BRUCIARE FLUFF E VELENI

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COMITATO CONTRO LA NUOVA CENTRALE TURBOGAS DI BRESCIA


Alla faccia della Diossina "Caso Caffaro": è emerso un forte e diffuso inquinamento da PCB e diossine ASM BRESCIA LA PALMA D'ORO DELL'INCENERITORE PIÙ GRANDE D'EUROPA

L'impatto sanitario: L'INCENERITORE "PULISCE" L'ARIA DI BRESCIA !
Questa è l'assurda affermazione che abbiamo ripetutamente sentito fare: propagandata dall'Asm, ripetuta senza pudore da alcuni esponenti di spicco del Comune.

È stata smentita dalla pessima qualità dell'aria che si registra costantemente nella nostra città e che ha raggiunto nell'inverno scorso dei picchi così negativi da meritare i titoli dei quotidiani nazionali:
"è Brescia la città più inquinata d'Italia".
Ebbene nel 2001 su 275 giorni di rilevamento si sono registrati ben 157 giorni di supero dei livelli di attenzione e 66 di quelli di allarme (nei primi 76 giorni del 2004 vi sono stati 41 giorni di supero delle soglie di attenzione!).

Ma perché tirare in ballo l'inceneritore se di solito questi inquinanti sono prevalentemente associati al traffico veicolare in particolare dei motori diesel?
Innanzitutto perché i rifiuti sono un pessimo combustibile: a questo proposito la perizia di collaudo dell'impianto, eseguita nel novembre '99 dalla Provincia, dice esplicitamente: "Il rifiuto è tutt'altro che un combustibile ideale; le impurezze che lo accompagnano generano dei prodotti di combustione che possono inquinare l'ambiente".
Studi scientifici del particolato emesso da inceneritori con sistemi di trattamento delle emissioni come quello bresciano rilevano che vi sarebbero alte concentrazioni di polveri sottili e ultrasottili: per l'impianto di Brescia si tratta di oltre 1 tonnellata (1.000 miliardi di microgrammi) di polveri (ultrafini?) all'anno. A queste vanno aggiunte anche il particolato secondario, che si forma cioé nell'aria in seguito a reazioni delle sostanze emesse con i composti presenti nell'aria stessa e 300 kg di PM10 di PM10 di emissioni per ciascuna linea per i non meno di 60.000 autocarri che movimentano i materiali!
Non solo, le emissioni dell'inceneritore sono particolarmente rilevanti anche se confrontate con i 58 maggiori camini industriali di Brescia

Emissioni annue in kg di composti che danno origine a particolato fine secondario
Inquinante Emissioni di tutti i 158 camini industriali di Brescia (Asm esclusa) Emissioni dell'inceneritore Asm(media dei dati Asm, Arpa e Negri)
NOx 148.754 270.000
NH3 1.508 77.000
HCl 539 52.000
SOx 72.231 37.000

LE MAGGIORI CRITICITÀ: PCB E DIOSSINE.

Ed ora veniamo alle emissioni dei microinquinanti PCB e diossine, sulla cui elevata tossicità non ci si sofferma se non per dire che l'U.E. ribadisce che già ora buona parte della popolazione europea assume dosi di questi composti per effetto dell'inquinamento di fondo superiori alla dose stimata a rischio (seppure dovessimo dare per acquisito questo concetto) e che quindi bisogna ridurne l'inquinamento e le fonti di emissione.
La questione, di per sé controversa, a Brescia lo è in misura ancor più evidente a causa del gravissimo inquinamento storico che interessa la Città ed assume una valenza dirompente.
Brescia è balzata agli onori della cronaca nazionale per il "Caso Caffaro": è emerso un forte e diffuso inquinamento da PCB e diossine paragonabile alla vicenda di Seveso.

