Le grandi aziende
farmaceutiche pensano più al profitto che ai pazienti. L'accusa in un libro
inchiesta appena uscito di Ambra Radaelli
Non crea farmaci nuovi. Ne promuove di scadenti. Aumenta di continuo i
prezzi. Fa pressioni sulla Food and Drug Administration, controlla
indebitamente la ricerca, corrompe i medici. Non fa una bella figura big
pharma, il mondo delle grandi industrie farmaceutiche, in Farma&Co, il libro
di Marcia Angeli, ex direttore del New England Journal of Medicine e ora
senior lecturer al dipartimento di Medicina sociale della facoltà di
Medicina di Harvard. Adesso però l'industria sta pagando per le sue
malefatte, con una flessione delle vendite e una perdita dì valore
azionario. È possibile salvare big pharma, e come?
Di seguito, riassumendo il libro (uscito negli Usa nel 2004; da pochi giorni
anche in Italia con il Saggiatore), passiamo in rassegna le accuse a big
pharma, fotografiamo la crisi e riportiamo la "ricetta" dell'autrice per
uscire dall'empasse. II testo parla degli Stati Uniti, ma è illuminante
anche per l'Europa.
TROPPI PRODOTTI
ME-TOO E POCHI INNOVATIVI
Tra il 1998 e il
2002 la Food and Drug Admìnistratíon (Fda) ha approvato 415 nuovi farmaci.
Di questi, 133 (il 32%) erano nuove entità molecolari (prodotti totalmente
nuovi); gli altri. variazioni di vecchi farmaci (detti me-too, non
necessariamente migliori di quelli già sul mercato, talvolta peggiori; il
meccanismo dei test, che li comparano a placebo, richiede che siano,
semplicemente, meglio di niente). Dei 133 nuovi, solo 58 erano farmaci di
analisi privilegiata (che offrono cioè un beneficio superiore a quelli già
presenti sul mercato). La qualità della produzione, negli anni, è andata
peggiorando: nel '98 ì farmaci innovativi (nuove entità molecolari con
analisi privilegiata) sono stati 16; nel '99, 19; nel 2000, 9; nel 2001, 7
come anche nel 2002. Questo dimostra come l'industria preferisca puntare sul
prodotto me-too, meglio se redditizio: ovvero, che tratta pazienti paganti,
affetti da malattie di lunga durata, possibilmente croniche. II mercato di
un farmaco può essere espanso ampliando i termini di definizione di una
patologia (per esempio. (ipertensione o I'ipercolesterolemia), o può essere
creato ex novo (patologizzando l'invecchiamento). Viceversa, se un'azienda
trova non redditizio un prodotto, smette di produrlo anche se è utile, o
vitale. Altro scandalo: í pochi prodotti innovativi sul mercato sono quasi
sempre frutto della ricerca finanziata con denaro pubblico, cioè dal
National Institutes of Health (Nih), e portata avanti dallo stesso ente o da
università e piccole società dì biotecnologie. II risuitato viene poi
concesso in licenza esclusiva, in cambio di royalty, alle case
farmaceutiche.
PRESSIONI SULLA
POLITICA E SULLA FDA
Il Congresso ha
approvato un progetto dì legge che impedisce a Medicare (il programma
pubblico di assicurazione diretto soprattutto ad anziani e disabili) di
utilizzare il suo immenso potere d'acquisto per trattare prezzi più bassi.
Non è un caso: l'industria farmaceutica è quella che, a Washington, di
spone della lobby più grande (nel 2002 impiegava 675 persone, per un costo
complessivo di 91 milioni di dollari). Inoltre, durante le campagne
elettorali elargisce forti somme ai candidati. Tutto questo ha effetti anche
sulla Fda: nel 1992 il Congresso ha autorizzato le aziende a pagare user fee
all'agenzia per accelerare l'approvazione dei farmaci. Presto la cifra è
arrivata a coprire metà bilancio del centro di valutazione dei farmaco della
Fda, che così si ritrova dipendente dall'industria che dovrebbe
regolamentare. Ma più è rapido il processo di approvazione, più aumentano le
possibilità che il prodotto sia pericoloso; in questo caso, però, l'agenzia
è lenta a toglierlo dal mercato. Inoltre, molti membri dei 18 comitati
consultivi permanenti che danno pareri alla Fda sulle approvazioni dei
farmaci hanno legami finanziari con big pharma.
