DATI CURIOSITA' E NEWS SULL' ENERGIA

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COMITATO PER L'AMBIENTE E IL RISPARMIO ENERGETICO DI BRESCIA


Bollette, stangata in arrivo

L'Istituto di ricerche sull'economia e la finanza mette in allerta le famiglie italiane: nel 2006 le tariffe della luce potrebbero aumentare del 4% e quelle del gas del 5,5%

Al ritorno dalle vacanze di Natale gli italiani si troveranno un'amara sorpresa nella casella della posta: bollette di luce e gas ancora più care. Dal primo gennaio 2006, secondo le stime del Ref, l'Istituto di ricerche sull'economia e la finanza, le tariffe della luce potrebbero aumentare del 4% e quelle del gas del 5,5%. Secondo gli esperti dell'Osservatorio questi aumenti si tradurranno in una maggiore spesa, per i cittadini, di 60 euro all'anno.

In particolare, per la grande maggioranza dell'utenza domestica, cioe' la famiglia residente con una potenza impegnata di 3 kW e consumi di 225 kWh mensili, l'aumento tariffario dovrebbe comportare un esborso aggiuntivo, al lordo delle imposte, intorno ai 15 euro su base annua. Per il gas la famiglia media con consumi intorno ai 1400 mc anno, potrebbe spendere fino a 45 euro in piu', al lordo delle tasse, su base annua. Per un totale appunto di 60 euro.

Ma il ministro alle Attività produttive, Claudio Scajola, è più ottimista e si augura rincari più contenuti. "Grazie alle misure che il governo ha intrapreso e conta di intraprendere a breve, mi aspetto che l'aumento delle tariffe di luce e gas a gennaio sara' molto contenuto e al di sotto del tasso di inflazione", ha detto il ministro.

Per Edoardo Settimio, esperto dell'Osservatorio Energia del Ref, a calmierare i prezzi potrebbe intervenire anche l'Autorità per l'energia. L'Authority, infatti, potrebbe limitare la mini-stangata per la luce, "rispetto agli incrementi previsti dal Ref, sia ipotizzando scenari di prezzi dei combustibili del 2006 piu' favorevoli sia diluendo i recuperi e gli oneri di sistema su un arco temporale piu' prolungato".

Sulle bollette, ancora una volta pesa il caro-petrolio che nel 2005 ha toccato punte record di 70 dollari al barile, registrando una crescita media del 38% dallo scorso anno. Ma pesano anche, sottolinea il Ref, i maggiori costi sostenuti dall'Acquirente Unico, il soggetto che acquista per conto delle famiglie e delle piccole imprese, e non coperti in tariffa nel corso del 2005; un ulteriore aggravio e' l'incremento di componenti non direttamente legate al costo di approvvigionamento dell'energia elettrica: si tratta dei cosidetti oneri impropri, cioe' principalmente dello smantellamento delle centrali nucleari e della messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi e degli incentivi alle fonti rinnovabili.

L'aumento dei combustibili che nel corso 2005 e' stato solo parzialmente incorporato nella tariffa elettrica, dal primo trimestre 2006 gravera' sulla spesa delle famiglie, sostiene il Ref. Inoltre, ipotizzando un prezzo del petrolio intorno ai 52 dollari al barile e un indebolimento dell'euro, con un tasso di cambio euro/dollaro vicino a 1,16, nel 2006 si prevede un maggior costo di acquisto dell'energia per l'Acquirente Unico che spinge la tariffa elettrica a circa +1% rispetto al trimestre ottobre-dicembre 2005.

Ma sul caro-luce potrebbe pesare anche la differenza tra le somme spese dall'AU per quest'anno e non riconosciute in tariffa. "In base alle nostre stime l'Autorita' deve recuperare tra i 300 ed i 400 milioni di euro per il 2005. Se decidesse di recuperali interamente gia' dal prossimo aggiornamento tariffario, cio' contribuirebbe all'aumento della tariffa dell'1,5%-2%".

Di conseguenza, l'aumento dovuto ai soli costi di acquisto di elettricita' sarebbe del 2,5%-3%, ai quali si aggiungono gli ulteriori incrementi per gli oneri impropri: smantellamento nucleare e incentivi alle fonti rinnovabili. Secondo il Ref, l'evoluzione degli oneri impropri (una voce che rappresenta circa il 6% della tariffa elettrica), "e' poco chiara per via dell'incertezza dei tempi di attuazione di misure inserite nel maxi emendamento della Finanziaria 2006 e della mancata cartolarizzazione dell'energia Cip6 prevista per fine 2005".

In particolare, secondo quanto previsto dal maxi emendamento, 35 milioni di euro dovrebbero essere versati dal conto della componente a copertura dei costi connessi allo smantellamento di centrali nucleari sostenuti dalla societa' Sogin (A2), in favore del bilancio dello Stato. "Se la misura fosse applicata dall'inizio del 2006, comporterebbe un incremento della tariffa elettrica dello 0,1%".

Non solo. Lo stop alla cartolarizzazione, avverte il Ref, portera' ad un "importante aumento" della componente a copertura degli oneri di incentivazione delle fonti rinnovabili "in assenza della cessione dei crediti di cui e' titolare il GRTN". La sua riduzione nel secondo semestre 2005 era stata resa possibile dalla temporanea disponibilita' di risorse finanziarie sul conto della componente a copertura dei costi non recuperabili (A6), per via del riscadenziamento dei pagamenti dovuti ai produttori definita dal gia' citato decreto 22 giugno 2005. "Se il conto dellA6 dovesse essere reintegrato il contributo complessivo dell'aumento degli oneri impropri (componenti A) all'incremento atteso della tariffa elettrica per l'utenza domestica e' nell'ordine del 2-2,5%" avverte ancora il Ref.
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NEWS AMBIENTE BRESCIA E PROVINCIA


AUMENTI NEL 2006 NUOVA STANGATA


I Rincari 2006 per la famiglia media (dati in Euro)

Luce + 38
Gas + 165
Rsu Nettezza Urbana + 18
Riscaldamento + 155
Benzina + 165
Servizi Bancari + 42
Rc Auto + 26
Autostrade + 24
Tariffe Ferroviarie + 42
Trasporto Locale + 16
Alimentari + 216
Non Alimentari + 203

