PSICOLOGIA UMORISTICA


 

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Durante il percorso di civilizzazione, tale o presunta, della nostra umanità quasi tutti i filosofi hanno cercato di spiegare il fenomeno comico ed umoristico e l'origine del riso, senza tuttavia riuscirci definitivamente. Tuttavia un contributo tra i più significativi lo diede prorpio un medico e gurda caso il teorizzatore della psicanalisi,vale a dire il grande Sigmund Freud che nel suo famoso e bellissimo libro Il Motto di Spirito e le sue relazioni con l'inconscio analizzò ed interpretò proprio i fenomeni comici ed umoristici. Da allora gli studi sull'argomento si sono moltiplicati sino a dare origine ad una vera e propria branca di studi della psicologia.

Ridere è dunque veramente salutare e le implicazioni sociali e filosofiche che sottendono questo fenomeno sono importantissime. Si pensi che sono stati addirittura messi a punto vari tests per scoprire il livello di umorismo di una persona e quindi il suo atteggiamento nei confronti della vita. E' chiaro che avere informazioni di questo tipo può aiutare notevolmente chi ha a che fare con la psiche, sana o un po' turbata, delle persone. Vi sono anche diverse pubblicazioni che affrontano la questione da un punto di vista didattico e pedagogico, infatti un atteggiamento democratico ed umoristico aiuta ad abbassare la soglia di stress neglli studenti e ne favorisce quindi l'applicazione e lo studio.

Ma torniamo al nostro Freud, tra le altre cose uno dei più abili scrittori che la storia abbia mai avuto!  Freud ritiene appunto che l'umorismo sia una delle attività psichiche più elevate e ne analizza le sue diverse realizzazioni; noi ci soffermeremo sull'aspetto cinico del discorso in quanto l'umorismo è anche una forma di aggressività mediata, e sublimata nel linguaggio. per Freud dunque lo humor è un mezzo per ottenere piacere nonsotante le avversità dell'esistenza, è una forma di trionfo del nostro narcisismo, in cui l'IO rifiuta di lascarsi affliggere dalle difficoltà della vita. E' un antitodo contro la sofferenza, è un meccanizmo di rivolta e di protezione, di attacco e di difesa.

Per Freud dunque l'umorismo non è altro che un artificio con il quale la nostra psiche sfida il potere della vita e della morte e lo riduce quindi ad un gioco per ragazzi, buono appunto per riderci su! Senza approfondire il discorso si può comunque affermare sintetizzando che queste tecniche di natura psichica ci permettono di proteggere uil nostro amor proprio e la nostra dignità aggredendo con la facoltà della creatività linguistica chi ci insidia e magari ci blocca o ci ostacola nel raggiungimento di obiettivi ai quali teniamo. In questo senso l'umorismo diventa una forma di vendetta in cui sfoghiamo la nostra ggressività nei confronti di chi ci è ostile. Si potrebbe capire meglio il discorso analizzando la teoria della frustrazione elaborata nel 1939 da John Dollard e Neal E. Miller, psicologi della Yale University, ma questa, per il momento, non è la sede più opportuna.

Il senso dell'umorismo inoltre modera il calo delle difese immunitarie del nostro sistema quando siamo in una situazione di stress, e questa è una scoperta scientifica di Rod A. Martin, psicologo della Western Ontario University del Canada e anche in questo caso si potrebbe aggiungere che una risposta aggressiva nei confronti delle difficoltà dell'esistenza mette anche in rilievo il fatto che il nostro corpo, così come la nostra natura e incline alla lotta e alla competizione, per cui l'umorismo fa si che questa lotta si sviluppi più su un piano psichico, intellettuale che non meramente fisico. Certo le cose non sono sempre andate così, infatti questo è stato merito della nostra evoluzione.

In ogni caso è sempre meglio non dimenticare la nostra storia e le nostre origini, anche perché abbiamo sempre qualcosa da imparare dagli errori e dalla saggezza del passato. Non dimenticare il passato serve dunque a vivere meglio il presente e a migliorare il futuro. L'umorismo nero comuque ha delle sfumature molto complesse ed in questo si avvicina se non supera persino il modo di espressione della satira. In questa sezione dunque cercheremo di raccogliere un po' di materiale che abbia attinenza con il fenomeno umoristico, e che ci possa anche aiutare a migliorare, a criticare o a rpendere in giro anche la psicologia della nostra esistenza e di chi vuole a tutti i costi medicalizzarla. Non dobbiamo infatti scordarci che la verità per il momento non la possiede nessuno né i religiosi, né tantomeno gli psicologi.

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Una risata incontrollabile non sempre è il risultato di una barzelletta ben raccontata; in alcuni casi può essere causata da una patologia del cervello. Si tratta dell´aumento di dimensione dell´ipotalamo, una piccola ma importantissima struttura cerebrale. L´ipotalamo, infatti, ha un ruolo centrale nella regolazione della sete, della fame, delle emozioni ed è coinvolto anche nei processi che scatenano le risate. Chi presenta questo tipo di malformazione è soggetto ad attacchi di riso anche 15 volte al giorno. Alcuni pazienti trovano la cosa piuttosto piacevole: tuttavia, molto spesso questo disturbo è associato ad attacchi epilettici, che seguono a breve distanza di tempo le risate. Per questo motivo chi ne soffre si trova a vivere il momento delle risate con angoscia, in attesa dell´attacco epilettico. Uno degli aspetti più fastidiosi di questo tipo di disturbo, infine, sono le sue conseguenze sociali: ridere in faccia al proprio capoufficio, per esempio, può avere conseguenze davvero spiacevoli.
AGGRESSIVITÀ Aggressività: istruzioni per l'uso.

Nella vita ci vuole grinta, polso e denti aguzzi. Posso tenere le pantofole?

Le donne moderne sono così aggressive che spaventano gli uomini. Gli uomini moderni sono così in crisi che si spaventano da soli.

Il litigio in famiglia. La parola brusca in ufficio. Lo scatto di rabbia nel traffico. È male lasciarsi andare? No: vivere con grinta fa bene alla salute. Liberare l'ostilità aiuta a essere felici. Lo dicono gli psicologi. Un test, le regole e i consigli degli esperti per usare nel modo giusto la nostra anima guerriera.

