Il parcheggio
Sistemo l'automobile
sotto ippocastani malati;
spengo il motore,
poi l'autoradio.
Nello scendere
presto attenzione
a non calpestare
preservativi abbandonati
- resti d'oscuri amori:
passioni incandescenti o
semplici scopate -
Io credo che
certe escrezioni umane,
seppur inglobate
in trasparenti, nervati o
colorati lattici, non siano
consone affatto
alla bellezza del rosso tappeto
di foglie autunnali.
I Direttori
Anche i Direttori,
che paiono onnipotenti,
il cui incedere severo,
il cui guatare grave,
il cui apostrofare e interloquire
definitivi e censori,
danno un termine senz'appello,
anche i Direttori,
che paiono onnipotenti,
passano
e
muoiono.
Come tutti.
Perché, allora, sembrano,
con i fatti e le parole,
ignorarlo?
Gratificazione
Che significato ha
questo vocabolo?
Ah sì... dimorare
dietro dell'ufficio
le grate.
Girone dantesco nel salone
Oggi siamo tutti dannati:
due schiere fisicamente separate
e indivisi i tormenti dell'anima,
urlanti nel pieno nulla del salone
a proclamare torti e ragioni,
a reclamare effimere attenzioni;
ore d'attesa nel rumore
di un'eternità disconosciuta,
tutti imprigionati e miscredenti
nell'ovatta di un io
senza rimedio né Dio,
non sapendo riconoscere
i piani di un universo diverso
da questa bolgia di canti e spiriti
sonnolenti e dolenti
nel salone dall'eco immensa e stordita.
Non ci sono angeli a soffiare
in una tromba di salvezza,
in questa corsa suicida, ferma e sonante
tomba di repressione, mutismo e frustrazione
... e ancora strepiti e grida e silenzi disumani,
una ritmica campanella
che al turno chiama
della barca infernale,
torvi sguardi d'identità spaurite
e dissonanze, discrepanze, disunità di diavoli
graduati e vagabondi,
labbra amare e isteriche risa,
solidarietà irrisa,
l'essere alla deriva.
Natale in ufficio
un albero finto
risate finte
allegria finta
regali finti
auguri finti
un vuoto vero
Nella pagina non scritta
Horror vacui nella pagina non scritta
Il cielo stesso è una pergamena bianca
Che minaccia piogge di déjà vu
A noi chiusi negli uffici dell'io
Oltre le vetrate che piangono
Lacrime senza tempo
Una musica ci insegue senza posa
Ci sfiata con antiche trombe d'apocalissi a venire
Mentre i ricordi vagano impietosi
Nelle praterie del silenzio mentale
Nelle marine perdute del cuore
In messaggi invano inviati
O in lacere lettere
Alla primavera incipiente e feroce
Nel plagio di parole d'amore
In espiate rime di peccato
Noi siamo qui per non essere
Crogiuoli di speranza e dolore
Osservatori incanutiti e incauti di torri svettanti
In terre battute da soli fugaci e venti brutali
Fili sospesi nel nulla
Gremiti di nere alate ombre
- Il loro vociare muto... -
Ofidi urlanti anfibi intelligenti memorie ancestrali
In acque che salgono e muoiono in sé
Erba smossa di versi scolpiti su lapidi ignare
Campi smarriti nella nebbia.
Due visi uguali, affranti
nell'indifferenza
Mute parole gialle nel tramonto arcaicoarancio
Le mani in tasca, come onde nascoste
e frementi in slow motion
Nuvole morte, cappelli della terra
Camicie bianche, inamidate di vuoto
Impermeabili dal bavero sollevato
senza macchia e con paura
Bottoni e cravatte galleggiano
sul corpo-lago di crateri solinghi
Tenebre sui volti
- cinica la tesa del cappello sugli occhi -
che avanzano
nella fissità immota del momento
senza sapere perché né dove
sui luoghi della violenza antica.
Dance me to the End of
Love-Danzami alla Fine dell'Amore
(da un dipinto di Jack Vettriano)
Danzami alla Fine dell'Amore
su un mare ghiacciato, aspro di solitudine
- sotto, un liquido trasparente baratro
dove muovono e muoiono
creature, abissali come giorni andati -
il sole di mezzanotte
che muta in laconica luna:
silenti musiche seguite
con gioioso terrore
e pose fisse, immutabili
in sguardi cuciti oltre il tempo
Danzami alla Fine dell'Amore
mentre il cielo è un'ombra
immantinente, di pandemia:
amaro sapore d'assoluto
grigia nuvolaglia di promesse svanite
coppie avvinte nel gioco del falso
Danzami alla Fine dell'Amore
allorché aloni spettrali
circonfondono e circoncidono
capigliature e seni in letti
di passione scompigliata, scompaginata
da parole in deriva
fra lenzuola ardite e ardenti
imbrattate di sesso e tradimenti
Danzami alla Fine dell'Amore
quando si diviene
statue di paura e ipocrisia,
recesso e segregazione,
e sotto i vestiti di seta e da sera
vecchi e macabri respiri-sospiri
rimandano all'attimo terminale
cristallizzato per sempre.
Meditazioni di una prostituta
La parete è giallo-fuoco:
arde come un astro impazzito;
il copriletto è rosso fiamma:
brucia ancor più.
Piacciono ai clienti,
anche a quelli da una-botta-e-via.
La mia anima è ustionata
- e nessuno lo sa -
dai troppi clienti nella notte ferina
- notte sola -
o nel giorno suadente
- giorno morto -
non so guardare più
lo specchio della vita
dove si riflettono gli occhi
della mia bambina:
non so dove sia finita,
- non l'ho mai saputo -
nel mio cuore è sempre scuro, ormai.
Piccola mia, figlia di un volto cancellato
dalle nebbie artificiali del ricordo,
figlia di un pene fra i tanti
nella galleria degli errori
e dei quotidiani orrori.
I miei occhi sanguinano
- preziosi e disprezzati -
Passione di ore e coiti ripetuti,
accovacciata sul parquet
consunto da troppi passi ignoti
o inchiodata al letto come martire in croce,
gambe aperte al loro piacere
e al mio dolore
- un parto al contrario, sempiterno -
di madre negata.
Osservo le fauci del nulla
nel mondo che si spalanca
al mio essere.
Vuoi uccidere il tuo nemico?
Carezzalo e bacialo.
I parlatori incantevoli riescono a distogliere - come nessuno - l'attenzione
dalle mani macchiate di sangue.
Sputano miele le labbra degli stupratori.
Un bacio appassionato è uno sputo dolce e profondo.
Il cielo è un mare di nubi rovesciate, il mare un cielo di onde: eguali le
profondità e le (in)trasparenze.
L'arte è sempre di parte. Meglio faziosa che leziosa?
La nostalgia è il proprio altrove.
Spesso sono tutto ebbro di nulla.
Ogni giorno desidera morire alla sua notte.
Ai potenti e ai demagoghi andrebbe messa una mordacchia spirituale.
La menzogna è il rifugio dei vili verso se stessi.
Testi tratti dai libri di Alberto
Figliolia Albalibri Editore Milano
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