergognoso, e completamente oscurato nel dibattito, è quello relativo
allimportazione di rifiuti. Di fronte a una produzione provinciale di rifiuti
accertata, di 641.239 tonnellate ne smaltiamo più del doppio, tra inceneritore e
discariche, ben 1.414.997 tonnellate (Questi dati, per pudore, non sono più pubblicati
dallOsservatorio provinciale e li abbiamo acquisiti con richiesta di accesso agli
atti). I rifiuti smaltiti, quindi, nella maggior parte (773.758 tonnellate) sono importati
da fuori provincia e vanno a caricare di inquinamento diversi siti del nostro territorio
già così disastrato; a questo proposito va sempre ricordato che i rifiuti speciali,
contrabbandati furbescamente come "biomasse", provenienti da tutta Italia e
bruciati nellinceneritore, non si volatilizzano, ma si traducano in più di un terzo
di rifiuti speciali probabilmente pericolosi (Ministero dellAmbiente, Direttiva 9 aprile
2002, Indicazioni per la corretta e piena applicazione del regolamento comunitario n.
2577/2001 sulle spedizioni di rifiuti ed in relazione al nuovo elenco dei rifiuti, p. 29),
che vanno a riempire e contaminare qualche buca della nostra "bassa". Che dire?
Se non che il territorio bresciano non è degno di essere spremuto dai propri
amministratori ed utilizzato come la pattumiera di tutti per quattro soldi (o meglio
centinaia di milioni di euro).
In compenso, però, siamo anche esportatori dei rifiuti tossici prodotti
dallinceneritore, circa 15.000 tonnellate di polveri depositate dai filtri. Come
fosse un merito, lASM ha spiegato ai cittadini bresciani che questi non sono un
problema perché li mandiamo in Germania, per la gioia di quelle popolazioni (ignare?) che
se li prendono in carico.
La conclusione può quindi essere lapidaria per quanto riguarda la gestione dei rifiuti in
provincia di Brescia, rispetto alla propaganda sul "patto ambientalista" di
dieci anni fa, quando si trattava di far digerire ai bresciani linceneritore e che
oggi più nessuno si preoccupa neppure di evocare: fallimento su tutta la linea.
Nel documento già citato di due anni fa, "I rifiuti a Brescia. Dal business alla
tutela dellambiente e della salute", abbiamo indicato nel dettaglio che cosa si
dovrebbe fare in alternativa per una corretta politica dei rifiuti a Brescia e quelle
proposte rimangono pienamente valide e confermate anche dallesperienza che si sta
compiendo sul campo in alcune zone del Veneto.
In questi due anni, però, si sono ulteriormente chiariti, i motivi del "nostro"
fallimento rispetto alle promesse ed ai progetti del recente passato, ed anche il perché
sulla questione rifiuti è sceso il più totale silenzio, anche di buona parte del mondo
ambientalista ufficiale.
2. Il "modello Asm Brescia": il rifiuto diventa combustibile
Asm ha costruito un modello basato sulla concezione del rifiuto, non come materia seconda
da ridurre allorigine, da riutilizzare, da riciclare, ma come combustibile in quanto
contiene frazioni con una percentuale "interessante" di carbonio. Queste
frazioni sono però in gran parte le stesse che potrebbero essere ridotte o riciclate. Ma
il rifiuto-combustibile non solo comporta un colossale spreco di risorse e quindi
ambientale, ma, anche da un punto di vista energetico, non produce quei risparmi di
emissioni di gas serra che la propaganda Asm va raccontando.
Il rifiuto-combustibile, invece, è fonte di uno straordinario business e con questo
argomento decisivo Asm è riuscita ad allineare sulla sua strategia lAmministrazione
comunale di Brescia di centrosinistra, le Amministrazioni provinciale e regionale di
centrodestra, il Governo attuale (ma anche quello precedente): insomma una posizione
perfettamente trasversale, che ha fatto proseliti anche in alcuni settori del mondo
ambientalista.
2.1. Linceneritore da impianto per il trattamento dei rifiuti a centrale
termoelettrica per fare affari
Con il funzionamento a pieno regime dellinceneritore è giunta a compimento la
trasformazione di questo impianto, originariamente autorizzato per il trattamento dei
rifiuti solidi urbani allinterno di una Pianificazione istituzionale della politica
dei rifiuti finalizzata alla tutela dellambiente: ora è diventato, per volontà di
Asm e Comune di Brescia, una grande industria chimico-energetica, classificata insalubre e
collocata dentro la città, nello specifico una centrale termoelettrica alimentata da un
combustibile "speciale", i rifiuti, ed in particolare da quei rifiuti urbani e
speciali, ingannevolmente denominati "biomasse" dallAsm, che hanno un
contenuto di carbonio interessante per la combustione. In questo quadro Asm e Comune di
Brescia hanno rovesciato le priorità: da quella della tutela dellambiente e della
salute si è passati esplicitamente a quella della produzione di energia e di consistenti
utili. Conseguentemente Asm, da azienda dei servizi municipalizzati per i cittadini di
Brescia, è diventata unimpresa privata, prioritariamente impegnata a livello
nazionale e non solo a produrre energia e realizzare business. La quotazione in borsa ha
innanzitutto questo significato (oltre a quello di far partecipare alcuni privati
allaffare, lHopa di Emilio Gnutti innanzitutto) ed è stata preparata dalla
precedente sciagurata e "clandestina" decisione della Giunta comunale di
installare anche la terza linea dellinceneritore, portando la capacità complessiva
di incenerimento di rifiuti urbani e speciali a circa 700.000 tonnellate anno, circa 2.000
tonnellate giorno, oltre il triplo del fabbisogno della provincia di Brescia, dando vita
al più grande inceneritore dEuropa: una mostruosità, se si tiene conto che la
megamacchina ha un sistema di trattamento fumi non certo al meglio delle tecnologie
disponibili e che quindi emette notevoli quantità di PCB e diossine su un territorio che
è fra i più inquinanti a livello internazionale proprio per queste sostanze
supertossiche ("Caso Caffaro"). Il tutto ovviamente senza uno straccio di
preventiva valutazione di impatto ambientale!
2.2. Il business del rifiuto-combustibile mette tutti daccordo
Questa impostazione, sposata in pieno da una parte consistente dellambientalismo
(settori di Legambiente, i "Verdi" bresciani) fa forza, nella propaganda Asm, su
alcuni presupposti che vanno esplicitamente discussi:
v LItalia è carente di fonti energetiche fossili, e comunque la penuria energetica
è il tema con cui ci si dovrà confrontare drammaticamente nei prossimi anni. Nei rifiuti
urbani e speciali è contenuta una certa percentuale di carbonio che può essere combusta
e impiegata per produrre energia, altrimenti sprecata con la collocazione in discarica.
v I rifiuti si riproducono in continuo e quindi vanno considerati unenergia
rinnovabile.
v Bruciando i rifiuti si risparmia unequivalente quantità di combustibili fossili
che si dovrebbero impiegare per produrre la stessa energia, mentre si evita
lemissione di gas serra che si determinerebbe comunque con la collocazione in
discarica.
E interessante notare come attorno a questi assiomi vi sia una convergenza
perfettamente trasversale sul piano politico:
- LAsm di Brescia è apripista a livello nazionale di questa strategia
"energetista" per i rifiuti sostenuta senza riserve dalla Giunta comunale di
centro sinistra che la controlla, con tanto di assessore allecologia dei Verdi; Asm
e Comune, tra laltro, hanno fin dallinizio utilizzato come principale
consulente Paolo degli Espinosa, illustre esponente del Comitato scientifico di
Legambiente.