Totale + 1.100 Euro
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ANNO DEL COMMISSARIAMENTO PER L'ITALIA

Per l'Italia il 2005 è stato l'anno del "commissariamento" europeo in campo ambientale. Tra condanne e procedure d'infrazione, Roma ha ricevuto 47 atti d'accusa da parte della Ue. E non si tratta di sviste su temi secondari: dalla legge obiettivo ai rifiuti, passando per l'applicazione del protocollo di Kyoto, i cardini delle politiche
ambientali del nostro governo sono stati giudicati in conflitto con le scelte di Bruxelles. In ottobre il commissario europeo all'Ambiente, Stavros Dirnas, l'ha detto senza giri di parole: "Nonostante i precedenti ammonimenti, l'Italia non rispetta completamente la normativa ambientale comunitaria o non coopera adeguatamente per quanto concerne le nostre richieste di informazioni.
Le autorità italiane devono adottare rapidamente le misure necessarie affinché i cittadini italiani el'ambiente del loro paese possano beneficiare della protezione sancita dal diritto comunitario". Per il Wwf, che ha tracciato un
bilancio ambientale del 2005 assai preoccupato, la violenta deregulation in campo ambientale è destinata a lasciare una lunga scia di disastri: "Molte procedure d'infrazione riguardano norme quadro", spiega Gaetano Benedetto, responsabile dei rapporti istituzionali del Wwf. "Questo vuol dire che, se non fermiamo il processo, andremo incontro a un futuro in cui le accuse contro l'Italia si moltiplicheranno per clonazione, parallelamente alla crescita degli atti considerati illegittimi da Bruxelles".
II quadro 2005 mostra come la tendenza al peggioramento sia già in atto. Le emissioni serra che il governo italiano si era impegnato a tagliare del 6,5% rispetto ai livelli del 1990 sono arrivate a una crescita del 12%. Un terzo delle spiagge italiane è a rischio erosione e su molte aleggia l'incubo della privatizzazione. Il territorio, stretto tra la progressiva cementificazione e il cambiamento climatico, è sempre più fragile: per la prima volta il centro di Roma è tornato a vivere l'allarme alluvione.
Nel panorama dell'anno che si sta per concludere non mancano segnali positivi.
La controriforma sulla caccia e la legge che riabilitava le spadare sono state fermate, l'ecoturismo è cresciuto e sulle montagne bresciane è tornato l'orso. Ma il segno dell'anno resta decisamente negativo, come è stato testimoniato ieri dal rapporto del Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente: dai 15mila controlli effettuati nel 2005 è risultato un livello d'illegalità pari al 33%; gli arresti sono passati dagli 80 del 2004 ai 110 di quest'anno (di cui 95 per traffico illecito di rifiuti).
"Particolarrnente pesante è stato l'impatto dell'abusivismo, che nel 2005 ha visto una crescita d'oltre il 3%, e del traffico illegale di rifiuti che ha viaggiato a una mediadi 5 reati al giorno", aggiunge Roberto Della Seta, presidente di Legambiente.
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ECOMAFIE E RIFIUTI, blitz a Viterbo  Nella zona operano 144 società

Ecomafie “Giro d’Italia”, arrestato un imprenditore: trovava gli impianti per gli smaltimenti illeciti. Aveva gestito 10.000 tonnellate di monnezza proveniente dal nord. Era stato coinvolto in Re Mida e Cassiopea. Il giro d’affari era di centinaia di migliaia di euro

Ancora una persona in manette nell’operazione “Giro d’Italia: ultima tappa Viterbo” grazie ai carabinieri. Luigi Cardiello, 62 anni, residente in Lucca, gestore di importanti società di intermediazione e recupero rifiuti è finito in carcere su richiesta della procura di Viterbo (i pm dell’inchiesta sono Franco Pacifici e Stefano D’Arma): l’uomo

era già stato sottoposto a misura cautelare nel novembre 2003, su richiesta della procura di Napoli, nell’ambito dell’operazione “Re Mida” per i reati di associazione per delinquere, attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, falso.

Il provvedimento conferma l’ipotesi ricostruita dagli inquirenti nello scorso mese di maggio, quando erano stati sequestrati tre siti del viterbese destinatari dei flussi illeciti di rifiuti ed erano stati eseguiti dieci provvedimenti cautelari personali (tre arresti in carcere, cinque arresti domiciliari e due obblighi di firma), nei confronti di altrettante persone con le accuse di attività organizzata di traffico illecito di rifiuti, falso e gestione illecita di rifiuti. Gli elementi probatori dimostrano, secondo gli inquirenti, che Cardiello costituiva uno dei principali tasselli dell’organizzazione dedita allo smaltimento illecito di rifiuti speciali, pericolosi e non, in siti non autorizzati. Si tratta di fanghi industriali, terre provenienti da bonifiche, scorie e ceneri di acciaieria e di termodistruttori contenenti rifiuti sanitari a rischio infettivo.

L’uomo avrebbe avuto il compito di procacciare impianti per il trattamento di rifiuti, che effettuassero la declassificazione fittizia dei rifiuti. Era il cosiddetto “giro bolla” o la “triangolazione” e consisteva nel far transitare i rifiuti solo cartolarmente da uno stoccaggio all’altro per alterarne la tipologia, aggirare le normative e ovviare alla prescrizioni autorizzative dei siti ai quali i rifiuti erano in realtà destinati. I rifiuti venivano trasformati solo sulla carta.

Durante le indagini, i carabinieri hanno scoperto che Cardiello ha gestito circa dieci milioni di chili di rifiuti solidi urbani tritovagliati e fanghi industriali provenienti da società del nord e centro Italia, per un guadagno illecito di centinaia di migliaia di euro. Si tratta di un soggetto noto nel settore, coinvolto anche nella operazione “Cassiopea”, iniziata alla fine del ‘99, la più imponente attività svolta in campo nazionale in materia di traffico illecito di rifiuti, che ha consentito di accertare lo smaltimento di un milione di tonnellate di rifiuti speciali pericolosi, dalla natura particolarmente tossico-nociva e ha portato a 97 richieste di rinvio a giudizio da parte della procura di Santa Maria Capua Vetere e al deferimento in stato di libertà di 182 persone denunciate per singoli reati presso diverse procure del territorio nazionale.

