PCB E INQUINAMENTO A BRESCIA

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COMITATO PER L'AMBIENTE E IL RISPARMIO ENERGETICO DI BRESCIA



Contaminazione da PBC: Brescia è più inquinata di Seveso

a Caffaro è un'importante industria chimica attiva sul territorio bresciano dal 1906. All'inizio fu essenzialmente una fabbrica di soda caustica con processo elettrolitico a catodo di mercurio, ma già negli anni trenta l'azienda s'impone sul mercato come principale produttrice di pesticidi, prima a base di composti arsenicali e successivamente di cloroderivati. Entrano quindi progressivamente nel ciclo lavorativo svariate sostanze tossiche, di cui molte cancerogene: benzene, arsenico e suoi composti, tetracloruro di carbonio, DDT, Lindano, clorofenoli, cloroformio e Clortalonil. Dal 1938 al 1984 si afferma in azienda la produzione di PCB che renderà la Caffaro uno dei leader a livello mondiale.

In quasi 50 anni si producono 150 mila tonnellate di PCB a fronte delle 650 mila tonnellate degli Stati Uniti, relative a un equipollente arco temporale (1929-1977), che però sospendono la produzione nel 1977, preceduti nel 1972 dal Giappone, dove un grave incidente provoca l'intossicazione di duemila persone.1
Nonostante lo sviluppo di una cultura diffusa sulla tossicità delle diosssine,2 conseguente al disastro di Seveso del 1976, alla Caffaro di Brescia la produzione di PCB continua indisturbata fino al 1984. E questo quasi a voler concludere a ogni costo il ciclo vitale degli impianti, che tre anni prima della dismissione vanno anche incontro a un principio di incendio che provoca il surriscaldamento di un distillatore, fino a temperature critiche per la formazione di diossine.
I dati di seguito riportati, sui quali riteniamo di poter fondare le nostre valutazioni, presentano limiti intrinseci: alcuni conseguenti all'inadeguatezza dei metodi adottati dalla ASL e dall'ARPA per il campionamento e la raccolta delle matrici su cui sono state condotte le determinazioni analitiche degli inquinanti, altri invece dipendono dall'incompletezza delle informazioni reseci disponibili.

In ogni caso, accettando approssimazioni che possano comunque mettere abbastanza al riparo da errori di sovrastima del rischio, abbiamo cercato di ottenere il massimo d'informazione possibile dalla nostra base-dati. Ci siamo ispirati, per così dire, alle storiche inferenze di sir Percival Pott "rivisitato",3 che, valorizzando i dettagli di una osservazione non sistematica e il relativo contesto storico-sociale, è riuscito a suggerire ipotesi forti sulla cancerogenesi professionale, successivamente confermate e sviluppate.

La ASL di Brescia, allo scopo di predisporre il monitoraggio delle ricadute a terra delle emissioni del costruendo inceneritore dell'Azienda servizi municipali di Brescia (ASM), che fatalmente si sovrappongono alla zona posta a Sud della Caffaro, conduce tre campagne di misurazioni sequenziali negli anni 1994-1995-1997, per definire la condizione "zero" dell'inquinamento del suolo.

Alle istituzioni giungono quindi inaspettati i risultati che documentano un altissimo e diffuso inquinamento da PCB, diossine e furani di due o tre ordini di grandezza oltre i limiti attualmente fissati dalla legge,4 cioè 10 ng/kg (di terra) per diossine e dibenzofurani e 1.000 ng/kg per PCB relativamente a terreni destinati a verde pubblico privato e residenziale.

Nel febbraio 2001, l'ASL di Brescia raccoglie altri campioni di terreno nelle adiacenze della fabbrica. Nel cortile dell'ex scuola elementare (chiusa solo dal 1993 e ora sede di Circoscrizione) l'indagine ritrova ancor oggi valori di PCB 3.000-6.000 volte superiori al limite, come si può leggere nella tabella 2.