- La Giunta provinciale di centro destra, da quando è entrato in funzione
linceneritore, ha esplicitamente rinunciato a qualsiasi ruolo di programmazione
giungendo con la determinazione del dirigente di settore del 27 novembre 2002 a stabilire
che linceneritore di Brescia, originariamente autorizzato per 266.000 tonnellate,
può bruciare tutti i rifiuti che vuole e che può, sia urbani (e non se ne indicano
neppure i quantitativi!) sia speciali. Del resto da tempo ci si è dimenticati di
aggiornare il Piano provinciale rifiuti (da farsi entro la fine del 1997) e di por mano
allelaborazione del nuovo, essendo il precedente scaduto a fine 2002. In sostanza,
si dice, i rifiuti sono un combustibile, abbiamo un forno che ne può bruciare per mezza
Lombardia: il problema è risolto.
- La Giunta della Regione Lombardia, di centro destra, daltro canto, segue con molto
interesse e partecipazione lesperienza pilota di Brescia (non a caso si è
costituita insieme al Comune di Brescia di centro sinistra - una difesa bipartisan! - a
fianco di Asm per sostenere che linceneritore autorizzato per 266.000 tonnellate di
rifiuti ne può bruciare "abusivamente" quasi il doppio!). E sta assecondando in
tutti i modi la strategia Asm, anche attraverso una ristrutturazione istituzionale
straordinariamente innovativa e perfettamente coerente con limpostazione di
Asm-Comune di Brescia, probabilmente unica a livello nazionale: con la nuova giunta di
Formigoni 2 la questione rifiuti è transitata dalla competenza dellassessorato
allambiente a quella dellassessorato allenergia ed alle attività
produttive. Il tutto nellindifferenza del centro sinistra lombardo nonché
dellambientalismo ufficiale. Sembrerebbe di capire che laffare rifiuti-energia
metta tutti perfettamente daccordo, per lappunto un tema bipartisan, come si
usa dire.
- Il Ministero dellambiente, di centro destra come è noto, dal canto suo, è
perfettamente in sintonia con Asm e Comune di Brescia laddove nella recente delibera del
Cipe del 5 gennaio 2003, "Linee guida... per la riduzione delle emissioni di gas
serra entro il 2010" indica nellincremento dellenergia elettrica prodotta
dai rifiuti solidi urbani e dalle "biomasse" (tra 750 a 1.300 MW) una delle
linee strategiche per gestire il problema energetico nazionale allinterno dei
vincoli del protocollo di Kyoto. Sulla stessa falsariga la Regione Lombardia che nella
proposta di Piano Energetico Regionale intende portare lincenerimento dei rifiuti al
50 % di quelli prodotti.
2.3. Le "favole" di Asm sulle presunte virtù ambientali dellincenerimento
La strategia Asm si fonda su punti, da molti considerati come assiomi, ma che sono
facilmente confutabili.
Risibile è lidea di considerare i rifiuti energia rinnovabile. Se in parte può
essere accettabile per gli scarti vegetali e legnosi derivati da coltivazioni o
forestazioni in grado di ricostituirne i consumi, per il resto dei materiali presenti nei
rifiuti non si può dire altrettanto: ad esempio tutte le plastiche derivate dal petrolio
il cui incenerimento, in alternativa alla riduzione attraverso il vuoto a rendere, al
riuso o al riciclaggio, determina una diminuzione non rinnovabile dello stock complessivo
di combustibili fossili. Neppure la normativa europea, del resto, ritiene che i rifiuti
siano in toto "fonti rinnovabili": la direttiva Ue sulla produzione di energia
elettrica da fonti rinnovabili (n. 2001/77) considera tra queste solo "la parte
biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani" (e le plastiche non sono certo
biodegradibili). Anche se, in palese contrasto con questa direttiva, il decreto Bersani
(in questo, invece, in perfetta sintonia con lattuale governo di centro destra)
considera "rinnovabili", tra gli altri, "la trasformazione in energia
elettrica dei rifiuti organici ed inorganici o di prodotti vegetali" , quindi tutto
il carbonio contenuto nei rifiuti.
Per quanto riguarda poi il bilancio energetico ed ambientale (gas serra) quegli assiomi
reggono, in parte, solo se il confronto si fa con la collocazione dei rifiuti in
discarica. Infatti, Asm, i professori universitari che di volta in volta vengono
ingaggiati dalla stessa, il Comune di Brescia e le varie istituzioni fino al Ministero non
si peritano mai di confrontare il bilancio energetico e ambientale dellincenerimento
(e relative emissioni di gas serra) con il bilancio energetico ed ambientale di una
coerente politica di riduzione dei rifiuti (abbandono degli "usa e getta",
"vuoto a rendere", riuso degli imballaggi...) e di riciclaggio attraverso una
raccolta differenziata spinta. Esemplifichiamo con una tipologia di rifiuti diffusa ed
"interessante" per il potenziale energetico come gli imballaggi (carta, cartone,
plastiche): se questi vengono collocati in discarica, evidentemente rappresentano un puro
spreco in termini di materie prime (legno e petrolio, soprattutto) e di emissioni di gas
serra; bruciarli per produrre energia, comporterebbe invece un parziale recupero di
energia e quindi di Tep di petrolio risparmiati con relative emissioni di gas serra
evitate. Ma se questi imballaggi vengono riutilizzati e/o riciclati si ottiene ovviamente
un risparmio di materie prime e quindi di energia e gas serra molto più importante. Ed
infatti, il decreto Ronchi pone prioritariamente gli obiettivi della riduzione, del riuso
e del riciclaggio, riservando allincenerimento solo ciò che residua e come
alternativa alla discarica.
Ma anche sul piano strettamente tecnico e nella "logica Asm", i calcoli della
stessa sono del tutto infondati come dimostra con rigore scientifico Marco Caldiroli,
perito chimico di Medicina democratica:
"Il meccanismo di calcolo della ASM per quantificare la CO2 "risparmiata"
con l'incenerimento dei rifiuti è fondato su due fattori:
a) l'emissione connessa con la cogenerazione cioè l'energia termica prodotta
dall'inceneritore viene conteggiata integralmente come "risparmio" di CO2.
Basandosi sui valori riportati nella Dichiarazione Ambientale del 1999 di ASM
("Tabelle tecniche") possiamo calcolare questo "contributo" come segue
:
- nel 1999 sono stati prodotti complessivamente 518.000 MW di energia dall'inceneritore,
di questi 240.200 sono MWt di vapore per cogenerazione;
- nel 1999 si stima una emissione complessiva di CO2 (da combustione, non è chiaro se e
come è stato considerato il protossido di azoto N2O da non confondere con gli NOx) di
350.348 tonn, ciò corrisponde a un fattore di emissione di 676 grammi di CO2 per kWh
prodotto. Moltiplicando 676 g/kwh per 240.200 MWtermici si otterrebbero 162.303 t/anno nel
1999 di CO2 considerata risparmiata da ASM in virtù della cogenerazione.
b) Al dato di cui sopra viene aggiunto il valore della CO2 "risparmiata" se la
stessa quantità di rifiuti (nel 1999 pari a 372.003 tonnellate incenerite da ASM) fosse
finita tal quale in discarica. Pur non essendo esplicitati i fattori di emissione di CO2
equivalente utilizzati e se sia stato o meno considerato il recupero energetico del biogas
(per le discariche il gas serra principale non è la CO2 come tale, ma il metano che ha un
"fattore" serra di 21 volte più potente rispetto al CO2 considerato come 1),
utilizzando dei fattori disponibili in letteratura (Enea) questa parte di emissione
"risparmiata" varrebbe tra 232.129 tonn (discarica senza recupero del biogas) e
211.297 tonn (discarica con recupero di biogas) in relazione a una quantità di rifiuti
pari a quelli inceneriti da ASM nel 1999.