A Viterbo figurano ben 144 società individuali o collettive che operano nel campo dei rifiuti e gli esiti delle indagini coordinate dalla Procura di Viterbo hanno evidenziato la generalizzata illecita gestione dei rifiuti da parte di alcuni imprenditori locali, il tutto a grave pregiudizio della salute e dell’ambiente. Un territorio, insomma, particolarmente “a rischio”.

22 dicembre 2005
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LE FONTI DI ENERGIA IL CASO DEL GAS RUSSO

Il gas naturale è un combustibile fossile di origine organica, costituito in massima parte da metano (CH4). Le riserve accertate sono distribuite in poche aree geografiche, in particolare nei Paesi ex URSS e dell’Europa orientale (per oltre il 38%) e nei Paesi mediorientali (per oltre il 30%).

In natura si trova in giacimenti sotterranei o sottomarini, spesso associato al petrolio. La sua estrazione richiede, pertanto, un’attività di perforazione, effettuata con speciali trivelle in grado di scendere a profondità a volte davvero rilevanti. Dai luoghi di produzione, che sono per lo più molto lontani da quelli di consumo, il gas naturale viaggia per mezzo di metanodotti, cioè attraverso condutture fisse che possono estendersi per migliaia di chilometri.

Si tratta di una delle fonti energetiche più importanti, condividendo insieme ai prodotti petroliferi varie possibilità di impiego. Viene largamente adoperato, infatti, come combustibile per la generazione di energia elettrica, ma anche direttamente per il riscaldamento di ambienti o come carburante nell’autotrazione . Attualmente, poco meno del 25% della domanda di energia primaria mondiale ( vedi Tabella 1) è soddisfatta dal gas naturale, che, a giudizio degli esperti, è anche la fonte di energia primaria destinata ad avere la crescita maggiore nei prossimi decenni. Si prevede, al riguardo, che nel 2025 i consumi di gas raggiungano la quota di circa 5 trilioni di metri cubi (pari al 28% del consumo energetico mondiale), raddoppiando in tal modo le quantità consumate nel 2001. Questo potrà rendere problematico in futuro l’approvvigionamento sia per la scarsità delle riserve accertate sia per la loro concentrazione in aree poco stabili del pianeta.

Attualmente in Italia il gas copre quasi un terzo del fabbisogno energetico (vedi Tabella 2).
Il nostro Paese dispone di risorse di gas naturale che hanno svolto una funzione importante nei decenni passati. L’attuale produzione nazionale è tuttavia complessivamente modesta rispetto ad una domanda che è in costante aumento, per cui dipendiamo dall’estero per gran parte dei nostri consumi (vedi Tabella 3).

Gas/ Crisi Russia-Ucraina, Eni: meno pressione da Est
Lunedí 02.01.2006 09:39
L'Italia rischia di restare senza gas tra quindici giorni. Il braccio di ferro tra Russia e Ucraina sul nuovo prezzo imposto da Mosca a Kiev (da 50 a 230 dollari ogni mille metri cubi) potrebbe finire con lo strangolare i rifornimenti del nostro e di altri Paesi europei che ricevono il gas russo attraverso lo stesso gasdotto cui è collegata l'Ucraina.

Alla mezzanotte del 31 dicembre, Mosca ha chiuso i rubinetti del gas per Kiev, ma gli ucraini - ha detto il portavoce del gigante energetico russo Gazprom, Serghei Kuprianov - avrebbero cominciato "a effettuare prelievi abusivi sul gas destinato ai consumatori europei", con il rischio di lasciare a secco questi ultimi. "Siamo pronti per eventuali emergenze", ha annunciato il ministro delle Attività Produttive, Claudio Scajola, che parla di preoccupazione, ma ricorda anche che l'Italia riceve gas anche da altri Paesi, mentre l'amministratore delegato dell'Eni, Paolo Scaroni, ha spiegato che "la situazione è seria, ma non grave". Peraltro, l'azienda energetica ha fatto sapere che, a partire dal 2 gennaio, si è registrato un sensibile calo della pressione del gas proveniente dalla Russia. Scaroni ha parlato con il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, il sottosegretario alla presidenza, Gianni Letta, il ministro degli Esteri, Gianfranco Fini, e Scajola per spiegare la situazione che si sta creando. Per il momento non ci sono indicazioni ufficiali da parte dell'Eni sull'evolvere della situazione.

Nel frattempo, Scajola ha anticipato alla mattina del 3 gennaio la prevista riunione del Comitato di emergenza e di monitoraggio del sistema del gas naturale. Il ministro delle Attività Produttive ha fatto sapere di considerare la situazione sotto controllo. Tuttavia, per monitorare da vicino l'evolversi dei fatti, Scajola ha deciso di anticipare la riunione.

Al momento, l'Enel non ha registrato alcun impatto sulle centrali per il calo di afflusso di gas dalla Russia. Secondo quanto si apprende, il colosso elettrico sta monitorando la situazione con grande attenzione. L'Enel produce energia elettrica con il gas per circa 5mila Megawatt l'anno (dati 2004), pari a circa il 18% del totale.

La situazione non è drammatica, ma certo è grave. "Questa volta - ha argomentato l'1 gennaio Scaroni -, la crisi dei rapporti tra Ucraina e Russia è più grave che nel passato. In questo momento, diciamo in giornate normali, in Italia si consumano 400 milioni di metri cubi di gas al giorno. Noi abbiamo degli stoccaggi che sono circa 6 miliardi di metri cubi, quindi, in teoria, siamo in condizioni di stare 15 giorni senza importazioni di gas".

Tuttavia, ha precisato l'amministratore delegato dell'Eni, "non c'è solo il gas russo: c'è il gas algerino, c'è il gas libico, c'è il gas che viene dall'Olanda. Quindi, abbiamo altre fonti di approvvigionamento. Ma, certamente, non possiamo rinunciare al gas russo a medio-lungo termine; e questa è la fragilità del nostro sistema". In ogni caso, "se ci fosse un problema serio, entrerebbe immediatamente in funzione un comitato di crisi pilotato dal ministero delle Attività Produttive, che prenderebbe in mano la situazione".