Nel 2003 il New York Times entrò in possesso di documenti confidenziali
della Phrma (Pharmaceutical Research and Manufacturers of America, che
raggruppa le maggiori aziende) relativi ai piani per influenzare l'anno
fiscale in arrivo. La spesa avrebbe raggiunto i 150 milioni di dollari, di
cui: 73 per lobbying a livello federale e 49 a livello statale; 5 per
pressioni sulla Fda; 18 per combattere il controllo dei prezzi e proteggere
í brevetti nei Paesi stranieri. più altre voci. L'assegnazione più
arrogante: un milione per "cambiare il sistema sanitario canadese" (come?) e
500 mila per bloccare il flusso di farmaci dal Canada verso gli Usa.
RICERCA NON LIBERA
L'ultima parte dei
trial clinici (non tutta quella precedente, la più costosa e quella dai
risultati più incerti) è di solito finanziata dall'azienda che produce il
farmaco. II suo controllo sul modo in cui la ricerca viene condotta e
riferita è tale che se í risultati sono negativi non vengono pubblicati. A
volte addirittura gli esiti sono truccati, in vari modi: arruolando
volontari giovani, meno soggetti a effetti collaterali; comparando il
farmaco con un placebo, oppure con un vecchio prodotto a dosaggio più basso
o somministrato in modo errato; riducendo i tempi dei trial e rendendolo
così poco significativo. Oggi i centri di medicina universitari sono in
concorrenza con le organizzazione di ricerca a contratto per accaparrarsi lo
"sponsor" nell'unico modo possibile: essendo accondiscendenti. I ricercatori
hanno lucrosissimi accordi di consulenza con le aziendé, a volte
partecipazioni azionarie, quasi sempre ricevono regali e viaggi gratis.
Questo vale anche per i membri del Nìh, con il beneplacito dei loro datare
di lavoro. Un'indagine su 70 articoli riguardanti i bloccanti del canale dei
calcio svelò che il 96% degli autori favorevoli a questi prodotti aveva
legami finanziari con ì produttori, contro il 37% degli autori critici. Non
è tutto: per trasformare un farmaco in un successo commerciale (o
blockbuster), l'azienda spinge affinché venga prescritto per usi diversi da
quello per cui ha ottenuto l'approvazione dalla Fda. Esperti accademici sono
pagati per firmare inconsistenti ricerche che avvalorino gli usi
alternativi; medici, per parlare bene dei prodotto ai congressi.
DIRITTI ESCLUSIVI
LUNGHI E INUTILI
Nulla è redditizio,
per un'azienda, come allungare i diritti dì monopolio su un blockbuster.
Concessi dal governo, tali diritti rendono illegale per la concorrenza la
vendita dello stesso prodotto: quando scadono, le altre società possono
commercializzare versioni generiche, a prezzi inferiori almeno del 20%. II
brevetto per i farmaci dura vent'anni, e viene concesso quando il prodotto è
utile, originale (diverso dai precedenti) e non ovvio (cioè, implica un
salto concettuale). Questi tre parametri con il tempo si sono allentati,
tanto che oggi è possibile brevettare nuovi usi, forme di dosaggio e
combinazioni di vecchi farmaci, persino rivestimento e colore delle pillale.