Sommando A+B risulterebbe un valore tra 394.432 e 373.600 t di CO2 risparmiate (il range
corrisponde alla discarica con o senza recupero del biogas): infatti ASM dichiara un dato
di CO2 risparmiata nel 1999 pari a 383.245 tonnellate, che si pone in mezzo al range sopra
calcolato.
Ora, un simile calcolo da parte di ASM non ha un fondamento riconosciuto (non è
rintracciabile una fonte autorevole - ovvero internazionale - che dia indicazioni
definitive in questo per tutti i paesi aderenti al protocollo di Kyoto). Viceversa, se ad
esempio consideriamo la direttiva Ue 2001/77 sulla produzione di energia elettrica da
fonti rinnovabili, troviamo che tra queste viene considerata solo "la parte
biodegradabile dei rifiuti" (quindi i rifiuti con carbonio fornito da fonti fossili
come le plastiche non devono essere considerati fonti rinnovabili).
Tra le diverse proposte per calcolare la CO2 "risparmiata" dall'incenerimento si
segnala, infine, quella di De Stefanis (che di proposte ne fa tre, ma verrà qui
considerata quella ritenuta più "corretta"). In sintesi questa proposta parte
dal presupposto che la parte organica e biodegradabile dei rifiuti costituisce i 2/3 del
carbonio ivi contenuto (1/3 di carbonio è da considerarsi non biodegradabile e di origine
fossile, ovvero dal petrolio) e quindi solo le emissioni corrispondenti sono
"risparmiate" mentre quelle correlabili con l'altro terzo non sono risparmiate.
Dopodiché la proposta correla queste emissioni non risparmiate con quelle di una centrale
termoelettrica tradizionale per produrre la stessa quota di energia (pertanto, come si
vedrà più avanti, è fondamentale il rendimento energetico sia dell'inceneritore che
della centrale di riferimento). Applicando questa metodica, nel caso di ASM del 1999,
otterremmo un "risparmio" di CO2 pari a 208.448 tonn (in considerazione al
rendimento energetico relativamente elevato dell'inceneritore - il 51,1 % - connesso con
la cogenerazione di vapore per teleriscaldamento). Questo valore però è valido a partire
dal confronto con una centrale termoelettrica tradizionale (si prende come riferimento il
"mix" di centrali ex Enel del 1999) con un fattore di emissione pari a 729 g di
CO2 per kWh prodotto. Se invece si confronta l'emissione ASM con quella di una centrale
termoelettrica a ciclo combinato a gas naturale (in questo senso del tutto valida la
"vecchia" proposta di riconvertire almeno in parte l'inceneritore in una
centrale di questo genere) il fattore di emissione da porre a confronto sarebbe di 360 g
di CO2 per kWh prodotto. In questo caso, sempre con riferimento ai dati ASM del 1999, si
avrebbe un "risparmio" assai minore, pari a 40.176 tonn di CO2 (sempre
ovviamente ipotizzando che i rifiuti, in alternativa, vadano tutti in discarica).
A sostanziale conferma di quanto sopra dimostrato, si può considerare quanto afferma la
stessa Regione Lombardia che, in questo, si discosta notevolmente dalla propaganda Asm:
nel "Programma Energetico Regionale - Indirizzi ed obiettivi di politica energetica
per la Lombardia", a pagina 58 (tabella 12) si trova una tabella riassuntiva dello
stato degli inceneritori autorizzati (anche se in realtà ne hanno aggiunti alcuni che non
sono stati autorizzati, ma tant'è). Per quanto concerne ASM si dice che l'impianto ha una
potenzialità di smaltimento pari a 485.100 t/anno (!), una energia elettrica prodotta
pari a 351.698 MWh, una energia termica prodotta pari a 174.073 MWh, emissioni prodotte
dall'inceneritore pari a 160.000 t/a (CO2 equivalenti), emissioni prodotte dal sistema
cogenerativo pari a 256.000 t/a (CO2 - quindi queste emissioni non sono
"risparmiate" ma solo emesse) e poi si considera (non viene specificato il
sistema di calcolo) che le emissioni evitate di CO2 dell'inceneritore ASM sarebbero pari a
"solo" 98.000 t/a e non le 383.245 tonnellate dichiarate da Asm (nel 1999).
In conclusione, anche considerando un relativo "risparmio" di CO2 (i valori
credibili o meglio corretti, sono quelli intorno alle 40.176 tonn di CO2, per i motivi
già detti) occorre poi tener presente, da un canto, quanto potrebbe essere il risparmio
di CO2 (e di materie prime) connesso con il riciclaggio, il riutilizzo e/o la riduzione
dei rifiuti e, dallaltro, che al "risparmio" delle emissioni di CO2
corrispondono quelle di altri inquinanti (NOx, SOx, CO, polveri, HCl, PCB, diossine,
metalli etc) presenti in misura inferiore (a parità di energia prodotta) o non presenti
del tutto nel caso di una centrale a gas naturale".
2.4. Limbroglio delle "biomasse"
Inoltre, su questo piano, si gioca con carte false attorno al tema delle
"biomasse". Le "biomasse" fanno parte tradizionalmente del bagaglio
ambientalista in campo energetico. Intese in senso proprio, cioè materiali vegetali
prodotti da coltivazioni dedicate, si possono considerare effettivamente energia
rinnovabile (anche se occorre sempre tener presente che spesso ciò comporta la riduzione
di terreno coltivabile per lalimentazione umana). Un caso esemplare di uso
energetico delle biomasse è la produzione in Brasile su larga scala di alcol per
alimentare motori a scoppio attraverso la canna da zucchero (ma poi una parte dei
brasiliani, come è noto, non ha di che sfamarsi). In questo senso le "vere
biomasse" sono state catalogate nella legge italiana dal DPCM 8 marzo 2002 allegato
III, , "Individuazione delle biomasse combustibili e delle loro condizioni di
utilizzo". Ma vi è anche un uso distorto del termine "biomasse", su cui
furbescamente gioca lAsm, assecondata da una parte di ambientalisti
"disattenti": in questa accezione vengono considerati "biomasse" tutti
gli scarti e i rifiuti che contengono un certo tenore di sostanza organica, cioè di
carbonio e che per questo vengono visti dagli "energetisti" come combustibili;
"biomasse" sono quindi i rifiuti urbani e tutti i rifiuti speciali non inerti
che contengano una percentuale di carbonio tale da determinare un potere calorifico di
almeno 1.500 kcal/kg. Su questo equivoco Asm, non disponendo di sufficienti rifiuti urbani
già per le due linee in funzione, del tutto sovradimensionate, ha deciso di importare e
bruciare nellinceneritore circa 150.000 tonnellate annue di rifiuti speciali,
ingannevolmente definiti "biomasse", senza alcuna autorizzazione preventiva o
deliberazione di alcuna istituzione pubblica locale (Comune, Provincia, Regione).