Ebbene a questo inquinamento preesistente si aggiunge ora una ulteriore nuova sorgente aggiuntiva a quelle esistenti: l'inceneritore.
In questo quadro le emissioni di diossine dell'inceneritore Asm di Brescia, "misurate" due volte all'anno, sarebbero già ad un livello critico (0,0053 e 0,0141 ng/m3 nell'aprile 2002; 0,009 e 0,0113 ng/m3 nel giugno 2002).
Ma quante diossine e PCB escono in un anno veicolate dai 3 miliradi di metri cubi di aria del camino (senza contare poi quelli delle scorie e polveri leggere)?
È molto difficile dirlo con esattezza perché in questo caso, a differenza di altri inquinanti, come gli NOx, i controlli non sono in continuo o a periodicità ravvicinata, ma avvengono in due campagne all'anno ed è del tutto arbitrario e scientificamente infondato considerare una misura effettuata per 8 ore, 2 o 4 volte all'anno, come reale per gli altri 300 giorni di funzionamento dell'impianto: sia perché nei giorni di rilevamento del Negri l'impianto è condotto al massimo dell'efficienza per il contenimento delle emissioni, sia perché questa efficienza dipende dal rispetto delle "procedure di manutenzione ordinaria e straordinaria", mentre in certi casi si possono verificare "situazioni di anomalie".
In proposito alcuni studi hanno messo fortemente in dubbio la rappresentatività di misure di breve periodo mentre misurazioni in continuo hanno rilevato emissioni di diossine di 30-50 volte più elevate.


INQUINAMENTO DA PCB IL CASO BRESCIA


NO AL FLUFF NELL’INCENERITORE ASM

Antefatti

Venerdì 18 marzo 2005, in una conferenza presso la Loggia, sede del Municipio di Brescia, viene annunciato che “nei prossimi giorni nel termoutilizzatore Asm, insieme ai rifiuti solidi urbani, verranno bruciate anche 200 tonnellate di fluff, un misto di plastica, gomma, vetri e altre parti che compongono il 25% del materiale di scarto di un’automobile. Si tratta di una sperimentazione, limitata dunque alle 96 ore di bruciatura del fluff, che ha come obiettivo scientifico quello di capire se un impianto con le caratteristiche tecniche di quello bresciano sia in grado di smaltire un rifiuto che, a tutt’oggi, va a finire nelle discariche”[1].

Il fluff , un rifiuto spesso pericoloso

Il fluff è la parte non ferrosa delle carcasse d’auto rottamate e sottoposte a frantumazione nei cosiddetti mulini (impianti ad altissimo impatto ambientale). Questo tipo di rottame/rifiuto, da cui origina il fluff, è stato così caratterizzato dall’Arpa di Brescia presso un’azienda siderurgica bresciana, l’Alfa Acciai, dotata appunto di un mulino di frantumazione:

“i rottami … risultano rifiuti intrisi di oli, carcasse di fusti di olio non bonificati, e condensatori di ogni genere con contenuto di PCB 200.000 (duecentomila) volte superiore al limite, nonché rifiuti pericolosi di varia origine i quali alla frantumazione hanno generato 60.500 t di rifiuti … Dai dati del rapporto di produzione effettiva anno 2002 si evince che la ditta ha frantumato 184.530 t producendo inerti, metalli non ferrosi, plastiche, ecc. in ragione del 32% in peso a fronte di un limite del 5% (DM 5 febbraio 1998)”[2].

Il fluff è quindi classificato come rifiuto pericoloso, codice Cer 19 10 03* e, solo previa verifica delle concentrazioni di sostanze pericolose al di sotto dei limiti, non pericoloso (Cer 19 10 04), il cosiddetto “codice a specchio”[3].

In quattro campioni di fluff destinati alla discarica Ca’ di Capri (Vr) sono state trovate concentrazioni molto elevate di PCB da 35 a 50 mg/kg (limite per la classificazione come pericoloso 25 mg/kg) e di piombo da 2.600,5 a 43.255,5 mg/kg[4]. Anche in un campione di fluff della discarica Faeco di Bedizzole Brescia è stata trovata una concentrazione di PCB di 41 mg/kg e nel periodo da agosto 1999 a giugno 2003 su 575 campioni analizzati provenienti da 17 produttori è stata rilevata una concentrazione media ponderale di PCB di 13,80 mg/kg[5]. Inoltre la forte componente di plastiche ed il tenore di cloro superiore al 3% comportano importanti produzioni di

[1] a. d. m., Per 96 ore il termoutilizzatore Asm ore brucerà gli scarti di automobile, “Giornale di Brescia”, 18 marzo 2005.

[2]Arpa di Brescia, Relazione tecnica, 27 novembre 2003.

[3] Codice Cer 19 10 03* o 19 10 04, “fluff – frazione leggera e polveri”, Allegato A, Direttiva 9 aprile 2002 “Indicazioni per la piena e corretta applicazione del regolamento comunitario n. 2557/2001, sulla spedizione dei rifiuti ed in relazione al nuovo elenco dei rifiuti”, supplemento alla “Gazzetta Ufficiale”, n. 108, 10 maggio 2002, p. 31.

