Il Cybervangelino della narrativa. Il
computer un giocattolo semiotico.
Paralleli tra
il categorematico e il sincategorematico delle schede-files in videoscrittura e i
procedimenti logici nella creazione dell'idea filosofica.
di Gennaro Francione
Questa breve relazione nasce da un'esperienza concreta nel campo della videoscrittura,
dove per creare letteratura e saggistica mi sono avvalso di schede informative e di
procedimenti amalgamanti, i quali possono riprodurre a livello computeristico e
microstrutturale, il formarsi delle idee stesse nel nostro pensiero, gettando le basi per
un modello di logica dell'invenzione.
L'impostazione pragmatica data al mio disquisire mi permette di distribuire, in primis, la
conoscenza in due momenti: la fase di raccolta empirica del dato e la fase di elaborazione
del dato. Parlando in termini occamiani all'inscatolamento originario delle percezioni nei
termini categorematici segue o s'intreccia il periodo sincategorematico. Al primo momento
passivo e recettivo, esprimentesi in una semiologia puramente descrittiva, si sovrappone
un momento di sinallagmaticità logico-creativo, per cui dagli eventi si cerca di risalire
ai nuclei tematici fondamentali ispiranti gli apparenti rizomi caotici.
La procedura nella produzione filosofica è appunto un risalire a nuclei primordiali
intesi come essenze immutabili o funzioni schematiche.
Nel primo caso, il categoriale è una delle ultime determinazioni dell'essere, ciò che
può essere predicato in via essenziale. Siamo nella linea di Aristotele, il quale
distinse 10 categorie: sostanza, quantità, qualità, relazione, luogo, tempo, posizione,
abito, azione, passione (1).
Nel secondo caso le categorie rappresentano piuttosto le condizioni necessarie
all'esperienza, ovvero funzioni di pensiero che servono a inquadrare la realtà
fenomenica. E' la via degli idealisti con in testa Kant, il quale distinse le due forme o
"intuizioni"(Anschauungen) delle sensibilità, vale a dire lo spazio e il tempo,
dai "principi puri dell'intelletto" o forme sintetiche dell'intelletto
(Verstand), dodici in tutto molteplicità, unità, totalità; realtà, negazione,
limitazio- ne; sostanza ed accidentalità; causa ed effetto; reciprocità d'azione;
possibilità ed impossibilità; esistenza e non esistenza; necessità e
contingenza),ordinate nei gruppi di giudizio della quantità (singolare, particolare,
universale), qualità (affermativo,negativo, indefinito), relazio-ne (categorico,
ipotetico, disgiuntivo) e modalità (problematico, assertorio, apodittico) (2).
Ciascun filosofo cerca di comporre un elenco esaustivo, il quale alla fine
esistenzialmente non ha un valore assoluto in sé, quanto pragmatico, rappresentando una
modalità d'inquadramento filosofico, nelle macro e microstrutture linguistiche, di
esperienze e intuizioni complesse del mondo (3).
Di tale procedimento è esempio plastico il modo, anzi "un" modo, di procedere
in videoscrittura, dove a livello empirico vengono create architetture inquadratorie di
discorso, facenti capo a nuclei categoriali essenziali, per poi procedere alla loro
fusione o sintesi, con passaggio indi da gruppi di categorematici descrittivi, in nuce, a
gruppi sincategorematici interrelazionali di logica creativa.
In concreto nel mio operare al computer ho adottato la seguente tecnica. A parte
naturalmente i FILES in cui riportavo scheletricamente (a mo' di trattamento
cinematografico per intenderci) lo svolgersi degli eventi, ho elaborato schede per
categorie generalissime,"semantiche" potremmo chiamarle nel linguaggio dei
segni, cui venivano ad aggiungersi,attraverso intuizioni e studi, schede interrelative
sinsemantiche.
Originariamente intuii la creazione di categorie-dati distribuite secondo la sequenza
degli elementi indicati dalla retorica latina nel verso: "Quis? Quid? Ubi? Cur?
Quomodo? Quando?".In concreto si trattava di files riferentisi al Tempo e allo Spazio
(Quando e Ubi), al Soggetto e all'Oggetto (Quis e Quid), alla procedura interattiva e al
movente (Quomodo e Cur).
Lo schematismo semplice subì dei mutamenti e alla fine a mo' di modulo esemplificativo mi
ritrovavo tra le mani le seguenti categorie pragmatiche:
A) COSE: descrizione di oggetti, vestiti, cose della vita quotidiana, armi, uniformi, cibi
etc.
B) SPAZIO: raccolta per sintesi di dati riguardanti i luoghi principali di azione e
specificatamente le architetture, i caratteri della natura,la flora,la fauna etc.
C) SCHEDE TEMPORALI: riporto di eventi storici generali non strettamente connessi con la
vicenda narrata, ma che valevano a inserire efficacemente un racconto singolare in un
quadro più ampio.
D) FISIONOMIE: catalogazione dei tratti fisiognomici e prosopologici dei personaggi
principali e secondari.
E) LINGUAGGIO: glossario con linguaggi specifici, modi di dire, parole straniere, dialetti
etc. atti a individuare elementi del discorso o a qualificare nella favella determinati
tipi di personaggi.
F) TEMI: compendio dei temi principali dell'opera, linee portanti filosofiche,
sociologiche, poetiche etc. che costituiranno l'ossatura spirituale del racconto.
G) ALTRE SCHEDE INFORMATIVE: si trattava in genere di sottospecificazioni delle schede
sopradette, ovvero di gruppi informativi che per la loro peculiarità o importanza
finivano con l'assumere un valore pragmatico a sé stante.
H) SCHEDA DI APPOGGIO: aveva una funzione puramente pragmatica e comportava l'annotazione
di una serie di dati che per comodità, velocità o altro,venivano annotate in una
"scheda residuale" con il proposito di sistemarle successivamente in una scheda
più specifica.
Un tipo particolare di scheda d'appoggio era quella che chiamavo "APPUNTI", dove
venivano annotate man mano una serie di ricerche o di sviluppi tralasciati per il momento,
che sarebbero poi state fatte successivamente. Si poteva trattare anche solo di dati
bibliografici, che poi sarebbero confluiti naturalmente nella scheda bibliografica in un
secondo momento.
Nell'uso del sistema computeristico accadeva anche m'imbattessi in lampi di strutture
compositive dell'opera o addirittura di pezzi del narrare, e naturalmente provvedevo ad
annotare al margine le mie intuizioni. Pure accanto marcavo dubbi, dilemmi etc. che avrei
dovuto sciogliere successivamente onde avere una scheda veramente completa. Anche questi
momenti di scrittura venivano opportunamente inglobate nella scheda detta
"APPUNTI", la cui funzione era di "provvisorietà dei dati" allo scopo
di procedere più celermente nella raccolta-elaborazione d'informazioni principali.
I) SCHEDA BIBLIOGRAFICA: ove fosse stata necessaria una bibliografia (ad esempio in
saggistica), da riportare nel testo finale o per pura comodità personale di
consultazione, man mano che procedevo provvedevo a stilare la scheda bibliografica.
L) INDICE: poteva accadere talora che stilassi un indice prima di comporre un'opera. In
tala caso esso indicava le linee generali del tracciato da seguire,ovvero assurgeva alla
funzione di "scaletta".
L'armamentario scrittorio sopradescritto (soprattutto quello dalle lettere A) alla F)),
avendolo raggruppato per categorie, si è rivelato molto utile non solo nella saggistica,
ma anche nel corso del narrare poiché ad esso mi riferivo per rendere più fluido il
raccontare, andando con celerità volta a volta ad attingere ai dati di cui avevo bisogno.
Senza computer spesso il procedimento era rovesciato, per cui dopo aver scritto la trama
principale, andavo poi a rimpinguare il bottino di parole con dati specifici, tecnici,
descrittivi etc. Se accadeva durante lo scrivere, l'intrusione dell'acquisizione
descrittiva bloccava l'incedere creativo.
