UTILE
PREMESSA
At the University RKansas (URK!), we're proud to be helping politicians and social policy
makers reach their goal: 100% stupidity, with zero tolerance for reason !!
No longer will our peerless leaders have to labor under any burden of vestigial
rationality; no longer will they merely waste your tax money; with the help of the URK's
Artificial Stupidity Labs' improved methods of misinformation, psychological manipulation
and physical control, they will now be able to use your taxes to create an atmosphere of
dishonesty, injustice and intolerance, superior to, and slightly more efficient than, that
which caused the "RED MENACE" to sink under it's own weight! [1].
The recently declassified results of our Pilot Project indicate a smashing success,
despite public apathy and ignorance[2]: in the past ten years, the number of U.S. citizens
incarcerated in State and Federal prisons has doubled to become the highest per-capita
rate of any country in the world[3], and the crime rate has not gone down at all[4]! We
should therefore be able to continue the causative policies until everyone is safely
behind bars or murdered, including YOU, dear reader!
The Artificial Stupidity Labs of the University of RKansas
As ye olde English folksong sez:"Just as every cop is a criminal, and all the
sinners saints, as heads is tails just call me Lucifer, 'cause I'm in need of
some restraint" SULLA STUPIDITA' DELLE ISTITUZIONI
(Politiche ed accademiche) William Hazlitt
Le istituzioni sono più corrotte e più guaste degli individui, perché hanno più potere
per fare del male, e sono meno esposte al disonore e alla punizione. Non provano né
vergogna, né rimorso, né gratitudine, e neanche benevolenza. La coscienza individuale o
naturale del singolo componente viene soffocata (non possiamo avere un principio morale
nel cuore degli altri), e non si pensa ad altro che a dirigere meglio lo sforzo comune
(liberato da scrupoli inutili) per ottenere vantaggi politici e privilegi, da spartirsi
poi come bottino. Ciascun membro raccoglie il profitto, e rovescia la colpa, se c'è,
sugli altri......Se uno dei membri solleva un'eccezione del genere opponendosi al gruppo,
viene subito zittito, si fa il sangue cattivo, e non conclude niente: viene considerato un
intruso, una pecora nera nel gregge, e lo cacciano via, oppure lo obbligano a sottostare
alle convinzioni e ai desideri di coloro ai quali si è associato e che si aspettano la
sua cooperazione. Le sottigliezze del giudizio individuale sono assegnate a una
commissione, che le vanifica, mentre i progetti e gli interessi dell'istituzione trovano
un segreto, ma potente appoggio nell'amor proprio dei diversi membri. Rimostranze e
opposizioni non danno frutti, sono fastidiose, irritanti. Non portano a nulla. Conformarsi
al modo di vedere della compagnia è necessario tanto per continuare a essere considerati
socievoli, quanto per avere una vita tranquilla......Così restringe la vaga e
insignificante qualifica di Uomo nel più enfatico titolo di Cittadino onorario e
Assessore Comunale. Sente che gli obblighi verso l'umanità indefinita si allentano sempre
più, man mano che si lega più strettamente ai nuovi impegni. A mano a mano perde di
vista senso e sentimenti comuni, immerso com'è tra litigi, intrighi, beghe e arie:
meschinità che ormai lo coinvolgono intimamente e a cui attribuisce enorme importanza. E'
diventato un altro. "La società gli deve veramente molto per quest'ultimo
affare"; cioè, per qualche squallido inghippo, qualche manovra sottobanco per
usurpare i diritti del prossimo, o per calpestarne le ragioni. Nel frattempo mangiano,
bevono e gozzovigliano insieme. Affogano nei boccali di una pinta tutte le piccole
animosità e le inevitabili differenze d'opinione. Le lagnaze della moltitudine si perdono
tra il rumore delle stoviglie e i "lunga vita al re!", sbraitati alle riunioni
trimestrali, o ai pranzi offerti dal sindaco.........
Da queste piccole debolezze, e dai «risvegli di coscienza», i membri sono efficacemente
protetti dalle regole e dai regolamenti della loro società e dallo spirito che la domina.
L' individuo è la creatura di tutti propri sentimenti, il gingillo dei propri vizi e dell
proprie virtù. E' rivestito di un abito multicolore come il buffone in Shakespeare, ma le
istituzioni son rivestite di una uniforme morale: non hanno senti menti complessi, la
debolezza è trasformata in sistema, «le malattie diventano merce». Del naturale e
genuino impulso personale viene ammesso soltanto quel tanto che è comprensibile alla
coscienza collettiva dei membri, o che risulta utile agli interessi (veri o presunti),
all'importanza, alla rispettabilità e ai fini dichiarati della società. Oltre questo
confine l'energia è bloccata, la coscienza disseccata, e tutta questa massa inerte è
come una torpedine che paralizza i migliori sentimenti e indurisce il cuore. Si dice che
il riso e le lacrime siano i segni caratteristici dell'umanità. Il riso è abbastanza
comune nelle alte sfere perché dà risalto per contrasto alla recita dell'austerità, ma
chi ha mai visto un'istituzione pubblica in lacrime? Sol un affare o qualche furfanteria
può tenerli seri per più di dieci minuti consecutivi.