A proposito del ministero delle Attività Produttive, Scajola e i suoi colleghi francese, Francois Loos, tedesco, Michael Glos, e austriaco, Martin Bartestein, hanno inviato una lettera ai ministri dell'Energia ucraino, Ivan Platschkow, e dell'Industria e dell'Energia russo, Viktor Khristenko, in cui - con la fermezza concessa dalla diplomazia - hanno chiesto a Kiev e a Mosca di mantenere gli attuali livelli di forniture di gas naturale, indipendentemente dalla controversia fra Ucraina e Russia sui prezzi.

Un'eventuale riduzione delle forniture, hanno scritto, "rappresenterebbe uno sviluppo del tutto imprevedibile" nelle "eccellenti relazioni", "all'insegna della reciproca fiducia", che da anni intercorrono con Kiev. Mentre a Mosca hanno ricordato che le "strette relazioni d'affari" tra Gazprom e le società occidentali e "gli elevati tassi di crescita registrati negli ultimi anni dalla vendita di metano nell'Ue sono dovuti, in modo particolare, all'elevata affidabilità delle forniture energetiche provenienti dalla Russia".

Gas/ Crisi Russia-Ucraina, Eni: meno pressione da Est Lunedí 02.01.2006 09:39

Ma il problema è di non facile soluzione, vista la complessa struttura del gasdotto russo. All'interno delle sue condutture principali, che attraversano il territorio ucraino, passano infatti cinque tubi, due per i rifornimenti destinati a Kiev e tre per il flusso che, attraverso Slovacchia e Repubblica Ceca, arriva poi nell'Europa Occidentale.

Mosca ha chiuso i rubinetti del gas solo ai due tubi per l'Ucraina, lasciandovi passare solo quella minima quantità prevista dai diritti di passaggio che il gigante monopolista Gazprom è disposto a riconoscere. Ma ha anche accusato Kiev di appropriarsi del gas destinato all'Europa: "I volumi in entrata nel gasdotto ucraino e quelli in uscita non corrispondono affatto. Ci sono stati prelievi abusivi - ha detto un funzionario di Gazprom - e abbiamo registrato cali in tutte le centrali esterne, tranne una".

Nello specifico, secondo Gazprom, Kiev ha prelevato illegalmente 100 milioni di metri cubici di gas dalla pipeline. L'Ucraina ha negato di aver rubato energia, ma ha ribadito che potrebbe farlo se le temperature, già rigide, scendessero ulteriormente. Per intanto, il ministro dell'Industria di Kiev, Yuri Yekhanurov, ha annunciato una riduzione dell'attività industriale: "Dovremo ridurre l'utilizzo del gas, prima di tutto nell'industria siderurgica, chimica ed energetica. Le utility dovranno ridurre i consumi al minimo e, se possibile, spostarsi su altri tipi di combustibile".

Il ministro degli Esteri ucraino ha accusato Mosca di voler destabilizzare il paese con il taglio delle forniture di gas, mentre il presidente, Viktor Yushchenko, ha invitato il collega russo, Vladimir Putin, a trattare ancora sulla crisi energetica. La Russia "ha aperto uno scenario che punta a destabilizzare l'economia ucraina", sostiene il ministro degli Esteri di Kiev, mentre Yushchenko fa sapere ai giornalisti che "chiamerò Putin, invitandolo a riportare Gazprom al tavolo negoziale".

Nello scontro diplomatico si sono inseriti gli Stati Uniti, che hanno stigmatizzato la decisione di Mosca di tagliare le forniture di gas all'Ucraina, perché creano "insicurezza" nella regione. Il direttore generale del Wto, Pascal Lamy, invece, si è schierato al fianco della Russia, sostenendo che i Paesi ex sovietici devono pagare prezzi di mercato per i rifornimenti energetici a medio termine. "Ritengo - ha spiegato Lamy in un'intervista alla tv francese Lci - che, al di là dei problemi politici e giuridici a breve, nel medio termine i Paesi devono pagare i prodotti energetici ai prezzi attuali di mercato per migliorare l'efficienza delle loro economie. Russia e Ucraina - ha aggiunto - sono entrambi candidati ad entrare nel Wto. I loro attuali disaccordi potrebbero essere risolti più facilmente se facessero parte del Wto. Ma, al
momento, non è questo il caso. Alla base di questo conflitto - ha conclusoil numero uno del Wto - ci sono due questioni. In primo luogo, i contratti per i rifornimenti e il trasporto di gas e si tratta di sapere se sono indicizzati e come possono essere rinnovati. E, poi, c'è una questione più importante, che va al
di là dei trattati commerciali, e che riguarda gli sprechi di energia in Russia e in Ucraina".

Polonia, Ungheria, Austria e Slovacchia hanno già denunciato forti cali di pressione nel flusso delle forniture. Le forniture russe di gas a Vienna sono scese quasi di un terzo, secondo quanto comunicato dalla compagnia energetica austriaca Omv. L'1 gennaio, l'Omv aveva fatto sapere che le forniture di gas russo erano calate del 18% e che la società era in grado di far fronte per diversi mesi a un calo più contenuto, intorno al 15%. Il 59% del gas naturale utilizzato in Austria proviene dalla Russia. In calo del 40% le forniture russe all'Ungheria, secondo quanto comunicato dalla compagnia energetica di Budapest, Mol, la quale fa sapere che taglierà di un
importo analogo i rifornimenti a Serbia e Bosnia. La Slovacchia ha registrato una flessione delle importazioni del 30%. Rifornimenti regolari, invece, alla Repubblica Ceca, ha reso noto la compagnia Rwe Transgas, controllata dalla tedesca Rwe.

La Ue è in allarme. Una riunione d'emergenza dei ministri dell'Energia è stata convocata per il 4 gennaio, a Bruxelles. La Norvegia, il principale
esportatore di gas naturale dell'Europa occidentale, ha fatto sapere che i suoi impianti stanno già producendo a pieno ritmo e che, quindi, non sono in grado di coprire i mancati rifornimenti di gas all'Unione Europea provenienti dalla Russia. I gasdotti norvegesi stanno rifornendo l'Europa continentale e la Gran Bretagna al livello record di 270 milioni di metri cubi al giorno. "Stiamo producendo al limite delle nostre capacità - ha assicurato un portavoce del governo norvegese - e non possiamo esportarne di piu'".
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REGOLE E LEGGI DEL MERCATO ENERGETICO dalla nazionalizzazione al decreto Bersani

Il primo passo verso una riforma del settore, dopo la nazionalizzazione degli anni ’60 (l’istituzione di ENEL avviene il 6 dicembre 1962), è riconducibile all’approvazione nel 1988 del Piano Energetico Nazionale, con l’obiettivo di rispondere alla crescente domanda di energia nel Paese.