Un confronto con altre aree inquinate può facilitare la percezione delle dimensioni del problema, sia pure con la dovuta cautela, date le diverse origini modalità ed evoluzione temporale dell'inquinamento, nonché delle matrici ambientali interessate.

Laguna di Venezia. Nei sedimenti della laguna di Venezia, una delle aree più inquinate d'Italia, uno studio dell'Università di Venezia, su 15 aree di campionamento indagate dal "Progetto di ricerca del sistema lagunare veneziano" nel luglio 1994, ha rilevato la presenza dei PCB in una concentrazione diffusa che oscilla tra i 4,05 e i 35,45 µg/Kg; solo uno dei 15 campioni, nel Canal Grande, che si ipotizzò convogliasse e concentrasse maggiormente l'inquinamento proveniente da Porto Marghera, raggiunge il valore massimo di 239,15 µg/Kg.

Seveso. All'Icmesa le diossine sono state trovate nello strato superficiale del terreno a un'altissima concentrazione, fino a un massimo, nella "zona A", di 48,90 µg/Kg, quindi quasi 4.000 volte i limiti oggi previsti dalla normativa in vigore (µg/Kg 0,01). Nella "zona B" la concentrazione massima era di 0,39 µg/Kg mentre in alcuni punti attorno alla Caffaro, come detto, si supera il limite fissato per il PCB anche di 6.000 volte. Per di più, a Seveso, l'inquinamento acuto interessò alcune centinaia di persone (736 cittadini) mentre la "zona a pera" che si estende a Sud della Caffaro è abitata da migliaia di persone.

Per meglio esprimere l'ordine di grandezza dell'inquinamento, operiamo un confronto tra la "zona A" di Seveso (la più inquinata) e quella bresciana a forma di pera, applicando, con l'approssimazione di seguito precisata, il fattore di tossicità equivalente (TEF, vedi note 4 e 5 nella tabella n. 3).
Come noto, i PCB sono una famiglia di composti chimici (teoricamente 209). Una categoria di questi, in particolare, induce una serie di effetti tossicologici simili a quelli delle diossine. Per tali composti è stato individuato un fattore di tossicità equivalente, riferito alla 2,3,7,8 TCDD, cioè alla diossina più tossica, che varia secondo una proporzione compresa tra un minimo di 1: 10.000 e un massimo di 1: 10. Questo significa che alcune forme chimiche di PCB possiedono una tossicità solo 10 volte inferiore a quella della 2,3,7,8 TCDD.

In assenza di informazioni disponibili sui congeneri diossina-simili dei PCB in questione, l'approssimazione operata consiste nell'assumere come verosimile il rapporto intermedio di 1: 100.
Attraverso questa inferenza è possibile stimare nei terreni della "pera bresciana" una concentrazione di diossine o PCB (espressi come TE) sostanzialmente simile o addirittura più alta di quella rilevata nella "zona A" di Seveso, mentre, considerando il solo inquinamento da diossina, la concentrazione risulta comunque superiore alla "zona B" di Seveso. La tabella di comparazione 3 è integrata con alcuni dati più recenti di fonte ARPA, esplicativi di quanto comunque appariva già evidente.5

Va ricordato che a Seveso la nube tossica investì direttamente le persone provocando casi di cloracne, ma fu valutato anche l'inquinamento al suolo determinato dalla diossina che si era depositata. A ciò si procedette ad alcuni giorni di distanza dall'evento incidentale, delimitando la cosiddetta "zona A", dove il rischio per la popolazione fu ritenuto non accettabile. Tanto che questa area venne evacuata e successivamente bonificata.