Il massimo del risultato è stato raggiunto in una trattato ctonio dal titolo "De
Chimera Ignivoma ovvero sulla Produzione Fantasmagorica di Abissi Infernali"-Edizione
Leti-Roma,1989, il cui indice allego a mo' di compendio illustrativo per verificare il
modo di fusione di categorie descrittive, quasi da botanica mentale, a quelle
logico-interrelative che snodavano le idee chiave del discorso.
Il sistema computeristico, nella fusione del categorematico e del sincategorematico è
molto efficace e completo. Lo scrittore, usandolo, si trasforma in una multipersona
cinematografica con funzioni di architetto, scenografo, arredatore, costumista,
truccatore, oggettista. Avendo l'impressione di entrare su un set da costruire dal nulla,
nell'attività scrittoria così impostata, le stesse schede sono un gran divertimento per
la curiosità di persone, cose e luoghi che le impregna. D'altro canto lo scrittore si
sente più sicuro perché crea una serie di stampelle atte a sostenere la carcassa del suo
corpo creativo che si avventura in mondi e terre sconosciute, perché mai vissute.
Abbandono ora questo excursus scrittorio per tornare al tema principe che a quello
comunque si riallaccia.
Il categoriale computeristico, nella sua accelerazione temporale e nella valorizzazione
parossistica del procedere per schede (caratterizzata da celerità di annotazione, di
inglobazione, di estrapolazione, di trasferimento dati da un punto e l'altro dei
categorematici), offre il parallelo per il modo di procedere del mentale anche nella
produzione d'idee filosofiche.
Il categoriale è un'esigenza insopprimibile della psicologica, poiché la mente tende per
natura - per comodità sarebbe meglio dire - a ordinare i dati del mondo esterno allo
scopo di capire, per far sopravvivere nel caos d'informazioni il corpo. La reiterazione di
dati-allarme dello stesso tipo crea inquadramenti e stimoli-risposta reiterantisi, donde
le categorie, nate come funzioni pragmatiche finiscono poi per diventare un habitus (nel
loro concreto modo di strutturarsi in ogni singolo individuo) e vengono spacciate per
essenze.Qui la lezione di Hume s'impone.
L'atto creativo (in filosofia e in qualunque altro campo) implica, dunque, un
sovvertimento degli schemi mentali acquisiti, il che è poi un ritorno, un riandare alla
funzionalità gravida e originaria degli schemi mentali.Come lo schematismo accumulatorio
originario in computer è puramente assommatorio, descrittivo, sterile, così il
categoriale assoluto del filosofo porta, insieme al consolidarsi del sistema, alla
ripetizione e alla meccanicità.E' il momento sincategorematico quello fervido,
assemblatorio, rivoluzionario, generativo, quand'esso giunga non solo a interrelare dati
tra le varie categorie ma addirittura queste stesse, trasformandole, riadattandole,
nientificandole all'occorrenza o creandone di nuove. In tale ultimo caso l'invenzione di
altre categorie può portare di per se stesso alla creazione di nuove strutture
interpretative della materia assunta in analisi.
E' così dunque che la videoscrittura, attuata con files-categorie, assurge a specchio di
un tipico modus procedendi del mentale, esprimendone la fecondità produttiva, sia
negl'innumerevoli schemi prodotti che negli infiniti assemblaggi per derivarne nuclei di
idee ovvero lateralizzazioni del pensiero a fronte di standard esegetici. Tutte queste
operazioni, realizzate in elettronica parallelamente ai procedimenti cerebellari,
rappresentano il momento veramento creativo di allacciamento dei molti nel fascio
dell'uno.
Il paradigma informatico offre, dunque, un modello per quella che Merleau-Ponty chiamava
"logica dell'invenzione"(4), indifferentemente utilizzabile, per la duttilità e
rapidità del sistema rappresentativo e assemblativo dei dati, a livello di creazione
artistica e saggistica, ma finanche folosofica e scientifica. Riacquista senso, in chiave
computeristica, anche l'asserzione di Wittgenstein secondo cui in campo filosofico: "
Ogni spiegazione deve essere messa al bando, e soltanto la descrizione deve prenderne il
suo posto.E questa descrizione riceve la sua luce, cioè il suo scopo, dai problemi
filosofici"(5). E' il porsi stesso nello schema-file della materia trattata a
fornire, in sede di ricerca problematica, i nuclei connettivi, generando dal caos di dati
il magico assemblaggio,Oro Potabile dell'Alchimia.
Ecco l'iperpragmatico computer è proprio questo: un atanor alchemico ovvero una funzione
modellare della creazione logica ovvero uno scatolone per adulti linguisti chiamati a
giocare gl'infiniti ludi del linguaggio. Là, nel Giocattolo Semiotico a base di megabyte
e floppy disk, si ripropone l'eterno rito del gioco mentale, dove la vera logica
dell'invenzione è una mera invenzione delle logiche.
Note
1) Cfr. Aristotele, Organon,in part. Le Categorie-Laterza-Bari 1985.
2) Cfr. E. Kant-Critica della ragion pura-Laterza-Bari,1989. La prima parte tratta
dell'Estetica Trascendendentale e delle intuizioni di spazio e tempo; la seconda parte
della Logica Trascendentale e delle Categorie.
3) Abbiamo riportato i due sistemi categoriali fondamentali del pensiero occidentale, ma
non dobbiamo dimenticare che la stessa esigenza sistematica caratterizzò molti pensatori
orientali.Nel sistema Nyaya-Vaisheshika, ad esempio, si pongono 7 categorie a base degli
oggetti di conoscenza,dipendenti dalla relazione tra il soggetto che conosce e il mondo
degli oggetti:la sostanza, la qualità, il moto, la generalità, la particolarità,
l'inerenza, la non-esistenza. Lo spazio e il tempo in quel sistema diventano
sottocategorie della sostanza (insieme a terra, acqua, luce, aria, etere, sé e mente),
riconosciute attraverso la percezione del qui e là, del lontano e del vicino, del
presente, passato e futuro.La creazione di sottogruppi si estende anche alle altre
categorie come il moto ad esempio distinto in: verso l'alto, verso il basso, di
contrazione, di espansione, di locomozione.Cfr. Vaisheshika Sutra,I,4 trad. di Nandalal
Sinha,The Sacred of Books of the Hindus,VI, (Allahabad:the Panini Office,2a ed. 1923),
rip. in J. M. Koller "Le filosofie orientali"-Ubaldini Editore-Roma,1972-pag.
83-87.
4) M. Merlau-Ponty-La fenomenologia della percezione-Il Saggiatore-Milano, 1965.
5) L. Wittgenstein-Ricerche filosofiche-Einaudi-Torino, 1967.
Indice
La trans-arte come
arte-trance. L'antropoletteratura ovvero il letterario iper-finito come rizoma
vital-estetico. di Gennaro Francione
L'opera d'arte è l'iper-finito.
Contro la scuola classica che tende a scindere l'opera d'arte
dalla vita dell'autore, considerando la prima come un a sé, la transavanguardia del
Medioevo Atomico propugnata dallo scrivente si riappropria dell'unitarietà vita-manufatto
artistico per gettare i semi del Neorinascimento 2000.
E' una prospettazione estetica che muove dalla tendenza genetica
strutturalista la quale "si fonda sia sul cosiddetto carattere collettivo della
creazione letteraria, sia sulle strutture prodotte tanto dalla collettività quanto
dall'individualità" . Lucien Goldmann, propugnatore dello strutturalismo genetico ,
individua nel marxismo e nella psicanalisi i sistemi che hanno inserito le opere d'arte in
un'analisi di tipo rispettivamente collettivistico e biografico. Ma si tratta di puri
modelli perché nell'opera aperta di echiana memoria la strutturazione antropologizzata è
teoricamente procedibile all'infinito.