[4] Relazione su prelievi effettuati il 23 aprile 1999 del dott. Gian Paolo Sommaruga, CTU della Procura di Monza, su fluff della discarica Ca’ di Capri della ditta Rotamfer, in Sona – Vr, discarica recentemete rinviata alla Corte di giustizia europea dalla Commissione Ue.

[5] Studio di Impatto Ambientale della ditta Faeco Spa “Discarica controllata rifiuti pericolosi e non pericolosi - Settore E” , Località casina Nova Locatelli, Comune di Bedizzole (Bs), giungo 2004, relativamente punto 3.1.3, tab 3.3..

diossine, difficilmente controllabili, come effetto della combustione con le sostanze organiche presenti nei rifiuti urbani.

Nessuno brucia il fluff

Nel mondo occidentale, né in Europa, né negli Stati Uniti, nessuno incenerisce il fluff, proprio a causa della criticità ambientale di questo rifiuto. Sono in corso sperimentazioni in piccoli impianti dedicati, tecnologicamente più raffinati e complessi dell’inceneritore di Brescia[1]. Solo In Giappone risulta che il fluff venga incenerito.

Il fluff può e deve essere recuperato come materia

Attualmente il fluff è destinato alla discarica, soluzione non più sostenibile, anche perché contraria alle direttive Ue[2].

Ma anche l’incenerimento non è accettabile, sia per gli impatti ambientali insostenibili, sia perché la stessa Ue ha più volte chiarito che ricavare energia incenerendo rifiuti non può essere considerato “recupero”[3].

La via corretta è quella del recupero delle parti non ferrose, come materiali, con trattamenti a freddo, già ora tecnicamente possibili, finalizzati al riciclaggio, efficaci ambientalmente, ma anche considerando il bilancio di materia-energia recuperate: “Prove a freddo su 1° impianto dimostratore. Obiettivo: recupero del Poliuretano in schiuma; recupero selettivo di Polietilene e Polipropilene. Risultato: PU, PE, PP efficacemente separati e puliti ed ottenuti in forma utile per valutare la loro reimmissione sul mercato come materia seconda.

Il materiale così recuperato può raggiungere una quota molto elevata rispetto al peso del car-fluff di partenza”[4]. Questi trattamenti potrebbero rapidamente estendersi ed essere opportunamente favoriti, se la parte non metallica dei veicoli fuori uso venisse preventivamente separata alla fonte, prima di entrare nei mulini di frantumazione, con un’operazione di disassemblaggio contestuale a quella di bonifica.

Avremmo una maggiore possibilità di riciclo e recupero delle parti non ferrose, per l’omogeneità della composizione dei rottami adeguatamente differenziati, prevenendo sostanzialmente il ricorso alla discarica. D’altro canto si avrebbero effetti salutari anche sugli altri processi (mulini di frantumazione e forni elettrici per la fusione) con una consistente preventiva riduzione degli inquinanti nelle emissioni.

La sperimentazione nell’inceneritore Asm di Brescia è finalizzata a bruciarvi il fluff in via ordinaria

Quella in previsione nell’impianto Asm non può essere ritenuta una semplice sperimentazione “imposta dall’Apat”.

[1] Istituto per l’ambiente e Regione Lombardia, Dall’auto energia. Il caso car fluff tra rifiuto e risorsa, Milano, 6 febbraio 2003, schemi e lucidi delle relazioni.

[2] Direttiva 96/59/CE concernente lo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili (PCB / PCT); Comunicazione della commissione Ue al consiglio, al parlamento europeo e al comitato economico e sociale - Strategia comunitaria sulle diossine, i furani e i bifenili policlorurati, Bruxelles, 24 ottobre 2001- 593; Direttiva 2000/53/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sui veicoli fuori uso, non correttamente recepita nell’ordinamento nazionale (Decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209, Supplemento Ordinario n. 128 alla Gazzetta ufficiale 7 agosto 2003 n. 182) per cui L’Italia è incorsa in un parere motivato dell’Unione europea per infrazione al diritto comunitario.

[3] Unione europea, Sentenze della Corte (Quinta Sezione), 13 febbraio 2003, nella causa C-228/00 e nella causa C-458/00, Rifiuti inceneriti - Punto R 1 dell'allegato II B della direttiva 75/442/Cee - Nozione di utilizzazione principale come combustibile o come altro mezzo per produrre energia.

[4] Istituto per l’ambiente e Regione Lombardia, Dall’auto energia. Il caso car fluff tra rifiuto e risorsa, cit., p. 30.