A Brescia, invece, l'inquinamento dei terreni veicolato verso Sud dall'acqua, ma anche sicuramente dall'aria, si è realizzato in un lungo intervallo di tempo.
Il "Piano di caratterizzazione" del sito su cui sorgono gli impianti della Caffaro, effettuato dalla stessa azienda tra la fine del 2000 e l'inizio del 2001, mostra un gravissimo inquinamento del sottosuolo.6 Decine di sostanze tossiche sono state ricercate con 55 carotaggi effettuati a profondità comprese fra i 10 e i 40 metri; 7 hanno raggiunto gli 80 metri e sono stati attrezzati a piezometro di controllo della falda sotterranea. E' emersa la presenza di elevatissime concentrazioni di arsenico, mercurio, solventi clorurati, PCB e altri composti di questa natura, mentre non sono state ricercate le diossine, la cui presenza è peraltro altamente probabile per il fatto che esse si generano come inevitabile reazione parassita nei processi chimici di sintesi dei PCB, anche a prescindere da eventi incidentali.

E se a Seveso l'inquinamento ha coinvolto l'aria, a Brescia ha interessato, almeno nei lustri più recenti, la falda acquifera attraverso la quale si è diffuso in una vasta area di perimetrazione ancora incerta (vedi tabella 5).

La plausibilità del paragone con l'inquinamento di Seveso
Tenendo conto della superficie del reparto in cui si producevano PCB e delle concentrazioni presenti anche in profondità (C26C), si può approssimativamente stimare in oltre 100 le tonnellate di PCB disperse in un terreno sabbioso assolutamente permeabile, dove la penetrazione è stata favorita dal concomitante ed esteso inquinamento da solventi clorurati che hanno funzionato da veicolanti. Lo stesso si può dire per arsenico, mercurio e tetracloruro di carbonio, per citare solo i contaminanti più rappresentati.
Inoltre, se nella stima dell'inquinamento del terreno sottostante si assumesse lo stesso rapporto tra le concentrazioni di diossine e PCB riscontrato a Sud della "zona pera" (1: 30.000), anche limitando il calcolo al solo perimetro dello stabilimento Caffaro, la quantità assoluta di diossina sarebbe dell'ordine dei chilogrammi, mentre a Seveso è stata dell'ordine degli ettogrammi.
La plausibilità del paragone con Seveso, che eventualmente sembra sottostimare, in termini di impatto ambientale complessivo, la gravità dell'inquinamento della "pera bresciana", si fonda sinteticamente sul seguente "decalogo concettuale": sui seguenti punti

1. stima del rapporto PCB/diossina 1: 30.000 assunto come rappresentativo nel terreno;
2. caratteristiche geologiche del sito che conferiscono al terreno una permeabilità particolarmente elevata;
3. ordine di grandezza della quantità assoluta di PCB stimabile in tonnellate mentre quella della diossina in chilogrammi, anche limitandosi al terreno sottostante il perimetro dello stabilimento;
4. inquinamento da PCB della falda acquifera;
5. reimmissione nelle rogge di superficie dell'acqua inquinata estratta dalla falda utilizzata negli impianti ancora in funzione;
6. probabilità di ingresso dei PCB nella catena alimentare particolarmente elevato per inquinamento di terreni coltivati a foraggi e ortaggi;
7. probabile presenza di discariche di rifiuti contenenti PCB e Diossine anche in "zona pera", oltre che in altri siti limitrofi, come già accertato;
8. lungo periodo di esposizione della popolazione;
9. numerosità della popolazione bresciana esposta a sostanze dioxin-like superiore di un ordine di grandezza rispetto a quella coinvolta nell'incidente di Seveso;
10. esposizione contestuale ad altri cancerogeni.