2.5. Linceneritore non è alternativo alla discarica, ma alla riduzione dei rifiuti
ed al riciclaggio
Da parte di Asm si dice che lincenerimento sarebbe unalternativa alla
discarica. Laffermazione è anche teoricamente azzardata, perché, come è noto, i
materiali che si prestano di più allincenerimento (legno, cartone, carta, plastica)
sono gli stessi che possono essere ridotti alla fonte o destinati alla raccolta
differenziata. Ma anche sul piano pratico si verifica che linceneritore non è
alternativo alla discarica e proprio lesperienza "pilota" ormai
consolidata dellAsm di Brescia sta lì a dimostrarlo: linceneritore ha
prodotto, come si è visto, un aumento esagerato della produzione dei rifiuti ed ha
sostanzialmente bloccato la raccolta differenziata, limitata essenzialmente a vetro e
lattine (non combustibili) e ad un po di "umido". La plastica è stata del
tutto "affidata" allinceneritore, mentre la raccolta della carta da anni
non viene più spinta e rimane in parte solo per "salvare la faccia" di un
glorioso passato di raccolta differenziata (effettivamente, prima dellinceneritore,
lAsm fu unazienda allavanguardia in questo settore). Inoltre,
linceneritore stesso, grazie anche al suo sovradimensionamento ed alla necessità di
importare rifiuti da fuori provincia, invece di eliminare le discariche è destinato ad
alimentarne allinfinito con una gran massa di rifiuti speciali, probabilmente
pericolosi (circa 200.000 tonnellate anno).
2.6. Brescia, grazie alla smania energetista di Asm, fanalino di coda nel risparmio
energetico
Ma dal punto di vista energetico a Brescia vi sono altri dati interessanti da considerare:
con il teleriscaldamento (acqua calda recuperata dalla centrale termoelettrica connessa
allinceneritore e distribuita per il riscaldamento delle abitazioni) lAsm sta
spingendo verso la totale eliminazione del gas metano nelle case con la sostituzione delle
tradizionali cucine alimentate da questo gas con cucine elettriche ad induzione. La
ragione è molto semplice: con lenergia elettrica prodotta dallinceneritore il
ricarico in termini di utili aziendali è molto più elevato che non con il gas (va sempre
ricordato che si tratta di una centrale termoelettrica "magica", per la quale il
combustibile non è un costo ma un ricavo!).
Ed effettivamente Brescia tende ad un continuo aumento del consumo di energia elettrica
pro-capite (nel 2001 raggiunge i 1099 KWh/ab/anno, livello che la colloca al 75° posto
nella graduatoria negativa dei consumi delle 103 province italiane, con un arretramento di
3 posizioni rispetto al 2000, quando era al 72° posto. Cfr. Supplemento di
"ItaliaOggi" del 14 gennaio 2003, Rapporto 2002 sulla qualità della vita in
Italia, Consumo annuo pro-capite di energia elettrica, p. 20), mentre non fa pressoché
nulla per il risparmio energetico, come ha denunciato recentemente lo stesso ordine degli
ingegneri di Brescia: "La realtà delledilizia bresciana è, nel campo del
contenimento dei consumi energetici, lontana dai livelli di qualità imposti dalle norme
vigenti, e non solo da quelli: dimostra di aver perso buona parte della sensibilità
necessaria per ben costruire nei confronti dei parametri climatici peculiari
della nostra zona" (G. Ziletti, in rappresentanza dellOrdine degli Ingegneri di
Brescia al convegno, "Brescia 1972-2002 Il teleriscaldamento compie
trentanni", 5 dicembre 2002). Eppure vi sono a Brescia realtà e risorse
interessanti, come lassociazione energEtica, che potrebbero offrire un importante
contributo in quella direzione.
3. Il sistema di potere che si va costituendo attorno ai "rifiuti-energia"
La trasformazione di Asm in Spa e la quotazione in borsa avviene con lingresso di
Hopa, la finanziaria presieduta da Emilio Gnutti, che vede crescere al proprio interno,
come partner più rilevante, la finanza nazionale vicina ai Ds (Unipol e Monte dei Paschi
di Siena) e che appare perfettamente bipartisan, vantando come socio la stessa Fininvest.
Gli intrecci tra Asm ed Hopa vengono però da lontano e sembrano preludere ad un legame
sempre più stretto che potrebbe sfociare nella completa privatizzazione di Asm energia
(come peraltro sta avvenendo con Enel). In questo quadro la "presa" di Asm sulla
società bresciana, sui partiti e sulle istituzioni è pressoché totale: ciò spiega il
vasto consenso che ha saputo costruire intorno allecomostro rappresentato dal
megainceneritore.
A questo punto ci si potrebbe chiedere: come è possibile che a Brescia sia accaduto
questo, che si sia installato un mostro ecologico del genere e che soprattutto con estrema
protervia il "modello Asm-Comune di Brescia" venga proposto in giro per
lItalia, senza che vi sia un accenno critico?
Ed ancora, come è possibile che questa metamorfosi di Asm sia avvenuta senza che vi sia
mai stata una discussione pubblica ed una esplicita deliberazione del Comune di Brescia,
del suo consiglio elettivo, dei cittadini, per cui Asm mutasse radicalmente le proprie
strategie e finalità?
3.1. Il grande business del rifiuto combustibile
La forza dellinceneritore più che sullenergia e le emissioni
"risparmiate" si appoggia sui colossali profitti che produce. Infatti il vero
argomento con cui Asm impone al Comune di Brescia le proprie scelte e cerca di convincere
in giro per lItalia i Comuni e le municipalizzate non è quello energetico o la
favola dei vincoli di Kyoto, bensì quello dei profitti straordinari che la
"megamacchina" garantisce. Non esiste in Italia, e forse al mondo, un impianto
industriale così portentoso. Innanzitutto Asm, pur essendo una Spa, e quindi
unazienda privata in un contesto di libero mercato (tanto celebrato, peraltro, ai
nostri giorni!), agisce senza alcuna concorrenza in regime di assoluto monopolio. Inoltre
è lunica industria e centrale termoelettrica per la quale la materia prima, nel
caso specifico il combustibile, non è un costo, bensì addirittura un utile. (Tutti gli
imprenditori, probabilmente, sognerebbero di gestire una simile impresa).
Infatti, dal punto di vista dei flussi di materia e di energia, questa impresa ha
praticamente solo voci positive di entrate, e per lesattezza ben 6: 1) il
combustibile, cioè i rifiuti conferiti pagati circa 100 lire al kg dai comuni, cioè dai
cittadini con la tassa-rifiuti (già qui un gruzzolo di 30 miliardi circa di vecchie lire
allanno); 2) quindi un contributo dal Conai per i contenitori riciclati o meglio
bruciati (5 miliardi e 900 milioni di lire nel 1999, per limpianto ASM); 3) un
contributo dalla Stato come impianto produttore con "energia rinnovabile" [?!];
4) le bollette dellenergia elettrica pagate dai cittadini; 5) le tariffe
dellacqua calda distribuita con il teleriscaldamento, pagate dagli utenti e decise
discrezionalmente da Asm; 6) dopo lincenerimento il ferro presente nelle ceneri
viene venduto alle acciaierie, ben 5.033 ton. nel 2000.
Insomma si tratta di una formidabile "gallina dalle uova doro" che
permette allAsm di realizzare profitti per oltre 100 miliardi di vecchie lire
allanno.
3.2. La privatizzazione Asm nel segno di Hopa e degli affari bipartisan
Capito al volo laffare, attorno ad Asm si è messo subito in moto un gruppo di
potere privato fortissimo, lHopa del bresciano Emilio Gnutti, il mago della finanza,
lenfant prodige del "nuovo" capitalismo italiano, che sa moltiplicare i
miliardi come gli evangelici "pani e pesci", lartefice con Colaninno del
"capolavoro" Olivetti-Telecom e oggi di nuovo in campo per "salvare"
la Fiat, esponente di spicco delle new entry della cosiddetta "razza padana".