L'opera d'arte è l'iper-finito nel senso che va oltre la
finitezza dell'opera d'arte chiusa in se stessa per attingere dal multanime dell'esserci
dell'artista il cui intero esistere viene in rilievo con la sua educazione, la
professione, gli amori, le manie etc..
Il tutto, pur essendo racchiuso secondo i vecchi schematismi
nella summa delle singole opere compiute, attraverso la metodologia rizomatica apre a
nuovi infiniti orizzonti dove i fruitori del prodotto lo ricreano nelle potenzialmente
innumerevoli dimensioni dell'esserci.
E' elementare che la stessa opera in sé non è affatto chiusa
per le infinite letture cui è soggetta. Quindi la scuola classica opera sulla base di
finzioni interpretative operate dalle accademie critiche prevalenti. Un'operazione non
divergente venne fatta per la Bibbia o per testi religiosi similari dove l'esegesi
dominante, frutto dei preti al potere, sembra aver escluso apoditticamente altre forme
d'interpretazione.
La moderna industria del libro attraverso l'editing opera una
ripulitura dell'ammantamento letterario, per far risplendere di luce universale testi
tarati, talora in maniera tale da cambiarne sinanche le forme e con esse i contenuti.
Un procedimento di frantumazione all'infinito dell'opera-base e
di riassemblamento viene oggi attuato soprattutto nelle arti "collettive".
Ad esempio le sceneggiature di un film sono soggette a continue
revisioni, per non parlare dei testi letterari ridotti a testi cinematografici con la
creazione spesso di situazioni e linguaggi completamente nuovi.
Lo stesso accade nel teatro dove il testo del drammaturgo nasce in nuce
come compiuto per essere lavorato poi da altre mani.
Il teatro è palestra ecologica di multimedialità.
Ma poi il multimedia è la vita stessa dell'artista che l'antropologia,
categoria generalissima, ha rivaluto, attingendo a forme artistiche vitaliste le quali
hanno estetizzato lo stesso modo di esistere del creatore, a partire dalla lezione
dell'impareggiabile Oscar Wilde. E che dire delle vite dei romantici visionari o di quelle
dei grandi artisti figurativi talora più estetiche delle loro stesse opere?
La vita dell'artista è l'arte stessa. Se il teatro è la vita e
la vita è l'arte, la vita dell'artista è l'arte.
Lo scrivente pratica l'arte, ma poi è giudice.
Essere magistrato o non esserlo influisce sul mio modo di
costruire il mio essere teatrale. Essere magistrato rende la mia opera sullo Schreber,
giudice folle realmente vissuto a cavallo tra l'Ottocento e il Novecento, trasgressiva
quanto mai potrebbe esserlo la stessa opera fatta da un qualunque altro professionista (un
medico, un ingegnere) o un facente arte in sé. Ergo, s'impone lo studio del mio essere
magistrato per entrare nell'ipertestualità l'in sé del mio Schreber .
Nell'autobiografia peculiarmente è possibile cogliere la
"storia del magistrato come è". Gertrude Stein ha auspicato al riguardo una
produzione libraria che "faccia storia di tutti e di ciascuno, di ogni tipo e dei
milioni di tipi che ci sono<...>finché un giorno si scriverà un grosso libro
contenente la storia di ogni tipo di uomo e di donna e del tipo di essere che c'è in
loro" .
L'antropologizzazione del letterario permette quindi di cogliere,
attraverso la creazione di categorie specifiche quali la professione ordinaria svolta
dagli artisti, nuclei formali e contenutistici comuni a gruppi secondo il modello svolto
da me medesimo nel saggio alle stampe Il tocco e la penna ovvero dei giudici scrittori .
Si tratta di una tipica operazione insiemistica con tutte le
regole e i paradossi degl'insiemi . Il computer rappresenta il mezzo-simbolo dell'opera
iper-finita, la penna del neorinascimentale 2000 che la utilizzerà per aprire e
riformulare la sua opera all'infinito.
Il modus d'iper-finitezza dell'essere artistico, essendo un modo
aperto di fare arte, implica che l'autore si riappropri dell'estrema vacuità della sua
opera.
Il testo c'è ma dev'essere pronto alla distruzione. Radicale
annientamento che non è fine a se stesso ma prodromico all'apertura di altri infiniti
mondi con evoluzioni differenti nei contenuti(le storie hanno altri percorsi o altri esiti
come accade in certa piccola letteratura fantastica a percorsi multipli) e/o nelle
forme(sia come tono, che come ritmo o come genere potendosi ad esempio passare dal
narrativo alla saggistica dentro o fuori dallo stesso testo).
L'iper-finito implica una rivoluzione etica che sarà propria
dell'Uomo Neorinascimentale del 2000. Egli passerà dall'Egotismo delle forme letterarie
prima del Medioevo Atomico di transito alla neoapertura, mettendo a disposizione dell'Uomo
Globale il suo esserci come scrittore.
D'altronde l'Autore è solo il portavoce di cronache artistiche
vissute e scritte in quel grande serbatoio cosmico che è l'Akasha . Essere privilegiati
nell'usufruirne significa avere solo il mero possesso delle forme artistiche iperuraniche,
senza che chicchessia possa vantare alcuna proprietà né assoluta né relativa sul
prodotto.
Insomma la trans-arte del Medioevo Atomico diventa davvero
un'arte-trance, ovvero un'arte di attingimento medianico.
Viva l'Arte Iper-finita! Viva il Computer! Viva il
Neorinascimento del 2000! Indice
A proposito del
surrealismo: "Bello come l'incontro
casuale su di un tavolo anatomico di una macchina da cucire con un ombrello".
Lautréamont
Il mondo, nella sua interezza, è una - Sfinge muta e impenetrabile. Bisogna, per farlo
parlare, «ridurlo», farne uno scheletro, filtrarlo attraverso una teoria, una ipotesi.
La scoperta scientifica è la verifica di una invenzione originaria, è una intuizione
fortunata. La logica della scoperta non è, quindi, aristotelica, e tanto meno
riconducibile alle norme di una psicologia associazionista. In principio, nella mente,
c'è sempre una « fantasticheria », al cui formarsi concorrono la cultura dell'epoca, lo
stato della disciplina, l'immaginazione e la psicologia, quindi la personalità, del
ricercatore, le informazioni e le strumentazioni disponibili - noti i rapporti tra
strumento e teoria -, l'intervento del caso, i suggerimenti e le censure dell'inconscio,
che promuove « blocchi » - Vesalio, il grande anatomista, «vide » malissimo gli organi
genitali femminili - o che « manda sogni di veggenza ». Si sa, infatti, a riprova della
somiglianza fondamentale tra fare arte e fare scienza, che il sogno è spesso il
«suggeritore occulto », l'eminenza grigia della scoperta. Henri Poincaré trovò la
soluzione di un «problema matematico » che l'assillava - stabilire l'esistenza di una
classe di funzioni fuchiane, quelle che derivano dalla serie ipergeometrica - nel corso di
una « reverie » notturna, e Kekulé vide la sua teoria strutturale in un dormiveglia,
mentre la carrozza lo portava a un appuntamento, sotto forma di una « danza di atomi »
E a chi obietta che la matematica può forse utilizzare il « salto intuitivo » in quanto
non si sa bene, tra il serio e il faceto, se « scopra » o se « inventi », ricordiamo
il caso del fisiologo Loewi che sognò l'esperienza - porre due cuori di rana in diversi
recipienti a liquido comunicante e stimolarne uno - che gli permise di dimostrare
l'intervento di un mediatore sinaptico umorale nella trasmissione nervosa.