Il passo successivo (Legge n. 9/91) liberalizza totalmente la produzione di energia elettrica mediante fonti rinnovabili e parzialmente quella tramite fonti convenzionali. La legge, tuttavia, mantiene inalterato il monopolio della vendita, in quanto l’energia in eccesso rispetto al proprio fabbisogno deve essere ceduta a Enel.

Nel ’92 Enel viene trasformata in società per azioni e viene sancito il passaggio dalla posizione di riservatario del servizio elettrico a quella di concessionario. Successivamente, viene istituita l’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas, organo preposto alla regolamentazione e al controllo del mercato.

Il passo decisivo verso la liberalizzazione e l’apertura dei mercati nazionali è datato 19 dicembre 1996, giorno in cui viene approvata la Direttiva 96/92/CE del Parlamento dell’Unione Europea, con norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica.

Obiettivo della direttiva è, infatti, creare un mercato aperto e concorrenziale, regolato dalle leggi della domanda e dell’offerta, dove viene data la possibilità ad un certa categoria di consumatori, i cosiddetti clienti idonei, di scegliere liberamente il proprio fornitore di energia.

Il decreto Bersani (D. Lgs. 16 marzo 1999, n. 79) ha recepito nell’ordinamento nazionale la direttiva europea sull’energia, innovando profondamente la disciplina del settore elettrico nelle diverse aree di attività mediante il disegno di una graduale liberalizzazione del mercato dell’energia elettrica in Italia, con indubbi benefici per gli utenti finali.

Nel gennaio 2000 si compie un nuovo importante passo verso il nuovo mercato dell’energia con la decretazione governativa che dispone l’alienazione delle c.d. GenCo ENEL, tra cui Eurogen, acquisita nel marzo 2002 dagli azionisti di Edipower SpA.

Il 4 giugno 2003, infine, il Parlamento europeo adotta il pacchetto legislativo sulla liberalizzazione del mercato interno dell'energia: è così autorizzata l'apertura dei mercati dell'energia elettrica e del gas ai clienti commerciali dal 1° luglio 2004 e a tutti i consumatori dal 1° luglio 2007.
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SIAMO I PIU' A RISCHIO IN EUROPA DALL'ESTERO L'85% DELL'ENERGIA

Importazioni nel 2004

33% dall'Algeria; 30% dalla Russia; 30% dall'Europa Unita; 6% dalla Norvegia

Carbone: secondo l'Enea nei combustibili solidi l'Italia dipendeva per il 96% dai paesi esteri (dati2003);
Metano: da oltre frontiera proviene l'82% di tutti i consumi nazionali di gas e i dati sono in aumento;
Petrolio: nel 2003 il 94% del greggio usato in Italia veniva estratto all'estero. la percentuale è stabile.

L'Italia in materia di energia è totalmente succube degli stranieri, importa quasi la totalità delle sue fonti e quando non è così non fa altro di meglio che bruciare i rifiuti e inquinare enormemente l'ambiente. Nessuno in Italia ha di che rallegrarsene, a parte l'Eni e altre società, per esempio l'Asm di Brescia che fa ben più di 100 milioni di euro all'anno di utile. L'Eni, come del resto anche le sue rivali, scoppia di salute e ha archiviato il miglior esercizio della sua storia, in cui i profitti netti sono attesi sopra i 9 miliardi di euro. L'Eni non ha da temere neanche sulle forniture di metano, infatti i contratti pluriennali di fornitura del gas sono garantiti dalla clausola "take or pay": se una delle due parti non ritira o non fornisce parte della merce, paga la differenza sull'ammontare stabilito. Di certo, finora, i consumatori di energia non hanno condiviso tale benessere. La liberalizzazione e privatizzazione dei vari comparti, in oltre un decennio, non ha portato ad un ribasso dei prezzi di bollette, carburanti e via dicendo.
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L'ENEL ALL'ESTERO

Intanto l'Enel, che da anni fa trading su alcune piccole quantità di energia elettrica alla borsa transalpina Powernext (di cui è anche socia al 5%), ha avuto la disponibilità di 300 Mw da parte di Edf la società Elettrica della Francia, e può quindi servire il 3% del mercato francese. In futuro poi l'Enel, secondo gli accordi con l'Edf, potrà raggiungere circa 3000 Mw di potenza e arrivare così intorno al 7-10% del mercato. (Questi accordi prevedono infatti la partecipazione di Enel con una quota del 12,5% alla costruzione della centrale nucleare di nuova generazione Epr (European Pressurized Reactor) che sorgerà a Flamanville in Normandia e ai successivi 5 reattori. In compenso Enel potrà ritirare 1.200 Mw di energia elettrica da fonte nucleare per ampliare la sua presenza sul mercato francese. Anche qui è prevista a breve la firma definitiva. Enel inoltre potrà partecipare con una sua squadra di ingegneri e di tecnici a tutte le fasi di progettazione, costruzione e gestione delle centrali Epr, ricostituendo una serie di conoscenze sul nucleare.
L'altro punto dell'accordo prevede l'acquisizione da parte di Enel del 35% di Snet, una società che produce energia elettrica principalmente da carbone con una potenza installata di circa 2.400 Mw e attualmente in mano a Edf e Charbonnage de France. Enel aggiungerebbe quindi altri 700 Mw alla sua disponibilità di energia in Francia. E altri 900 Mw potrebbero arrivare dalla costruzione di due nuove centrali a ciclo combinato. Enel ha già presentato il 13 settembre scorso la propria offerta per Snet. L'operazione è al momento sospesa in attesa che si sappia il destino della spagnola Endesa, l'azionista di maggioranza (65%) di Snet, oggetto di Opa della connazionale Gas Natural.
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OLEODOTTO DEL SECOLO