Aggressività. La respiriamo per strada, in ufficio e sui giornali. C'è chi ci insulta se perdiamo il verde al semaforo e chi ci scavalca nella coda al supermarket. È una bellicosità diffusa, sinonimo di prepotenza. Ma aggressività e violenza sono proprio la stessa cosa? "No. Basta pensare al significato stesso della parola" osserva la psicoterapeuta Alessandra Lancellotti. "Aggressività deriva dal latino aggredior e significa letteralmente "andare verso". Questo termine, di per sé, non solo non ha un'accezione negativa ma indica una forza positiva, quella che spinge ciascun individuo ad affermarsi nella vita e, se necessario, ad affrontare con energia conflitti e "difficoltà". Insomma il bisogno di combattere è una risorsa che, se usata in modo corretto, può aiutarci a stare meglio con noi stessi e con gli altri. L'etologo Konrad Lorenz nel libro ll Cosiddetto Male definisce l'aggressività come istinto naturale, utile alla sopravvivenza della specie. In altre parole, una forza comune a uomini e animali. "Luomo può tradurla in energia costruttiva o distruttiva" spiega il sociologo Domenico De Masi. "A differenza dell'animale feroce che la usa per sfamarsi e difendere il territorio, noi possiamo scatenarla solo per pura crudeltà". Erich Fromm in Anatomia della distruttività umana definisce questa ostilità come "maligna, tipicamente umana, capace di uccidere per il piacere di farlo". Tra aggressività e violenza, quindi, esiste un confine molto sottile. Sta a noi cercare di non superarlo.

Le regole per uno scontro leale

Una giusta dose di aggressività aiuta a raggiungere molti obiettivi. Nella vita privata come sul lavoro. Donna Moderna ha chiesto alla psicanalista Anna Dell'Isola qualche consiglio per sfruttare in modo costruttivo questa parte di noi.

1) Se siete per natura persone inclini all'aggressività non vivete questa vostra tendenza come un handicap. Ogni volta che vi sentite ostili verso qualcuno, però, domandatevi le ragioni profonde di questo atteggiamento. Non fatene il vostro consueto codice di comportamento, ma cercate di utilizzare l'energia nel modo giusto.

2) Ricordate che l'aggressività non è mai l'unica risposta possibile. Perché esiste sempre la possibilità di risolvere i problemi senza ricorrere allo scontro frontale. Perciò valutate bene quando è il caso di aggredire e quando, invece, è più opportuno trattenersi.

3) Certe reazioni aggressive sono determinate da semplici malintesi. Perciò fate attenzione a sfogare la vostra ira solo se esiste un motivo reale. Imparate ad ascoltare gli altri: è il modo migliore per evitare aggressioni fuori luogo.

4) Liberare la propria aggressività è salutare. Badate, però, di rivolgerla esattamente contro l'oggetto che l'ha scatenata e di non riversarla, invece, su capri espiatori. Un esempio? Se siete tese perché il capufficio vi ha maltrattate, non aggredite il marito o i figli con la scusa che lasciano la casa in disordine.

5) Non rispondete con reazioni esagerate agli attacchi che ricevete. Rischiate un'esplosione di aggressività che può diventare incontrollabile.

6) Non lasciatevi intimorire dai ruoli e dalle gerarchie: neanche il vostro capo vi può togliere il diritto di dire francamente il vostro parere.

Cosa succede nel corpo quando ci arrabbiamo

Un litigio al semaforo, una discussione accesa, un momento di tensione nella vita di coppia. Qualunque sia la situazione che scatena l'aggressività, le reazioni del nostro organismo sono le stesse. Ci si sente tesi, il cuore comincia a battere più in fretta e, come si suol dire, il sangue sale alla testa. Ma come può uno stato d'animo tradursi in una reazione fisica? "L'aggressività attiva il sistema limbico, un'area del cervello che gestisce le emozioni" spiega Alberto Oliverio, neurologo. II cervello, quindi, aziona un meccanismo neurormonale che prepara l'organismo all'impegno psicofisico imminente: quello della scarica aggressiva. "L'amigdala, un piccolo centro nervoso del sistema limbico, invia un comando all'ipotalamo: questa ghiandola dell'encefalo produce una sostanza detta Crf (Corticotropin releasing factor)" spiega Gianluigi Gessa, psicofarmacologo. "Il Crf raggiunge le ghiandole surrenali e le induce a produrre due ormoni, l'adrenalina e il cortisone. La prima aumenta la frequenza del ritmo cardiaco e mette in tensione i muscoli, come per preparare il corpo a una vera lotta. Intanto il cortisone alza il livello di grassi e di glucosio nel sangue: in questo modo mette a disposizione dei muscoli un'alta dose di energia". Ogni arrabbiatura, quindi, provoca nell'organismo una vera tempesta chimica che si scatena in una manciata di secondi: E che, quando torna la calma, si esaurisce nel giro di pochi istanti.

La calma è la virtù dei forti, sostiene un vecchio detto. Eppure, secondo gli psicologi, ogni tanto arrabbiarsi fa bene. "Perché scarica lo stress accumulato e allenta la tensione" dice lo psichiatra Gianlorenzo Masaraki. "Mentre chi reprime l'aggressività può sviluppare disturbi psicosomatici, malattie che derivano da un disagio psicologico e assomigliano, nelle loro manifestazioni, al comportamento che le ha generate". Un esempio? Esistono persone che reprimono le loro idee quando sono in conflitto con quelle degli altri. La testa in questo caso può ribellarsi trasformando i pensieri scomodi in nevralgie. L'importante, allora, è evitare che l'atteggiamento psicologico e la relativa sofferenza fisica diventino cronici. "Saper accettare le proprie tendenze aggressive è il primo passo verso la guarigione" conclude Masaraki. Ecco alcuni tra i più comuni disturbi psicosomatici dovuti all'aggressività repressa.

TESTA
Una forte tensione repressa può provocare il mal di testa. Di solito si tratta di una cefalea acuta, di tipo muscolare, accompagnata da irrigidimento della nuca e del collo.

OSSA E MUSCOLI
Un'aggressività a lungo mascherata può determinare disturbi articolari cronici. Essendo sottoposti a una tensione costante, infatti, i muscoli e le articolazioni devono affrontare un superlavoro.