Altra cosa è l'esclusività concessa dalla Fda nel momento in cui un farmaco
riceve l'autorizzazione alla commercializzazione, in genere molto
dopo il brevetto primario. Gli standard sono più rigidi (perché dipendono da
sperimentazioni cliniche) e la durata più breve, da tre a sette anni. Anche
alla fine dì questo periodo, però, la Fda non può approvare un generico se è
ancora in vigore il brevetto rilevante (il trucco è decidere se è o no
rilevante). Perciò, le aziende elencano i brevetti rilevanti per la Fda - ma
solo quelli relativi al principio attivo - in una pubblicazione nota come
Orange Book. Le aziende, per estendere la protezione, continuano a
presentare brevetti su vari aspetti degli stessi prodotti e a elencarli sul
Book. Inoltre, intentano cause contro la concorrenza produttrice di
generici. II risultato è che la vita effettiva dei brevetti è aumentata
dagli otto anni dei 1980 ai circa 14 del 2000.
ECCESSIVA INFLUENZA
SU FORMAZIONE MEDICA E PRESCRIZIONI
Nel 2001 l'industria
farmaceutica riconobbe di aver speso 19 miliardi di dollari nel marketing.
Somme probabilmente molto più consistenti vanno nelle cosiddette attività
informative e di ricerca (chiamandole così si eludono le restrizioni legali;
in realtà, sono anch'esse marketing). Sono rivolte soprattutto a medici, e
consistono in regali (portati spesso dai rappresentanti: l'industria ne ha
impiegati 88 mila nel 2001), viaggi, convegni e conferenze (la cui
partecipazione dà crediti per la Continuing Medicai Education, richiesta ai
professionisti da alcuni Stati; naturalmente, i contenuti degli incontri
sono "guidati", tanto che successivamente i medici prescrivono più prodotti
dello sponsor), corteggiamento degli esperti di primo piano, sovvenzioni ai
simposi delle associazioni professionali. Per non trascurare i consumatori,
nel 2002 Generai Electric, con il sostegno di big pharma, ha lanciato The
Patient Channel, che trasmette programmi di medicina intervallati da spot
sui farmaci negli ospedali. Nel giro di un anno, almeno 800 ospedali
trasmettevano il canale 24 ore su 24, sette giorni la settimana. Inoltre, le
aziende sponsorizzano gruppi di sostegno per i pazienti, il cui vero compito
è far aumentare le vendite dei prodotti, e pagano le celebrità per
menzionare una malattia e relativo prodotto nelle interviste. Una nota sulla
pubblicità: la Fda dovrebbe intervenire in caso sia ingannevole, ma per
farlo ha a disposizione 30 revisori per 34 mila pubblicità dirette. Inoltre,
a volte il reclamo giunge troppo tardi, o lo spot viene rimpiazzato con un
altro altrettanto ingannevole.
PREZZI ALTI E
VARIABILI
II prezzo dei
farmaci viene alzato in modo quasi automatico, anche più volte in un anno.
Nonostante le assicurazioni contrattino sconti, alcune terapie sono fuori
della portata dei cittadini. Così, 1-2 milioni di statunitensi acquistano le
medicine in Canada e in Messico, via Internet o in loco (anche se
sarebbe illegale); e nel 2001, quasi un anziano su quattro dichiarava dì
ridurre il dosaggio e di non utilizzare le prescrizioni per via dei costi.
L'industria ammette di far pagare di più gli statunitensi, ma si giustifica
dicendo di dover compensare la regolamentazione dei prezzi in atto in altri
Paesi. Inoltre, afferma che far diminuire i prezzi implicherebbe tagli nella
ricerca e sviluppo (R&S). Ma sappiamo che la voce più grande nel bilancio è
"marketing e amministrazione" (in cui il primo è certamente preponderante
rispetto alla seconda), corrispondente a uno sbalorditivo 36% delle entrate
delle vendite tra il 1990 e il 2000. La voce R&S era invece pari al 12-14%.
Questo significa che big pharma potrebbe calmierare i prezzi senza
compromettere l'innovazione, che peraltro, come detto, è scarsa. Ai prezzi
elevati aggiungiamo il fatto che, se dal 1960 al 1980 le vendite dei farmaci
prescritti sono rimaste statiche in rapporto al Pii Usa, dal 1980 al 2000
sono triplicate. Nel 2002 il totale delle vendite mondiali per farmaci
prescritti è stato stimato a 400 miliardi di dollari, di cui la metà negli
Usa (escludendo i prodotti somministrati in ospedali o studi medici). Tale
cifra - 200 miliardi - sta aumentando del 12% annuo (il picco fu nel 1999,
+18%). Questo spiega come mai, dai primi anni '80 a oggi, l'industria
farmaceutica sia sempre stata - e di gran lunga - la più redditizia degli
Usa, con rendimenti medi netti stupefacenti.