Inaugurato l’oleodotto del secolo  Convoglia il petrolio del Caspio: partendo da Baku, in Azerbaigian, sbocca a Ceyhan, in Turchia
E’ lungo 1.700 km e «taglia fuori» Russia ed Iran. L’Eni partecipa al 5 per cento. Si tratta dell’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan: Btc, in sigla.
È stato denominato enfaticamente l’«oleodotto del secolo» per la sua notevole estensione, 1.776 chilometri, e perchè ha un ruolo strategico importante. Trasporta il greggio del Mar Caspio dall’Azerbaigian alla Turchia, attraversando la Georgia ed ha lo scopo di aggirare la Russia e l’Iran, ponendo l’Occidente parzialmente al riparo dei ricatti o delle bizze della Repubblica degli ayatollah, da una parte, e della rinascente superpotenza russa dall’altra (che proprio sulla gestione delle fonti energetiche basa il suo nuovo ruolo a livello internazionale).
In un momento in cui le incertezze negli approvvigionamenti stanno facendo schizzare il prezzo dell’oro nero alle stelle, quest’opera potrebbe avere un ruolo calmieratore, anche se non decisivo. L’oleodotto Baku-Tblisi-Ceyhan (Btc), è stato inaugurato giovedì scorso nella cittadina portuale mediterranea turca di Ceyhan, alla presenza di tre capi di stato (turco, azero e georgiano), del primo ministro turco Tayyip Erdogan e di circa 50 tra ministri e ambasciatori di vari Paesi.
L’opera è costata 3,9 miliardi di dollari e ha richiesto quattro anni per la costruzione, spesso interrotta per vari ordini di problemi, non esclusi quelli ecologici.
L’oleodotto è stato concepito per trasportare a pieno regime nel 2008 fino a 50 milioni di tonnellate all’anno (1 milione di barili al giorno) di greggio del Caspio (più leggero e puro di quello arabo), cioè circa il 7-8% delle risorse petrolifere globali.
Il Kazakhstan ha già deciso di convogliarvi il suo petrolio e i dirigenti del consorzio Btc contano che altri Paesi dell’Asia centrale si assoceranno.
Anche la Russia potrebbe decidere di convogliarvi parte del suo petrolio.
Se la ragione geostrategica e geopolitica che ha ispirato il progetto è stata di rompere il duopolio russo-iraniano sulle vie di trasporto del greggio verso i mercati mondiali e in particolare verso quelli europei, per la Turchia esso risponde all’ambizione di Ankara di fare del loro Paese un «corridoio energetico» di importanza globale, anche per accrescere la propria importanza strategica globale e anche in vista dell’obiettivo di ottenere l’accesso all’Unione Europea. In secondo luogo Ankara vede nell’oleodotto il mezzo per cominciare ad alleggerire il congestionato e ambientalmente pericoloso traffico di petroliere russe per lo stretto del Bosforo a ridosso di Istanbul.
Società leader del progetto è la britannica Bp (British Petroleum) che ha una quota del 30,1%.
Gli altri membri del consorzio sono la Socar azerbaigiana (25 per cento), l’americana Unocal (8,9 per cento: la società che per un soffio non è stata acquistata dalla Cina), la Statoil norvegese (8,71 per cento), la turca Tpao (6,53%), l’italiana Eni/Agip (5%), la francese Total (5%), la giapponese Itochu (3,4%), la giapponese Inpex (2,5%), l’americana ConocoPhillips (2,5 per cento), l’americana Amerada Hess (2.36%).
Il primo greggio azero è giunto a Ceyhan il 28 maggio scorso e il 4 giugno successivo esso fu inviato, su una petroliera inglese, nel porto ligure di Savona.
Le tratte parziali erano state inaugurate negli anni scorsi e nel 2005 l’opera era compiuta (altra inaugurazione a tubi vuoti). Per riempire le condotte sono occorsi oltre 4 mesi. Ora l’ultimo taglio del nastro, quello che festeggia l’operatività dell’oleodotto. Quando fu progettato, a metà anni Novanta, i critici lo ritennero antieconomico. E lo era. Il costo di pompaggio e di trasporto per barile, infatti, per ragioni logistiche di percorso, è quasi doppio (3,20 dollari secondo i dati 2002, anno di posa della prima pietra) rispetto ad altri oleodotti, ma le motivazioni geostrategiche prevalsero su quelle economiche. Allora il petrolio costava attorno ai 18-20 dollari il barile.
Oggi, con quotazioni oltre i 70 $, anche questo aspetto è diventato del tutto trascurabile e, anzi, il progetto può addirittura essere definito lungimirante. 
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NEWS AMBIENTE BRESCIA E PROVINCIA


CIP6, ENERGIA ELETTRICA, ASM BS

Renzo Capra, presidente dell?Asm di Brescia, ha sempre sottolineato lo «scopo etico» del termovalorizzatore.

Capra di fronte allo Commissione bicamerale sul ciclo rifiuti, nel corso della sua audizione tenutasi il 14 settembre 2005, allorché nacque l'accordo con Lettieri e l'Unione industriali di Napoli. «Direi che sul territorio (ndr: LA CAMPANIA) l'attività più delicata e più difficile è proprio la raccolta differenziata piuttosto che la combustione perché, una volta realizzato, l'impianto [l'inceneritore] va avanti per conto suo. Si tratta, comunque, di impianti redditizi».

Come volevasi dimostrare. «Produrre energia dall'impianto di Brescia (80MW) con il gas sarebbe stato quattro volte meno costoso.

Cosa lo rende allora, dal punto di vista economico, fattibile e conveniente? Il fatto che il combustibile [i rifiuti] non viene pagato da chi lo usa, ma da chi lo fornisce». Cioè sono i cittadini che pagano, come abbiamo visto, per lo smaltimento dei rifiuti. Ma non basta.