PELLE
Chi non accetta di manifestare apertamente la propria vitalità si chiude in una corazza. La pelle rappresenta questo guscio che protegge e nasconde. Psoriasi e acne, se di origine psicosomatica sono un modo per corazzarsi e ripararsi da se stessi e dagli altri.

APPARATO DIGERENTE
Gastriti, ulcere, coliti, stipsi: ecco i guai per chi somatizza a livello addominale. La colite, in particolare, è un disturbo tipicamente femminile con un preciso significato simbolico: la pancia, gonfia ma vuota, rappresenta in modo efficace una psiche altrettanto vuota, cioè incapace di trovare un'identità.

ALIMENTAZIONE
Anche la bulimia, cioè il senso morboso di fame che induce a ingozzarsi di cibo, può essere provocata dall'aggressività repressa. Può capitare, per esempio, che una ragazza, incapace di ribellarsi ai genitori, sfoghi tutto il suo rancore nel rapporto con il cibo. Perché farlo con le persone che ama sarebbe più doloroso.

APPARATO GENITALE
Il calo del desiderio può avere origini psicologiche. Alcuni casi di frigidità e di impotenza, infatti, sono la spia proprio di un'aggressività nascosta. Negare a se stessi e all'altro il piacere sessuale è un modo per fare del male all'altro e autopunirsi.

È una componente fondamentale del comportamento umano. Una pulsione, come la definiscono gli psicologi, cioè una spinta primitiva. Insomma l'aggressività è un po' come il bisogno di nutrirsi, di conoscere o di muoversi. Una carica di energia che chiede di essere espressa. E che può essere utilizzata bene o male: proprio come la dinamite che aiuta l'uomo a scavare gallerie nelle montagne ma può essere, allo stesso , tempo, un'arma capace di uccidere.
"II tipo di educazione ricevuta" spiega Paolo Bonaiuto, docente di psicologia generale all'università La Sapienza dì Roma "determina il modo in cui ciascuno di noi impara a manifestare la sua aggressività. In forma più aperta e impulsiva, o in modo mascherato. Se i genitori sono molto tradizionalisti, per esempio, inducono i figli a esprimere la loro rabbia solo attraverso i comportamenti più accettati socialmente. Come le battute ironiche".
L'aggressività meno condizionata dalle regole è naturalmente quella dei bambini più piccoli. Quando si irritano loro non esitano a mordere, tirare i capelli, picchiare. Una volta diventati adulti useranno solo in casi eccezionali un modo così primitivo e immediato di manifestare la propria rabbia. Lo faranno quando, per esempio, si troveranno di fronte a un carico di frustrazioni intollerabili. La perdita del posto di lavoro o il furto dell'auto sono momenti in cui viene voglia di distruggere tutto quello che ci sta intorno, situazioni nelle quali può avere il sopravvento la parte più istintiva di noi stessi. "Nella vita di tutti i giorni, invece, le regole sociali spingono l'uomo a scegliere canali meno esplosivi" specifica Bonaiuto. "Come il pettegolezzo, le battute sarcastiche, le fantasie a occhi aperti o, addirittura, i sogni in cui si immagina di fare del male a qualcuno". Nessuno quindi è privo di una carica aggressiva. Anche se ognuno la esprime in modo diverso a seconda del momento della vita e della propria personalità. L'importante è che ogni individuo sappia di avere questo potenziale dentro di sé. Lo accetti e non cerchi di reprimerlo troppo" aggiunge Bonaiuto. "Perché, usata nel modo migliore, questa carica di energia può diventare un'alleata per realizzare sogni e progetti. Pensiamo agli atleti. Quando entrano in competizione usano proprio un'aggressività positiva. Ed è la forza che li aiuta a vincere".
L'aggressività è anche uno strumento per tracciare dei confini. Saper dire di no, per esempio, innalza una barriera e delimita con forza uno spazio. "Quando ci si innamora si apre una porta per far entrare l'altro nel proprio universo" spiega Badiana Ravagliali, psicoterapeuta della coppia. "Si diventa un "noi". Ma è importante che i due "io" non si perdano e che ognuno mantenga anche la propria individualità. Un'aggressività misurata e usata al momento giusto serve a differenziarsi dall'altro.

Famiglia santuario di dolcezza? In realtà è proprio tra parenti stretti che l'aggressività si libera più facilmente. Se usata in modo consapevole può essere uno strumento utile per affrontare i problemi. Il guaio è che spesso diventa un modo per ferirsi e una via indiretta per comunicare disagi, rancori e ostilità che non si riescono a manifestare in modo più semplice. Per questo deve essere analizzata e capita. Perché non diventi una maschera dietro cui nascondere le difficoltà di un rapporto. Ecco tre situazioni a rischio, in cui un comportamento aggressivo è la spia di un problema.

Paroline che fanno male. I membri di una famiglia si conoscono cosi bene che possono ferirsi profondamente con una parolina. "Toccare argomenti caldi, un esempio per tutti la suocera, o rivangare qualche episodio spiacevole è un metodo per indurre automaticamente una reazione dell'ìnterlocutore" spiega Rodolfo De Bernart, psicoterapeuta della famiglia. "Queste provocazioni sono trappole in cui non bisogna cadere. Come? Evitando di rispondere in modo altrettanto aggressivo".
Basta un gesto. L'aggressività non ha bisogno di parole. Spesso in famiglia si manifesta anche solo con un gesto. Gli esempi più ricorrenti? "Non stirare più le camicie del marito o comportarsi distrattamente con la moglie" spiega De Bernart. "Atteggiamenti come questi manifestano una forte ostilità. Per risolvere il problema bisogna parlarne. Solo esplicitando il perché di questo rancore si arriva a sciogliere la tensione".
Il silenzio ostile. Tacere è un modo di essere aggressivi perché innalza una barriera tra sé e gli altri. "Un caso tipico è il silenzio degli adolescenti che si chiudono in se stessi convinti che nessuno li capisca: trasmettono così la loro rabbia verso un mondo che sentono nemico" dice lo psicologo della famiglia. "Se il silenzio è ostinato e provocatorio i genitori dovrebbero interrogarsi sul loro comportamento e mostrarsi più disponibili. Se i ragazzi, invece, evitano di parlare solo di alcuni episodi o situazioni probabilmente sono alla ricerca di un loro spazio di autonomia. Lasciateglielo".