Infatti non è credibile che mai e poi mai il fluff verrà incenerito in via ordinaria nell’impianto Asm, per la presunta opposizione del Comune[1], avendo lo stesso Comune avvallato la richiesta già presentata da Asm l’11 aprile 2003 di bruciare in via ordinaria il fluff nell’inceneritore di Brescia[2].

Questo rifiuto ancora non può essere bruciato perché la Regione Lombardia, il 24 ottobre 2003, mentre ha assentito all’incenerimento di altri rifiuti speciali, ha deliberato che “non è assentito il ritiro dei seguenti rifiuti speciali, non pericolosi in quanto diversi da quelli pericolosi, per i quali ci si riserva ulteriori valutazioni solo a fronte di approfondimenti tecnici relativamente alla compatibilità del rifiuto con il tipo di impianto: […] 19.10.04[…]”[3].


La sperimentazione è quindi finalizzata esattamente agli “approfondimenti tecnici” di cui sopra.

E se il responso sarà positivo, non si capisce come il Comune di Brescia potrà opporsi, avendo giù avallato la richiesta dell’Asm e non essendo ente competente a rilasciare autorizzazioni in materia.

Un NO assoluto ad ogni sperimentazione


Ribadiamo quindi la nostra assoluta contrarietà ad ogni sperimentazione:

o perché non serve, in quanto l’incenerimento non è la soluzione;

o perché nel caso di Asm è l’anticamera per bruciare il fluff in via ordinaria, essendo la soluzione desiderata per innalzare il potere calorifico basso del rifiuto urbano “tal quale” e per garantire un’alimentazione adeguata al megaforno con un rifiuto largamente disponibile in provincia di Brescia dove la produzione prevista di fluff, circa metà di quella nazionale, è notevole e costante per cui il grande affare sarebbe a lungo assicurato;

o perché è troppo pericoloso per l’ambiente e per la salute dei cittadini bresciani, già ampiamente disastrati;

o perché non vi sono garanzie minime rispetto al rigore dei controlli.

I controlli sull’inceneritore risultano ancora inadeguati

A questo riguardo, troppi quesiti più volte sollevati in passato non sono stati chiariti:

6. 1. Ancora non sappiamo quali sono le reali emissioni di PCB e diossine dall’inceneritore, perché controlli effettuati due – tre volte l’anno non sono attendibili. Il Consiglio comunale di Brescia nel marzo 2004 ha dato “mandato alla Giunta […] di procedere affinché s’adotti il sistema di campionamento ‘in continuo’ per il monitoraggio dei microinquinanti”[4], l’unico sistema che ci può dire quanti inquinanti effettivamente escono: dopo un anno non abbiamo ancora uno straccio di dato.


Solo recentemente l’Assessore all’ambiente del Comune [5] ha dichiarato che sarebbe “in fase di sperimentazione il sistema di campionamento in continuo dei microinquinanti (metalli pesanti, PCB, diossine)”, senza aggiungere nulla più. Sarebbe stato indispensabile, prima di procedere ad

[1] “Riconfermo- prosegue Brunelli - il termoutilizzatore continuerà a trattare rifiuti solidi urbani nelle prime due linee e rifiuti non pericolosi, in larghissima parte biomasse, nella terza linea”. Cfr. Brunelli: “Sul fluff da An e Lega solo demagogia”, “Giornale di Brescia”, 23 marzo 2005.

[2] Asm Spa, Istanza di autorizzazione ex art.28 D.Lgs. 22/97 all'esercizio definitivo delle attività di recupero rifiuti speciali presso il Termoutilizzatore di Brescia, presentata alla Regione Lombardia, prot. n. 0055785/03, 11 aprile 2003. A p. 2 della Scheda tecnica allegata è indicato esplicitamente il codice Cer 19 10 04.

[3] Deliberazione della Giunta della Regione Lombardia, Autorizzazione all’esercizio definitivo di operazioni di deposito preliminare ed incenerimento con recupero energetico di rifiuti speciali non pericolosi da effettuarsi presso il Termoutilizzatore di Brescia, n. VII/14734, 24 ottobre 2003. Allegato A p. 3

[4] Consiglio comunale di Brescia, Raccomandazione per la gestione della “questione rifiuti”, 15 marzo 2004

[5] Replica dell’assessore all’ambiente ed ecologia Ettore Brunelli al segretario cittadino della Lega Nord Fabio Rolfi e all’assessore provinciale all’ambiente Enrico Mattinzoli, Comunicato stampa del 22 marzo 2005, in www.comune.brescia.it

una sperimentazione così rischiosa, che almeno fossero resi noti i risultati dei primi sei mesi di campionamento in continuo.