Prosegue infatti Capra: «L'altro aspetto è quello relativo al CIP 6, o comunque ai certificati verdi, che non sono molto diversi come redditività». Questo è un altro punto fondamentale. Il Decreto Legislativo 79/1999 (Decreto Bersani), integrato col Decreto Ministeriale dell'11 novembre 1999, istituisce i certificati verdi affiancandoli al CIP 6/92, cioè il precedente decreto interministeriale relativo agli incentivi statali sull'energia prodotta da fonti rinnovabili. I certificati verdi, a differenza del CIP 6/92, sono attribuibili non in base a graduatorie, ma a chiunque ne faccia richiesta, per i primi 8 anni di entrata in funzione degli impianti. E qui veniamo al nodo della questione. Nel novero dell'energia ricavata da fonti rinnovabili è inclusa anche quella ottenuta dall'incenerimento rifiuti. Si tratta di una situazione paradossale, che finisce per deprimere di fatto l'espansione delle vere fonti rinnovabili di energia.

Ma quanti soldi pubblici finiscono nelle tasche di chi incenerisce per professione?

Grazie ai certificati verdi e al CIP 6, l'energia prodotta dai rifiuti che finisce sulla rete nazionale viene attualmente pagata dal gestore della rete elettrica nazionale 14 centesimi di euro (279 lire) per KWh (chilowattora), in luogo dei 4 centesimi (87 lire) pagati per l'energia prodotta mediante gas, carbone, olio combustibile. Ben 10 centesimi di differenza per ogni KWh, direttamente a carico dallo Stato. VEDREMO POI CHE NON LO PAGA LO STATO

Capra ammette dinanzi alla Commissione bicamerale: «Senza il CIP 6, o i certificati verdi, difficilmente si potrebbe partire (ndr: QUI SI RIFERIVA ALL'APERTURA DI UN TERMOVALORIZZAZORE IN CAMPANIA), per cui la Comunità li ha incentivati e li mantiene».
L'ultima parte dell'affermazione del presidente dell'Asm però è quantomeno inesatta.
L'Unione Europea, infatti, considera rinnovabile soltanto l'energia ottenuta incenerendo biomasse (cioè legno, residui organici, etc.). Il resto, che rappresenta oltre il 60% del totale, non rientra affatto nel computo. Per questo motivo l'Italia è stata oggetto di una procedura di infrazione da parte dell'UE.

Bruciare i rifiuti dunque è un'operazione assai costosa, tenuta in piedi artificialmente dalle vagonate di soldi pubblici che la finanziano. Altro che libero mercato. Evidentemente questo è il modo di agire molto caro agli imprenditori italiani. La raccolta differenziata infatti costerebbe assai meno e creerebbe molti più posti di lavoro: non fatevi ingannare dalla demagogia. Lo fa presente in una lettera ai cittadini della Campania anche l'ing. Cerani, bresciano, il quale tra l'altro chiarisce con grande senso civico che la provincia di Brescia è quella che in Lombardia ha il costo pro capite più alto per lo smaltimento dei rifiuti.

Basterebbero queste pur sommarie considerazioni ad evidenziare l'assurdità della politica di incenerire ad ogni costo. Anche senza tener conto dei gravi danni che gli inceneritori causano alla salute dei cittadini.

Ma quanto prende asm dal cip6?

Dal piano industrile asm 2005-2009

Obiettivi di crescita ? L'approccio strategico individuato porta a definire nel Piano Industriale 2005-2009 obiettivi di crescita in miglioramento rispetto al precedente Piano Industriale 2004-2008. In particolare la crescita attesa dell'EBITDA passa da +7,3% all?anno (per il periodo 2003-2008) a +8,2% all'anno (per il periodo 2003-2009). Analogamente, la crescita attesa dell?EBIT passa da +4,8% all?anno a +7,2% all?anno nonostante la scadenza nel 2007 di una importante quota di incentivi CIP 6 pari a circa 45 milioni di euro. Al lordo di quest'ultimo effetto la crescita organica del Piano Industriale 2005-2009 si attesterebbe a +11,8% all'anno per l'EBITDA e +13,1% all'anno per l'EBIT.

MA CHI LO PAGA IL CIP6 GUARDATE LA VOSTRA BOLLETTA TROVERETE LA VOCE ENERGIE RINNOVABILI O QUALCOSA DI SIMILE
QUELLO è IL CIP6

LO PAGHIAMO NOI PORCA TR......

IL CIP6 AVREBBE DOVUTO FINANZIARE LE FONTI RINNOVABILI INVECE ABBIAMO FINANZIATO IL TERMOVALORIZZATORE DI BRESCIA OLTRE AD ALTO (vedi saras di moratti)

Ciao e grazie per la lettura! By Christian Brescia 
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IN DIFESA DELL'UMANITA' CONVEGNO ROMA

L’Incontro Mondiale di Intellettuali e Artisti in Difesa dell’Umanità si svolgerà l’11, 12 e 13 ottobre 2006, presso la sede dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Agricoltura e l’Alimentazione, FAO, ubicata a Roma, Viale delle Terme di Caracalla, Viale delle Terme di Caracalla 00100 Roma, Italia. Teléfono: +39 0657051. Telex +39 625852/610181. Fax: +39 0657053152.

La FAO è anche una fonte di conoscenze e informazioni. L’Organizzazione aiuta i paesi in via di sviluppo e i paesi in transizione a modernizzare e migliorare le proprie attività agricole, forestali ed ittiche, con lo scopo di assicurare una buona nutrizione per tutti. Dalla sua fondazione avvenuta nel 1945, la FAO ha prestato speciale attenzione allo sviluppo delle zone rurali, dove vive il 70 per cento della popolazione mondiale povera e denutrita.


Benvenuti a "In Difesa dell'umanità Roma 2006"
Aspettative del comitato organizzativo per il dibattito a Roma 2006 In Difesa dell’Umanità
A Roma, nella cui collina di Monte Sacro accadde una delle prime ribellioni popolari civico militari dell’umanità e dove emerse il pensiero di libertà e indipendenza del futuro Libertador Simón Bolívar, umanisti del mondo si riuniranno per cercare di costruire un’offensiva basata sulla resistenza millenaria dei popoli, che permetta di definire lineamenti a carattere universale, rispettuosi della diversità e della pluriculturalità, sopra i quali generare nuovi meccanismi di azione e di lotta per la difesa dell’umanità. Gli umanisti, come lavoratori sociali, dobbiamo lottare attivamente affinchè si rafforzi, attraverso la ragione, l’impero della giustizia sociale: unica maniera di raggiungere la pace e assicurare il rispetto, la dignità, la solidariettà e la tolleranza tra tutti gli esseri umani nella terra.