LEGGI LA PERICOLOSITA' DEL FLUFF E DEL PCB


PCB e rischio cancerogeno

L'EPA ha ripreso nel 2001 il tema del rischio cancerogeno delle diossine e dei PCB, ha aggiornato una precedente valutazione del 1996 giungendo a stimare, in accordo anche con gruppi di ricerca europei, che un rischio per l'uomo da esposizione a composti dioxin-like può manifestarsi per concentrazioni > 1-4 pg / kg di peso corporeo.7
Va ancora ricordato che l'equipollenza tra PCB e diossine si fonda non solo su studi di natura tossicologica, che hanno accertato la condivisione di uno stesso meccanismo d'azione, ma anche su evidenze epidemiologiche.
Infatti, studi epidemiologici analitici condotti su esposti a diossina e PCB mostrano che il concetto di tossicità equivalente elaborato a livello sperimentale trova un riscontro epidemiologico nella capacità di produrre eccessi statisticamente significativi di linfomi non Hodgkin (LNH) in soggetti esposti all'uno o all'altro di questi analoghi molecolari anche in concentrazioni che si approssimano all'ordine di grandezza delle esposizioni di origine ambientale.8-10 In definitiva, i LNH appaiono come una sorta di "effetto-ponte" che esalta la somiglianza delle cause. Sulla base di queste considerazioni, la distanza che ancora separa nell'uomo l'evidenza di cancerogenicità "sufficiente" della diossina da quella "altamente probabile" dei PCB si riduce ulteriormente, giustificando comunque al massimo grado l'adozione del "principio di precauzione" in sanità pubblica, già da tempo assunto dalla stessa Unione Europea,11 per cui si considera vera l'ipotesi più preoccupante.

L'incidenza dei tumori a Brescia
Se i dati fin qui riportati, pur nello loro gravità, sono il risultato di indagini molto parziali (soprattutto per le diossine), del tutto assenti sono le conoscenze sui danni alla salute provocati da questa secolare storia di inquinamento. Assenza determinata dall'esclusione di questo tema da ogni ipotesi di ricerca o di vigilanza. Eppure, l'anomala incidenza di tumori che si registra a Brescia, sia per quanto riguarda il totale dei tumori maligni sia per alcune sedi tumorali che costituiscono noti organi bersaglio dei cancerogeni prodotti dalla Caffaro e presenti in concentrazioni elevate nelle matrici ambientali, avrebbe dovuto suggerire di avviare studi in questa direzione.
Il confronto dei dati del Registro Tumori territoriale bresciano - che negli anni 1994-95 ha coperto la città Brescia e 33 comuni del suo hinterland per una popolazione complessiva di 387.000 abitanti (ex USSL 18) -con i dati degli altri registri tumori italiani colloca Brescia al vertice dei tassi di incidenza. Il primato riguarda sia le singole sedi, sia il totale dei tumori. I tassi più alti si registrano per il tumore del fegato sia nei maschi sia nelle femmine (vedi tabella 6).

Le prime conferme del grave inquinamento dioxin-like
I primi dati divulgati dalla ASL di Brescia sull'inquinamento misurato nelle matrici biologiche dimostrano che i PCB sono ampiamente entrati nella catena alimentare. Livelli elevati di alcuni congeneri di PCB sono stati trovati in verdure, uova e latte prodotto da aziende agricole ubicate nella "zona a pera".
La ricerca di 7 congeneri di PCB, effettuata secondo l'approccio indicato dall'Istituto superiore di sanità12 e utilizzati come traccianti della contaminazione di diossine ha fornito i risultati riportati in tabella 7.

Per rendere più facilmente comprensibile l'ordine di grandezza dell'inquinamento, assumiamo come termine di paragone le quantità di PCB misurate in analoghe matrici a seguito dell'incidente avvenuto in Belgio nel gennaio 1999, che comportò la contaminazione di mangimi per animali con 50 kg di PCB e un stima di 1g di diossina.13
Sono state trovate le seguenti concentrazioni di PCB (7 congeneri):
Concentrazione di PCBmisurata in nanogrammi per grammo di grasso
latte 34,2 DS = 30,5
uova 392,7 DS = 2.883,5
galline 240,7DS = 2.036,9
DS = deviazione strandard

Altri dati di un'analoga ricerca condotta dall'ASL di Brescia nell'ottobre 2001 sul sangue di alcuni soggetti residenti, secondo criteri di campionamento non resi????, sono rappresentati in (tabella 8)