Bergson consiglia, a chi vuol capire una filosofia di cercare lo schema dinamico che le
sta dietro; in linguaggio teatrale diremmo il « sottotesto ». Anche ogni teoria
scientifica nasconde una immagine, simile a quella statua che, come gli scultori, con
diversa consapevolezza metaforica, hanno spesso detto, sta sepolta nel blocco di marmo e
che lo scalpello deve liberare e conquistare al mondo degli uomini. I prigionieri di
Michelangelo, questi abbozzi immani, abitano per l'appunto la inafferrabile, e greve, zona
di transizione tra il veduto e il pensato, quel luogo di permutazione tra mente e marmo,
dove si manifesta il lavoro « concreto » dell'immaginazione. Per chiarire ulteriormente
il nostro pensiero ai sostenitori della teoria che la logica più ferrea, e imperativa,
presiederebbe all'opus scientifico, vogliamo consigliare la lettura del libro « La doppia
elica », in cui Watson racconta come scoprì la struttura del DNA, la « stamperia »
cellulare dei caratteri ereditari. A un certo punto, Watson si trova davanti a tre
possibilità: una cristallografa, Rosalind Franklin, sostiene che la struttura del DNA non
è elicoidale; Linus Pauling, premio Nobel per la chimica, pensa che sia elicoidale, e
formato da tre catene; Watson propende per l'idea che le catene siano invece due. Vediamo
perché egli decide di battere la via, « giusta », di quest'ultima ipotesi: « E mentre
il treno sferragliava verso Cambridge mi sforzavo di scegliere tra il modello a doppia o a
tripla catena ... Quando scavalcai il cancello posteriore del college avevo ormai deciso:
avrei costruito un modello a due catene ». Subito dopo ci dice la ragione: « i soggetti
biologici importanti si presentano in coppie ». Questa motivazione non è di ordine
scientifico, ma ideologico. Non è neppure una deduzione, è una convinzione. Il biologico
non è necessariamente duale. Le valenze del carbonio sono quattro, i «morfemi » del
codice genetico sono « tríplette », le proteine sono sostanze quaternarie, gli
amminoacidi sono venti. Privilegiare la dualità significa fare una scelta mistica Watson
non si conforma al risultato di una operazione logica, resta come abbagliato da una
immagine inconscia. Forse perché in quel periodo_egli si era occupato della sessualità
dei batteri? Obbediva, forse, alla persuasione profonda di una analogia? Una coppia di
batteri, una coppia di catene: relazione tanto illogica quanto, nel suo caso, « vincente
».
O forse in chiave junghiana, Watson ha incontrato, quella notte, il riverbero solare di un
archetipo: la dualità re/regina degli antichi alchimisti?
La scoperta, come "destino storico", risulta dal lavoro di una immane equipe: la
cultura e lo spirito di un'epoca. La concezione che fa dell'uomo di genio un alambicco
pensante dove, di tempo in tempo, si verifica una sorta di "precipitato
sociale", benché suggestiva, egalitaria e democratica, è insufficiente, tuttavia, a
spiegare, i "precursori incompresi".
Giorgio
Celli
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L'arte
e la Scienza. La cultura dominante.
Può anche accadere che il rigore logico assoluto porti a conclusioni dinanzi alle quali
non è possibile decidere, come ha scoperto il grande Godel. Ciò nulla toglie al fascino
del pensiero matematico e delle sue frontiere.
E infatti che altro è la cultura se non l'insieme delle conoscenze da noi acquisite nel
corso della nostra vita? Esse vengono da noi composte, articolate, meditate e sviluppate
in nuove frontiere creative. Quando una conquista intellettuale - sia di natura
rigorosamente scientifica, sia di origine esclusivamente non scientifica - rimane nel
mondo delle cose sconosciute ai più, essa, pur essendo nota a un gruppo di specialisti,
non entra a far parte di ciò che si chiama cultura.
L'uomo dell'era cosiddetta moderna ha una cultura che è quasi
pre-aristotelica. Né la Logica né la Scienza fanno parte del patrimonio culturale
dell'uomo contemporaneo, detto moderno. Infatti c'è un dettaglio che vorrei ricordare e
che riguarda direttamente noi scienziati: la Scienza ha fatto tanta Scienza ma pochissima
cultura. Non solo. C'è di più. Essa ha quasi sempre lasciato parlare altri, a suo nome.
Ed è così che l'immagine culturale della Scienza è stata totalmente deformata. Al punto
che la cultura contemporanea dà per scontato che Scienza e Fede siano in antitesi. Che
Scienza sia sinonimo di Tecnica. E che il pericolo di olocausto ambientale sia conseguenza
ineluttabile del progresso scientifico. Per non citare che pochi esempi. Se gli scienziati
avessero dedicato una parte, anche minima, del loro tempo a fare cultura, queste
místificazioni culturali non avrebbero avuto alcuna possibilità di entrare a far parte
della nostra cultura contemporanea.
Una società civile non può avere a suo fondamento le menzogne
Una società civile non può avere a fondamento della sua cultura le menzogne. E quindi
necessario che l'uomo, cosiddetto moderno, si preoccupi di analizzare a fondo quali
verità e quali menzogne sono contenute nel bagaglio delle sue conoscenze.
E' però dovere di coloro che fanno Scienza aprire al grande pubblico le torri d'avorio,
affinché la Scienza entri, a pieno titolo e con tutti i suoi valori, a far parte
integrante del patrimonio culturale di ciascun uomo desideroso di sapere come
effettivamente stanno le cose, in questa attività che permette a noi miseri mortali di
distinguerci nettamente da tutte le altre forme di materia vivente.
La caratteristica straordinaria di questa attività intellettuale, scoperta dall'uomo
appena quattrocento anni fa - grazie a Galileo Galilei - è di affondare le sue radici
nell'Immanente. In modo rigoroso.
Fare Scienza vuol dire infatti cercare di capire la logica del mondo che ci circonda.
Logica che risulta rigorosa, universale, immutabile nello Spazio e nel Tempo.
La cultura dominante non ha soltanto stravolto l'immagine della Scienza negandone i
valori. Essa ha snaturalizzato le sue stesse radici. Vediamo come.....
La scienza, studiando l'immanente nel modo più rigoroso che l'intelletto umano abbia mai
saputo concepire, scopre una serie di verità, i cui valori sono in perfetta sintonia con
quelli che la stessa forma di materia vivente, detta uomo, apprende dalla verità
rivelata... La Bibbia, diceva Galilei, è la parola di Dio. La Natura è invece la sua
scrittura.... Il libro della natura ci rivela come è stato costruito il mondo: l'opera
della Creazione. Quest'opera non poteva che essere scritta in modo rigoroso, con caratteri
matematici. Ecco perché spetta agli scienziati, in prima persona, adoperarsi affinché
tutti possano sapere leggere quel libro stupendo e affascinante. In esso c'è scritto
com'è fatto il mondo. Trattandosi di una cosruzione, il suo linguaggio deve essere
rigoroso. Saperlo leggere vuol dire mettere a beneficio dell'uomo le leggi che reggono il
Cosmo, in comunione, non in antitesi, con la parola di Dio, che è la Bibbia. Se vivessimo
l'era della Scienza, queste verità sarebbero patrimonio di tutti....l'uomo ha scoperto
che l'uso del linguaggio portava a contraddizioni logiche ben tremila anni fa...Eppure il
linguaggio doveva essere - nell'Immanente - il primo passo verso il grande traguardo della
cultura scientifica...Il nostro cervello si apre al linguaggio nelle prime fasi della sua
esistenza.....La seconda fase, nello sviluppo del nostro cervello, riguarda il bisogno di
apprendere qualcosa che abbia legami e strutture logiche......La terza fase è quando esso
si apre alla scienza...Su un punto si è tutti d'accordo. Il linguaggio precede le altre
due fasi. E' però probabile che l'apertura alla Logica e quella alla Scienza avvengano
quasi contemporaneamente....Ecco perché, esattamente come si fa con il linguaggio, che si
insegna subito, con la Logica e con la Scienza dovremmo fare lo stesso. iniziare già
dalle scuole elementari l'insegnamento di queste straordinarie conquiste dell'intelletto
umano. Logica e scienza dovrebbero far parte del patrimonio culturale di tutti. la scuola
invece educa quasi esclusivamente al Linguaggio. E in tutto ciò che è stimolo
intellettuale - stampa, radio, tv, libri - predomina il linguaggio. Se Linguaggio, logica
e Scienza venissero insengate con pari impegno, tutti gli uomini, nel giro di una sola
generazione, sarebbero in grado di distinguere tra queste conquiste dell'umano intelletto.