LA CRISI
Consumatori sempre
più arrabbiati, produzione stagnante, scadenza dei brevetti di molti
blockbuster, la flessione economica post 2000: tutto questo sta mettendo in
crisi big pharma. A ciò sì aggiunge la rivolta degli Stati, che sopportano
le spese dei programma Medicaid (assicurazione per soggetti dalle risorse
economiche limitate), quelli per i farmaci dei propri dipendenti e di coloro
che non hanno assicurazione. Per questo hanno espanso l'uso dei formulari,
che spingono a prescrivere dei farmaci con il miglior rapporto
qualità/prezzo, e stanno formando consorzi di acquirenti in grado di
strappare sconti alle aziende. Le quali danno battaglia legale. Ma numerose
sono, viceversa, anche le cause promosse contro big pharma, per tentativi di
frode verso Medicare e Medicaid, pratiche anticoncorrenziali, pubblicità
ingannevole, produzione al di sotto degli standard... Tra il
2000 e il 2003, otto aziende avrebbero pagato un totale di 202 miliardi di
ammende e transazioni (queste ultime preferibili a una sentenza avversa, che
taglierebbe fuori la società da Medicare e Medicaid). Risultato di tutto
questo: i profitti restano enormi, ma le vendite rallentano, i personale
viene ridotto e in alcuni casi le quotazioni azionarie sono scese.
LA SOLUZIONE
Secondo Marcia
Angeli, per superare la crisi occorrerebbero: più sforzi nella messa a punto
di prodotti davvero innovativi; rafforzamento della Fda; creazione di un
istituto per la supervisione dei test clinici; limitazione dei monopolio dei
diritti di commercializzazione; separazione tra aziende e formazione medica;
più trasparenza nelle aziende; politica dei prezzi ragionevole e uniforme.
Ce la farà big pharma a curare se stessa?
Angeli: «E se copiassimo l'Europa?» Il sistema sanitario europeo è migliore
di quello statunitense, esordisce Marcia Angeli. «Voi fornite la copertura a
tutti i cittadini. Noi non ci riusciamo, eppure spendiamo il doppio. Il
problema è che in Usa trattiamo l'assistenza sanitaria come una merce da
distribuire a seconda delle possibilità finanziarie del singolo. Invece il
sistemo europeo (in generale: ci sono eccezioni) lo considera un servizio
sociale, da fornire a seconda dellie necessità mediche».
Lei scrive che l'industria negli Usa è "una macchina da marketing che vende
medicine dai discutibili benefici". Dunque un malato è destinato a rimanere
tale?
É vero che ci si può veder negare un farmaco solo perché non ce lo si può
permettere. Ma quello che intendevo dire è: I prodotti più venduti in questo
Paese sono destinati a chi, magari, non sta volutamente male. Individui sani
vengono indotti dalla pubblicità a pensare di avere malattie che necessitano
di cure costanti. Per esempio: l'ansia o la disfunzione erettile». Come può
intervenire il governo americano? Finché il Governo sarà nel "libro paga" di
big pharma, non sarà interessato a regolarla seriamente».
Lei ha scritto che raramente arrivano nuovi medicinali. Dunque cosa fa e a
che cosa serve la ricerca? "Gli studi più all'avanguardia si svolgono nelle
università,
finanziate dal pubblico, e nei laboratori governativi. Le aziende fanno una
ricerca molto poco innovativa. La maggior parte dei medicinali che producono
sono piccole variazioni di quelli già presenti sul mercato». Quali sono le
soluzioni?
«Come accade in Europa, gli Usa dovrebbero passare alla distribuzione
universale dell'assistenza medica, coordinata da un ente pubblico
centralizzato».
Francesca Gentile
ITALIA SCONTATA?