Risultati di ulteriori indagini più recenti sono stati divulgati dalla ASL di Brescia in una conferenza stampa del febbraio 2002.
A solo scopo di una migliore rappresentazione formale dei dati, si costruisce una tabella deducendo il numero dei soggetti di controllo, cioè residenti all'esterno della "zona pera", la cui concentrazione di PCB nel sangue (ng/ml) si colloca proprio nel range dei valori più bassi, dal totale dei soggetti complessivamente esaminati, nonché dal numero dei soggetti residenti in "zona pera" dei quali si afferma che la loro distribuzione ricade pressoché interamente in range più elevati di concentrazione di PCB. Non è stata resa nota la disaggregazione dei soggetti per le principali variabili di interesse (georeferenziazione, periodo di residenza eccetera).

Le analisi, rese pubbliche nel gennaio 2002, relative alle diossine e ai congeneri di PCB dioxin-like misurati nel campione di latte, aggiungono ancora una novità di rilievo. I livelli complessivi di tossicità equivalente sono elevatissimi: 53 TE pg/gr che si aggiungono ai 9 TE pg/gr dovuti alle sole diossine. Va ricordato che l'Organizzazione mondiale della sanità nel 1998 raccomandava il limite di dose massima di assunzione giornaliera di PCB dioxin-like e diossine pari a 1 TE pg per kg di peso corporeo (cfr Istituto superiore di sanità, 1 luglio 1999).
Concedendo una esemplificazione, ciò significa che i residenti in "zona pera" superano questo limite ingerendo pochissimi millilitri di latte contaminato al giorno.

Sempre nel gennaio 2002 sono stati resi pubblici i certificati dell'acqua di falda e di punti rete dell'acquedotto a Sud della Caffaro.
In diversi pozzi, i PCB si trovano sotto il livello di rilevabilità dello strumento, ma risultano particolarmente inquinati da cloroformio, tetracloruro di carbonio, tricloroetilene e tetracloroetilene rispetto ai limiti previsti dal DM 471/99. In alcuni casi questi inquinanti campionati nei pozzi dell'acqua potabile raggiungono concentrazioni sovrapponibili o addirittura superiori a quelle misurate nelle acque di falda inquinate del sito industriale Caffaro.
Gli stessi composti organoclorurati sono stati rilevati anche in alcuni punti della rete dell'acquedotto in concentrazioni paradossalmente accettabili per la normativa delle acque potabili (DPR 236/88), ma non ammissibili dal citato Dlgs 471/99 per le acque di falda, cioè per quelle non necessariamente destinate all'utilizzo domestico. E' auspicabile che la necessaria armonizzazione della normativa si orienti in direzione garantista per la salute.

La riflessione
Ci chiediamo come possa essere accaduto tutto questo nel e silenzio nella più assoluta indifferenza anche della stessa comunità scientifica che in Lombardia ha dovuto far fronte all'incidente di Seveso, accumulando esperienza e conoscenza da quella tragedia. E questo in una città come Brescia dove una fabbrica in pieno centro cittadino ha prodotto quantità enormi di PCB.
Proprio l'indifferenza della comunità scientifica che assurge a una scelta di campo, mai enunciata ma sempre agita, fa cogliere nella vicenda un "disvalore aggiunto" non riducibile a quella aprioristica prudenza minimizzante che così spesso caratterizza l'atteggiamento della pubblica amministrazione di fronte a sciagure di ogni sorta. Le coordinate di questa scelta di campo meritano quindi di essere puntualizzate con un altro decalogo nella loro scansione temporale, perché non rappresentano dei meri accidenti, quanto piuttosto dei momenti strutturali del contesto ambientale che ha ospitato questa vicenda di sanità pubblica.
I punti del decalogo sono accompagnati da espressioni emblematiche, proferite da alcuni "autorevoli" membri del "comitato tecnico scientifico" istituito ad hoc presso la ASL di Brescia, in cui siedono anche rappresentanti della richiamata comunità scientifica. Si tratta di affermazioni secche, quindi prive di contesto significante, riportate da TV o quotidiani in risposta a puntuali sollecitazioni loro rivolte da giornalisti che intendevano sottoporre a contraddittorio le nostre valutazioni.16