Essi saprebbero cosa vuol dire raccontare una favola, elaborare una teoria matematica e
scoprire una verità scientifica. Allora sì che potremmo dire di vivere l'era della
scienza. In questa era non ci sarebbe più posto per le mistificazioni culturali.
Come è possibile sapere qualcosa se non si fa uno sforzo anche minimo, di interagire con
chi ci sta accanto? Ma non basta. Cosa ne sapremmo di musica se Vivaldi, Bach, Beethoven,
Mahler e tutti i grandi musicisti avessero deciso di mettere sotto chiave le loro opere?
E cosa ne sapremmo di scultura se Michelangelo avesse sepolto la sua Pietà, il suo Mosè?
E se la stessa cosa avessero fatto gli scultori di tutti i tempi? Cosa sarebbe per noi la
pittura se Raffaello, Botticelli, Picasso e i Maestri di tutte le Scuole, di ogni epoca,
avessero nascosto in soffitta i loro capolavori?
E come faremmo noi a sapere cos'è la poesia se Omero, Virgilio, Dante, Leopardi,
Quasimodo, Borges e i grandi poeti d'ogni civiltà avessero deciso che le loro opere
dovessero essere lette soltanto da poeti, tra poeti?
Con la scienza è andata proprio così. E' rimasta muta...le torri d'avorio dei nostri
laboratori scientifici sono stracolme di affascinanti opere: capolavori straordinari di
incredibile potenza intellettuale. le conquiste della scienza sono però rimaste, quasi
sempre, privilegio esclusivo di una cerchia ristrettissima di specialisti.
Antonino Zichichi
Indice
Severino, il
nulla e l'identità. Saggio di logica
Di norma, chi lavora in una di queste discipline si guarda bene dall'ostentare disprezzo o
superiorità nei confronti delle scienze; e non ha motivi per non tenersi informato circa
metodi o tecniche che, sviluppati in sede propriamente scientifica, possono tornare utili
per la riflessione filosofica. Il progresso in filosofia deriva anche dal mantenere vivo
questo atteggiamento. Ciò, naturalmente non significa che sia impossibile far filosofia
indipendentemente da un rapporto stretto con la scienza: significa soltanto che, in certi
casi, per fare con competenza un buon lavoro filosofico, è indispensabile possedere
un'adeguata informazione scientifica riguardo al campo di oggetti che, da filosofi, si
intende indagare.
Come è noto, la cultura filosofica italiana è tutt'ora intrisa di ostilità verso la
scienza. Dopo la stagione dell'idealismo, che ha continuato a contagiare larghe fasce
della filosofia del dopoguerra, l'heideggerismo ha contribuito a unire contro la scienza
credenti e atei, pensatori di destra e di sinistra. Ciò ha prodotto, all'interno della
riflessione filosofica, una situazione di immobilità e la difesa compiaciuta di
un'arretratezza che solo da poco sembra cedere il passo a prospettive meno asfittiche.
L'arretratezza tuttavia permane, ed è solo sulla base di tale arretratezza che si possono
spiegare opere come Tautotes, l'ultima, forse nel frattempo, già penultima, fatica di
Emanuele Severino. Chi sostenesse la tesi secondo la quale in filosofia non c'è
progresso, potrebbe trovare in questo libro un valido supporto. Solo che, in realtà, il
progresso c'è stato, e un testo simile è stato scritto perché l'autore ha deciso di
ignorarlo.
E ancora, - Soltanto un filosofo che pensa a Russell e a Godel come al farmacista e al
parroco del villaggio nel quale mentalmente è sempre vissuto può presumere di risolvere
il paradosso di Russell con quattro pensierucci sul "destino dell'occidente"....
A questo punto s'impongono almeno due domande che non gettano buona luce sulla comunità
dei filosofi italiani. prima domanda: com'è possibile che una persona che mette insieme
un tal cumulo di assurdità filosofiche possa aver credito come filosofo?.......Il punto,
invece, è un altro: l'indifferenza della tradizione filosofica italiana verso le
argomentazioni. Questa indifferenza dà luogo ad una sorta di "effeto
paradosso": da un lato non si attribuisce nessuna rilevanza alle argomentazioni
filosofiche; dall'altro, proprio sulla base di questo disinteresse (che genera incapacità
di analisi) si è disposti a riconoscere come filosofo chiunque produca oscuri argomenti
dal vago sentore filosofico. Quel che conta è non perdere troppo tempo a valutare sifatti
argomenti.
Seconda domanda: come si spiega che le opere di Severino - pur avendo egli il temperamento
di pensatore che si è cercato di documentare - ottengano il favore del pubblico che
hanno? Verosimilmente, le cause di questo fenomeno sono molteplici; alcune sono, per così
dire, "strutturali", radicate nella storia della nostra cultura e possono essere
riassunte in una buona dose di cinismo e di reale incapacità di valutazione. Altre però
hanno carattere soggettivo e concernono aspetti peculiari intrinseci al messaggio
severiniano. la filosofia di Severino ha fascino perché è a buon mercato. Con poca
fatica consente di acquisire un insieme elementare di pensieri dai quali si ricavano
conclusioni estreme: il divenire non esiste, il pensiero occidentale ruota intorno ad un
colossale equivoco, ecc. ecc. Quest'ultima certezza, in particolare è rassicurante:
conforta con la convinzione di possedere la verità, dispensando per ciò stesso dalla
fatica di conoscere l'errore. Il verbo severiniano è tutto quel che occorre per avere
accesso al vero. Inserendosi nella nicchia ecologica predisposta dalla diffusione di un
heideggerismo di seconda mano, Severino ha messo in piedi un pensiero incomparabilmente
meno arduo di quello del maestro tedesco, certamente però più remunerativo. Accostandosi
ad esso si ha l'impressione di prender parte ad una vera impresa filosofica, di essere
iniziati ad una cerimonia del pensiero, assai gatificante per chi è disposto a prenderla
sul serio. Come se, scalando una collina di modesta altezza ci venisse offerta la
suggestione di essere sull'Everest e il biglietto costassse poco.
Massimo Mugnai Insegna Storia
della Logica presso il dipartimento di filosofia di Firenze. E' autore di saggi sulla
logica dell'ottocento e di numerosi lavori sul pensiero di Leibniz.
Indice
Appunti
per un saggio di Teoria della Letteratura.
Solo le cose mentali sono reali: di cio' che si chiama corporeo nessuno conosce la dimora:
e' nella fallacia, e la sua esistenza un'impostura. Dov'e' l'esistenza fuori dalla mente o
pensiero? .... Non mi rivolgo al mio occhio corporeo o vegetativo piu' di quanto non mi
rivolga a una finestra per un panorama. Vedo attraverso l'occhio, non con l'occhio. W.
Blake il visionario artista che anima di simboli e di fusioni concettuali tutta
l'eistenza.
L'occhio della mente di Galileo, i poeti metafisici, Eliot...Il sacro ed il profano, la
divulgazione, la solidarieta', la compassione, la fratellanza, la pace contro la guerra di
tutti contro tutti. Unirsi nella ricerca contro la poverta' e l'ignoranza. Tutti un giorno
saranno scienziati e poeti, vedi Zichichi.
The Marriage of Heaven and Hell
Opposition is true Friendship The voice of the devil
All Bibles or sacred codes, have been the causes of the following Errors:
1) That Man has two real existing principles Viz: a Body and a Soul.
2) That Energy, called Evil, is alone from the Body, and that Reason, called Good, is
alone from the Soul.
3) That God will torment Man in Eternity for following his Energies. But the following
Contraries to these are True.