Farmindustria ha reso nota una ricerca Cergas-Bocconi sul 2005, secondo cui
"i prezzi dei farmaci nella Ue sono tendenzialmente inferiori rispetto ai
Paesi extraeuropei. Quelli italiani sono tra i più bassi in assoluto se si
considerano i prezzi ricavo industria (di cessione dal produttore alla
distribuzione) dei prodotti usciti negli ultimi 15 anni". In riferimento a
tutti i farmaci del campione,
In Italia i prezzi sono sempre superiori solo alla Spagna; inferiori a
Germania, Canada e Usa. Per i prodotti usciti dopo il 1990, l'Italia
presenta prezzi (sia ricavo-industria sia ai pubblico) sempre più bassi
degli altri. Farmindustria diffonde anche dati dei ministero delfEconomia:
dal 2002 i farmaci rinborsati dal Ssn sono scesi del 4% l'anno. E quelli del
medicinali a prezzo libero sono saliti di metà (+1,2%) rispetto
all'inflazione (+2,3%).
In Italia, insomma, le medicine costerebbero poco. Sicuri. La sezione di
Cuneo del Movimento Consumatori ha creato un gruppo d'acquisto: ogni tanto,
qualcuno va in Francia e compra farmaci per tutti. Alcuni prodotti da noi
costano il 400% di più che oltralpe, dice Vittorio Somà. «Ma anche per
quelli di uso più comune, il risparmio è notevole. Una confezine da 20
pillole di Tavor in Italia costa 6,30 euro; in Francia, la confezione da 30,
1.,82.. Come mai? "Il Ssn ha spuntato forti sconti per i medicinali
gratuiti, mentre ha lasciato piena libertà per quelli a carico dei
paziente». Ma non è l'unico fattore in gioco.
«Da noi, le farmacie possono acquistare solo dal grossisti, Il che fa salire
i prezzi», afferma Fabio Picciolini, segretario nazionale di Adiconsum. «Non
è tutto. La legge 149 dei 2005 dava ai farmacisti la facoltà di applicare
sconti fino al 20%. La Coop ha previsto, sui farmaci da banco venduti nei
supermercati, sconti tra Il 20 e il 50%. Ovvero: il negozio ha ampi margini
di guadagno. inoltre, In Italia la vita dei brevntti è molto lunga: in media
38 anni. E la diffusione dei generici è marginale perché non è interesse del
farmacista proporli in altemaitiva ai prodotti di marca. infine. le aziende
non devono concordare i prezzi, né il loro aumento, con il ministero della
Salute; solo comunicarli, ogni due anni. E questo significa mano libera».
A.R.
Conferenza di
Tornonto sull'Aids 2006 dal nostro inviato Arnaldo D'Amico TORONTO
6,5 secondi è il breve intervallo di tempo in cui si ha una nuova infezione
nella popolazione mondiale.
10 secondi è il breve intervallo di tempo che trascorre tra un decesso e
l'altro per Aids nel mondo.
65 milioni sono nel mondo, i contagiati dal virus Hiv dall'inizio
dell'epidemia iniziata 25 anni fa.
25 milioni è il numero dei decessi registrato in 25 anni, quasi tutti nei
Paesi in via di sviluppo.
Qualcosa nella lotta contro l'Aids sta cambiando davvero. I segni che
dimostrano la possibilità di invertire la tendenza all'espansione
dell'epidemia anche nel Terzo mondo, dieci anni dopo che è iniziato il
regresso in Nord America ed Europa, si sono manifestati chiaramente alla
conferenza mondiale sull'Aids che si è svolto a Toronto a metà agosto dove
sono affluiti 24 mila delegati. Non a caso lo slogan ufficiale era "E' tempo
di dare", riferito ai farmaci, perché sono stati resi noti i primi studi che
dimostrano il dimezzamento della mortalità e dei contagi in quelle
popolazioni africane dove sono state somministrate le cure. Il clamoroso
risultato è stato ottenuto con farmaci vecchi, di prima generazione, con
principi attivi ormai fuori brevetto e quindi di bassissimo costo. E a
dispetto della teoria radicata nel mondo scientifico che predica
l'inapplicabilità delle cure arti-Aids, conmplesse e dai pesanti effetti
collaterali, in popolazioni stremate dalla povertà e prive di di sistemi
sanitari effìcienti.