Queste sono le qualifiche e il tirocinio necessari a un uomo per essere tollerato in
un'istituzione, dove però è ammesso come una semplice unità numerica, conta zero. Per
essere un capo o un dittatore deve essere diplomatico nella sfacciataggine e delicato nel
lavoro più sporco. Non deve semplicemente conformarsi ai pregiudizi correnti, deve anche
adularli. Non deve solo essere insensibile alle richieste di moderazione e di equita, deve
gridare forte contro di esse. Non soltanto deve lasciarsi coinvolgere nel complotti
e negli intrighi più spregevoli, dev'essere anche infaticabile nel fomentarli e nel
seminare zizzania. Non solo deve ripetere le menzogne, ma inventarle. Fare discorsi e
scrivere programmi, dedicarsi ai desideri e agli scopi della società, esserne la
creatura, lo sciacallo, il ficcanaso, il portavoce, il suggeritore. Deve essere pratico di
processi, di rinvii, di privilegi, di tradizioni, di luoghi comuni, di logica e retorica,
di tutto, fuorché di buon senso e di onestà. Deve (come dice Burke) «vuotarsi delle sue
viscere naturali e riempirsi di miserabili, sudici fogli di pergamena riguardanti i
diritti» di pochi privilegiati. - Dev'essere un'essenza concentrata, un rappresentante
ben truccato e incipriato dei vizi, delle assurdità, dell'ipocrisia, della gelosia,
dell'orgoglio e della presunzione del suo partito. Un individuo del genere, a forza di
intrigare, darsi importanza e distribuire lodi sperticate, adulando i presenti, e
denigrando gli assenti, prestandosi alle debolezze di alcuni, e incoraggiando le cattive
inclinazioni di altri, ìn una società ristretta passerà per un grand'uomo. l'età non
migliora la moralità delle pubbliche istituzioni. Si attaccano sempre più tenacemente ai
loro piccoli privilegi, e alla loro insensata credenza di essere importanti. L'ostinazione
aumenta di pari passo con l'indebolimento.........Lo scopo inevitabile di tutte le
istituzioni culturali non è di diventare sapienti, o di insegnare la sapienza ad altri,
ma d'impedire a chiunque altro di diventare o sembrare più sapiente di loro. In altre
parole, la loro infallibile tendenza è, in fondo, di soffocare le indagini ed oscurare il
sapere, mettendo dei limiti alla mente dell'uomo, e dicendo al suo fiero spirito:
"Fin qui arriverai, e non oltre!"
Sarebbe un esperimento istruttivo pubblicare la lista dei lavori pubblicati nel corso
dell'anno dai membri delle università. C'è da fare qualche tentativo per abborracciare
un sistema sbilenco in campo legislativo e politico, o circa il governo della Chiesa? Ci
pensa un membro dell'università. Bisogna compiere una riflessione su qualche argomento da
lungo tempo esaurito «incuranti della
vergogna, e dell'error della ragione»? Ci pensa un membro dell'università. Viene
annunciato un progetto per conservare gli antichi pregiudizi adattandoli per opportunismo
a usanze moderne? JA progetto è di un membro dell'università. Così ogni anno ci arriva
una fornitura fissa di Rimedi contro il calo dei titoli obbligazionari, Pensieri sui mali
dell'educazione, Trattati sulla predestinazíone, ed Elogi di Malthus, tutti da un'unica
fonte, e tutti dello stesso tenore. Se venissero da qualsiasi altra parte nessuno li
degnerebbe di uno sguardo, ma hanno l'Imprimatur della noia e dell'autorità: sappiamo che
sono innocui, e così vengono esposti nelle vetrine dei librai e letti (nell'intervallo
tra un'opera di Byron e un romanzo scozzese) nelle città sedi di vescovadi e nei borghi
vicini!
Suppongo e so che nelle più moderne istituzioni per l'incoraggiamento delle belle arti le
condizioni sono pressappoco le stesse. Non si pensa agli scopi ma ai mezzi; le regole
prendono il posto della natura e del genio; intrighi, beghe e lotte per graduatorie e
precedenze sopraffanno lo studio e l'amore per l'arte. Un'Accademia Reale di pittura è
una specie d'ospedale o d'infermeria per le stranezze del gusto e della spontaneità, un
luogo di sosta nel quale l'entusiasmo e l'originalità si fermano e stagnano per non
spandere più la loro influenza: invece dovrebbe essere una scuola che incoraggi il genio,
un tempio dedicato alla fama. Tutti quelli che si agitano, strisciano e pregano per
ottenere un posto, vivono poi sugli attestati di merito fino alla vecchiaia, dopo la quale
è raro che se ne senta più parlate. Se capita fra di loro un uomo veramente capace, che
segue la sua strada, non conta niente. Consigli, risoluzioni, discorsi, votazioni: mai che
compaia il suo nome. Se si presenta con progetti e idee per il bene dell'Accademia e per
lo sviluppo dell'arte, viene subito trattato come un visionario, un fanatico con idee
ostili all'interesse e al credito dei membri della società. Se incoraggia gli allievi a
dipingere soggetti storici, fa diminuire all'istante le entrate dei professionisti, che
sono quasi tutti (per volontà di Dio) pittori di ritratti. Se elogia l'arte antica e i
classici antichi, credono che sia spinto dall'invidia verso i pittori moderni e i talenti
naturali. Se poi insiste sulla conoscenza dell'anatomia perché la ritiene essenziale al
disegno, sembra che voglia implicitamente criticare i nostri eminenti disegnatori.
Qualunque piano, suggerimento o discussione che abbia come oggetto i propositi generali e
i principi dell'arte, viene ostacolato, disprezzato, messo in ridicolo e calunniato,
perche dà l'impressione di ledere i profitti e le pretese della grande massa dei
rispettabili e prosperosi artisti del paese. Questo suscita irritazione e risentimento da
tutte le parti. L'ostinazione delle autorità costituite cresce di pari passo con la
violenza, e la stravaganza
degli oppositori, e danno tutta la colpa alla follia e agli sbagli che loro stesse hanno
provocato o aggravato. Ogni cosa è un fatto personale, non una questione di pubblico
interesse, e percio la dignità dell'istituzione entra in gioco più quando è minacciata
dai passi
falsi e dalle sbadataggini dei suoi membri, che quando si tratta di promuovere i loro
obiettivi comuni e dichiarati........
Sappiamo che esiste tra i ladri un senso d'onore, ma pochissima onestà verso chi non è
dei loro. Il loro senso d'onore consiste nel dividere equamente il bottino fra di loro,
non nell'acquistarlo onestamente. In genere non si tradiscono l'un l'altro, ma tendono
agguati a uno straniero, o spaccano la testa ad un viandante. Danno l'allarme se uno dei
loro covi corrre pericolo di essere scoperto, e si sosterranno a vicenda fino a versare
l'ultima goccia di sangue per difendere i loro illeciti guadagni. Eppure formano una
società, e sono rigorosamente responsabili della loro condotta tanto l'uno verso l'altro,
quanto verso il loro capo........
Gli eccessi ai quali va soggetta hanno origine appunto da quella mancanza di previsione e
di sistema che è la prova della rettitudine e della bontà che anima le sue intenzioni.