1. Presenza di una fonte inquinante storicamente nota, anche per diretta esperienza di tutti gli attori in campo (alcuni dei quali siedono oggi nel sopra citato comitato tecnico scientifico), che sarebbe finita sepolta sotto le colate di cemento del piano di sviluppo urbanistico della città, se non fossero sopraggiunti imprevisti elementi esterni;
2. inerzia nell'attuazione di provvedimenti preventivi, a partire almeno dal 1981, anno in cui si verificò un grave incidente al distillatore di PCB, che si surriscaldò fino al punto di fusione con uscita di una nube tossica contenente oltre ai PCB quasi certamente anche diossine (per effetto dell'alta temperatura) e che investì 3 operai disperdendosi poi nell'ambiente esterno, dove a pochi metri di distanza era ubicata una scuola elementare. Tuttavia questi inquinanti, ormai noti almeno dopo l'incidente di Seveso, non risultano essere mai stati ricercati, nonostante l'Istituto di medicina del lavoro dell'Università di Verona svolgesse all'epoca attività di consulenza per conto della stessa azienda Caffaro;
3. assenza di ogni valutazione epidemiologica degli stessi lavoratori e della popolazione generale esposta per un secolo a una lunga serie di cancerogeni (… Non ci risulta abbiano sviluppato, almeno per quello che conosciamo noi, patologie particolari. Comunque li manderemo a chiamare);
4. sottovalutazione del rischio indiretta attraverso una critica rivolta all'eccessivo garantismo dei valori di soglia, che per altro proprio l'ARPA bresciana ha proposto recentemente di innalzare (… Con tutta la dispersione di PCB che si è verificata negli anni passati tutti ne abbiamo almeno 10 microgrammi per litro nel sangue);
5. enfatizzazione dell'incertezza scientifica sul grado di evidenza della cancerogenicità dei PCB, anche per un inadeguato aggiornamento delle conoscenze specifiche (…sui rischi che il PCB comporta a lungo termine è la stessa ricerca scientifica a non avere una risposta certa…, …pur essendo cancerogeni e fetotossici nei topi, studi su aree contaminate e sui lavoratori esposti non hanno individuato eccessi di tumore);
6. incremento forzoso della distanza tossicologica tra diossine e PCB, sui quali, gettata nell'oblio ogni definizione di composti dioxin-like, si concentra tutta l'attenzione (…non è possibile affermare da un punto di vista scientifico che il PCB sia una diossina.);
7. utilizzo consolatorio del concetto di probabilità verso la popolazione esposta (…avere PCB nel sangue non significa essere intossicati o essere ammalati…. noi siamo tenuti a parlare di malattia o di intossicazione quando accanto alla elevazione di PCB nel sangue compaiono anche evidenze di carattere clinico o di carattere metabolico che si dimostrano con gli esami);
8. avvicinamento surrettizio tra inquinamento puntuale e inquinamento di fondo al quale partecipano molteplici e indefinibili fonti di rischio (…Più tumori ma in tutto il bresciano);
9. riferimento alla sola attività di ricerca che esalta il rischio attribuibile a comportamenti individuali (alcol, tabacco, epatite) e ignora quello di origine ambientale dove le responsabilità sociali sono prevalenti (…il consumo di alcol e i virus dell'epatite C sono invece le cause del 90% dei tumori al fegato);
10. inadeguatezza tecnica delle istituzioni pubbliche lombarde nell'analizzare e valutare il rischio ambientale per porre in atto le più elementari e urgenti misure di messa in sicurezza della fonte inquinante. Sorprende, al proposito, che la Regione Lombardia non disponga di un carotatore per raggiungere profondità superiori al metro, di una adeguata strategia di campionamento, nonché di strumenti analitici capaci di rilevare concentrazioni di PCB nell'acquedotto municipale al di sotto dei limiti di legge.
Nonostante tutto ciò, si rivolgono alla popolazione contraddittori messaggi tranquillizzanti. (…l'area giochi dei bambini è sicura ma deve essere bonificata).