6.2. Nessuno ha ancora spiegato perché nell’aria di Brescia, anche in agosto quando le acciaierie sono chiuse, circolino grandi quantità di PCB che poi si depositano al suolo (10.000 volte di più che in aree periferiche di campagna o di montagna, come ha rilevato l’Arpa)[1]

6.3 Del resto nessuno ha mai spiegato la situazione paradossale in cui si trova Brescia: con il teleriscaldamento e l’inceneritore si sono eliminate quasi del tutto le caldaie private che a Milano e a Bergamo, altre aree critiche per l’aria della Lombardia, sono imputate di circa un 25-30% delle PM10 presenti nei mesi invernali; ora, se l’inceneritore, che sostituisce tutte le caldaie private, pulisse davvero l’aria, dovremmo avere a Brescia una situazione ideale, con oltre il 30% in meno di polveri sottili nell’aria in inverno, mentre invece Brescia si trova in condizioni peggiori di Bergamo (che peraltro è più vicina a Milano e più congestionata dal punto di vista del traffico che assorbe anche parte di quello bresciano) e molto vicine a quelle della congestionatissima Milano: nel 2002 Brescia ha superato la soglia d’allarme per le PM10 per 120 giorni, rispetto a Bergamo per 115 e a Milano per 125, mentre anche per il superamento del valore limite medio annuale Brescia si è attestata su un 17% circa, rispetto a Bergamo con un 12% e a Milano con un 20%[2].

6.4. Nessuno ha spiegato perché le emissioni di PCB, rilevate dal Negri, sono schizzate a 108,30 ng/Nm3 nel novembre 2002 e a 188,8 nel luglio 2003, rispetto ad una “norma” di 10 ng/Nm[3].

6.6. Nessuno ha mai misurato quanti microinquinanti escono nelle fasi critiche di accensione e di spegnimento, quando i carboni attivi non sono più “freschi”, quando il sistema di abbattimento è “rilassato”, quando si rompe una manica dei filtri, come sarebbe accaduto venerdì 11 marzo 2005[4].

In questo quadro, a maggior ragione, è inaccettabile qualsiasi sperimentazione. In ogni caso prima sono necessarie risposte soddisfacenti ai quesiti inquietanti di cui sopra.

Brescia 22 marzo 2005

[1] Arpa di Brescia, nota prot. 30093, 25 marzo 2003

[2] Arpa Lombardia, Rapporto sullo stato dell’ambiente in Lombardia 2003, p. 112.

[3] Istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri”, Ricerca di macro e microinquinanti nell’emissione aeriforme delle linee 1 e 2 del termoutilizzatore Asm di Brescia, ottobre 1998, novembre 2000, giugno 2001, novembre 2001, aprile 2002, giugno 2002, novembre 2002 e luglio 2003.

[4] “Bresciaoggi” 16 marzo 2005.


INQUINAMENTO DA PCB IL CASO BRESCIA


NO AL FLUFF IN DISCARICA SI AL RICICLAGGIO

Osservazioni allo Studio di Impatto Ambientale della ditta Faeco Spa “Discarica controllata rifiuti pericolosi e non pericolosi - Settore E -“ , Località casina Nova Locatelli, Comune di Bedizzole (Bs), giungo 2004, relativamente ai punti 3.1 (Caratteristiche dei rifiuti in ingresso), 3.2 (Il rapporto domanda e offerta e il bacino di utenza).