In breve, l'unica classe di persone alla quale non si può rivolgere l'accusa di essere
disonesta o corrotta è quella società composta di individui che va in genere sotto il
nome di popolo! Indice Pagina Indice Forum
IL SERVILISMO
DEGLI ACCADEMICI. Francesco Alberoni
Francesco Alberoni, recentemente, nella sua rubrica "Pubblico e Privato" che
tiene sul Corriere della Sera ha inteso incorniciare: "Ecco che cosa ti aspetta se
vuoi insegnare all'Università". Nel mondo universitario l'imperativo tra gli
accademici è uno solo, vale a dire la carriera. La carriera universitaria docente,
sostiene Alberoni nel suo articolo, produce: "dipendenza, incertezza e
servilismo". Tutto nasce in realtà dal cosidetto sistema di esplicita cooptazione
dei docenti che, sempre secondo Alberoni, così si esemplifica: "Il laureato di
solito, incomincia la carriera universitaria con un assegno di ricerca. Decide una
commissione giudicatrice. In realtà il professore (ordinario) che presenta il suo
candidato, e i suoi colleghi lo promuovono in quanto lui promette di promuovere uno di
loro. Così il giovane incomincia a lavorare con quel "maestro" da cui
dipenderà, d'ora in avanti, tutto il suo futuro. Dopo un tirocinio di alcuni anni, gli
dicono di prepararsi al concorso statale per diventare Ricercatore. Qui la commissione è
eletta da tutti i professori italiani della materia, con un meccanismo elettorale
complicatissimo che, però, è governato da un ristretto gruppo di potere politicamente
orientato, e decide in anticipo chi dovrà essere promosso e chi no. Perciò al nostro
giovane andrà bene solo se il suo maestro è inserito nella cordata giusta. Mettiamo che
riesca. Ora è diventato Ricercatore. Ha circa 35 anni, uno stipendio da fame e deve
aspettare tre anni per la conferma. Tre anni sulle spine. Ma è la regola: deve sempre
sentirsi sotto giudizio, chinare la testa, fare il bravo.
Dopo qualche anno, se ha fatto le ricerche gradite ai superiori, lo autorizzano a
partecipare al concorso di professore associato. Anche questa commissione giudicatrice
nazionale viene eletta dallo stesso gruppo di potere che ha scelto quella del concorso
precedente ed ha già stabilito, in anticipo, chi vincerà e chi no. Supponiamo che lo
facciano vincere. È sui 45 anni e deve fare altri tre anni per avere la conferma. Quindi
pazienza e prudenza. Passa altro tempo e, al nostro amico, resta solo l'ultima tappa,
quella di professore ordinario, la più difficile. Ora deve assolutamente essere nella
cordata giusta, aver dato le giuste garanzie politiche, non avere nemici ed essere stato
inserito con molto anticipo nell'elenco di coloro che saranno promossi. Se si comporterà
proprio per bene può farcela, entro i 55 anni. Più i soliti tre anni per la conferma.
Così, verso i settant'anni sarà finalmente libero di creare e di scrivere quello che
pensa, prima di andare in pensione a 65". Alla fine Alberoni conclude con
un'esortazione fatta al ministro dell'università: "Signor ministro, mi creda, oggi
chi fa carriera universitaria in Italia è come un cane tenuto al guinzaglio per tutta la
vita. Una condizione umiliante. Ma non sono gli uomini ad essere malvagi, sono sbagliate
le regole, le istituzioni. L'autonomia non esiste, la concorrenza non esiste, le elezioni
del CUN (Comitato Universitario Nazionale) e delle commizzioni dei concorsi sono manovrate".
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PECORE E
UNIVERSITA' Carl William Brown
In genere all'università si sta bene, ed i
docenti universitari sono chiaramente dei privilegiati, sui quali potremmo dirne veramente
delle belle e prima o poi ne diremo di certo, ma in questa occasione riportiamo in parte
la lettera di un professore che insegna alla sapienza e che è apparsa su un quotidiano
nazionale nello spazio dedicato alle lettere dei lettori. "..........Voglio
darvi qualche indicazione sulla mia Facoltà: Lettere. Come tutte è sovraffollata e
squallida. Il dipartimento di Italianistica (il più gande e gremito) affoga da decenni in
una sopraelevazione con muratura di plastica, sempre più scomoda, pericolosa e
fatiscente; il glorioso "Teatro Ateneo" è chiuso e dimenticato. La Facoltà è
governata da nove anni da un Preside, ......., che non ha mai scritto un libro ( ve ne
sono tantissimi in Italia di questi personaggi) e si vanta di essere il primo allevatore
di pecore della provincia di Roma. Gli altri professori sono in maggioranza, quelli che lo
hanno eletto te volte. E comunque, che si riconoscano nella "dirigenza" o meno,
formano una massa di tenuta dalla colla sistemica dei legami familiari, di ogni tipo, e
dai loro intrecci ed alleanze......Il resto della lettera, come l'inizio del resto,
invitata a non iscriversi alla Sapienza, forse in questo modo l'allegro docente spera di
poter lavorare un po' meno, ma questa è solo un'ipotesi. Indice Pagina
Indice Forum
LA STUPIDITA' DEI
CONCORSI Autori Vari
Anche la vecchia pelliccia pende al vecchio chiodo e mi
ricorda le sciocchezze che insegnai, allora, a quel ragazzo e delle quali egli, un
giovanotto ormai, si nutre ancora oggi. O cappa dal lungo pelo, mi prende veramente il
desiderio di darmi, ancora una volta unito a te, l'importanza del docente, come quando si
pensa di aver completamente ragione. Ai dotti ciò riesce, al diavolo è passata la voglia
da un pezzo. (Scuote la pelliccia che ha tirata giù dal chiodo. ne vengono fuori tignole,
scarafaggi e farfallette.)
Mefistofele
Ahimè!, ho studiato, a fondo e con ardente zelo, filosofia e giurisprudenza e medicina e,
purtroppo, anche teologia. Eccomi qua, povero pazzo, e ne so quanto prima.