La conferenza voleva essere l'occasione per voltare pagina nella lotta
all'epidemia che in 25 anni ha colpito 65 milioni di persone nel mondo,
uccidendone 25 milioni. Dobbiamo tradurre in azioni nel Terzo Mondo i
progressi fatti finora nelle conoscenze scientifiche e negli strumenti che
permettono di prevenire nuove infezioni e prolungare la vita, ha detto il
presidente della conferenza, Mark Wainberg, «Adesso la sfida è trovare le
risorse e la volontà di utilizzarle in modo equo ed efficace. Parole che
suonano come una tirata d'orecchie al Nord del pianeta. I soldi che
elargisce I'emisfero ricco (500 milioni di dollari dalla sola fondazione
Bill e Me
Bill e Melinda Gates sono ancora insufficienti. L'obbiettivo del 10% appena
dei malati nei Paesi poveri in cura al 2005 fissato all'inizio del secolo è
stato raggiunto solo per un terzo scarso. E la distribuzione a volte non è
equa, come avviene col fondo istituito dal presidente Usa Bush che lega i
finanziamenti all'acquisto dei farmaci di ultima generazione ancora sotto
brevetto e quindi carissimi. «Il lavoro da fare per combattere la pandemia
in modo concreto e durevole è ancora moltissimo», ha detto il direttore
dell'agenzia delle Nazioni Unite per la lotta all'Aids (Unaids), Peter Piol
alla chiusura della conferenza, «la lotta all'Aids richiederà ancora
decenni. La malattia rimane una minaccia per tutta l'umanità».
La ricerca Progressi di nuovi antivirali
POCHE le novità scientifiche perché ormai da alcuni anni la conferenza
mondiale è diventata un appuntamento prevalentemente politico e sociale. II
punto della ricerca sui vaccini. ad esempio, si farà a fine settembre a
Amsterdam. Ecco comunque una sintesi delle scoperte illustrate a Toronto.
Uso più efficace di vecchi farmaci. Anni fa l'obiettivo minimo delle cure
nei malati divenuti resistenti era la stabilizzazione, adesso diventa
ridurre la carica virale. E' il caso di un inibitore delle proteasi, il
darumivir (Tmc 114), che si sta dimostrando efficace su ceppi resistenti del
virus Hiv e che può essere utilizzato in associazione con un farmaco come il
T20, usato sui pazienti con virus resistente, per potenziarne l'azione.
Un nuovo antivirale della Boehringer Ingelheim (tripanavir) già disponibile
da qualche mese per gli adulti sta completando con successo la trafila
sperimentale per la somministrazione ai bambini. Sarà il primo anti-Aids
specifico pediatrico.
Continua lo sforzo per semplificare la somministrazione della terapia per
una migliore qualità della vita. Una pillola, già disponibile negli Stati
Uniti, unisce tre farmaci noti (efavirenz, Ftc e tenofovir) e si prende una
volta al giorno.
Farmaci in sperimentazione. "Inibitori dell'integrasi" è il nome della nuova
classe di farmaci che agiscono dentro la cellula, impedendo al patrimonio
genetico dei virus dell'Aids di fondersi con quello della cellula, dando
inizio all'infezione. Agiscono bloccando l'attività dell'enzima del virus
Hiv che opera la fusione, l' "integrasi". Due le molecole di questo tipo in
prova e con buoni risultati, di cui una nata nei laboratori Irbm di Pomezia,
vicino Roma.
Inibitori dell'attaccamento: agiscono fuori dalla cellula, impedendo al
virus di agganciarsi ad una delle principali "serrature molecolari" con cui
entra all'interno, il recettore CCR5. Sono quindi farmaci per chi ha il tipo
di virus che usa questo recettore, non funzionano con gli altri.