Molto si è scritto sul gap temporale esistente tra disponibilità delle conoscenze scientifiche sul potere cancerogeno di diverse sostanze e introduzione di misure legislative appropriate. E' il caso, per esmpio, delle amine aromatiche, per le quali, tra l'iniziale osservazione di tumore vescicale e la prima legge nel Regno Unito per la prevenzione dell'esposizione dei lavoratori sono passati ben 74 anni. E altrettanto emblematici sono i casi dell'amianto e del fumo di tabacco (quest'ultimo ancor più eclatante dopo la pubblicazione del libro dello storico della scienza R Proctor sulle campagne hitleriane contro il fumo).17
Meno invece si è scritto sull'altro gap temporale, cioè quello collocato più a valle, tra introduzione di misure legislative e verifica della loro effettiva applicazione, che rischia di sopravanzare il primo con effetti altrettanto drammatici sulla tutela della salute e dell'ambiente.
In particolare, esiste in Italia una continuità storica inquietante tra Stato post-risorgimentale, Stato fascista, Stato repubblicano e Stato della Unione Europea, per cui all'enunciazione di grandi princìpi, che si sono tradotti anche in una legislazione molto avanzata in materia di sanità pubblica, segue poi la loro sistematica neutralizzazione, attraverso una prassi istituzionale gattopardesca che espelle dal mondo reale leggi, norme, regolamenti e quant'altro possa garantire l'effettività della prevenzione.
Un invito quindi a occuparsi e a preoccuparsi anche di quanto accade "a valle" di ciò che dovrebbe apparire pacifico (ma non è).

Oltre Brescia
Crediamo utile concludere aprendo l'orizzonte a quanto sta accadendo negli Stati Uniti proprio in questi mesi e più precisamente nella cittadina di Anniston in Alabama. Ne dà notizia in prima pagina il Washington Post del primo gennaio 2002. L'autorevole quotidiano ha pubblicato una lunga inchiesta su un caso analogo a quello bresciano. Nel mirino si trova proprio la consorella maggiore americana della Caffaro, la Monsanto, concessionaria del brevetto alla Caffaro negli anni trenta. Questa fabbrica chimica ha prodotto PCB per gli Stati Uniti dal 1929 al 1971 in una cittadina che per densità di popolazione, assetto idrogeologico e struttura economica richiama in modo sorprendente la situazione della "pera bresciana". Anch'essa ha consegnato al territorio la stessa pesante eredità, che si è manifestata nei medesimi problemi di contaminazione delle acque, della catena alimentare e della popolazione. Il 7 gennaio tutta la comunità inquinata di Anniston ha intentato un processo di portata storica contro la Monsanto. Il confronto tra gli esiti delle rispettive vicende sarà senz'altro interessante.

Celestino Panizza  medico del lavoro, Brescia
Paolo Ricci medico del lavoro, Mantova


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Note e bibliografia:

Per l'attenzione prestata alla complessa vicenda ambientale, si ringrazia il Procuratore Capo della Repubblica di Brescia, dottor Giancarlo Tarquini, insieme a tutti i suoi collaboratori.
Per la disponibilità accordata alla divulgazione delle tematiche relative alla salute pubblica e all'ambiente, si ringraziano i giornalisti Carlo Bonini e Giammaria Bellu, e il loro quotidiano "la Repubblica", insieme ai colleghi delle testate radiotelevisive che hanno ripreso e approfondito la notizia.
Per le rigorose osservazioni e i puntuali suggerimenti, si ringrazia infine l'amico professor Marino Ruzzenenti che, oltre a essere autore del libro Un secolo di cloro e PCB edito dalla Jaca Book di Milano, è anche coordinatore del comitato scientifico indipendente del Comitato popolare contro l'inquinamento "zona Caffaro", impegnato in una dura battaglia per la salute, la democrazia e la giustizia.