Già, quello che si chiama sapere! A chi è permesso chiamar le cose con il loro nome? I
pochi che ne capirono qualche cosa e, abbastanza ingenui, non frenarono l'empito del loro
cuore e rivelarono alla folla i loro sentimenti e le loro visioni, li hanno sempre messi
in croce o sopra un rogo. Vi prego, amico, è notte fonda, per questa volta dobbiamo
interrompere.
Prima parte'della tragedia
Notte
Una piccola stanza gotica, con una volta alta Faust, inquieto, sulla sua poltrona, davanti
al leggio
FAUST. Ahimè!, ho studiato, a fondo e con ardente zelo, filosofia e giurisprudenza e
medicina e, purtroppo, anche teologia. Eccorni qua, povero pazzo, e ne so quanto prima!
Vengo chiamato Maestro, anzi dottore e già da dieci anni meno, per il naso, in su ed in
giù, in qua ed in là, i miei scolari. E scopro che non possiamo sapere nulla! Ciò mi
brucia quasi il cuore. Ne so, è vero, un po' più di quelli sciocchi, dottori, maestri,
scribi e preti; non mi tormentano né scrupoli, né dubbi, né ho paura del diavolo o
dell'inferno. Però mi è stata tolta in cambio di ciò ogni gioia; non mi metto in capo
di sapere qualcosa di buono, non mi illudo di poter insegnare qualcosa, di saper render
migliori o convertire gli uomini. Oltre a ciò non ne ho né beni, né danari, né onori,
né le pompe del mondo. Nemmeno un cane potrebbe continuare a vivere cosi. Mi sono dato
pertanto alla magia, se mai il potere o la parola dello Spirito mi rivelassero qualche
segreto. Per non dover dire, dopo così amare, sudate fatiche, quello che non so, per
poter scoprire ciò che, nel profondo, tiene insieme l'universo e contemplare ogni attiva
energia ed ogni primitiva sostanza e smetterla di rovistare nelle parole.
J.W. Goethe
L'UNIVERSITA'
E LA FINZIONE DEI CONCORSI
L'università italiana ha molti meriti, ma anche tanti difetti, quantomeno se confrontata
con altre università occidentali. Un difetto grave è che essa è in parte finta, non in
senso denigratorio, ma nel senso proprio: di una cosa più apparente che reale, o che
appare come non è. Sono finti certi professori, che lavorano più fuori che dentro
l'università (debitamente autorizzati!); finti molti studenti, che non frequentano i
corsi e sono presenti solo agli esami (senza loro colpa, perché sarebbe impossibile
ospitarli tutti se decidessero di frequentare); finte molte riunioni plenarie di organi
accademici, dove si discute di problemi in realtà già decisi in riunioni più ristrette;
finti spesso i rapporti tra docenti, e così via. Nel nostro sistema universitario il
progressivo sviluppo del principio di apparenza rispetto a quello di realtà si è legato
al progressivo sviluppo della quantità rispetto alla qualità. Fino a poco tempo fa,
erano abbastanza veri i concorsi universitari (almeno quelli di I e II fascia), perché,
essendo pochi nel tempo e centralizzati, di solito si svolgevano in un regime di reale
concorrenza. ma il nostro legislatore deve aver pensato che i pochi e veri concorsi
costituivano un'anomalia nel quadro di un sistema universitario ormai inflazionato e
sempre più tendente verso il principio della finzione. Allora ha elaborato un nuovo
regime concorsuale (l. 210 del 1998) che, con un ingegnoso pasticcio fra centralismo e
autonomismo, ha prodotto concorsi numerosi e rigorosamente finti. Una serie combinata di
fattori (l'appetito localistico di molte università, la triplice idoneità, il sistema
delle commissioni, la facilità del voto di scambio, la chiamata diretta degli idonei ed
il minor costo per le facoltà nella chiamata dei docenti interni rispetto agli esterni)
ha dato come risultato la eliminazione totale della concorrenza, sia fra i commissari che
fra i candidati. In altri termini, una riforma in in nome dell'autonomia ha avuto un esito
paradossale: un'autonomia senza competizione e senza responsabilità, e quindi senza
qualità. L'aspetto più curioso è che quasi tutti i colleghi criticano il nuovo
meccanismo concorsuale, ma pochi protestano a voce alta. molti per rassegnazione, ma forse
anche perché tale meccanismo in fondo torna comodo, permettendo ad ognuno di poter
sistemare facilmente i propri allievi (preferiti). Oppure perché in alcune discipline
consente a ristrette oligarchie ben organizzate di controllare le elezioni dei commissari:
cosa che il sorteggio o la commissione unica nazionale rendeva ben più difficile.
Conclusione: anche nell'università, come altrove, la quantità ha più successo della
qualità, e i ricercatori validi, cresciuti fuori dall'università, non avranno più
chances di essere cooptati.
Riccardo Pisillo Mazzeschi Univ. di Siena
Francesca Farabollini Univ. di Siena
Riccardo Fubini Univ. di Firenze
Giorgio Chittodini Univ. statale di Milano
Da un articolo di giornale
Tutti sanno che Carlo Rubbia è nato in Italia e ha vinto il premio Nobel. Non tutti
invece sanno che Carlo Rubbia non avrebbe mai potuto, in base alle leggi esistenti, essere
chiamato per chiara fama a insegnare in una università italiana: non tutti sanno,
infatti, che alla fine degli anni sessanta il giovabe Rubbia, bocciato in un concorso a
cattedra, scelse di insegnare ad Harvard, dove restò per 19 anni, dopo i quali ha assunto
una posizione eccellente al Cern di Ginevra. Ora la legge è cambiata e Rubbia ha potuto
così diventare professore all'università di Pavia per chiamata diretta. Il caso di
Rubbia potrebbe innescare una benefica reazione a catena, convincendo altre università a
reclutare altri studiosi degni di questo nome e a rimettere in movimento la ricerca e la
didattica.