II piccolo di casa lancia i giocattoli, morde la sorellina, piange e batte i piedi. L'aggressività infantile spesso viene scambiata per cattiveria o semplice capriccio. E invece è un segnale: il bambino sta costruendo la sua identità e definendo i confini tra sé e il mando. Nella prima fase l'aggressività è un modo per difendersi dalle regole dei genitori che impongono al piccolo di non sporcare, mangiare da solo e non fare i capricci: richieste che gli creano un grande carico di frustrazioni. "Tirando gli oggetti e pestando i piedi il piccolo urla la sua ostilità contro le regole della buona educazione" dice Alfio Maggiolini, psicologo. "Intorno ai due anni il bambino comincia a sviluppare forme di aggressività più simboliche. Usa le parola, i sotterfugi e i gesti". Comincia qui il cosiddetto periodo dei rifiuti. "Un bimbo di tre anni che dice sempre no non deve preoccupare. Sta semplicemente cercando una sua individualità" spiega Maggiolini. "L'aggressività è costruttiva. E i genitori devono assecondare le sue esigenze di autonomia a crescere con piccole concessioni che lo facciano sentire grande". L'ingresso alla scuola materna, infine, è il primo vero impatto del bambino con il mondo esterno, una nuova fonte di tensione. Comincia la competizione con i coetanei che può arrivare anche a spintoni e scontri fisici. "Piccoli conflitti da non drammatizzare" assicura lo psicologo. "A patto che non diventino eccessivi e frequenti".

A lei serve più grinta

Piglio deciso e idee chiare. La donna anni Novanta raccontata da giornali e spot televisivi è così: una signora che ha imparato a sfoderare la grinta per ottenere ciò che vuole.
Ma le cose sono veramente a questo punto? Ute Ehrhardt risponde di no. La psicologa tedesca è autrice di un libro che in Italia sarà pubblicato a febbraio da Corbaccio, il cui titolo suona più o meno come: Le brave ragazze vanno in cielo, quelle cattive dappertutto. Nel saggio la psicologa sostiene che la donna è ancora debole e cerca di conquistare successo e affetti usando la sua remissività.
"Non è proprio così" ribatte Valentina d'Urso, esperta di psicologia delle emozioni. "Qualche passo avanti rispetto al passato l'abbiamo fatto. Le donne hanno imparato a esprimere disagi e insoddisfazioni nella vita di coppia, in famiglia e anche sul lavoro". Ma non hanno ancora trovato un modo femminile di essere aggressive. "Perciò quando arrivano a posizioni dirigenziali si adattano a modelli maschili" specifica la D'Urso. Tendono ad approfittare del loro potere e a mettere la carriera in cima alla scala dei valori. La maggior parte delle donne, dunque, è ancora prigioniera del ruolo di madre e moglie sottomessa che la storia le ha cucito addosso. "Molte hanno ancora paura della loro rabbia" conferma Valeria Biasi, psicoterapeuta. "Soprattutto di quella verso i figli". Cosa potrebbero fare, invece? "Non reprimere la loro carica aggressiva ma esprimerla nel dialogo, abilità che possiedono da sempre." Suggerisce la D'Urso.

II capo che aggredisce e rimprovera di fronte ai colleghi solo per una piccola dimenticanza. II collega che, quando si lavora insieme crea un'atmosfera di lotta. II collaboratore che sta lì, con il fucile puntato, pronto a far notare errori e manchevolezze, anche se banali. Comportamenti come questi sono sicuramente stressanti, ma almeno aiutano a far carriera? "L'arma dell'aggressività in ufficio può funzionare solo quando è utilizzata per risolvere un problema o raggiungere un obiettivo preciso" risponde lo psicologo Armando Pintus del Centro studi relazionali di Milano. "Ma se si trasforma in uno stile di lavoro è controproducente". Un atteggiamento ostile, infatti, impedisce una corretta comunicazione. "Un boss che sottolinea solo gli errori dei suoi dipendenti, per esempio, instaura un clima negativo e alimenta una condizione di perenne disagio" dice Sergio Bevilacqua, psicosociologo del lavoro. II risultato? La gente è sempre in tensione e non si impegna, non dà spazio alla propria creatività. "Bisogna sviluppare la capacità di dialogo con collaboratori e colleghi" prosegue Bevilacqua. "Se si riesce a valorizzare le loro qualità e a renderli partecipi delle decisioni e dei progetti professionali, i risultati del lavoro d'équipe sono garantiti".
Ma se l'aggressività inquina i rapporti professionali, una remissività eccessiva può essere altrettanto controproducente. Molti censurano le loro idee e opinioni solo perché in disaccordo con quelle dei superiori. "Non è vero che ogni disaccordo è destinato a creare una frattura insanabile" afferma la psicologa Monica Rocco. "Anzi. Dal confronto tra opinioni diverse possono scaturire nuove soluzioni". II comportamento da adottare allora qual è? "Tra l'aggressività e la remissività esiste una giusta via di mezzo: l'assertività" risponde la psicanalista Anna Dell'Isola. "Bisogna cioè saper scegliere il momento giusto per proporre le proprie idee senza mai dimenticare gli altri e i loro bisogni".

Come rispondere ai dispetti dei colleghi

L'ufficio è spesso fonte di arrabbiature e scontri perché, lavorando gomito a gomito, le situazioni esplosive sono tante. Ma a volte sfogarsi non è conveniente e può creare molti problemi. Perciò sul lavoro bisogna più che mai esercitare la pazienza. E tenere a bada l'aggressività. Dario Toffanetti, psicologo, consiglia quattro comportamenti che funzionano. 1) In ogni ufficio c'è sempre una persona scontrosa e scontenta di tutto e di tutti. Come affrontarla? "Cercate di leggere tra le righe" consiglia Dario Toffanetti. "Se questa aggressività lascia trasparire qualche traccia di fragilità, tentate di rispondere in modo molto gentile. Se non reagite bruscamente alla sua scontrosità, l'interlocutore gradualmente passerà a un linguaggio e a comportamenti più morbidi. Altrimenti adottate la tecnica del muro di gomma". 2) Avete messo testa e cuore in un progetto impegnativo, ma alla fine il vostro partner di lavoro si è attribuita agli occhi del superiore tutti i meriti. "Non lasciate correre" suggerisce lo psicologo. "Chiarite al capo qual è stato il vostro contributo e reclamate la vostra parte di gratificazione". 3) Siete assunte da poco. Ma nonostante tutti i vostri sforzi i colleghi sottolineano continuamente la vostra incapacità di apprendere. "Questo atteggiamento è segno che il gruppo vi vuole mettere alla prova" dice Toffanetti. Un consiglio? "Scegliete una persona autorevole che vi faccia da supervisore. Vi aiuterà a capire i meccanismi del nuovo ambiente di lavoro". 4) La vostra posta si perde regolarmente. Non vi passano le telefonate. Per non parlare dei messaggi che non arrivano mai a destinazione. "Sono gli effetti tipici di una forma d'aggressività indiretta ma importante" osserva lo psicologo. "Fate presente le vostre esigenze a chi deve svolgere queste mansioni. Ma moderate i toni per non cadere voi dalla parte del torto.

