L’impegno della birmana Aung San Suu Kyi, fondatrice della Lega Nazionale per la Democrazia, premio Nobel per la Pace nel 1991, e la sua vicenda di prigionia politica, sono stati sotto gli occhi di tutti, soprattutto negli ultimi anni, da quando il suo "caso" ha ottenuto una più ampia copertura mediatica a livello internazionale. 

Aung San Suu Kyi in queste lettere racconta il dramma del suo paese oppresso, una realtà fatta di carceri, povertà, terrore, ingiustizia, corruzione, paura, stupidità e governo dittatoriale, in pratica quella stessa povertà spirituale che governa un po' tutto il nostro pianeta e la nostra vuota umanità, in preda oramai al più sfrenato ed ottuso egoismo. In questi testi la vita quotidiana si mescola alla lotta politica.

Diversi anni fa, a Oxford, durante una lezione sulla cerimonia giapponese del tè, il nostro insegnante ci mostrò alcune diapositive a colori di splendide tazze di ceramica realizzate da un maestro artigiano. Le tazze erano state fotografate a casa del maestro, e la loro sobria, squisita bellezza contrastava in modo stridente con la chiassosa volgarità del tappeto modemo su cui il maestro posava i piedi e, consciamente o meno, lo sguardo tutti i giorni. Il nostro professore, un americano vissuto per molti anni in Giappone, dove aveva studiato a lungo per diplomarsi maestro della cerimonia del tè, rise delle nostre espressioni sbigottite e osservò che alcune persone capiscono solo cos’è il bello, non cos’è il brutto.

Il nostro insegnante era un maestro di estetica. Contrapponeva i colori contrastanti e i chiassosi motivi di elaborati tessuti di broccato alla sobria eleganza di tessuti scuri, stampati a semplici motivi geometrici o a simboli discreti; confrontava le aree cittadine illuminate da vistose e abbaglianti luci al neon con gli eleganti giardini di rocce coperte di muschio e antichi pini. La cerimonia del tè, con il suo spirito di wakei se?aku (armonia, rispetto, calma e serenità), era un perfetto esempio della necessità di rimuovere tutto quanto è brutto o disarmonico per pervenire a una bellezza al tempo stesso estetica e spirituale.

ll fondamentale principio estetico che imparammo da lui - per acquisire un autentico buon gusto si deve saper riconoscere tanto la bellezza quanto la bruttezza - è trasferibile all’intero ambito dell’esperienza umana. È fondamentale capire sia che cosa bisogna respingere, sia che cosa è bene accettare. Io conosco molti giapponesi che eccellono in entrambe queste abilità, ma non posso fare a meno di pensare che questa sapienza manca a quanti oggi cercano di concludere affari in Birmania. Che cosa vedono, questi fautori di un’imprenditoria selvaggia, quando guardano il nostro paese? Forse solo i paesaggi pittoreschi, i sorrisi spontanei con cui i birmani accolgono i turisti, i nuovi hotel, la manodopera a buon mercato e quelle che a loro sembrano ottime opportunità di facili guadagni.

Aung San Suu Kyi, Lettere dalla mia Birmania, Sperling & Kupfer

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