Si creerebbe un clima di buona competizione tra gli atenei, verrebbe potenziata la
mobilità dei docenti, si indebolirebbero le antiche ma tenaci forme di lottizzazione. E,
in una università meno rigida e più aperta al mercato, si creerebbero quelle
opportunità per i giovani che, negli anni passati, sono state sacrificate alle cordate
dei portaborse e dei mediocri. Forse, il Comma 112, in cui si dichiara la possibilità di
una chiamata diretta di eminenti studiosi non solo italiani che occupino analoga posizione
in un'università straniera o che siano insigniti di alti riconoscimenti scientifici in
ambiti internazionali, è il segno di un'inversione di tendenza.
Messina, retata nell'ateneo. Le cosche gestivano corsi ed esami, arrestati anche medici e
docenti.
Secondo i Pm i professori erano collusi o intimiditi. Solo una parte ha resistito.
L'ateneo sempre al centro degli interessi mafiosi. Agguati, estorsioni e l'omicidio di un
professore. Lezioni e canne mozze, il supermarket degli affari.
P.S. In ogni caso la storia di
Carlo Rubbia non è che l'eccezione che conferma la regola, infatti molti validissimi
studiosi non hanno mai ottenuto una cattedra universitaria in Italia, si ricordi per
esempio il caso di Zeri, ma anche all'estero non scherzano, si veda per esempio il caso di
Peirce.
CHARLES SANDERS PEIRCE
Charles Sanders Peirce (Cambridge, Massachusetts, 1839 -
Milford 1914) filosofo statunitense. Al padre Benjamin, famoso matematico della Harvard
University dovette soprattutto la sua grande cultura fisico-matematica, e alle proprie
letture quella logico-filosofica. Dopo aver frequentato Harvard per due anni, dal 1859 al
1891, lavorò per il servizio geodesico e costiero degli stati uniti. Si considerò
soprattutto un logico e tentò invano di ottenere una cattedra di questa disciplina; né
riusci a pubblicare La grande Logica, la sola opera da lui portata a termine. Ebbe solo
alcuni incarichi annuali di logica e filosfia della scienza all'università John Hopkins
di Baltimora, al Lowell institute di Boston e nella stessa Harvard. Visse gli ultimi
vent'anni isolato e poverissimo e lasciò una massa di manoscritti, acquistati dalla
Harvard University. Essi furono parzialmente pubblicati, insieme agli articoli più
importanti sparsi in varie riviste. La logica è intesa da Oeirce in senso così lato da
includere anche questioni psicologiche, gnoseologiche, metafisiche e perfino teologiche.
Due sono le dottrine logiche fondamentali da lui opposte sia alla logica aristotelica
kantiana, sia a quella hegeliana: la semiotica, o dottrina dei segni, e la faneroscopia, o
dottrina delle categorie........
Il significato concettuale di "durezza" (cioè la sua verità non astratta), per
esempio è espresso dalla seguente proposizione generale condizionale: "Se una certa
sorta di sostanza è sottoposta a una certa sorta di azione ne conseguirà una certa sorta
di risultato conforme all'esperienza sinora acquisita"...e in generale "il
concetto di tutti i possibili effetti prodotti da un oggetto è il concetto completo di
quell'oggetto". Soprattutto a causa di questa tesi Peirce è considerato il fondatore
del pragmatismo. A differenza di James, pone l'accento non sulla singola azione, o sul
risultato immediato, o sulla volontà di credere, ma sulla generalità delle persuasioni
via via raggiunte, e continuamente verificate e corrette, dalla comunità dei ricercatori,
ossia sulla razionalità e chiarezza delle nostre idee, condizione prima della loro
operatività. La ricerca, o interpretazione, collettiva dell'esperienza procede
all'infinito, sempre più approssimandosi, mediante l'autocorrezione, all'interpretazione
finale, ossia alla verità, tuttavia mai raggiunta.
Primo è il caso, lo spirito, l'eterno presente, la pura possibilità logica, la coscienza
immediata; secondo è la necessità, la materia, il passato, l'attuazione, l'esperienza;
terzo è l'evoluzione, l'abitudine, il futuro condizionale, la potenzialità,
l'interpretazione. Frammentario e spesso oscuro, ma profondo e originale, il pensiero di
Peirce è all'origine non solo del pragmatismo, ma di tutte le correnti più vive della
filosofia americana contemporanea: dal realismo critico alla filosofia dell'emergenza,
dall'empirismo logico al comportamentismo, alla filosofia del linguaggio. Notevoli anche i
suoi contributi di logica matematica, in specie la teoria delle matrici. Nynfa Bosco
TALENTI PERDUTI
L'ostracismo al nobel Rubbia, un nobel bocciato dall'università italiana. E' la storia di
Carlo Rubbia, tornato in Italia nel 1997, dopo 30 anni di ostracismo da parte degli atenei
del nostro paese.
Nel 1993 il Nobel Dulbecco lanciò un appello contro la fuga dei giovani ricercatori
all'estero. I migliori se ne vanno, nell'università italiana non si può lavorare.
In vent'anni l'Italia ha perso centinaia di scienziati. in una ricerca del 1989 i
ricercatori emigrati negli States denunciavano: "Cacciati dai baroni
dell'università".
Chi emigra non torna. per molti ricercatori riapprodare in Italia è impossibile: gran
parte dei titoli esteri non servono come curriculum per la carriera universitaria.
Uno dei casi più recenti di fuga scientifica è quello di Antonio Giordano, medico
italiano che in Usa ha scoperto un gene anti-cancro. Non torno, troppa burocrazia.
Antonio iavarone racconta il caso di nepotismo che l'ha obbligato a varcare l'oceano. Da
noi la bravura non paga ce ne siamo dovuti andare. Ad allontanarci dall'Italia, racconta
Iavarone, è stato un vero e proprio caso di nepotismo. Già nel 95 a Roma le ricerche
avevano dato i primi importanti risultati.....poi il primario di oncologia pediatrica, il
professor Renato Mastrangelo, ha cominciato a renderci la vita impossibile. Ci imponeva di
inserire il nome del figlio nelle nostre pubblicazioni scientifiche. Ci impediva di
scegliere i collaboratori. non lasciava spazio alla nostra autonomia di ricerca. per
alcuni anni abbiamo piegato la testa. sono circa 25 le pubblicazioni illegittimamente
firmate dal figlio del professore. Poi, un giorno, all'inizio del 99 abbiamo denunciato
tutto. ne hanno parlato i giornali e le radio. da quel momento, era chiaro, non potevamo
più mettere piede nel laboratorio, ce l'avrebbero fatta pagare. Il professore infatti ci
ha fatto causa per diffamazione e ha scritto decine di lettere ai colleghi per mettere in
ridicolo le nostre accuse. I vertici dell'università cattolica hanno fatto quadrato
attorno a lui......Noi siamo emigrati ed il figlio del professore ora lavora col padre ed
insegna in diverse scuole di specializzazione della cattolica.