3.1 Caratteristiche dei rifiuti in ingresso

Nello studio si dà per scontato che il fluff da conferire in discarica sia altamente contaminato da PCB (media ponderale 13,80 mg/kg), ed in quanto tale da collocare in discariche per rifiuti pericolosi. Va ricordato che questo inquinante altamente tossico ha caratteristiche di non biodegradabilità e di bioaccumulabilità e 12 congeneri di PCB hanno un profilo tossicologico analogo alle diossine per cui le diverse agenzie internazionali hanno promosso programmi tesi a ridurne drasticamente la loro dispersione in ambiente (Comunicazione della commissione Ue al consiglio, al parlamento europeo e al comitato economico e sociale - Strategia comunitaria sulle diossine, i furani e i bifenili policlorurati, Bruxelles, 24 ottobre 2001- 593; Epa[Agenzia per l’ambiente Usa], PCBs: Cancer Dose-Response Assessment and Application to Envirronmental Mixtures, Washington, DC, Environmental Protction Agency, 1996). Per questo il Consiglio di amministrazione del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep), nella decisione 19/13 C del 7 febbraio 1997, ha promosso un’azione internazionale per proteggere la salute umana e l’ambiente, adottando delle misure tese a ridurre e a cercare di eliminare le emissioni e i rifiuti di inquinanti organici persistenti (i cosiddetti POPs, tutti cloroderivati organici: PCB, DDT, diossine). Tale iniziativa ha prodotto la convenzione internazionale di Stoccolma sugli inquinanti organici persistenti, presentata per l’adozione alla Conferenza dei plenipotenziari, convocata il 22-23 maggio 2001 (UNEP, POPs, Conf/2, marzo 2001, www.onu.org).
In questo quadro l’Unione europea nel 1996 ha emanato la direttiva 96/59/CE concernente lo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili (PCB / PCT), recepita nel nostro ordinamento, ma con scarsa efficacia operativa, dal D.Lgs 209/99. Infatti il Parlamento europeo fu costretto ad intervenire nel 2000 sull'applicazione della direttiva 96/59/CE con una propria preoccupata risoluzione (2000/2112(INI)):
“… 2. ritiene, in particolare, che gli Stati membri non siano finora riusciti a conseguire l'obiettivo concordato della direttiva 96/59/CEE di ridurre l'inquinamento da PCB e prevenire i pericoli per la salute e l'ambiente; …5. rileva che secondo alcuni dati la quantità di PCB contenuta in apparecchi esclusi dal campo di applicazione dell'inventario di cui all'articolo 4 della direttiva 96/59/CE, in particolare i volumi inferiori a 5 dm³, contribuiscono ampiamente e significativamente all'attuale inquinamento da PCB; …10. esorta gli Stati membri a sviluppare sistemi di raccolta e smaltimento, se necessario mediante gli opportuni incentivi, per gli apparecchi contenenti PCB non soggetti ad inventario ai sensi dell'articolo 4 della direttiva 96/59/CE; ritiene che per tali apparecchi elettrici la questione debba essere affrontata nell'ambito della direttiva sui rifiuti elettronici;… 17. ritiene che l'attuazione della direttiva sui PCB e, successivamente, lo smaltimento dei PCB dovrebbero costituire un banco di prova per il modo in cui l'Unione può sviluppare politiche efficienti in grado di affrontare più efficacemente altre sostanze altamente tossiche;”

Perché si trovano tali abnormi concentrazioni di PCB nel fluff? Evidentemente perché il rottame, costituito in particolare dai veicoli fuori uso in entrata nei mulini di frantumazione, comprende anche apparecchi (condensatori, trasformatori, altri contenitori di oli minerali) contenenti PCB. Vi sono diverse indagini che rilevano la problematicità di questi impianti: le indagini compiute in località Odolo dall’Arpa e dall’Asl di Brescia in prossimità di mulini di acciaierie (U Valllini, Odolo Pcb a livelli altissimi, “Giornale di Brescia” 27 gennaio 2002), o presso l’Alfa Acciai sempre dall’Arpa di Brescia (T. Zubani, Alfa Acciai, sequestrato il “mulino”, “Bresciaoggi”, 31 dicembre 2004); oppure le indagini dell’Arpa Veneto presso la Rotamfer di Castelnuovo che conferiva alla discarica di Ca’ di Capri, Sona (Vr) (Arpa- Uls di Verona, Valutazione dei rischi sanitari discarica Ca’ di Capri, agosto 2001). A proposito di quest’ultima discarica va anche ricordato che l’Unione europea, nella riunione del 15 luglio 2004, ha deciso di deferire “l’Italia alla Corte europea in relazione ad uno specifico sito, la discarica di Cà di Capri, nella provincia di Verona. Il permesso rilasciato a questa discarica le consente di accogliere esclusivamente rifiuti non pericolosi; tuttavia, l’operatore ha accettato anche il conferimento di rifiuti pericolosi, alcuni dei quali contengono PCBs (bifenili policlorurati), che sono sostanze tutt’altro che innocue, trattandosi di composti cancerogeni estremamente persistenti. La discarica di sostanze di questo genere in un sito costruito per accogliere soltanto rifiuti non pericolosi crea non solo seri pericoli per l’ambiente, ma viola la normativa comunitaria e, in particolare, la direttiva PCB/PCT, che intende appunto pervenire allo smaltimento controllato dei PCB in modo da assicurarne l’eliminazione” (L’Italia oggetto di numerose azioni legali della Commissione per violazione della normativa ambientale UE, IP/04/930, Bruxelles, 15 luglio 2004).