Oggi l’umanità vive tempi drammatici di irrispetto verso il diritto internazionale, sotto lo sguardo indifferente e complice delle Nazioni Unite, mentre la mediocrità e la codardia utilizza leader di alcune delle principali potenze economiche e militari del mondo. In modo sfacciato non si rispettano gli Accordi della Convenzione di Ginevra sui prigionieri di guerra e protezione delle popolazioni civili, e con la scusa di combattere il terrorismo si cerca di legittimare la violazione dei più elementari valori e principi della dignità umana, attentando all diritto all’autodeterminazione dei popoli, la sovranità delle nazioni, il diritto alla vita, il diritto all’informazione veriditiera ed opportuna; tutti quelli chhe sono trasgrediti in forma sistematica e unilaterale.

Attualmente centinaia di milioni di esseri umani sono oggetto di aggressioni da parte delle principali potenze del mondo, in forma diretta o indiretta. Invasioni, occupazioni, guerre, estorsioni ed altri meccanismi sono esercitati impunemente contro popoli interi al fine di controllare le più importanti fonti di energia fossile in America, Africa e Medio Oriente. Si tratta di una spirale di pazzia e silenzio “complice”, che danneggia molti paesi come il Venezuela, Irak, Iran, Afganistan, Libano, Palestina, e Sudan, tra gli altri; tutti essi vittime della prepotenza e desiderio di dominazione imperialista di queste potenze che, in nome della loro particolare democrazia e del loro interessato concetto di libertà, esibiscono le loro politiche intervenzioniste e un chiaro terrorismo di stato nel mondo, riempendo l’umanità di morte, miseria, povertà e fame. Mentre le altre Nazioni, non invase o aggredite militarmente, vengono sottomesse con debiti esteri immorali e ingiusti, o meglio, attraverso il controllo di altre fonti di materia prima, delle loro fonti idriche e biodiversità, così come del ricatto economico, imposizione di trattati commerciali unilaterali, con norme disuguali di commercio internazionale imposte dalla OMC, e con la concentrazione dei mezzi di comunicazione ed il sequestro della verità, collocandola al servizio della disinformazione, il razzismo, la xenofobia e la discriminazione religiosa, tra gli altri.

Coscienti del peggioramento delle condizioni di vita del pianeta, gli intellettuali del mondo pianifichiamo di nuovo un incontro, il cui obiettivo è quello di impegnare tutta la forza del pensiero e della creazione con la causa della giustizia e la pace nel mondo. I tempi che viviamo non ci permettono solo di dichiararci indignati davanti all’ingiustizia, sono tempi di accordi, impegni e azioni concrete, che ci obbligano ad integrarci con umiltà ed in forma attiva nelle associazioni e nelle organizzazioni di base esistenti in tutto il mondo, senza protagonismi individuali e disposti a conoscere ed accompagnare le lotte dei popoli invasi, dei lavoratori, dei contadini, dei disoccupati, degli sfruttati e sfruttate, degli emarginati, delle donne e uomini, dei popoli indigeni e non, degli afro-discendenti, arabi, emigrati e immigrati, minoranze sessuali, bambini abbandonati, di coloro che reclamano pane e dignità, gli anziani, le persone diversamente abili, vittime del commercio sessuale; principali protagonisti della lotta sociale in difesa dell’umanità.

Di fronte alle sfide che ci impone il debito del passato e quelle del presente e del futuro, abbiamo unito gli sforzi per riunirci nel 2006 a Roma, nella vecchia Europa, quando si compiono sessanta anni dalla creazione della frustrata e tradita Unione di Nazioni presso la sede della FAO, dove si suppone che il mondo dovrebbe pianificare, realizzare ed unire volontà politiche ed economiche per abolire la fame nell’umanità - una realtà ogni giorno più distante, con il fine fondamentale di coordinare le nostre azioni e dare uno speciale riconoscimento agli attivisti intellettuali, artisti e movimenti di base dell’Africa, e ai popoli e governi della Repubblica Bolivariana del Venezuela e della Repubblica della Bolivia per il loro sforzo a costruire un processo di emanicipazione democratico e pacifista di giustizia sociale, di equità e pace, a partire dal protagonismo popolare e dai loro movimenti partecipativi che si sviluppano tra i popoli del Sudamerica; un riconoscimento inoltre per il popolo cubano e per il suo Comandante Fidel, per il suo esempio costante di decenni di lotta contro l’impero, molte volte quasi in solitudine, ma con la dignità ed il coraggio di chi ha la giustizia e la ragione dalla sua parte.

Rodrigo O. Chaves S. 
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UN ESEMPIO VIRTUOSO

Il sindaco di Berlingo, Davide Ciapetti scrive che è stato approvato dalla sua giunta un intervento che verrà realizzato l'anno prossimo: un impianto combinato fotovoltaico-geotermico che fornirà energia elettrica e riscaldamento al nuovo polo scolastico in costruzione. In pratica, l'impianto delle scuole sarà a pannelli radianti a pavimento alimentati da una centrale geotermica, composta da un pozzo che prende l'acqua da una falda a 50-60 metri di profondità alla temperatura di 13-14 gradi. le pompe di calore preleveranno da quest'acqua 6-7 gradi e la scaricheranno nella falda che si riporterà a 13-14 gradi. L'energia prelevata dall'acqua servirà per scaldare i pannelli radianti delle scuole. I pannelli fotovoltaici hanno una durata di 30-35 anni e gli 85-90 mila Kw di energia prodotti sono sufficienti a coprire il consumo per il riscaldamento e l'illuminazione delle due scuole. Le emissioni in atmosfera sono praticamente azzerate e il costo globale è di 750 mila euro, finanziati con i buoni ordinari comunali. La cifra sarà ammortizzata con 20 anni e fino al trentacinquesimo anno si avrà energia a costo zero. Il comune ha già messo in funzione un impianto solare termico per il riscaldamento dell'acqua sanitaria del centro sportivo e un impianto fotovoltaico per il municipio. Sommario


COMITATI PER L'AMBIENTE DI BRESCIA E PROVINCIA

 

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