Parla il medico Paolo Cornaglia Ferraris, autore di Camici e Pigiami
E' vero, i concorsi di casa nostra li vincono figli, mogli e nipoti.... Che dimensione ha
il fenomeno? Per rendersene conto basta leggere gli annunci pubblicati sulle riviste
scientifiche internazionali che cercano di attrarre docenti e ricercatori, offrendo
cattedre e direzioni di laboratorio. Non c'è mai un annuncio italiano. Perché? Non c'è
interesse ad affidare le cattedre ai migliori, perché possono far ombra a chi ha già una
posizione dominante e potrebbero conquistare le risorse finanziarie destinate alla
ricerca. Tutto a danno della qaulità della ricerca. una qualità che dovrebbe essere
attentamente valutata da chi eroga i finanziamenti: sanità e ricerca scientifica, per
evitare frodi scientifiche. Esistono commissioni di verifica? Certo, nelle università
americane sono molto attente e severe. Da noi non esistono. Negli usa chi firma una
ricerca deve dimostrare qual è stato il suo apporto specifico al lavoro. Qui si infilano
i nomi in base a quello che dice il direttore e c'è una lotta furibonda. A lei è
successo? Si, ecco perché sono stato cacciato fuori. I miei guai sono cominciati quando
mi rifiutai di aggoiungere nei miei lavori scientifici i nomi dei protetti del direttore
del dipartimento.
Gli Usa sono al primo posto fra le mete dei cervelli in fuga dalle università italiane,
seguiti da francia e gran bretagna. pochi invece scelgono il giappone. I ricercatori che
lasciano l'Italia sono soprattutto ingegneri e fisici, poi medici e biologi.
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I PRIVILEGI
DEI DOCENTI UNIVERSITARI
Intervista al ministro, a conclusione del nostro forum "Basta col fuori
ruolo, sì agli incentivi per chi produce"
Zecchino spara a zero sui prof. "Poco lavoro, troppi privilegi" di
Sabina Minardi
ROMA - Ne ha per tutti, il ministro Ortensio Zecchino: in primo luogo, si dichiara
contrario ad alcuni storici "privilegi" dei docenti universitari, come la
pensione molto ritardata (attraverso il meccanismo del "fuori ruolo") o le
troppe poche ore lavorative (350, meno della media europea); e poi prosegue accusando
l'eccessivo "ipergarantismo" del sistema, che di fatto ha congelato il
licenziamento per assenteismo reiterato. Ma non basta. Accettando di rispondere alle
domande di Repubblica.it, a conclusione del forum "I professori devono lavorare di
più", il responsabile dell'Università, nel governo di Massimo D'Alema, annuncia
anche alcune future riforme: ad esempio, l'introduzione della valutazione dei
"prof" da parte degli studenti; o la creazione di meccanismi di controllo
sull'attività didattica effettivamente svolta, pur escludendo il cartellino da timbrare.
E quanto alle retribuzioni, Zecchino lascia poche speranze alla categoria: "Gli
stipendi attuali sono adeguati - sostiene - ma bisogna dare incentivi solo a chi produce
di più".
La maggior parte dei partecipanti al nostro forum ritiene che il tempo dedicato dai
docenti all'insegnamento sia in genere troppo poco, o comunque più breve rispetto al
resto d'Europa...
"E' un fatto oggettivo. Il numero di ore che i docenti europei dedicano
all'insegnamento è più alto delle nostre 350 ore".
Lei ha dichiarato recentemente che "bisogna elevare la soglia dei doveri dei docenti
e del loro tempo dedicato alla didattica". Nel disegno di legge approvato di recente
dal Consiglio di ministri non c'è, però, alcun riferimento ad un aumento del numero di
ore per l'insegnamento...
"No. Quel disegno di legge riguardava la valutazione. Questo è un problema più
complesso a se stante".
In che senso?
"Nel senso che non potevamo, in quella sede, elevare soltanto il numero di ore.
Occorre una ridefinizione dello stato giuridico dei docenti. Che non poteva, però,
avvenire nell'ambito di quel disegno di legge".
E a che punto è la definizione dello stato giuridico, che i docenti attendono da tempo?
"E' un'operazione alla quale mi accingo. Ma i problemi sono numerosi, complessi, e le
posizioni molto diversificate: sul tema potremmo aprire un altro forum".
Dunque, non sarà una questione risolvibile nel giro di poco tempo...
"Vede, è dal '68 che resiste l'idea del docente unico. E molte convinzioni sono dure
a morire. Stiamo mettendo a fuoco un'ipotesi operativa".
Insomma, lei non ritiene sufficiente il vecchio minimo delle 350 ore. Solo che non era
quella la sede legislativa più appropriata per stabilirlo...
"Esatto. Anzi, io ritengo urgente la questione del minimo. Noi oggi abbiamo una
distinzione, tra docenti a tempo pieno e docenti a tempo determinato, che non ha più
senso. Intanto, perché il 93 per cento dei docenti è a tempo pieno. E non si può
seriamente dire che quel 93 per cento faccia più di quella che è la soglia minima
imposta al restante 7 per cento dei docenti".
"Perché i professori universitari non sono soggetti a controlli, perché l'orario
dei lavoratori deve essere controllato attraverso procedure come il timbrare
cartellini?". Così scrive un nostro lettore, lei che ne pensa?
"Il problema del cartellino è una finta battaglia. Ci sono diverse categorie di
persone che non timbrano il cartellino. E credo che neanche i professori dovrebbero
timbrarlo. Altrimenti, per un'esigenza egualitaria, l'introduzione di questo sistema
dovrebbe riguardare tutti i lavoratori. Credo che siano indispensabili certi meccanismi di
controllo. Ma non credo che lo siano strumenti come il cartellino".