Ora, è del tutto evidente che nel caso della discarica di cui allo studio di impatto ambientale in oggetto, al di là dell’escamotage formale di prevederla anche per rifiuti pericolosi, non è questo il modo per smaltire apparecchi contenenti PCB: un loro corretto trattamento, in coerenza con le indicazioni Ue, deve perseguire l’obiettivo di “ridurre l'inquinamento da PCB e prevenire i pericoli per la salute e l'ambiente”. Anzi, dare per scontato che il fluff sia contaminato da queste sostanze supertossiche significa rinunciare in partenza all’unica procedura ambientalmente corretta: bonifica preventiva dei veicoli fuori uso in sede di disassemblaggio delle diverse componenti (vedi item 3.2), prelevando tutti i contenitori di PCB da raccogliere separatamente e da smaltire in modo da conseguire una loro efficace distruzione e la non dispersione in ambiente. Questa comunque è la tendenza che viene avanti a livello europeo a cui ci si dovrà prima o poi adeguare

3.2 Il rapporto domanda e offerta e il bacino di utenza

La questione PCB sopra considerata si collega al problema generale dello smaltimento di questo rifiuto, il fluff, o meglio al trattamento dei veicoli fuori uso.

Anche questo aspetto è stato affrontato da una direttiva europea (Direttiva 2000/53/CE del Parlamento europeo e del Consiglio), non correttamente recepita nell’ordinamento nazionale (Decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209, Supplemento Ordinario n. 128 alla Gazzetta ufficiale 7 agosto 2003 n. 182) per cui L’Italia è incorsa in un parere motivato dell’Unione europea per infrazione al diritto comunitario: “L’Italia non ha recepito correttamente la direttiva comunitaria sui veicoli fuori uso. Il provvedimento individua le misure necessarie per impedire che i veicoli e le loro parti divengano rifiuti al termine della loro vita utile e promuove il reimpiego, il riciclo e altre forme di ricupero dei veicoli e delle loro parti. Inoltre, ai consumatori deve essere consentito di rottamare i loro veicoli senza incorrere in spese. È risultato che la legge italiana che recepisce questa direttiva non è completa per vari aspetti. Poiché l’ambito di operatività della legge italiana non coincide con quello della direttiva, vengono meno i benefici che il provvedimento comunitario intende conseguire sul piano ambientale.” (L’Italia oggetto di numerose azioni legali della Commissione per violazione della normativa ambientale UE, IP/04/930, Bruxelles, 15 luglio 2004).

E’ evidente che la collocazione in discarica di una parte così importante dei veicoli fuori uso (circa il 30% in peso, ma molto di più in volume) è palesemente in contraddizione con questa normativa che “promuove il reimpiego, il riciclo e altre forme di ricupero dei veicoli e delle loro parti” (Va anche ricordato che per l’Unione europea l’incenerimento non può in alcun modo essere considerato recupero. Cfr. Unione europea, Sentenze della Corte (Quinta Sezione), 13 febbraio 2003, nella causa C-228/00 e nella causa C-458/00, Rifiuti inceneriti - Punto R 1 dell'allegato II B della direttiva 75/442/Cee - Nozione di utilizzazione principale come combustibile o come altro mezzo per produrre energia).

Tuttavia lo studio in questione continua a prevedere lo smaltimento per il solo fluff proveniente dal Nord Italia di 380.000- 400.000 tonnellate/anno. Insomma si è totalmente sordi agli orientamenti che provengono dall’Unione europea dimostrando anche una miopia di prospettiva.

Lo studio dell’Ansaldo Ricerche, citato anche nello studio di cui trattasi (punto 3.2.4.3, pp. 54-56) dimostra come siano tecnicamente possibili già ora trattamenti a freddo finalizzati al recupero di materia del fluff, efficaci ambientalmente, ma anche considerando il bilancio di materia-energia recuperate. Questi trattamenti potrebbero rapidamente estendersi ed essere opportunamente favoriti, se la parte non metallica dei veicoli fuori uso venisse preventivamente separata alla fonte, prima di entrare nei mulini di frantumazione, con un’operazione di disassemblaggio contestuale a quella di bonifica di cui al paragrafo precedente. Avremmo una maggiore possibilità di riciclo e recupero delle parti non ferrose, per l’omogeneità della composizione dei rottami adeguatamente differenziati, prevenendo sostanzialmente il ricorso alla discarica. D’altro canto si avrebbero effetti salutari anche sugli altri processi (mulini di frantumazione e forni elettrici per la fusione) con una consistente preventiva riduzione degli inquinanti nelle emissioni.