Finanzieri dassalto che sembrano aver incantato tutti (ritratti esageratamente
celebrativi di Emilio Gnutti e Roberto Colaninno appaiono sullo stesso quotidiano dei
Democratici di sinistra in occasione della "crisi Fiat": Gnutti. Alla guida
della Bentley sognando il Lingotto e Colaninno. La ricetta del Ragioniere: soldi, sudore e
automobili, "lUnità", 15 gennaio 2003). Non il vecchio Giorgio Bocca che
ben conosce i vizi del capitalismo nostrano: "E tutti anche nel nostro paese avevano
sotto gli occhi lo spettacolo pirotecnico di avventurieri della finanza, vedi i pii e
morigerati bresciani che si impadronivano di grandi e grandissime aziende senza avere i
soldi per comprarle ma con un giro di scatole cinesi a cui ha partecipato anche la nostra
sinistra che aveva scoperto anche lei il modo di far soldi tanti e presto anche se la
lezione di Mani pulite bruciava ancora" (G. Bocca, "lEspresso" del 26
luglio 2002). Anche se la magistratura, del tutto "pii e morigerati" non li ha
ritenuti se ha condannato per insider trading il 24 giungo 2002 per operazioni legate ai
titoli Cmi (Cantieri metallurgici italiani Spa, società del gruppo Falk) Emilio Gnutti ed
Ettore Lonati, esponenti di spicco di Hopa (Marco Toresini, Insider trading. Condannati
Emilio Gnutti ed Ettore Lonati, "Bresciaoggi", 26 giugno 2002).
Per lingresso di Hopa, occorreva, però che Asm si privatizzasse e si quotasse in
borsa, operazione che la giunta di centro sinistra del Comune di Brescia ha portato a
compimento nel 2002. Ed ecco che, con la quotazione in borsa di Asm, il principale
azionista privato che entra in campo e si conquista subito un posto in consiglio di
amministrazione è proprio lui, Emilio Gnutti con la sua Hopa. I piccoli azionisti vengono
invece guidati a sponsorizzare ed eleggere il prof. Alberto Clò, guarda caso esperto di
problemi energetici.
In Hopa, oltre allo stesso Emilio Gnutti, che con la finanziaria di famiglia ne detiene
circa il 10% e ne occupa solidamente la presidenza, troviamo alla "sinistra" il
vicepresidente Giovanni Consorte, presidente di Unipol, la compagnia di assicurazioni
della Lega delle cooperative, presente con circa un 5,19%, affiancata dalla banca Monte
dei Paschi di Siena, anchessa vicina ai Ds, mentre alla "destra" siede
laltro vicepresidente Giuseppe Lucchini, erede dellomonimo gruppo e figlio
dellex presidente di Confindustria, Luigi Lucchini, il re dellacciaio,
capofila di un nutrito gruppo di imprenditori bresciani, tra cui il già citato Ettore
Lonati, leader nel settore meccanotessile, Pier Luigi Crudele, della Finmatica,
lazienda hi-tec che al suo esordio fece faville sul mercato azionario dei
tecnologici e altri; non viene trascurata neppure la finanza "cattolica",
presente con la banca Antonveneta e la banca Lombarda, frutto della fusione fra Banca San
Paolo (scrigno tradizionale del mondo cattolico bresciano) e Credito agrario bresciano; ma
in Hopa troviamo anche la Fininvest, con circa un 5,4%, a completare lecumenismo
della cassaforte creata da Gnutti, nel segno del pecunia non olet, purché si facciano
buoni affari. Infatti sia Fininvest che Mediaset avrebbero ceduto a Hopa le proprie quote
in Telecom in cambio di una partecipazione nella finanziaria bresciana. Questo scambio con
Fininvest ha permesso ad Hopa di tornare in Telecom con una ragguardevole quota pari a
circa il 16% della società di controllo Olimpia (r. e. Così Hopa rientra in Telecom,
"Bresciaoggi", 24 dicembre 2002). Un rientro in grande, quello di Hopa nelle
telecomunicazioni, che sarà sancito il 25 febbraio con la nomina di Gnutti nel consiglio
di amministrazione di Olimpia, la finanziaria di controllo del gruppo che comprende, come
è noto, diverse società operative, Olivetti, Telecom, Tim e Seat, nei cui consigli di
amministrazione entreranno successivamente uomini Hopa. Questi movimenti hanno sollecitato
lala sinistra di Hopa ad un maggior dinamismo ed impegno. E noto che Hopa è
controllata da un patto di sindacato tra la Fingruppo (circa il 30%), espressione della
finanziaria di famiglia di Gnutti e di alcuni industriali bresciani, e Unipol, Monte dei
Paschi di Siena e Popolare di Lodi, che detenevano circa il 5% ciascuna. Ebbene, proprio
Unipol, controllata da Finsoe che a sua volta è controllata dalla Legacoop, vicina ai Ds,
unitamente a Monte dei Paschi, controllata dalle amministrazioni saldamente in mano ai Ds
della Provincia e del Comune di Siena, sta operando per consolidare la presenza in Hopa
della finanza rossa stringendo ancor più lalleanza con Monte dei Paschi e gli
intrecci con la stessa Hopa. Alcune operazioni interessano innanzitutto Monte dei Paschi,
il cui processo di privatizzazione, di trasformazione in Spa e di quotazione in borsa
porterà allincorporazione delle controllate Banca toscana, Banca Agricola
Mantovana, e Banca 121, facendo scendere il pacchetto azionario di controllo della
Fondazione (Amministrazioni pubbliche senesi) al 59%. Ma si prevede che questo debba
ridursi al di sotto del 50% e che quindi un 9% sia ulteriormente da affidare ai privati:
"il primo nome che circola a Siena è quello di Emilio Gnutti e della sua Hopa ...
uno dei nomi più accreditati per occupare una delle otto poltrone del Monte dei Paschi
Spa riservate agli azionisti privati" (P. Benassi, Volti nuovi per Monte dei Paschi:
in arrivo Gnutti e Caltagirone, "lUnità", 26 gennaio 2003). Nel contempo
Monte dei Paschi stringe i legami con il gruppo Unipol: Mps infatti acquisterà il 13,4%
di Finsoe, controllante di Unipol, e salirà così al 39%, mentre Holmo, la finanziaria
detenuta al 100% da 29 cooperative ne detiene il 51% e comunque manterrà il 50,2% delle
azioni Unipol (Unipol, Mps raddoppia e sale al 39%, "Sole 24 ore", 7 febbraio
2003). Infine Unipol e Monte dei Paschi starebbero aumentando il loro capitale in Hopa di
una quota tra il 4,5 ed il 5%, rastrellando partecipazioni di piccoli azionisti,
raggiungendo insieme circa il 16% (9% Monte di Paschi e 7% Unipol), collocandosi quindi
immediatamente alle spalle di Fingruppo nel controllo di Hopa e ponendosi come partner
più rilevante di Gnutti e soci. Loperazione tiene conto anche del fatto che il
patto di sindacato di controllo di Hopa scade tra un anno e Unipol e Mps intendono
preparasi alla scadenza con una posizione solida allinterno della finanziaria
bresciana (M. Tedeschi, Manovre nel salotto Gnutti,: Unipol e Monte Paschi vogliono
crescere, "lUnità", 28 gennaio 2003). In conclusione, Hopa, holding di
partecipazioni aziendali, rappresenta sempre più per la finanza nazionale vicina ai Ds il
luogo privilegiato delle proprie iniziative in campo industriale e dei servizi, senza
peraltro disdegnare in quellambito alleanze non solo con la finanza
"cattolica", ma neppure con quella targata Fininvest.