1. Kurastume M, Nakamura Y, Ikeda M & Hirohata T. Analysis of death seen among patients with Yusho (abstract). In: Dioxin 86. Proceeding of the VI International Symposium on Chlorinated Dioxin and Related Compounds. Fukuoka, Japan 1986.
2. Mocarelli P, Gerthoux PM, Ferrari E, Patterson DG Jr, Kieszak SM, Brambilla P, Vincoli N, Signorini S, Tramacere P, Carreri V, Sampson EJ, Turner WE, Needham LL. Paternal concentrations of dioxin and sex ratio of offspring. Lancet 2000; 355: 1858-63.
3. Terracini B, Cancro professionale cutaneo: numeratori, denominatori e inferenza causale. In: A Grieco, PA Bertazzi (a cura di) Per una storiografia italiana della prevenzione occupazionale e ambientale, Franco Angeli, Milano 1997.
4. Ministero dell'Ambiente, DM 25 ottobre 1999, n. 471. Regolamento recante criteri, procedure e modalità per la messa in sicurezza, la bonifica e il ripristino ambientale dei siti inquinati, ai sensi dell'art 17 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni e integrazioni.
5. Rapporto ARPA, febbraio 2002. Piano di integrazione e approfondimento delle indagini sullo stato del suolo, sottosuolo, falde idriche e acque superficiali nella porzione Sud occidentale del Comune di Brescia in un intorno significativo dello Stabilimento Caffaro SpA
6. G. Gavagnin, Caffaro SpA - stabilimento di Brescia. Piano di investigazione iniziale ai sensi del DM 471/99 - Relazione descrittiva finale, tomo 1, luglio 2001, Allegato 4 Suolo - Tabulazione delle analisi rispetto il DM 471/99.
7. EPA: http://www.epa.gov/ncea/pdfs/dioxin/final.pdf
8. Larebeke N, et al. The Nergian PCB and Dioxin incident of January-June 1999: exposure data and potential impact on health. Environ Helath Perspect 2001; 109 (3): 265-73.
9. Nordstrom M. et al. Concentrations of organochlorines related to titers to Epstein-Barr virus early antigen IgG as risk factors for hairy cell leukemia. Environ Health Perspect 2000 May; 108 (5): 441.
10. Rothman N. et al. A nested case-control study of non-Hodgkin lymphoma and serum organochlorine residues. Lancet 1997; 350: 240-04.
11. The Fifth European Community Programme of Action in relation to the Environment and Sustainable Development, European Commission, Bruxelles, 1994.
12. Rif.: ISS-XEN-99-4 - Versione 1.7.1999.
13. Steenland K. et al. Risk Assessment for 2,3,7,8-Tetrachlorodibenzo-p-Dioxin (TCDD) based on an Epidemiologic Study. Am J Epidemiol. 2001; 154 (5): 451-58.
14. Cfr Agency for Toxic Substances and Disease Registry. Toxicological profile for polychlorinated biphenyls. Draft for Public Comment. Atlanta: US Department of Health and Human Services, Public Health Service, December 1999.
15. Cfr Toxicological Profile for Polychlorinated Biphenyls (PCBs). US Department of Health and Human Services. Agency for Toxic Substances and Disease Registry. November 2000.
16. Citazioni riportate dai media (ordinate per autore): Bresciaoggi 7 novembre 2001; Bresciaoggi 12 ottobre 2001; Giornale di Brescia 31 ottobre 2001; Tg3 Lombardia 28 novembre 2001 ore 19.30; Giornale di Brescia 29 novembre 2001; Bresciaoggi 29 novembre 2001; Bresciaoggi 15 agosto 2001; Giornale di Brescia 31 ottobre 2001; Tg3 Lombardia 14 novembre 2001 ore 20.30; Tg3 Lombardia 16 novembre 2001 ore 20.30.
17. Proctor RN, La guerra di Hitler al cancro, Cortina Ed. 2000.


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