Ha già in mente questi altri meccanismi di controllo?
"Li stiamo valutando. Ma non è la mancanza del cartellino che caratterizza
negativamene il docente".
"Cos'è il lavoro di un docente universitario? Esiste il pensiero ad ore? Esiste la
ricerca sperimentale 8-17?", si domanda un nostro lettore. Crede sia davvero
possibile davvero "misurare" l'attività didattica?
"Certo. E i sistemi di valutazione sono da anni oggetto di studio. Come gli esami
degli studenti tendono a radiografare le capacità e la preparazione con una certa dose di
convenzionalità negli schemi di giudizio, così sarà anche per la valutazione dei
docenti".
"I professori lavorano moltissimo, ma per loro stessi. Anzi, sfruttando la qualifica
di "prof" per triplicare il loro onorario". Molti partecipanti al nostro
forum sostengono che i docenti italiani hanno troppi altri incarichi. Non andrebbero
stabilite precise regole di incompatibilità?
"Anche qui entrano in gioco i problemi legati allo stato giuridico. Perché molte
volte sarebbe un impoverimento della cultura del docente precludergli totalmente
l'esercizio della professione. Io sono per una verifica dell'attività didattica, in modo
che non patisca compressioni da attività professionali".
Insomma, attività professionale sì, purchè non condizioni l'insegnamento.
"Il problema è che oggi nessuno controlla effettivamente quanta attività didattica
si svolga. Per una tradizione di eccessiva autonomia dei singoli docenti di organizzare il
proprio corso. Anche questa delle incompatibilità sarà una questione affrontata al
momento di definire lo stato giuridico dei docenti".
"Nelle nostre università gli ordinari frequentemente muoiono in cattedra, nel senso
che continuano ad insegnare in pratica fin quando ne hanno voglia. La loro età di
pensionamento è notevolmente superiore a quella dei comuni lavoratori dipendenti"...
Secondo lei, i docenti universitari vanno in pensione troppo tardi?
"Sì. Credo che il fuori ruolo debba essere ormai considerato un privilegio da
rivedere".
"Oggi un preside, un presidente di corso di laurea o di diploma, o anche un Rettore
non può prendere provvedimenti nei confronti di docenti inadempienti". Davvero non
si può licenziare per assenteismo reiterato?
"Gli strumenti per assumere provvedimenti severi esistono. La verità è che noi
veniamo da una lunga stagione di protezione pansindacale, che vale non solo per gli
universitari ma per tutti i lavoratori. E' un fatto culturale: dalla difesa del più
debole siamo passati a forme di garanzie rigide che hanno obiettivamente portato a degli
abusi. Questo ipergarantismo non sempre rende possibile la esemplarità di alcuni
provvedimenti".
Molti lettori accusano "quelli che tengono più cattedre, togliendo così la
possibilità di inserimento agli altri", "quelli che non insegnano ma stanno in
congedo, tenendosi il posto indefinitamente in caldo". Insomma, l'opinione comune è
che i docenti godano di "privilegi esagerati". Che ne pensa?
"Che l'università sia un regno incontrollabile per vocazione antica, dove
l'ipergarantismo ha trovato la sua espansione massima".
Lei ha proposto che i docenti siano valutati anche dagli studenti. In che modo gli
studenti potranno dire la loro sulla qualità e la capacità d'insegnamento dei
professori?
"L'organo di valutazione di ciascuna università dovrà avvalersi anche dell'opinione
degli degli studenti, attraverso meccanismi di monitoraggio. Ovviamente questo non
significa che deve fondare il giudizio solo sulle opinioni degli studenti, perché sarebbe
fuorviante."
E gli studenti, che strumenti avranno per esprimersi?
"Saranno le singole università ad organizzarsi. Nella legge è scritto solo che deve
trattarsi di opinioni 'raccolte sistematicamente'. Potranno essere, per esempio, schede
distribuite ai ragazzi a fine anno".
"So già dove andranno le incentivazioni prospettate dal ministro: ai soliti
maneggioni lobbisti che hanno fatto dell'Università il loro feudo personale". Così
ci scrive un ricercatore universitario. Come replica?
"Dicendo che i soldi andranno agli atenei, che li destineranno poi ai docenti. Io mi
auguro che il sistema degli incentivi possa funzionare. Ma l'incentivo è per chi fa di
più rispetto alla soglia del dovere".
Secondo lei gli stipendi dei docenti, finora, sono stati troppo bassi?
"Non credo. Anche rispetto ad altre retribuzioni pubbliche, non darei un giudizio
negativo. Mi pare che siano adeguati alle funzioni svolte. Noi ora, con il sistema degli
incentivi, abbiamo voluto correlare gli stipendi alla resa". Indice Pagina
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DOCENTI
UNIVERSITARI E CONCUSSIONE. (Un caso)
Premessa
Messaggio recuperato da un forum
E' ora di dire basta a queste disuguaglianze !!!!
Popolo dei prof. mobilitatevi !!!!!!!
Le università fanno contratti e ci insegna Costanzo (con tutto il rispetto, manca solo
Laurenti) mentre i prof. di scuola sono contestati.
Basta con queste lobby e questi giochi di potere.
Gente svegliatevi e date una occhiata agli atenei!!!
I prof. arrivano quando vogliono e fanno ciò che vogliono.
A scuola invece non si sgarra.
APRITE GLI OCCHI!
W i PROF DI SCUOLA!!!!!!
Grazie
Messaggio recuperato da un forum
'sta storia dei dottorati, perfettamente corretti nella forma e truccati nella sostanza,
perchè tanto all'orale quando esponi il tuo progetto il prof. è libero e sovrano di fare
passare il suo cocco beh questa è una cosa che affratella tutti i prof. universitari i
quali si comportano come una casta chiusa a riccio (e in questo caso comunisti o fascisti
non importa, non è questione di colore ma di casta). Io dottorati per questi non ne
faccio sono una gran presa per il sedere...comunque ora se sei disposta a pagare 2 o 3
milioni all'anno puoi fare quelli senza borsa..cioè se davvero ti serve per lavoro il
titolo di dottorato, se no lascia perdere sono soldi buttati che tanto i prof. al corso di
dottorato rimasticano le solite vecchie lezioni che fanno comunemente all'università.
della serie ora capite perché zeri, il più grande storico dell'arte italiano di questi
ultimi hanni non ha mai avuto una cattedra in Italia...