3.3. LAsm e lHopa di Gnutti da tempo soci nel business energetico
In questo contesto, lentrata in Asm di Emilio Gnutti in prima persona assume un
significato particolarissimo (Gnutti siede in almeno altri 30 consigli di amministrazione
e, per problemi di salute, lui stesso dichiara di limitare la sua presenza ai "posti
strategici"): oltre al messaggio inviato alla città di Brescia perché sia chiaro a
tutti chi detiene realmente il bastone del comando allinterno dei rapporti di potere
della Leonessa dItalia, la sua presenza in Asm va interpretata come una scelta
strategica nellambito delle iniziative di Hopa. Gnutti ha capito che il settore
delle municipalizzate, della produzione di energia attraverso i rifiuti in particolare, è
un settore strategico per il futuro, come le telecomunicazioni (rientro in Telecom), o
come le nuove tecnologie biomedicali (e infatti Hopa sta trasformando la propria
controllata Snia da azienda chimica, liquidando Caffaro, a multinazionale leader in questo
settore). Tra laltro Hopa si poteva ritenere in qualche modo già rappresentata in
Asm, perché il Comune aveva precedentemente nominato fra i 5 membri del Consiglio di
amministrazione di sua competenza, Marco Vitale, come proprio rappresentante di fiducia:
questi, infatti, è anche membro del consiglio di amministrazione di Snia (controllata da
Hopa e proprietaria di Caffaro), contro cui il Comune, tra laltro, dovrebbe aprire
un contenzioso di centinaia di milioni di euro per la bonifica connessa alla vicenda
Caffaro (conflitto di interessi?!). Ma lingresso di Gnutti era evidentemente
previsto da tempo cosicché verrà salutato dal presidente Asm Renzo Capra con lodi
eccessive: "Emilio Gnutti è un finanziere di prima classe, dotato di un intuito
eccezionale e una grande capacità di fare affari" (C. Cassamali, Intervista a Renzo
Capra: "La nostra forza? I piccoli", "Bresciaoggi", 14 gennaio 2003).
Infatti, tra Hopa ed Asm Spa, ancor prima della quotazione in borsa, era già in corso una
stretta collaborazione nel campo energetico, come maggiori azionisti (rispettivamente 20%
e 17%) di Dynameeting S. p. A., società attiva dal 2001 nel trading di energia (I,
Rebustini, Asm spa, Gnutti guida gli "altri", "Bresciaoggi", 10 agosto
2002). Inoltre Asm Spa è partner con il 5% di Earchimede, una società nata come
"incubatore" dalla partnership tra Accenture ed Hopa, che si è recentemente
trasformata in unazienda specializzata in consulenza strategica e organizzativa di
alto livello, presieduta anchessa da Emilio Gnutti. Questa svolta è avvenuta
attraverso un aumento di capitale che ha portato il patrimonio netto a 20 milioni di euro
e lingresso di nuovi soci che ha determinato il nuovo assetto societario: Hopa,
azionista di controllo con il 52,50%, Unipol Merchant con il 14,14%, Accenture e Webegg
con il 7,5%, Asm, appunto, con il 5%, e poi Banca Lombarda e Interbanca con quote minori.
Inoltre è stato rafforzato lo staff dirigenziale con lingresso di professionisti
della consulenza strategica con esperienze in multinazionali provenienti da Accenture,
come Pierluigi Troncatti, Pier Lamberto Capra [?!], Sandro Orneli, Pietro Antonio
DAlema. I principali settori di attività di "consulenza strategica" sono
le utilities (energia, gas, acqua), ligiene urbana (cioè i rifiuti), i trasporti,
le pubbliche amministrazioni locali e centrali, banche ed assicurazioni, telecomunicazioni
e media: ad esempio, la ristrutturazione dei trasporti locali di Roma, la costituzione
della Holding capitolina dei servizi della stessa capitale, .... (Lucio dallAngelo,
Earchimede: consulenza strategica, nuovi soci, nuova sede, "Giornale di
Brescia", 18 dicembre 2002). Earchimede ha tre altre sedi operative, a Milano, a Roma
e a Bologna, oltre che a Brescia, in corso Zanardelli 32 (dove hanno pure sede Hopa e
lagenzia bresciana di Interbanca-gruppo Antonveneta; ma, allo steso numero civico -
curiose coincidenze bresciane - anche lufficio del notaio Bruno Barzellotti,
"eminenza grigia" dellala moderata dei comunisti ieri e dei Ds oggi,
quella migliorista e attenta al "mercato", da tempo immemore consigliere di
amministrazione di Asm).
3.4. LAsm prepara il terreno per lingresso di Hopa
Nel contempo Asm, dal canto suo, preparava il terreno al dispiegarsi di questa strategia
generale che, con la partnership di Hopa, guarda molto al di là dei confini di Brescia
(il suo futuro è nellalleanza con la spagnola Endesa), privilegiando di gran lunga
il settore energetico. Del resto il "padre-padrone" di Asm da quasi
quarantanni (prima come tecnico, poi come direttore ed infine come presidente) è
lingegner Renzo Capra, formatosi alla scuola Eni, nella gestione della centrale di
Gela, "energetista" per vocazione e per passione. Storicamente Asm già negli
anni Sessanta aveva definito accordi con altre municipalizzate (Aem di Milano, Agsm di
Verona, Aim di Vicenza, Asm di Rovereto) per la costruzione di due centrali
termoelettriche al di fuori della provincia di Brescia, una a Cassano dAdda (Mi) e
una a Ponti sul Mincio (Mn). Ma è proprio in occasione della sua trasformazione in Spa e
del successivo ingresso di Hopa che si dispiega questa strategia che fa di Asm una delle
aziende private più importanti a livello nazionale in questo settore: innanzitutto si è
liberata della "palla al piede" del settore trasporti urbani, impegnato in una
azzardata operazione di metropolitana leggera fonte di probabili perdite e affidato dal
Comune ad una propria Spa, Brescia Mobilità; nel novembre 2000 Asm ha costituito
(partecipazione del 30%) insieme allAem di Milano e allAmga di Genova,
Plurigas Spa, attiva nella compravendita allingrosso di gas; nellestate del
2001, Asm ha costituito (partecipazione 14,67%), insieme ad Endesa Sa, uno dei principali
operatori del mercato spagnolo dellenergia elettrica, ed a Banco Santander Central
Hispano, un consorzio (Endesa Holding Italia) che nel luglio 2001 ha acquistato Elettrogen
Spa, la prima società di produzione di energia dismessa dal gruppo Enel, costituita da
sette centrali; nel settembre 2001, Asm ha rilevato il 20% di Trentino Servizi Spa,
società controllata dal Comune di Trento e di Rovereto che, guarda caso, ora si accinge a
costruire un inceneritore di rifiuti; nel dicembre 2001 Asm ha sottoscritto il 43,7% di
Abruzzo Energia Spa, società deputata alla progettazione, costruzione e gestione di una
centrale elettrica turbogas a Gissi (Ch) e nei primi mesi del 2002 Asm ha acquistato il
40% di Metanizzazione Meridionale, società che gestisce la distribuzione di gas in 39
comuni della provincia di Chieti, Campobasso e Isernia; Asm, insieme a International Power
di Londra e ad Ansaldo Energia Spa, sta lavorando ad un progetto di grande centrale
termoelettrica turbo gas (inizialmente di 1518 MW, poi ridimensionata ad 800 MW) da
collocarsi nel comune di Offlaga (Bs), anche se per ora sta incontrando la ferma
opposizione delle popolazioni locali, in particolare degli agricoltori.