E’ comunque questa la direzione di marcia che lo studio di cui trattasi contempla solo in linea teorica, ma disattende nella pratica. Mentre invece si può e si deve rapidamente muoversi in questa direzione svuotando di ogni ragion d’essere la discarica di cui viene chiesta l’attivazione a Bedizzole, senza una cogente e coerente motivazione, come si è sin qui argomentato.

Brescia 13 gennaio 2005 prof. Marino Ruzzenenti


COME TI DISTRUGGO LA RACCOLTA DIFFERENZIATA L'ESEMPIO BRESCIA

Agli inizi degli anni Novanta, nasceva l'idea di un inceneritore a Brescia come Sistema integrato detto anche del "doppio binario" per la gestione dei rifiuti solidi urbani che poneva i seguenti obbiettivi in ordine di priorità: "Ridurre la produzione di rifiuti e dove ciò non sia possibile, separarli, riciclarli, recuperare il contenuto energetico e alla fine smaltire correttamente i residui".
I rifiuti da smaltire in Provincia erano circa 500.000 ton/anno, la metà dovevano essere riciclati mentre il resto sarebbe andato all'inceneritore. Per questo venne stretto un "Patto Ambientalista" tra Asm, Comune e tutti i cittadini, compresi alcuni ambientalisti.
Il "Patto" e le delibere che autorizzarono l'impianto stabilivano un limite massimo annuo di 266.000 tonnellate di rifiuti da bruciare nelle due linee di combustione.

Oggi, invece, l'inceneritore brucia quasi 500.000 ton/anno di rifiuti e sta per essere avviata la terza linea, ancora più grande, in aggiunta alle due esistenti così che all'interno dei quartieri periferici di Brescia vi è un mostro che brucia 750.000 tonnellate di rifiuti urbani e speciali!
La produzione passerà dalle 478.403 tonnellate del 1994 alle 670.494 del 2002, conquistando il record negativo a livello nazionale per la produzione dei rifiuti pro capite con kg 1,566 nel 2001 e addirittura kg. 2,013 abitante nel comune capoluogo, rispetto ad una media lombarda di kg 1,33 e nazionale di 1,34.
Il "patto Ambientalista" è diventato carta straccia ingoiato dall'inceneritore con la raccolta differenziata e gli impegni del Comune e dell'Asm.

UNA DELLE TANTE BUGIE RACCONTATE AI CITTADINI ED IN ITALIA PER PUBBLICIZZARE IL MODELLO BRESCIA!

Per alimentare la fame dell'inceneritore, è necessaria l'importazione di rifiuti da fuori provincia per una quota superiore a quelli prodotti nel bresciano: di fronte a una produzione provinciale di rifiuti accertata, di 641.239 tonnellate se ne smaltiscono più del doppio, tra inceneritore e discariche, ben 1.414.997 tonnellate, con ben 773.758 tonnellate provenienti da fuori provincia di cui circa 130.000 tonnellate di rifiuti importati diretti all'inceneritore.
Così, se i rifiuti di Brescia non bastano, si vanno a prendere quelli speciali: infatti nel 2001 ne sono stati conferiti all'inceneritore circa 120.000 ton. da 25 città diverse: da Torino a Verona, da Trento fino a Palermo. La "Leonessa d'Italia" è così diventata la "Pattumiera d'Italia"!

Tirando le somme:
maggiore produzione dei rifiuti
stasi della raccolta differenziata (irraggiungibile per la provincia di Brescia perfino l'obiettivo minimo del decreto Ronchi di una raccolta differenziata ad inizi 2003 pari al 35% e prevista al 35% al '97 dal "patto Ambientalista"!) si ottiene il risultato di un progressivo aumento della quota di rifiuto conferito non differenziato, da 431.497 tonnellate nel 1995 a 470.856 nel 2001 (i dati sono quelli forniti dall'Osservatorio Rifiuti della Provincia di Brescia)
In altri termini, è come se la raccolta differenziata a Brescia non si sia fatta, non avendo perseguito alcun effetto pratico rispetto all'obbiettivo fondamentale di ridurre la quantità di rifiuti da smaltire.


COMITATI PER L'AMBIENTE DI BRESCIA E PROVINCIA

 

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