1) Man has no Body distinct from his soul for that called Body is a portion of Soul
discerned by the five senses, the chief inlets of Soul in this age.
2) Energy is the only life and is from the Body and Reason is the bound or outward
circumference of Energy.
3) Energy is Eternal Delight.
Our Eternity is in love with the productions of time
and that is why I truly believe there is space enough
Mefistofele Gothe
Anche la vecchia pelliccia pende al vecchio chiodo e mi ricorda le sciocchezze che
insegnai, allora, a quel ragazzo e delle quali egli, un giovanotto ormai, si nutre ancora
oggi. O cappa dal lungo pelo, mi prende veramente il desiderio di darmi, ancora una volta
unito a te, l'importanza del docente, come quando si pensa di avere completamente ragione.
Ai dotti cio' riesce, al diavolo e' passata la voglia da un pezzo. (Scuote la pelliccia
che ha tirata giu' dal chiodo. ne Vengono fuori tignole, scarafaggi e farfallette)
Anche Goethe critica il meccanicismo e si esprime per una visione globale della natura e
dell'uomo, fondata sulla vivente esperienza dei cinque sensi del corpo umano che egli
definisce come il piu' esatto apparecchio fisico di cui lo studio della natura possa
giovarsi.
Il temperamento malinconico attribuito a Eracle, a Empedocle, a Platone, a Socrate, a
Swift, a Twain, nonche' alla maggior parte dei poeti, comprendeva vari tipi umani: gli
iracondi, i filantropi, o compassionevoli, i violenti e specialmente i taciturni.
La filosofia ha il compito di liberare l'anima dalle passioni e dalla contradditorieta'
dei comportamenti. Rober Burton nella sua Anatomia della Malinconia
Donna angelicata, le idee, platone, al cor gentile rempaira sempre amore, le sinapsi,
stimolzione intellettuale, registri vari...
I mali del ventesimo secolo!
Anche se la scienza e' "vertfrei" non lo e' pero' l'attivita' umana che la
produce. Dobbiamo percio' cercare di unire i valori dell'anima con i valori
dell'intelletto, vedi Leopardi, Freud ed Eliot.
La vista ha indubbio status di privilegio regale, si che i suoi dati prevalgono nettamente
su quelli dell'udito e del tatto, non parliamo poi dell'olfatto e del gusto, di cui la
scienza non fa quasi nessun conto.....In un certo senso, richiamando anche la Teoria della
visione di Berkeley, potremmo intendere la vista come una specie di linguaggio i cui
significati sono i dati degli altri sensi.
L'emozione deve entrare a far parte della scienza, perche' la scienza e' fatta dall'essere
umano. L'impresa scientifica si sviluppa all'interno della vita e di tutte le sue angosce,
anche se viene formulata usando un linguaggio logico formale.
La mente e' il prodotto del cervello e il pensiero e' un tipo di computazione. La stessa
definizione di scienza e' problematica, in quanto alla resa dei conti manca il fine ultimo
di tutto il nostro operare, forse perche' non c'e' un senso concreto e logico. L'unica
cosa che conta e' la pragmatica del nostro agire e delle nostre associazioni e
collaborazioni.
La lontananza, la poesia, il sentimento, l'amore, le idee, la conoscenza, la filantropia,
la lotta per migliorare la nostra esistenza....l'ideale ed il reale, contrasto romantico e
dialettico, la vita e la morte, gli opposti, l'unione, la coincidentia oppositorum, il
verbo e la carne, lo spirito e la materia, la scienza e la poesia.
La scienza secondo Enrico Bellone può essere considerata
come il sistema immunitario del nosro pianeta, infatti il nostro desiderio di conoscenza
è tipico della cultura umana - fatti non foste per vivere come bruti, ma per seguir
virtute e conoscenza (Dante V° canto inferno, Ulisse), e questo dovrebbe dare un
ulteriore impulso allo sviluppo della logica della ricerca.
Il direttore della rivista Le Scienze si rivolge quindi ai lettori e a tutti coloro che
operano nella ricerca, nell'insegnamento e nella gestione della cosa pubblica affinché ci
si adoperi per diffondere tra i cittadini e nella loro cultura l'idea che la
modernizzazione vince se alla conoscenza scientifica si riconosce appunto il ruolo di
sistema immunitario della società.....
Salman Rushdie ha fatto bene a criticare , sulle pagine
di "La Repubblica", ciò che sta succedendo in alcune zone degli Stati Uniti.
Nelle scorse settimane infatti lo stato del Kansas ha, in pratica, cancellato
l'evoluzionismo e il big bang dai programmi d'esame, e in Alabama i testi scolastici
dicono ai giovani che nessuno può sapere come è nata la vita sulla Terra, in quanto
nessuno era presente per vedere come stavano le cose.
Egli argutamente osserva che se Darwin tornasse a vivere e conoscesse questi fatti, allora
ne dedurrebbe di aver avuto torto: nel Kansas e in Alabama l'evoluzione sta funzionando al
contrario e una parte della popolazione regredisce verso una condizione scimmiesca, dal
punto di vista culturale.
Un'efficace battuta di spirito, certo. Sbaglieremmo, però, se liquidassimo la faccenda
con qualche sorriso. Come è noto, infatti, nulla garantisce a priori il progresso delle
conoscenze. Esso dipende sia dall'intelligenza e dal lavoro della comunità scientifica,
sia dal contesto della maggioranza dei cittadini. E questo consenso, oggi, è fabbricato
dai grandi mezzi di informazione, dove la scienza non sembra godere di grande popolarità.
Unione delle due culture, educazione permanente,
insegnamento e divulgazione, cenni alla mia opera, zichichi (tutti gli uomini dovranno
diventare scienziati) cenni alla solidarietà di leopardi e alle problematiche
esistenziali. Preti, Rivista Iter e Scienza del comico di Celli, ecc.ecc.
Lo scienziato osserva le sue più pubbliche esperienze e i resoconti di quelle di altre
persone; le concettualizza nei termini di qualche linguaggio, verbale o matematico, comune
ai membri del suo gruppo culturale;.... A modo suo anche il letterato è un osservatore,
organizzatore e comunicatore delle più pubbliche esperienze sue e di altre persone, di
eventi che accadono nel mondo della natura, della cultura e del linguaggio.
Giulio Preti Indice
Una modesta proposta di scrittura creativa Una storia in 55 parole
Quanto può essere breve una 'storia' per essere considerata una
buona storia? Negli Stati Uniti si tiene da diversi anni una gara di scrittura creativa
denominata 'Fifty-five Fiction' vale a dire 'narrativa di 55 parole'. Quando tutto
cominciò, nell'autunno del 1987, il giornalista e scrittore Steve Moss non venne preso
sul serio. I primi concorrenti che parteciparono alla competizione non produssero scritti
di rilievo, ma poi anno dopo anno, i lavori inviati alla giuria del giornale californiano
che gestisce il concorso, sono diventati sempre più originali ed interessanti. La tecnica
è stata successivamente impiegata da molti scrittori, scuole e case editrici e sono stati
anche pubblicati diversi volumi di racconti contenuti in un limite di 55 parole.
Scegliere un concetto, un'idea, un problema e svilupparli in uno spazio volutamente
limitato, come si fa per scolpire una miniatura su di un piccolo pezzo di marmo o di
legno, sembra una impresa impossibile, specialmente in una cultura come la nostra in cui
le parole, sia scritte che orali, si trovano a buon prezzo nel mercato delle
'chiacchiere'. Questo tipo di lavoro concentrato, invece, risulta netto, ristretto,
intimo, ma l'obiettivo è lo stesso di quello che si può fare lavorando su di una scala
più grande. Far convergere diversi elementi in un insieme coerente è qualcosa che può
essere ottenuto facendo suscitare ammirazione e approvazione.