3.4. Verso la completa privatizzazione di Asm?
In questo quadro non è credibile che Gnutti si limiti ad una partecipazione azionaria in
Asm poco più che simbolica, quella detenuta da Hopa, pari al 2,89% (anche se si
tratterebbe di sapere quante sono le azioni reali che fanno capo già ora indirettamente
alla composita galassia di Hopa, acquistate dai Lonati, dai Lucchini e da altri
imprenditori locali, nonché da Unipol, Interbanca, ecc.). Si sussurra che Capra non veda
lora di aumentare la partecipazione Asm in Endesa Holding Italia e che per questo
abbia bisogno di forte liquidità, mentre il Comune arranca con i propri bilanci e
soprattutto dovrà preparasi a far fronte al "buco nero" che si profila con
lapertura dei cantieri della metropolitana: potrebbero essere
"provvidenziali" allora i "capitali amici" (e... "compagni")
di Hopa (Gnutti dichiara di avere in cassa oltre un miliardo di euro), disposti a
rilanciare Asm nellagone della competizione internazionale del mercato energetico ed
a correre nel contempo in soccorso del Comune, oberato dai nuovi "imprevedibili"
impegni della metropolitana. Siccome la privatizzazione deve procedere per gradi, come la
metamorfosi in atto di Asm, senza che nessuno si allarmi, il tutto avverrebbe mantenendo,
per il momento, "ben salda" (51%?) la maggioranza azionaria del Comune (non sia
mai che si ceda ai privati lAsm!). Del resto, come pressoché tutti sono stati
daccordo nel privatizzare lEnel, non si capirebbe perché Asm energia debba
rimanere in mano pubblica.
3.5. Lirresistibile capacità di Asm di costruire un consenso quasi
"totalitario"
Il fatto curioso è che a Brescia nessuno discuta di quanto sta avvenendo e che il
processo in corso sia presentato ed accettato quasi da tutti come ineluttabile. A Brescia,
infatti, di fronte ad Asm (e dora in poi anche ad Hopa), a differenza delle
popolazioni della "Bassa" in lotta contro la megacentrale turbogas, poche ed
isolate sono le voci di dissenso; fra i partiti, solo Rifondazione comunista ha eccepito
alla decisione di triplicare un inceneritore che era già doppio rispetto al fabbisogno
provinciale, con una terza linea che, per le caratteristiche dei rifiuti speciali
bruciati, contrabbandati per "biomasse", e per linadeguatezza
dellimpianto di abbattimento dei fumi (ampiamente superato dalle Migliori Tecniche
Disponibili), emetterà notevoli quantità aggiuntive di PCB, diossine, metalli pesanti,
ossidi di azoto ed ammoniaca, destinate a ricadere su di un territorio già altamente
contaminato (Va ricordato, che in relazione alla passata produzione di PCB da parte della
Caffaro, il territorio su cui insistono le emissioni dellinceneritore è contaminato
dai PCB fino a più di 1.000 volte oltre i limiti, da diossine per più di 100 volte oltre
i limiti, e non si sa come bonificarlo). Ciò che appare incredibile è che la giunta
comunale di centrosinistra, con lassessore allambiente dei Verdi, abbia deciso
questo ampliamento, senza neppure consultare il Consiglio comunale, nel gennaio 2002
quando era nota la gravissima emergenza dellinquinamento da PCB e diossine, che ha
fatto di Brescia un caso internazionale ed ha costretto il Sindaco ad interdire luso
dei suoli ai cittadini per una porzione della città. Il tutto, peraltro, è avvenuto
senza la preventiva valutazione di impatto ambientale, per cui Brescia, città
straordinariamente inquinata, avrà il più grande inceneritore dEuropa senza alcuna
valutazione dimpatto ambientale.
Perché la città di Brescia accetta di buon grado un simile scempio, mentre gli
agricoltori della pianura si ribellano e si oppongono tenacemente ad una centrale
turbogas, dallimpatto ambientale di gran lunga meno problematico di un inceneritore?
Bisogna riconoscere che anche in questo caso la strategia di Asm è formidabile nel
mettere tutti daccordo e nellemarginare il dissenso. Innanzitutto fa leva su
una tradizione secolare, di servizi offerti ai cittadini con indubbia efficienza, con cui
ha costruito limmagine di unazienda amica dei bresciani.
Però oggi questo non è più sufficiente nel momento in cui non è più azienda pubblica
e municipale di servizi, ma si privatizza e, con la partnership decisiva di Hopa, si
trasforma in impresa nazionale proiettata esclusivamente nel business dellenergia.
Innanzitutto è stata sviluppata una grande campagna propagandistica per darsi una
facciata "ambientalista": dal logo (laquilone azzurro), alla
ristrutturazione delle arre verdi nei quartieri ospitanti linceneritore,
alleducazione "ambientale" nelle scuole, al coinvolgimento come consulenti
o con sponsorizzazioni varie di alcuni settori del mondo ambientalista (di Paolo degli
Espinosa si è già detto; inoltre la Fondazione Asm, ad esempio, ha promosso il 9 maggio
2002 con lUniversità Cattolica un convegno sulla "Città sostenibile"; la
stessa ha sponsorizzato un convegno sul fiume Mella promosso da unimportante
associazione ambientalista...).
Poi vi è il mondo degli intellettuali e la cultura, particolarmente curati negli ultimi
tempi dalla Fondazione Asm: praticamente a Brescia non cè evento culturale che non
sia sponsorizzato da Asm (C. Baroni, Fondazione Asm, dialogo con la città che cambia,
"Giornale di Brescia", 19 giungo 2002), senza contare le numerose pubblicazioni
e ricerche dalla stessa commissionate.
Ma il consenso si ottiene anche creando lavoro, dando occupazione, garantendo positive
relazioni sindacali con i dipendenti (recentemente incrinate con la sola Cgil, dopo la
quotazione in borsa), offrendo una miriade di incarichi e commesse a tanti professionisti
locali e attraverso lindotto di quella che sta diventando una delle più grandi
industrie bresciane (oltre 1.600 dipendenti).
Lultimo capolavoro, infine, lAsm lo compie con la quotazione in borsa,
avvenuta il 12 luglio 2002, mimetizzando il decisivo accordo con Hopa dietro la benevola
promozione di un azionariato popolare, attraverso lincentivazione allacquisto
di azioni da parte dei cittadini di Brescia (3.939) e dei propri dipendenti e pensionati
(1.382), favorito da un accordo sindacale separato sottoscritto da Cisl e Uil: oltre 5.000
famiglie dora in poi vengono legate per questa via alle fortune della
"loro" azienda (per ora non premiate, visto che in meno di un anno le azioni
hanno perso circa l8% rispetto alla quotazione iniziale di 1,85). La stessa
Cisl non sarebbe stata ripagata di tanto zelo: alla candidatura per i piccoli azionisti
dalla stessa caldeggiata perché socialmente più qualificata (si sussurrava lex
segretario della Cisl Melino Pillitteri), "sarebbe stata preferita", come si è
detto, quella di Alberto Clò, energetista, molto vicino, per formazione e cultura (anche
lui proveniente dallEni), al presidente Renzo Capra.
Fondamentale inoltre è il mondo politico. LAmministrazione comunale (quindi
indirettamente sul piano dellimmagine oggi i partiti di maggioranza, ma domani
potenzialmente quelli attualmente allopposizione) riceve diverse decine di milioni
di euro allanno dei profitti Asm per dar lustro alla propria attività in favore di
cittadini, e ciò acquista un enorme peso in una situazione in cui la finanza locale è
strozzata dalla politiche governative. Comunque, nel 2001, sono entrati nelle casse
comunali addirittura 60 miliardi di lire, proprio grazie alla performance
dellinceneritore (M. Matteotti, Volano gli utili dellAsm e il comune incassa
10 miliardi di dividendi in più, "Giornale di Brescia", 20 novembre 2001).
Insomma mai come oggi è vero che a Brescia non è il Comune che governa lAsm,
semmai lAsm che governa il Comune (sicuramente in tutti i settori che le stanno a
cuore).