Ogni giorno non mancano le occasioni per innervosirsi. E la frase cattiva, prima o poi, scappa. Ma diventare più equilibrati è possibile. "Ci sono persone più aggressive e altre più passive per natura" spiega Anna Dalaidi, psicologa cognitivo comportamentista. "Ci sono, poi, i tipi misti: l'aggressivo passivo che attacca sempre ma quando dovrebbe reagire si lascia soggiogare. E il passivo aggressivo che sopporta finché un bel giorno scoppia. II giusto atteggiamento è quello dell'assertivo che reagisce agli stimoli negativi senza eccessi". Ecco l'obiettivo da raggiungere. Ma come? "Molti attacchi sono un riflesso condizionato: succede per esempio che qualcuno ci rivolga la parola in modo sgarbato e che questo provochi una risposta ostile" dice la Dalaidi. "Esercitiamoci a riflettere sulla nostra reazione. Possiamo così rompere queste cattive abitudini e diventare più assertivi". Da sole o con l'aiuto di uno psicologo comportamentista, imparate una tecnica di rilassamento e allenatevi ad applicarla. Se riuscite a trattenere l'aggressione in otto casi su dieci l'obiettivo è raggiunto.

NEL TRAFFICO

"L'aggressività serve a essere meno aggressivi". Un gioco di parole o una provocazione? Niente di tutto questo, sostiene Paolo Crepet, psichiatra: "Sfogare l'aggressività aiuta a prendere contatto con questa pulsione che ognuno ha dentro di sé. Aiuta a ridimensionarla". L'importante è trovare il momento, il luogo e le situazioni adatte per liberarla senza provocare gravi danni. Ecco un esempio. Uscite dall'ufficio e vi trovate bloccate nel traffico dell'ora di punta. L'auto davanti a voi indugia e il semaforo torna rosso. Perdete la calma o restate impassibili? "Di solito in situazioni del genere si esplode se alle spalle si ha una giornata di stress intenso. Se, insomma, non si è in perfetto equilibrio psicofisico" spiega Paolo Crepet. "Oppure se si è persone fortemente aggressive per natura". Del resto, però, urlare contro il guidatore di un'auto che non può sentirci è uno degli sfoghi meno pericolosi. Perciò se serve a scaricare la tensione e ad arrivare a casa più tranquilli, ben venga. Se, invece, la reazione è frequente e sproporzionata allo stimolo bisogna provare a controllarla.

ALLO SPORTELLO

Avete fretta come sempre e l'impiegata dell'ufficio postale si distrae a chiacchierare con un collega mentre voi fate la fila. Ecco un'altra situazione calda. "L'aggressività è una forma di energia di cui ognuno è dotato fin dalla nascita" sostiene Anna Dalaidi, psicologa cognitivo comportamentista. "II bambino non è in grado di controllarla. Ma l'adulto dovrebbe avere acquisito la capacità di trattenere le proprie emozioni limitandone gli eccessi". Chi tende ad aggredire l'impiegato allo sportello, invece, dimostra di non avere acquisito bene i meccanismi dell'autocontrollo. E allora può essergli utile ricorrere a qualche piccolo espediente per imparare a dominarsi. Questi sono quelli suggeriti da Elio Gialloreti, psicoterapeuta cognitivo comportamentista. "Il luna park è un ottimo luogo di cura per chi è troppo reattivo" dice l'esperto. "Sparare al bersaglio o lanciare palle di gomma contro i pupazzi sono giochi innocui che scaricano la rabbia. E poi niente vieta di accompagnare questi esercizi con qualche fantasia. Immaginare che il pupazzo sia la persona con cui si è in conflitto aiuta a liberarsi di una carica negativa, evitando di riversarla in modo violento proprio su questa persona".

DURANTE LA PARTITA

La partita della domenica. In tivù o allo stadio. E poi le discussioni con gli amici, al bar o al lavoro. Fare il tifo per una squadra è una situazione che concentra e amplifica le emozioni. Per questo è facile che si scoppi quando la propria squadra perde. "Anche perché siamo sempre stati abituati a vivere le partite come un momento in cui scaricarsi, un porto franco in cui è concesso urlare, sbracciarsi e dimenticare il galateo" sottolinea Anna Dalaidi. "Se non degenera in violenza, il tifo sportivo è un ottimo modo per liberare la propria aggressività." Perciò non è il caso di preoccuparsi se il partner, per un pallone, si trasforma in dottor Jekyll: meglio allo stadio o davanti alla tivù che in casa o sul lavoro.

GIOCANDO CON GLI AMICI

Che sia in uno sport o in un gioco di società, quando c'è competizione l'atmosfera si scalda qualunque sia la cosa in palio, anche un albergo in Viale dei Giardini sul tabellone del Monopoli. "La competitività, però, non va confusa con l'aggressività" specifica Anna Dalaidi. "Può succedere invece che una semplice partita a carte sfoci in litigi o anche in attacchi fisici". Questo, però, accade solo a persone che non hanno imparato bene a sorvegliare le proprie emozioni. "Essere aggressivi nel gioco è segno di immaturità" conclude la psicologa. "Ma è anche l'indicatore di un'ostilità che non riesce a liberarsi in modo corretto. E che deve trovare una sana via d'uscita".