Camerino, video hard in ateneo - il professore perde la cattedra
CAMERINO - E' stretto nell'ascensore della Procura della Repubblica, ma sembra ancora in
cattedra. "Voi giornalisti - dice severo - dovete praticare più attentamente la
virtù della temperanza". Per non essere bocciati, meglio consultare il Nuovo
Zingarelli. "Temperanza - spiega il vocabolario - è la capacità di moderarsi
nell'appagare i propri bisogni, istinti, desideri e appetiti".
Non è male, il pulpito di Camerino dal quale arriva la predica. Il professor Ezio
Capizzano, 66 anni, è stato infatti indagato per concussione, per avere esercitato la
propria autorità al fine di ottenere favori sessuali. Ci sono film che lo ritraggono sul
tappeto del suo ufficio, dentro all'ateneo, in compagnia di studentesse. La telecamera era
nascosta sotto la scrivania. Lui, per ora, ha replicato da vero signore. "Può
succedere che siano le studentesse a farsi avanti. Se un uomo capisce che una donna ci
sta, e che si deve tirare indietro?".
Tutto per "amore", ovviamente. E per spiegare quali strani meccanismi scattino
fra una studentessa e un professore, ha mostrato una foto di festa di laurea, con una
ragazza che si appoggia a lui, maglia aderente e senza reggiseno. "E che vuol dire
questo? Non è chiaro?". Ancora non sa, il professore, che non potrà più rientrare
nell'università.
Ieri pomeriggio si è riunito il Senato accademico, che già lo aveva sospeso. "Dalle
sue dichiarazioni, non smentite - dice il magnifico rettore, Ignazio Buti - abbiamo
appreso che questo docente ha compiuto atti sessuali dentro all'università, e con
studentesse sue allieve. Sembra fra l'altro che oggetti come il videoregistratore e altro
siano di proprietà dell'ateneo. Questa è davvero una grave lesione al prestigio che un
docente deve tenere come il patrimonio più prezioso. Il Senato, che aveva concesso due
anni di proroga al pensionamento dopo il compimento dei 65 anni, revoca tale
autorizzazione e il professor Capizzano è da oggi fuori ruolo".
Certo, l'ateneo di Camerino avrebbe preferito altra pubblicità. "Questo è il nostro
666esimo anno accademico - dice il rettore - e siamo pieni di storia. Il professor
Capizzano? Ero già qui quando lui è arrivato nel 1971. Uno pieno di iniziative. Certo,
si vociferava che fosse molto attratto dal gentil sesso, ma in tanti anni nessuna accusa
concreta. Quando mi chiedevano referenze, riferivo di questa attrazione particolare e
basta. Cosa potevo dire?".
Piccola città, bastardo posto, canterebbe Guccini. Camerino ha 7.500 abitanti e 2.500
studenti residenti, e quasi nessuno ora può dire: io non sapevo nulla. Anche perché
basta andare in piazza Cavour, dove ci sono il duomo e l'università, per sapere tutto.
"Le studentesse a luci rosse? Guardi quella targa che ricorda Gregorio XIII. Tutto è
iniziato poco dopo". Ride, la ragazza e dice che l'unica novità, in tutta la
vicenda, è la telecamera. "Si sapeva benissimo cosa volesse dire "andare in
ufficio" dal professore. Non sapevo però che quello là si facesse anche i
filmini".
CAMERINO - Mette le mani avanti. "Io all'esame di diritto commerciale ho preso venti,
ed era la terza volta che mi presentavo". Le parole della ragazza che chiameremo
Rossana confermano che questa è una storia da prendere con le molle, in ogni senso.
"Il professore? Sapevamo tutti cosa voleva dire 'andare in ufficio' da lui. Del
resto, ci provava ovunque, anche al bar. Ma tutte noi sapevamo che era un...". Meglio
non riferire nel dettaglio ciò che si ascolta fra la piazza e la Procura, dove tutte le
ragazze - anche quelle sentite dagli inquirenti - dicono che "le altre" andavano
"a letto con il professore, perché così era più facile".
"D'altro canto - sospirano in paese - se una ragazza è maggiorenne e consenziente sa
quel che fa e ha sempre le sue ragioni...".
"A volte - dice Rossana - bastava una bella scollatura. Ti presentavi all'esame e
c'era chi slacciava un bottone della camicetta. Veniva subito chiamata: la scollatura dava
diritto di precedenza. Le gambe no, ininfluenti. Tanto, davanti alla cattedra, non si
vedono". Adesso nascono anche quelle che potrebbero essere leggende paesane.
"Una che era in appartamento con me si è lamentata perché è stata 'in ufficio' e
ha preso soltanto diciotto. Un'altra ragazza, invece, non riusciva a laurearsi da anni
poi, all'improvviso, ha presentato la tesi. Cinque giorni prima di discuterla anziché con
i 15 giorni d'anticipo previsti dall'università".
"Comunque la prima cosa che ho imparato, appena arrivata a Camerino, è stata questa:
non preoccuparti per l'esame di diritto. Se sei carina...". "Altro che
leggende", quasi si arrabbia Rossana. "Una volta il professore mi ha guardato in
faccia e mi ha detto: hai un brufolo, vuol dire che non fai abbastanza l'amore. Io avrei
la ricetta, se vuoi venire in ufficio...".
La storia era così conosciuta che tanti - spiega la ragazza - si facevano accompagnare.
"Io avevo un appuntamento nello studio, e ci sono andata assieme al mio fidanzato.
Altre ragazze si sono presentate con il papà, e lui si arrabbiava".
...
Il professore era ammirato e anche temuto. "Davvero - dice un suo ex studente -
conosceva tutti. Il suo corso è stato inaugurato dal ministro Enrico La Loggia, il 15
ottobre 2001. L'anno scorso si è presentato candidato per Democrazia Europea e presentava
Andreotti ai suoi amici. Si sentiva onnipotente". Indice Pagina
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