Ma Asm sa bene che le maggioranze possono cambiare: infatti ha partecipato da protagonista
ad un convegno tematico di Alleanza Nazionale a Roma nel febbraio 2002 e ha pubblicato un
lussuoso libro celebrativo sulla "luminosa carriera" [così! in Asm, "Voi e
noi", n. 76, novembre 2001, p. 32] del fascistissimo presidente dellAsm durante
il ventennio, Alfredo Giarratana (M. Zane, Alfredo Giarratana. Un manager
dellenergia nelle vicende sociali ed economiche di Brescia e dellItalia del
Novecento, Grafo, 2001), pubblicazione che a Brescia ha sollevato le ferme e indignate
riserve del solo avvocato Cesare Trebeschi, ex sindaco democristiano (T. Zana, Chi fu
Alfredo Giarratana, "Giornale di Brescia", 23 ottobre 2001). La "cura"
particolare nei confronti di An si spiega per il fatto che lon. Stefano Saglia,
bresciano, è il responsabile nazionale per lenergia del partito di Fini. Ma Asm,
allestremo opposto, si preoccupa anche dei Verdi: in cambio del consenso alla terza
linea dellinceneritore lASM verserà al Comune "5 per ogni
tonnellata di biomassa [!] bruciata" su un "fondo per iniziative in campo
ecologico [!]" (Viene qui riproposta la classica "monetizzazione della
salute", per cui il danno non veniva prevenuto, ma risarcito, "trappola"
contro cui per decenni si è lottato nei luoghi di lavoro. Oggi, però, si presenta in una
nuova edizione aggiornata sotto forma di "monetizzazione della salute e
dellambiente", ovverosia: faccio un sacco di soldi inquinando lambiente,
quindi concedo un po di spiccioli per qualche buona azione "ecologica":
piste ciclabili, parchi, arredo urbano, convegni di educazione ambientale...e così faccio
anche contenti i Verdi).
Del resto, in questo Asm è in perfetta sintonia con il suo partner privilegiato Emilio
Gnutti che dichiara apertamente: "Per definizione siamo governativi"; e per non
far torto a nessuno aggiunge: con Berlusconi "è una frequentazione abbastanza
sistematica" e ... "considero DAlema una persona di talento, di ingegno,
un politico di qualità" (G. Bonfadini, Gnutti: mezzo mondo è da comprare,
"Giornale di Brescia", 22 gennaio 2003). Insomma, il messaggio è chiaro, gli
affari sono affari e stanno per definizione al di sopra delle parti, o meglio in stretto
rapporto con tutte le parti.
Ecco perché a Brescia criticare Asm è tabù ed è così difficile far emergere verità
tanto semplici e chiare.
Concludendo: attorno a questa vicenda si sono aggrovigliati nodi estremamente complessi
che pongono problemi a tutti.
Innanzitutto il tema della democrazia (tema con tutta evidenza non solo bresciano), che
presuppone lautonomia della politica dalleconomia, nello specifico da questo
grumo di potere fortissimo rappresentato a Brescia da Asm, da Hopa e quindi
dallinsieme del mondo imprenditoriale e finanziario locale e non solo.
La vicenda dellinceneritore è clamorosamente esemplare: le istituzioni locali,
consiglio comunale e consiglio provinciale, hanno deliberato circa 10 anni fa la
costruzione di un impianto con la capacità di incenerire 266.000 tonnellate/anno di
rifiuti e si ritrovano, senza essere state mai più consultate, con una megamacchina
triplicata, di oltre 700.000 tonnellate/anno. Chi lha deciso?
Questa questione, dellautonomia della politica dalleconomia, nel caso di Asm,
significa stabilire se le scelte strategiche dellazienda siano decise, ad esempio,
nel segno del "fare affari" dal "quadriunvirato" Capra, Clò, Gnutti e
Vitale (con qualcuno che, magari, si limiti ad una presa datto
"notarile"), oppure dal consiglio comunale attraverso un dibattito pubblico e
trasparente che coinvolga lintera città e che sappia farsi carico dei bisogni più
autentici della stessa secondo le priorità della qualità della vita e della salvaguardia
della salute e dellambiente.
In secondo luogo la ragione di esistere dellambientalismo locale.
Linterrogativo è a questo punto radicale: ha senso una politica ambientalista che
prescinda del tutto da una propria strategia autonoma sui temi cruciali dei rifiuti e
dellenergia? E quindi può esistere un ambientalismo a Brescia, se non sa marcare
una propria netta indipendenza da Asm-Hopa?
Brescia 20 febbraio 2003
Marino Ruzzenenti, LItalia sotto i
rifiuti, Jaca Book, Milano ottobre 2004, pp. 250, 15. (con una presentazione di
Luigi Mara)
Se la quantità dei rifiuti prodotti è lindice del grado di sviluppo o,
meglio, del livello consumistico raggiunto da una certa società, il modo come
questi vengono trattati ne è invece lindicatore del grado di civiltà e cultura.
LItalia giunge in grave ritardo ad affrontare una corretta gestione del problema
rifiuti. Dopo decenni del tutto in discarica, si sta ora prospettando in
diverse parti del Paese la via tecnologica dellincenerimento, spesso
denominata con un eufemismo termovalorizzazione.
E lenfasi con cui questa modernizzazione viene proposta e celebrata
sembra lasciare poco spazio ad altre ipotesi, pretendendo di aver già definitivamente
risolto il problema: limmondizia sparisce e si trasforma in energia
pulita e rinnovabile.
Ma è davvero così, o siamo di fronte allennesima trappola tecnologica
che, mentre ci libera dal disgustoso ed ingombrante pattume, crea, con effetti
collaterali imprevisti, altre problematiche sgradite, ancor più insidiose?
Un tema particolarmente controverso e attualissimo, di cui si discute in questo testo, non
in termini ideologici o soltanto teorici, ma mettendo sotto la lente dellanalisi
critica e del rigore scientifico alcuni casi concreti. Si parte da Brescia,
dove funziona da anni il più grande inceneritore dEuropa, proposto a tutti come una
sorta di modello: squarciato il velo della propaganda, viene mostrato, dati alla mano, il
cortocircuito nella gestione dei rifiuti innescato dalla megamacchina, produttrice
allinfinito di tante discariche, ma di pochissima energia; mentre, passando al
setaccio le emissioni in atmosfera, viene dimostrato nel dettaglio quale sia il vero
impatto ambientale dellimpianto. Si passa poi alla sofferta vicenda della Campania,
dove lillusione di sostituire rapidamente al tutto in discarica il
tutto allincenerimento ha determinato un disastroso e decennale stato di
emergenza permanente, da cui non si intravede la via duscita. Si risale infine nel
Veneto, allesperienza virtuosa del Consorzio Priula, dove la riduzione dei rifiuti
alla fonte ed il sostanzioso recupero di materia attraverso una raccolta differenziata
spinta non sono più un obiettivo, ma unesperienza realizzata.
E la forza dei fatti, quindi, che dà ragione a chi si oppone allincenerimento
come soluzione del problema rifiuti. Mentre, come indica con sempre più vigore
lEuropa e come le esperienze più avanzate insegnano, una gestione corretta dei
rifiuti deve e può conseguire innanzitutto un forte contenimento e quindi un consistente
riciclaggio, nella prospettiva di zero rifiuti, cioè del prosciugamento del
flusso destinato allo smaltimento. E questa lunica prospettiva per
unumanità del terzo millennio che sappia assumersi la responsabilità di una
relazione amichevole con lambiente naturale e di un rapporto solidale con i
diseredati del Pianeta e con le generazioni future.
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