Non è un obiettivo facile da raggiungere, ma possibile ad acquisire con il continuo
esercizio. Un grande scrittore e poeta moderno americano, Ray Bradbury, ha detto durante
un corso di scrittura creativa che se si vuole imparare a scrivere si dovrebbe scrivere
una storia breve ogni giorno. Se si riesce a seguire questo programma, alla fine dell'anno
si saranno scritte 365 storie e, per male che possa andare, almeno tre o quattro di esse
sono destinate ad essere delle buone storie, per la semplice ragione che è
statisticamente impossibile scrivere 365 storie o racconti scadenti.
Una volta che si è riusciti a scrivere una storia o un racconto in 55 parole, si può
andare avanti con la stessa tecnica impiegando 110 parole, poi 220 e così via, fino a
scrivere una storia lunga, un romanzo, o quanto meno, a saper scrivere! Ma andiamo per
gradi.
Questo tipo di scrittura in fondo ha le sembianze di un gioco e come ogni gioco che si
rispetti contiene quattro elementi essenziali: 1) un ambiente; 2) uno o più personaggi;
3) un conflitto; 4) una conclusione.
Qualcuno potrà obiettare che questo schema limita la creatività di
chi vuole comunicare una vicenda. Tutto questo può non essere vero se consideriamo che:
a) le vicende devono avere un luogo di svolgimento, un ambiente, anche se di un altro
mondo, nella mente di qualcuno, oppure in una stanza dell'appartamento accanto;
b) i personaggi possono avere infinite sembianze: persone, animali, cose, nuvole, microbi;
c) per 'conflitto' si intende semplicemente l'accadimento di 'qualcosa': Una discussione
tra innamorati; la corsa di un cervo; l'attesa degli astronauti in orbita. Anche in una
situazione estrema, come in quest'ultimo caso in cui nulla si muove o nessuno parla, c'è
'conflitto'. Questo stato di cose ci porta al punto successivo;
d) esso segna il risultato della storia, la risoluzione della vicenda la quale può o non
può avere una 'morale'.
Tutto questo significa che quando la storia si conclude, qualcuno
dovrà avere imparato qualcosa: Toni ha scoperto che sua moglie voleva ucciderlo, Barbara
aveva mentito come suo padre, i soldati riuscirono ad evitare l'accerchiamento, e così
via. E' possibile che i personaggi della vicenda non imparino nulla dalla storia. Se ciò
accade, vuol dire che sta al lettore imparare qualcosa da essa.
Analizziamo adesso tre tipi di storie diverse scritte originariamente in inglese e quindi
tradotte dal sottoscritto in italiano nello stesso numero di parole, per far si che tutti
gli elementi della tecnica siano chiaramente utilizzabili a fini comunicativi nei vari
contesti didattici. Pensiamo, per esempio, all'insegnamento in classe della composizione
in lingua madre o nelle lingue straniere. Nulla vieta, comunque, di usare la stessa
tecnica per insegnare i contenuti delle altre discipline. Il primo testo è dialogato.
"Careful, honey, it's loaded," he said, re-entering the bedroom.
Her back rested against the headboard. "This for your wife?"
"No. Too chancy. I'm hiring a professional".
"How about me?"
He smirked. "Cute. But who'd be dumb enough to hire a lady hit man?"
She wet her lips, sighting along the barrel. "Your wife."
"Attenta, cara, è carica" egli disse, rientrando nella stanza da letto.
La testa contro lo schienale del letto. "E' per tua moglie?"
"No. Troppo rischioso. Prenderò un professionista".
"E io?"
Sogghignò. "Intelligente. Ma chi sarebbe così stupido da assumere una donna per
eliminare un uomo?".
Lei si inumidì le labbra, prendendo la mira. "Tua moglie".
L'autore riesce a creare l'ambiente per mezzo di allusioni. Sappiamo
che i due personaggi sono amanti, ma l'autore non ce lo dice. Sappiamo anche che c'è una
pistola di mezzo, ma questa non viene mai nominata. A dire il vero, qui ci sono due
storie. La seconda, quella del 'complotto' si rivela nelle due ultime parole 'tua moglie'.
Non ci sono avverbi o aggettivi che descrivono la scena, eppure riusciamo ad immaginare la
storia perfettamente. La forma narrativa è già in funzione, quando l'azione va in
svolgimento, nel senso che le parole 'attenta, cara, è carica' segnano già un
accadimento, allo stesso modo di come le parole finali 'tua moglie' lasciano immaginare un
prosieguo.
Il secondo testo è costruito su di un tema principale che riflette la tecnica di
scrittura limitata all'impiego di 55 parole ed ha come ha come sottotema una promessa di
matrimonio:
"Fifty-five," she whispered to him.
"Fifty-five miles per hour?"
"No, words! That's all we've got! Hurry! Please!"
Perspiration trickled down his neck; he stepped harder on the accelerator.
"But...there's so much I want to tell you! So much that hasn't been said!"
"Ten," she murmured.
"Ten?"
"Six."
"Will you marry me?"
"Yes!"
"Cinquantacinque," lei gli sussurrò.
"Cinquantacinque miglia all'ora?"
"No, parole! Questo è quanto abbiamo! Sbrigati, per favore!"
Il sudore gli scendeva lungo il collo, premette di più il piede sull'acceleratore.
"Ma...c'è tanto che voglio dirti ancora! Tante cose che non ci siamo ancora
detto!"
"Dieci," lei mormorò.
"Dieci?"
"Sei"
"Mi vuoi sposare?"
"Si!".
Il terzo brano ha un andamento biblico e tratta della fine del mondo:
The day had finally arrived - God was angry.
The oceans overflowed with oil, the streets were filled with toxic waste, the pillaged
rain forests caught fire and blazed uncontrollably.
God wadded up to the Earth and flung it into the vast reaches of space.
"Time to start all over agian," he said, grabbing a fresh planet.
Il giorno era finalmente arrivato - Dio era arrabbiato.
Gli oceani erano inondati di petrolio, le strade ripiene di rifiuti tossici, le foreste
tropicali disboscate avevano preso fuoco e ardevano furiosamente.
Dio prese al volo la Terra e la scagliò negli abissi dello spazio.
"E' ora di cominciare tutto daccapo" disse, afferrando un nuovo pianeta.
Anche in questi due testi si conferma la 'convenienza' letteraria, per così dire,
dell'uso delle allusioni che consiste sopratutto nel saper convogliare in maniera
sintetica i dati che il lettore già possiede sotto forma di informazioni, anche se non
gli sono state dette. Ogni ulteriore uso di parole è superfluo. Lo svantaggio,
naturalmente, è il rischio di confondere il lettore il quale può avere delle difficoltà
a seguire il filo narrativo. Troppe allusioni fanno diventare oscura la narrazione e c'è
il rischio di ambiguità. Questo è un errore piuttosto comune che si può verificare
quando si cerca di narrare una storia abbastanza complessa in poche parole. L'obiettivo di
questo tipo di scrittura è, invece, una messa a fuoco della narrazione precisa, efficace
ed immediata.
Questa tecnica, inoltre, a mio avviso, facilita la sperimentazione e di conseguenza genera
creatività, fine ultimo di questo nostro discorso. Altri punti importanti da tenere
presente sono i seguenti: si può scrivere di tutto in 55 parole, ma è consigliabile non
andare al disotto di questo numero; per 'parola' si intende qualsiasi elemento
comunicativo presente nel vocabolario, anche minimo come l'articolo 'il'; tenere bene in
mente che questa tecnica narrativa si basa sul presupposto che non è la quantità che
conta, bensì la capacità di chi scrive di saper andare in profondità, avendo ben chiara
la visione di ciò che vede 'laggiù', e che abbia, infine, un significato per chi legge
nel senso che sappia riconoscere quelli che sono gli elementi a lui indispensabili per
interpretare la realtà esistenziale. Antonio Gallo www.biblio-net.com/galloway/
Indice
L'aforisma Letterario
Talvolta anche poche righe, spesso dette
"citazioni", (famose quelle della Garzantina da poco riedite) riescono ad
esprimere una profonda saggezza, delle suggestive immagini poetiche e magari anche delle
feroci critiche.