I gesti che raccontano le emozioni

Arrabbiato e pronto a esplodere? O remissivo e incapace di reagire? Non serve che il vostro interlocutore parli. Basta guardarlo per leggere il suo stata d'animo. "Il linguaggio del corpo è come una firma" sostiene l'antropologo Desmond Morris. Ecco come interpretarlo. AGGRESSIVITÀ. "Sguardo diretto e duro, fronte corrugata e mascella tesa indicano che è in corso un attacco spiega Luigi Anolli, docente di psicologia all'Università Cattolica di Milano. "Le labbra e il collo poi sono contratti. Mentre il tronco è leggermente spostato in avanti con le gambe divaricate, come per prepararsi a uno scontro fisico vero e proprio. II gesticolare rapido e nervoso, infine, segue e sottolinea le emozioni. REMISSIVITÀ. "La muscolatura di una persona molto remissiva sembra congelata sostiene lo psicologo Francesco Padrini. "Spesso il suo sguardo è rivolto a terra per evitare gli occhi altrui. E tutto il suo corpo tende a piegarsi verso il basso. Questo accade perché gli individui passivi faticano a occupare lo spazio, sia in senso fisico sia in senso psicologico. E cercano di stare nascosti perché vivono gli altri come giudici severi".

La moda, la bellezza, queste costanti tragiche della storia. Attraverso le loro manifestazioni, e le varie sfilate di modelle, autentici angeli sterminatori, si vede sempre sopraggiungere la guerra. Proprio come diceva il nostro Avida Dollars.

Le persone normali si aspettano di ottenere molte cose dalle relazioni sociali:
1. Una conversazione stimolante e interessante
2. Conoscenze prestigiose
3. Un senso di appartenenza al genere umano
Al contrario, gli ingegneri hanno obiettivi molto più razionali per le loro relazioni sociali:
1. Farla finita il più presto possibile
2. Evitare di venire invitati a qualche noioso ricevimento
3. Dimostrare la propria superiorità intellettuale e la padronanza di qualsiasi materia
Per un vero ingegnere, qualsiasi oggetto esistente nell'universo può venire inserito in una delle due seguenti categorie:
1. Oggetti che hanno bisogno di essere aggiustati.
2. Oggetti che avranno bisogno di essere aggiustati dopo che li avrete avuti in mano per qualche minuto.
Agli ingegneri piace risolvere i problemi. Se non ci sono problemi sottomano, gli ingegneri li creeranno. Le persone normali non comprendono questo concetto; pensano che "se non è rotto, non c'è bisogno di aggiustarlo". Gli ingegneri, invece, pensano che "se non è rotto, può essere migliorato".
I vestiti sono la cosa meno importante per un vero ingegnere, purché le soglie minime di decenza e di temperatura siano superate. Se nessuna estremità del corpo sta congelando, e se nessun organo genitale sta penzolando in piena vista, allora gli obiettivi del vestirsi sono stati soddisfatti. Tutto il resto è uno spreco.
Gli ingegneri adorano tutti i film e i telefilm di "Star Trek". Non bisogna meravigliarsi di questo, poiché gli ingegneri sull'astronave Enterprise sono ritratti come degli eroi, e di tanto in tanto fanno perfino sesso con gli alieni. Ciò è molto più attraente della vita reale dell'ingegnere, che prevede normalmente il sesso senza la partecipazione di altre forme di vita.
Ottenere un appuntamento non è mai facile per un ingegnere. Una persona normale metterà in atto varie strategie per sembrare attraente; gli ingegneri, invece, non riescono a ritenere l'aspetto fisico più importante della funzionalità.
Fortunatamente, gli ingegneri hanno un asso nella manica: sono ampiamente riconosciuti come materiale da matrimonio di qualità superiore. Sono intelligenti, affidabili, onesti, hanno un lavoro, e sono comodi per cambiare le lampadine. Sebbene sia vero che molte persone normali non vorrebbero mai avere un appuntamento con un ingegnere, tuttavia la maggior parte di loro ospita un intenso desiderio di diventarne amici, in modo da poterne poi sfruttare l'influenza per produrre figli-ingegneri, che avranno lavori ad alto stipendio molto prima di perdere la loro verginità. Per questo motivo, gli ingegneri maschi raggiungono il picco della loro attrattiva sessuale più tardi delle persone normali, diventando irresistibili macchine da sesso tra i 35 e i 50 anni. Se non ci credete, guardate a questi esempi di persone sessualmente irresistibili con una professione tecnica:
1. Bill Gates
2. MacGyver
3. Eccetera
Gli ingegneri sono sempre onesti quando parlano di tecnologia e di relazioni umane. Per questo motivo, è una buona idea tenerli lontani dai clienti. Tuttavia, talvolta gli ingegneri "piegano" la verità per evitare lavoro, dicendo frasi che suonano come bugie, ma tecnicamente non lo sono, in quanto nessuno sano di mente le prenderebbe per vere. La lista completa delle bugie degli ingegneri è riportata qui sotto:
1. "Non cambierò nulla nel progetto senza avvertirti."
2. "Ti riporterò questo prezioso e introvabile cavo entro domani mattina."
3. "Ho bisogno di attrezzature più moderne per svolgere il mio lavoro."
4. "Non sono geloso del tuo nuovo computer."
LEI TI HA MAI DATO IL 2 DI PICCHE?
15 modi bastardi di rispondere ad un uomo per fargli capire che non ti interessa:

UOMO: Non ci siamo gia' incontrati da qualche parte?
DONNA: Si, lavoro alla reception della clinica specializzata nelle malattie venere

UOMO: Non ti ho gia' visto da qualche parte?
DONNA: SI, e' per quello che non ci vado piu'.

UOMO: Questa sedia e' libera?
DONNA: Si, e' quest'altra lo sara' anche se ti siedi.

UOMO: Allora, andiamo da me?
DONNA: Non so. Ci sono due posti nel bidone dellla spazzatura?

UOMO: Andiamo da te o da me?
DONNA: Tutti i due. Io vado da me e tu vai da te.

UOMO: Vorrei tanto chiamarti. Qual'e' il tuo numero?
DONNA: E sull' elenco telefonico
UOMO: Ma, non conosco nemmeno il tuo nome…
DONNA: Anche quello e' sull'elenco.

UOMO: E cosa fai di mestiere?
DONNA: Sono un travestito.

UOMO: Di che segno sei?
DONNA: Divieto d'entrata

UOMO: Come ti piacciono le uova per collazione?
DONNA: Non fecondati.

UOMO: Dai, non me la raccontare, siamo tutti I due in questa discoteca per le stesse ragioni.
DONNA: Infatti, per rimorchiare le fighe.