Qui di seguito riportiamo una raccolta di aforismi letterari, poetici e che comunque
riguardano i libri o la cultura in generale in modo tale da offrire a tutti coloro che lo
desidereranno uno spunto in più per le proprie creazioni, per la propria conoscenza
umanistica e perché no, per un proprio sereno ed istruttivo divertimento.
Cosa sarebbero mai le favole per un bambino senza le dolci e soavi sonorità di una voce
che gliele racconti.
Carl William Brown
La vita assume il suo vero valore e conquista finalmente il suo senso soltanto davanti
alla morte; a sua volta invece la morte assume tutto il suo significato poetico e
romantico quando si erge davanti alla vita.
Carl William Brown
Mark Twain sosteneva che l'umorismo nasce dal dolore, ecco perché il vero filosofo non
può che essere un umorista.
Carl William Brown
Il guaio della letteratura demenziale o di consumo è che annovera tra le sue fila
scrittori molto prolifici ed editori molto avidi.
Carl William Brown
Certa gente si vanta di non leggere e forse ha ragione, per vegetare non serve erudirsi.
Carl William Brown
Sempre aprendo un libro apprendo qualcosa.
Ming-Sin-Pao-Kien
Prima dellammirabile invenzione della stampa, i libri erano più rari e più cari
delle pietre preziose. Voltaire
Tutti i libri possono dividersi in due classi: libri del momento e libri per ogni tempo, o
in altri termini: vi sono libri buoni per unora e libri buoni per sempre.
J. Ruskin
È un buon libro quello che apre con aspettazione, e si chiude con profitto.
Alcott
Non cè principe che si tratti come lui: egli fa colazione con Aristotele, desina
con Cicerone, piglia il te sullElicona, cena con Seneca.
Ciber
Quanta gente sulla cui biblioteca si potrebbe scrivere «per uso esterno», come sulle
carafe di farmacia!
A. Daudet
Succede anche coi libri come con le altre cose: la fortuna nel cercarli è sprone a una
maggiore avidità di possederne. Anzi coi libri si verifica un fatto singolarissimo:
loro, largento, i gioielli, la ricca veste, il palazzo di marmo, il bel
podere, i dipinti, il destriero dallelegante bardatura e le altre cose del genere,
recano con sé un godimento inerte e superficiale; i libri ci danno un diletto che va in
profondità, discorrono con noi, ci consigliano e si legano a noi con una serie di
familiarità attiva e penetrante; e il singolo libro non insinua soltanto sé stesso nel
nostro animo, ma fa penetrare in noi anche i nomi di altri, e così luno fa venire
il desiderio dellaltro.
F. Petrarca
Se accanto alla Biblioteca hai un giardino, allora non ti mancherà nulla.
M. Tullio Cicerone
Nel suo profondo vidi che sinterna legato con amore in un volume, ciò che per
luniverso si squaderna; sustanze e accidenti e lor costume, quasi conflatti insieme,
per tal modo che ciò chi dico è semplice lume.
Dante
Mai imprestar libri, non uno fa ritorno; i soli che ho in biblioteca sono quelli che altri
mi hanno imprestato.
A. France
Le opere che hanno sostenuto la prova dei secoli, hanno diritto ad una venerazione che
nessuna nuova opera può pretendere.
J. Reynolds
Es cualquier libro discreto (que si cansa, de hablar deja) un amigo que aconseja y que
reprende en secreto.
F. Lope De Vega
Il solo ingegno non può fare uno scrittore. Vi devessere un uomo dietro un libro.
Emerson
La stanza che contiene i miei libri, i miei migliori amici, è per me una splendida corte,
dove converso spesso con i vecchi sapienti e i vecchi filosofi.
J. Fletcher
Un dizionario è luniverso per ordine alfabetico: è il libro per eccellenza: tutti
gli altri vi sono già dentro;
basta tirarli fuori.
A. France
Il leggere senza pensare crea una mente disordinata; il pensare senza leggere rende
disequilibrati.
Confucio
Il grande inconveniente dei nuovi libri è che ci privano di leggere quelli antichi.
J. Joubert
Il fare un libro è meno che niente se il libro fatto non rifà la gente.
G. Giusti
Talvolta i pensieri ci consolano delle cose, e i libri degli uomini.
J. Joubert
Lo studio è stato per me il rimedio principale contro i travagli della vita; non avendo
mai avuto dispiacere che non mi sia passato dopo unora di lettura.
Montesquieu
Lincontro casuale di un buon libro può cambiare il destino di unanima.
M. Prevost
Se un amico vi regala un libro è veramente un amico.
R. Cerati
Sai che vuol dire libro prestato? Spesso perduto, sempre guastato.
Anonimo
Le forze tragiche e comiche dell'esistenza non possono dare altro che una risultante
umoristica.
Carl William Brown
Un filosofo o un letterato possono scrivere un libro, ma solo i lettori lo possono far
parlare e dandogli voce, far sì che la gente lo ascolti.
Carl William Brown
La lettura di buoni libri potrebbe contribuire a lenire la stupidità umana, il problema
è che la stupidità non ama leggere.
Carl William Brown
La filosofia ricercando la felicità rende infelici, così come lumorismo nascendo
dal dolore rende filosofi.
Carl William Brown
Alcuni lettori avranno molto da ridire sulle mie tesi o la mia scrittura, come
daltronde io ho molto da ridire sulla loro capacità di comprensione. Comunque
ognuno fa il proprio mestiere, o no?
Carl William Brown
Seguendo la legge della prova e dellerrore possiamo facilmente dedurre che il nostro
"sviluppo" è una storia di errori consecutivi, quindi, per il futuro, faremo
meglio a rassegnarci.
Carl William Brown
Una delle massime di La Rochefoucault recita che il lavoro del corpo libera dalle pene
dello spirito e rende felici i poveri. Ora io mi domando se stava parlando sul serio, se
stava scherzando o se voleva solo essere provocatorio.
Carl William Brown
In questo mondo di sporchi ipocriti, talvolta anche i più falsi sembrano dire la verità.
Carl William Brown
Non è che luomo non faccia cose buone, solo che quelle cattive sono molto più
numerose.
Carl William Brown
Il caos ha messo ordine nelluniverso e spargendo dolore mette disordine
nellanimo umano.
Carl William Brown
Il contestatore, ovvero lo scrittore impegnato, che è anche un poeta ed un polemista, è
tale perché ha una spiccata sensibilità ed anche perché vive in mezzo a persone che in
genere non ce l'hanno.
Carl William Brown
Non cè libro tanto brutto che non giovi a qualche cosa.
Plinio
I libri governano il mondo. Questo è sufficiente per sapere quanto sia importante la
professione del libraio.
J. Barbeyrac
Il valore dei libri varia secondo le circostanze. Un librorilegato in cuoio è eccellente
per affilare i rasoi; un libro piccolo, quintessenza, come li sanno fare gli scrittori
della vecchia Europa, serve meravigliosamente per zeppare la gamba più corta di un
tavolino traballante; un vecchio libro legato in pergamena costituisce il migliore dei
proiettili da lanciare contro i gatti inopportuni; finalmente un atlante dai grandi fogli
di buona carta è quel che di meglio si possa desiderare per accomodare i vetri rotti.
M. Twain
Il Macchiavelli in una sua lettera, rendendo conto allamico Vettori di come passa le
sue giornate in campagna fra leoccupazioni rustiche che gli prendono la maggior parte del
tempo, aggiunge che la sera, quando ha finito di zappare, di sarchiare, di concimare, si
pulisce con, la massima diligenza, indossa labito migliore per presentarsi agli
illustri e grandi personaggi, o per meglio dire, agli «spiriti magni» che lo attendono
nel suo studio: Platone, Tacito, Cesare, messer Dante Alighieri.
A. Scarlatti
Antonio Gallo
Indice
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