UOMO: Sono qua per farti realizzare I tuoi desideri nascosti
DONNA: Vuoi dire che hai un asino e un dobermann a casa tua?

UOMO: Voglio donarmi a te
DONNA: Mi spiace, non accetto la bigiotteria

UOMO: Potessi vederti nuda, morirei felice
DONNA: Puo' darsi, ma se io ti vedessi nudo, morirei dal ridere

UOMO: Andrei in capo al mondo per te…
DONNA: Si, ma sapresti anche starci a lungo ?

UOMO: Come fai ad essere così bella?
DONNA: Il contrario di quello che fai tu
Cosa fare quando la donna con cui sei ti chiede:
A COSA STAI PENSANDO?

Ogni uomo al mondo ha dovuto confrontarsi almeno una volta con questa domanda. Il più delle volte questa salta fuori nei momenti meno opportuni, come quando state guardando la partita, siete stretti in un abbraccio appassionato o state salpando un battagliero marlin dalle acque del Golfo del Messico. Qualunque cosa stiate facendo dovete replicare con una risposta completa e soddisfacente, o sarete accusati di Nascondere I Veri Sentimenti. Il che significa, ovviamente, passare la settimana successiva con la coda tra le gambe. Quindi, dovete uscirvene con qualcosa. E deve essere convincente.
Ora, la domanda che sorge spontanea è: PERCHÉ le donne vogliono sapere a cosa pensiamo? Semplice: suppongono che innanzitutto pensiamo. Incredibile!

Perché mai pensano questo? Bene, andate da una donna e chiedetele a cosa sta pensando. Io l’ho fatto, ed ecco il risultato:
Principalmente, sto pensando alla festa che darò Sabato, e come farò a sistemare quel candeliere nell’ingresso in modo che la gente non ci picchi la testa passandoci sotto. Poi sto pensando al mio programma di lavoro per la settimana e se avrò il tempo di sbrigare anche le faccende di casa. E inoltre mi chiedo se non sia troppo tardi per i biglietti del nostro viaggio di Natale. E poi sto pensando di prepararmi uno spuntino.”

Lei non solo sta pensando a qualcosa: sta pensando a quattro cose contemporaneamente! Se glielo richiedo tra cinque minuti, lei starà ancora pensando. Le donne pensano sempre, e spesso ad argomenti pratici.

Gli uomini, invece, pensano attivamente solo per cinque minuti all’ora (e non consecutivi, generalmente). Quindi, nella migliore delle ipotesi, avete una possibilità su 12 di trovare un uomo che stia effettivamente pensando. A cosa pensiamo?

1. Sesso
2. Cibo
3. Le canzoni di Sanremo
4. Calcio
5. "Starsky e Hutch"
6. Sesso
7. Lavoro
8. Il nero e sconosciuto mistero della creazione che circonda la nostra esistenza, e se una forza benevola ed onnipotente possa permearlo. Oppure, un bicchiere di quello buono.
9. Dormire
10. Sesso

In conclusione, chiedendo a caso ad un uomo a cosa pensi si ha esattamente una possibilità dell’8,3% di ottenere un pensiero vero, verificabile ed onesto. Potreste con pari possibilità scommettere al totocalcio.

Sembra strano? Bene. Allora, a cosa state pensando? Dovete pensarci su, vero?

Nonostante l’evidente constatazione che gli uomini, di fatto, non pensano quasi mai, le donne continueranno comunque a chiedere di conoscere i loro pensieri più intimi. Da una parte è commovente perché le donne esprimono la fiducia che gli uomini, se opportunamente e frequentemente stimolati, possano aumentare la frequenza dei pensieri. E raggiungeranno lo scopo, anche se purtroppo il nostro pensiero più frequente sarà "Piantala di chiedermi a cosa sto pensando". E saranno guai.

Il modo migliore per impedire ad una donna di chiedervi continuamente a cosa state pensando è di avere pronte ogni volta delle risposte preconfezionate. Eccone qualcuna, vera e sperimentata, con i suoi pro e contro.

"Sto pensando a come sarebbe bello rimanere stasera insieme a casa davanti al fuoco."
Pro: Romantico. Sembra sincero
Contro: Richiede un caminetto (od un pavimento ignifugo ed un sistema di ventilazione). Momenti romantici aumentano la probabilità di domande del tipo "A cosa stai pensando?"

"Sto pensando a quanto ti amo."
Pro: Di solito provoca una risposta positiva che non abbisogna di ulteriore conversazione; in alcuni casi è anche vero.
Contro: Se abusate della risposta, lei si accorgerà del trucco e allora saranno guai seri.

"Mi stavo chiedendo se ci sia vita su altri pianeti."
Pro: Evidenzia profondità di pensiero cosmico.
Contro: Lei potrebbe pensare che sia il preludio alla stessa "ufomania" che ha fatto franare la sua precedente relazione.

"Stavo immaginando, se fossi un animale, che animale sarei."
Pro: Fantasioso; la impegna per un certo tempo a cercare la giusta collocazione nel regno animale.
Contro: Potrebbe pensare ad una somiglianza alla marmotta o alla puzzola, oppure potrebbe attraversare tutto il regno animale fino ad arrivare ai microrganismi.

"Stavo pensando a cosa significano veramente le parole di ‘Dust in the wind’."
Pro: Mostra profonda conoscenza musicale; come ultima risorsa, se la conversazione langue, potete sempre cantare.
Contro: Se lei è una conoscitrice del rock anni ‘70, potrebbe finire in una complicata discussione sulla diversa profondità di "Dust" e "Dream On" degli Aerosmith

Ricordate comunque che queste risposte non devono mai prendere il posto di un pensiero vero, se c’è. Se vi trovate ad averne uno nel momento in cui lei ve lo chiede, tiratelo fuori senza paura, a meno che non sia qualcosa del tipo "Chissà se il Milan ha segnato" o "Adoro il pollo fritto". Con un po’ di pratica dovreste raggiungere risultati accettabili.

Ma questo è solo quello che penso!
Je peux, donc je suis

Celui qui se croit sans pouvoir sur sa propre vie peut en mourir par Henri Lepan

Tout étudiant a appris que la première certitude affirmée par Descartes est celle du " Je pense, donc je suis " Mais l'homme puise-t-il fondamentalement son sentiment d'identité aux sources de la pensée ?
    Rìen n'apparaissait moins súr déjà aux yeux de Maine de Biran, pour qui l'expérience privilégiée du moi était celle de l'effort volontaire. Si l'effort révèle l'homme à lui-même, dit Maine de Biran, c'est parce que le corps fait partie du sujet et que, ce corps, il faut le mouvoir avec effort. Cette analyse fait répliquer au cogito cartésien : " Volo, ergo sum ".
    Mais, comme certains existentialistes et phénoménologues nous l'ont rappelé, l'homme se définit aussi par son intentionnalité, par ses pouvoirs sur le monde, et l'expérience la plus tragique qu'il lui soit donne de vivre se traduit dans un constat d'impuissance : " Je ne peux pas ".
    En somme, parce que l'identité se découvre, se vit dans l'action, " Je peux " et " Je veux " constituent les expériences essentielles de l'identité.

POURQUOI LES CHIENS SE RESIGNENT A RECEVOIR DES CHOCS ELECTRIQUES

Nombreux sont les observateurs de la vie sociale qui dénoncent l'étendue des sentiments d'impuissance et de désespoir dans la société industrielle. M. Selman en fait une composante fondamentale de l'aliénation. Dans une société où le travail en miettes, la bureaucratie, la technocratie sont si envahissants, où tout est prévu, pianifié, où l'on subit les ettets scientifiques et techniques, on a l'impression d'être manipulé et d'avoir peu de prise sur les événements. La révolte individuelle ou collective, le suicide ou l'absorption de tranquillisants pourraient résulter de cette attitude. Certains s'inquiètent particulièrement pour la jeunesse qui souffrirait d'une absence de projets. Les jeunes ont besoin d'agir, de viser des objectifs sans lesquels leur vie n'a pas de sens et sans lesquels ils sombrent dans l'existentialisme et le refus.
    R.B. White observe déjà chez l'enfant un besoin non seulement de s'adapter à l'environnement, mais aussi de le changer, de te maitriser. Il le discerne dans l'avidité avec laquelle l'enfant explore son environnement physique et social, ainsi que dans ses expériences pour voir les effets qu'il a sur son entourage et les effets de ce dernier sur lui même. Toute notre vie, pour conserver l'espoir et l'envie d'agir, nous devrons pouvoir croire que ce que nous faisons peut influencer le cours des choses, et l'une de nos plus grandes joies nous vient du fait que nous nous percevons comme des agents actifs et capables. Si nous pouvons découvrir des relations causales entre les événements, ils prennent un sens; si nous sommes capables de prévoir les événements, le chaos et l'incertitude font place à l'ordre et à la régularité; enfin, si par nos actions orientées, intentionnelles, nous pouvons contróler les événements, nous en tirons un sentiment de maîtrise active plutôt que de dépendance et de soumission au monde extérieur.
    On a souvent décrit des cas d'échecs répétés, de désespoir aboutissant à des sentiments d'impuissance et à la résignation. II se trouve que des psychologues ont découvert en laboratoire des réactions analogues d'impuissance chez les chiens. Dans une expérience, M. Seligman et ses collaborateurs attachèrent des chiens dans des harnais avant de leur envoyer des chocs électriques. Ils les placèrent ensuite dans une boîte à deux compartiments séparés par une barrière; ils s'attendaient à ce que les chiens apprennent à réagir à la lumière signalant le choc électrique….. vedere l'esperimento……..insegnare a ribellarsi……
Le sentiment d'impuissance est proche du comportement depressif……

REVENGE IS SWEET How to get even without breaking the law by Joe Blake

Porgere l'altra guancia quando si ha subito un torto non è da tutti. Anzi, a volte vendicarsi fa bene. È quanto sostiene Philip Seldon, scrittore newyorkese che per insegnare la tecnica dell'occhio per occhio ha messo su una vera e propria scuola.


In a primary school on Manhattan's Upper East Side, a group of people gather for an extraordinary evening class. For $ 29 ($ 75 for one-to-one counselling) they are being taught the sweet art of revenge. "Vengeance is mine: I will repay, saith the Lord." Not according to Philip Seldon, a 54 year old writer who has collected enough material on exacting revenge to create his own course. How to Get Even Without Breaking the Law, which is also the title of a forthcoming book.
"The reason for revenge - I prefer to call it "getting even" - is to make you feel better", say Seldon. More than 50% of the students attending his course are looking to "get even" with former lovers. "The best way to find out if your girlfriend or boyfriend is cheating on you", advises Seldon, "is to call them up and say they've won an expenses paid holiday for two to the Caribbean. If they don't invite you, you know they're being unfaithful."
Much of Seldon's advice concerns the law and how to keep on the right side of it. Students have to know what constitutes harassment, slander, vandalism and personal injury. Don't start making obscene or threatening phone calls, bacause that's a crime. Also don't send black roses or leave dead fish on their doorstep as these can be implied as death threats. Instead, you have to know you target's weaknesses and exploit them. Never threaten your target, continues Seldon. "Be your target's best friend, so you can learn things about them and find out if they're doing anything illegal or unethical".
What satisfaction do people get from your course? Well, what I teach is it's really best to forget it and move on with your life. But if what someone's done to you has bothered you so much that you're losing sleep, you can't work right, you're obsessing about it all the time, it's very good therapy to get it out of the system. So that when you do something to get your own sense of justice, it - one - gets it out of your system; helps you regain your sense of self-esteem and self-respect; and allows you to move on with your life. So this is not revenge for revenge's sake, this is getting even so that you can become a whole and complete person again.
Let's take a typical new York City Problem: how would you advise someone to deal with someone who - a neighbour - who was terribly noisy and inconsiderate? Well, the thing to do is to tape all the noise they're making on a tape recorder and the moment they get quiet play it back at the loudest volume that you can. Same thing with loud parties; the party goes on to four in the morning, call them up at eight in the morning when they're trying to sleep and talk to them about the party.
Another foundamental aspect of revenge is "Biding Time". Vale a dire saper aspettare. La vendetta infatti è un piatto dolce che va servito freddo.

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Le seguenti pagine saranno riempite al più presto, nella miglior tradizione della "satura" latina e  nostrana!! Non scordatevi dunque di venire presto a trovarci. Ciao, ciao !!!

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